26/04/18

WIDF/ Missione a Pyongyang (Corea del Nord)


Le strategie di pace delle donne


Una delegazione della Federazione Democratica Internazionale delle Donne (Widf), su invito dell’Unione delle Donne Socialiste di Corea, ha compiuto dal 17 al 23 aprile, una visita di solidarietà nella Repubblica Popolare Democratica di Corea. La delegazione, guidata della presidente Lorena Peña, comprendeva 21 rappresentanti di organizzazioni di 16 paesi dei vari continenti: El Salvador, Cuba, Colombia, Venezuela, Messico, Argentina, Brasile (America), Grecia, Italia, Portogallo, Russia, Turchia (Europa), Angola, Namibia, Repubblica Sahrawi (Africa), Vietnam (Asia).

di Ada Donno

La decisione di realizzare la visita a Pyongyang, rispondendo all’invito della vicepresidente dell’Unione Donne Socialiste di Corea Chae Chun Huiera stata presa dalla WIDF nel corso della riunione di segreteria internazionale tenutasi a Roma  nel giugno 2017, presso la Casa internazionale delle donne. Si era anche stabilito, con l'occasione che ci offriva l'ospitalità delle compagne coreane, di tenere a Pyongyang la riunione del comitato direttivo della WIDF. 
Una decisione maturata nella piena consapevolezza del significato che essa avrebbe rivestito di vera e propria missione di solidarietà e di sostegno alle donne e al popolo della Corea, considerando il momento di alta tensione politica internazionale che la penisola coreana sta attraversando.
Dire che l''accoglienza che la nostra delegazione ha ricevuto a Pyongyang è stata calorosa , è dir poco. Le amiche coreane ci hanno proposto un intenso calendario di visite nella città e nel territorio di Pyongyang, che ci ha fatto scoprire una realtà inedita per tutte noi. Insieme a queste, hanno predisposto incontri con dirigenti e rappresentanti dell’organizzazione delle donne, con esponenti delle istituzioni, del mondo del lavoro  e della società civile. Temi ricorrenti in ogni incontro sono state, come si può immaginare, le preoccupazioni per l’attuale crisi dell’ordine mondiale e ciò che le donne (e gli uomini) di ogni paese  e  di ogni continente possono fare insieme per costruire prospettive comuni di emancipazione sociale, uguaglianza, giustizia nella sicurezza e nella pace.


Con due cerimonie pubbliche e con una grande partecipazione di donne coreane nei loro coloratissimi costumi tradizionali, sono state salutate sia l'apertura che la chiusura dei lavori del direttivo della WIDF, il 19 e il 23 aprile, nel Palazzo della Cultura del Popolo
E ancora una grande folla festosa di donne ha salutato, nella mattinata del 22 aprile, la “marcia di solidarietà per la riconciliazione e la riunificazione indipendente del popolo coreano” che, partendo dal Monumento dedicato alle tre Carte, ha percorso via della Riunificazione Nazionale. Un tema martellante, quello della riunificazione indipendente della penisola: una vera “missione storica di cui ogni giovane coreano, al Nord, al Sud e all’estero, si fa oggi carico”, nelle parole di Jong Yong Won, responsabile delle relazioni internazionali dell’Unione della gioventù.
Pyongyang. La WIDF apre la Marcia di solidarietà con la giusta causa della riconciliazione del popolo coreano



La storia e le sue occasioni 

Nella giornata del 21 aprile, telegiornale e giornali avevano comunicato ufficialmente la notizia che era nell'aria da tempo: la "saggia decisione" presa dal plenum del comitato centrale del Partito del lavoro di imprimere una svolta epocale nelle relazioni diplomatiche fra il Nord e il Sud della penisola, di riaprire le vie di comunicazione aeree, terrestri e di mare finora congelate da un'ostilità durata 65 anni, sospendere i test nucleari per favorire la ripresa dei negoziati internazionali per l’eliminazione degli armamenti nucleari e riattivare, questa volta determinati da ambedue le parti ad andare fino in fondo, il processo di riconciliazione nazionale.  Il 27 aprile il leader Kim Jong Un s’incontrerà a Panmunjon, sul limite della zona smilitarizzata che divide il Nord dal Sud, con il capo del governo di Seul  Moon Jae In, per avviare i colloqui che, qui si sostiene con fiducia, porteranno in breve ad un accordo di pace permanente, preludio indispensabile al superamento della divisione della penisola. La tregua firmata nel lontano 1953, infatti, servì a fermare la sanguinosa guerra che, nelle parole commosse della compagna Chae Chun Hui“procurò ferite incurabili a milioni di famiglie coreane”, ma non mise fine al conflitto. Esso anzi n questi 65 anni ha conosciuto periodicamente fasi aspre di riacutizzazione, connesse sempre a "provocazioni e ingerenze di forze esterne che hanno interesse a tenere la popolazione coreana in uno stato di ostilità permanente”.


Pyongyang. Marcia internazionale per la riconciliazione e la pacificazione della Penisola Coreana

La strategia del riccio e le strategie di pace delle donne

L'opportunità di essere testimoni da vicino di questa congiuntura epocale che sta vivendo la penisola Coreana, è un'emozione che elaboreremo col tempo. Per il momento la cogliamo come un'occasione storica forse irripetibile, della quale sappiamo - ce lo hanno ricordato anche le amiche coreane - di dover essere riconoscenti, prima di tutto, alle nostre madri della WIDF, a quel gruppo di 21 donne coraggiose  che nel lontano 1951, nel pieno della guerra sanguinosa che lacerò la penisola, a rischio della loro vita, vennero in delegazione nella Repubblica Popolare Democratica di Corea con l'obiettivo dichiarato di svolgere un’indagine sui crimini di guerra che lì si stavano commettendo col silenzio complice delle Nazioni Unite. Furono loro a denunciare l'uso criminoso e devastante di armi batteriologiche contro la popolazione civile coreana da parte delle forze di occupazione USA. Le schiaccianti prove raccolte furono documentate nel pamphlet intitolato Noi accusiamo!, che fu consegnato al segretario generale delle Nazioni Unite e fece presto il giro del mondo.  
Il loro coraggio, alcune di loro, lo pagarono caro. Nel clima ostile di “costrizione e arbitrio, doppiezza e ingiustizia” che già nei primi anni '50 avvelenava nuovamente le relazioni internazionali, la WIDF, per la sua denuncia documentata agli occhi del mondo, subì una vera e propria persecuzione da parte dei governi di alcuni paesi occidentali. In Francia, dove essa era stata fondata nel 1945 e aveva allora la sua sede centrale, fu vietata ogni sua attività (in seguito a tale divieto la  sede della WIDF fu trasferita a Berlino Est). In Gran Bretagna Monica Felton, che aveva fatto parte della commissione d’inchiesta in Corea, subì minacce e ritorsioni personali. La stessa cosa accadde in Canada alla signora Rodd, che aveva guidato la commissione d’inchiesta in Corea. 
Gli Stati Uniti pretesero dal segretario delle Nazioni Unite una misura punitiva contro l'intera WIDF, ed essa fu privata per una decina d’anni dello status consultivo “B” di cui godeva. Solo diversi anni dopo, nel 1967, la WIDF poté riacquistare le sue prerogative e riprendere appieno la sua attività di collaborazione con la massima istituzione internazionale. Dall'immediato secondo dopoguerra, per tutta la durata della cosiddetta "guerra fredda" fino agli anni più recenti, la WIDF ha costruito un'agenda fitta di iniziative internazionali, scuole di pace, marce transnazionali, incontri di frontiera, delegazioni nei paesi in guerra, azioni  mirate alla promozione dei diritti delle donne, della distensione e il disarmo, e alla costruzione di relazioni pacifiche e solidali fra i popoli.

Oggi viene chiamata "gendered diplomacy" . Che il disarmo e la pace abbiano una gran necessità di essa è cosa che il movimento delle donne sostiene da tempo e di essa se ne stanno convincendo perfino le istituzioni internazionali. La risoluzione 1325 dell'ONU ha raccolto e rilanciato questa sfida.  Esiste  una pratica femminista consolidata, che si accompagna a una riflessione altrettanto consistente, sul "differenziale di genere" nelle relazioni internazionali, cioè sulla capacità delle donne di farsi protagoniste di proposte e azioni politiche mirate al raggiungimento di obiettivi di sicurezza e pace globali. Una diplomazia delle relazioni internazionali che può affiancare e sostenere i processi diplomatici istituzionali, o può proporsi in alternativa ad essi, divenute nel tempo un vero laboratorio di idee e pratiche mirate a raggiungere misure efficaci per superare i conflitti armati, favorire il disarmo e le relazioni pacifiche fra i popoli.
Se ne sente tutta l'urgenza in un momento come questo che stiamo attraversando, mentre dalla strategia imperiale della "guerra a pezzi" si ritorna a minacciare una guerra globale, riprende rumorosa la rincorsa agli armamenti convenzionali e nucleari, aumentano le spese militari nei bilanci dei governi, si torna ad ammassare truppe alle frontiere.
Già tre anni fa, nel maggio 2015 una delegazione di 30 donne di 15 paesi – fra le quali la leader femminista statunitense Gloria Steinem  e i due premi Nobel della Pace Mairead Maguire dell’Irlanda and Leymah Gbowee della Liberia –  realizzarono quella che fino a quel momento era considerata una missione impossibile: sostarono a Pyongyang per un simposio internazionale di pace in collaborazione con le donne della Corea del Nord e da lì, il 24 maggio, giornata internazionale per la pace e il disarmo, mossero verso sud, verso il check point di  Panmunjom, nella zona smilitarizzata al 38° parallelo che separa le due Coree. Volevano richiamare i due governi alla necessità di mettere fine alle ostilità e firmare finalmente un accordo di pace permanente, come preludio indispensabile alla riconciliazione e riunificazione del paese. 
(vedi: http://awmr-donneregionemediterranea-italia.blogspot.com/2015/05/corea.html


Le nuove sfide della WIDF 
La diplomazia di pace è stata una pratica costante anche della WIDF  e sta scritta  nella sua storia. Da sempre, la WIDF accetta la sfida di investire energie e risorse nella capacità delle donne di unire alla denuncia coraggiosa la ricerca tenace dell’incontro, del dialogo, del negoziato e di proposte efficaci contro le guerre. Perché resta invariata - come abbiamo scritto a Pyongyang nella “dichiarazione di solidarietà della WIDF in appoggio alla giusta causa del popolo coreano” - la nostra aspirazione a costruire un mondo pacificato, liberato da dominazioni e sottomissioni, sopraffazioni e ingerenze. 


"La volpe sa molte cose, il riccio ne sa una grande"
Da Pyongyang riportiamo con noi immagini, voci, sguardi, emozioni da elaborare, impressioni e nomi di luoghi visitati e rimasti nella mente: il museo storico dove è ricostruita nei dettagli l’epopea della guerra di liberazione combattuta dai coreani contro giapponesi e Yankees; il palazzo del Sole Kumsusan, il monte sacro Myohyang, la Torre dell’Idea Juche; il maestoso Palazzo dell’Assemblea suprema del popolo Mansudae (dove ci ha ricevute l'anziano presidente Kim Yong Nam, con una simpatia e un calore umano che ha travalicato i rigori dell’ufficialità e i limiti di tempo  che erano stati preventivati per il nostro incontro); il giardino d’infanzia di Kyongsang e la scuola primaria di Mangyongdae, la Casa della maternità e la clinica pediatrica, l’Istituto di formazione per educatrici, tutti luoghi nei quali l’utilizzazione delle più moderne tecnologie si coniuga con l’antica sapienza femminile e popolare. E poi il calzaturificio Ryuwon, interamente autoalimentato ad energia solare; e la metropolitana di Pyongyang che compete in sontuosità con quella di Mosca…e altro ancora.


Da questa nostra missione riportiamo anche il messaggio chiaro che ci è stato consegnato e vogliamo trasmettere, a dispetto della guerra mediatica (grottesca ma anche esiziale, non meno di quella combattuta con le bombe) che ogni giorno l’Impero d’occidente dichiara contro popoli, paesi e individui che non si sottomettono al suo dominio. La Repubblica Popolare Democratica di Corea è oggi un paese laborioso e tenacemente impegnato in un gigantesco sforzo di crescita economica, tecnologica, sociale e culturale collettiva, intenzionato a progredire verso il futuro socialista nel solco della propria storia scritta col sudore e col sangue di donne e uomini che hanno lottato per affermare il loro diritto ad essere artefici del proprio destino. Sulla base di questo diritto e del rispetto dei peculiari e differenti processi emancipativi, intendono ora avviare il percorso di pacificazione e riconciliazione con la parte sud della penisola coreana, dalla quale è divisa da una linea di separazione che fu tracciata a Washington nel lontano 1953. Ai colloqui che si apriranno a Panmunjom il 27 aprile, si presenterà con la proposta di un un trattato di pace che prevede il ricongiungimento delle famiglie divise dalla guerra; l'apertura di collegamenti aerei, ferroviari e stradali fra il Nord e il Sud, la trasformazione della DMZ (zona smilitarizzata al 38° parallelo) in una zona di pace; la sospensione unilaterale dei test nucleari, propedeutica ad un processo di denuclearizzazione globale


Pyongyang. La delegazione della WIDF con il presidente dell'Assemblea Suprema del Popolo  Kim Yong Nam

Ora sta a noi fare tutto il possibile perché anche gli altri paesi coinvolti nel conflitto, a cominciare dagli Stati Uniti, e le istituzioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, facciano un passo avanti nella stessa direzione perché si arrivi a stabilire la pace nella penisola coreana riunificata.


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