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La nostra storia in breve


L’Awmr Italia – Associazione di Donne della Regione Mediterranea è una organizzazione no profit, costituita formalmente nel maggio 1999 a Lecce. L’atto fondativo fu sottoscritto da un gruppo di donne italiane[1] che si erano incontrate nella settima conferenza annuale dell’Association of Women of the Mediterranean Region, tenutasi a Gallipoli nel luglio 1998, ed avevano convenuto di riprenderne le finalità ed i principi statutari in un'associazione italiana autonomamente costituita.
L'Association of Women of the Mediterranean Region (Awmr) è una ong internazionale nata nel 1992 a Malta per iniziativa di donne di diversi paesi delle differenti sponde mediterranee, che già da alcuni anni andavano tessendo una rete di relazioni nell'area. Infatti esse si erano incontrate nel 1991 a Tunisi, dove avevano abbozzato lo statuto della futura associazione che avevano in mente. L’anno successivo fu pertanto convocata la prima conferenza dell'Associazione a Malta, dove le partecipanti discussero di "diritti delle donne, diritti nazionali e regionali" e decisero di assumere l'autodeterminazione, l'uguaglianza, la giustizia e la pace come parole chiave del loro agire comune.

Fu quello il passaggio decisivo di un percorso fondativo che, muovendo da diverse esperienze ed appartenenze, si è andato sviluppando in un intreccio di riflessione ed azione comune fra donne appartenenti a
una decina di paesi dell'area mediterranea, che anno dopo anno si sono date temi diversi - colonialismo e patriarcato, il militarismo e la pace, la salute e l'ambiente, donne migranti e profughe, donne e lavoro nel Mediterraneo - attorno ai quali lavorare. Le rituali conferenze annuali hanno seguito il filo di una riflessione serrata che non si sottrae mai alla necessità di misurarsi con la realtà dei "luoghi difficili" del Mediterraneo e con i conflitti che l'hanno attraversato e l'attraversano - la ex Jugoslavia, il Vicino Oriente, la Palestina, Cipro, l'Algeria, l'Albania. A tali conferenze peraltro hanno preso parte liberamente non solo donne di tutta l'area mediterranea, ma anche invitate esterne all'area, sicché l'associazione è andata estendendo e consolidando le sue relazioni interne ed esterne alla regione mediterranea.

Infatti, oltre all'organizzazione delle conferenze annuali della stessa Awmr, c'è stato, e c'è tuttora, l'impegno quotidiano nei rispettivi luoghi di appartenenza per l'allargamento ed il consolidamento della rete associativa; c'è la partecipazione ai grandi Forum mondiali promossi dai movimenti e dalle istituzioni internazionali; c'è la realizzazione di progetti di cooperazione euro-mediterranea e la promozione di iniziative finalizzate alla soluzione politica dei conflitti e dei problemi nell'area mediterranea, seguendo pratiche e percorsi che mirano prioritariamente a rafforzare le forme di autorganizzazione ed autonoma rappresentazione di sé delle donne.

Nel 2006, in occasione di un incontro - svoltosi presso la Casa internazionale delle Donne di Roma - con la WIDF (Federazione Democratica Internazionale delle Donne) l’Awmr Italia ha deciso autonomamente di aderire a questa storica organizzazione, fondata nel 1945 a Parigi, la cui sede centrale è attualmente a San Paolo del Brasile. Da quel momento l'Awmr Italia è  rappresentata nei congressi e negli organismi statutari della WIDF in qualità di organizzazione italiana affiliata .


[1] Socie fondatrici dell’Awmr Italia: Antonia Baraldi Sani, Marilena Cataldini, Palmira Converso, Ada Donno, Marisa Forcina, Sancia Gaetani,Caterina Gerardi, Rita Goffredo, Maria Mancarella, Paola Martino, Rosalba Nestore, Patrizia Politelli, Carla Ravaioli, Romana Sansa, Marinella Vadacca, Marina Visciola.

Istruzioni di pace
L’impegno italiano di due associazioni femminili internazionali :
la WILPF e l'AWMR
 di Viviana Ingrosso*
Dalla  pace come “assenza di guerra”, come parentesi di una  Storia contraddistinta da contrapposizioni violente ad una pace proposta dalle donne come risoluzione dei conflitti attraverso la mediazione, la valorizzazione della pluralità e delle differenze e la costruzione di relazioni di significato.
È questa la pace promossa da due associazioni internazionali WILPF e AWMR, le cui sezioni italiane negli ultimi vent’anni sono state in questo senso molto attive. La Women’s International League for Peace and Freedom  nasce all’Aja nel 1915 per volontà di donne convinte che solo lavorando per il “political enfranchisement”, per la conquista del diritto di voto si potevano fermare gli orrori della prima guerra mondiale. Un’associazione che grazie alla sua storia, al suo impegno per la pace ha dal 1948 uno status consultivo con le Nazioni Unite e le sue agenzie e può vantare tra le sue file due premi nobel per la pace Jane Addams (1931) Emily Green Balch (1946).
La sezione italiana si costituisce ufficialmente nel febbraio del 1989, anno che avrebbe visto la caduta del muro di Berlino e l’avvio di un periodo di sostanziali cambiamenti geopolitici, di guerre, di rotture di equilibri internazionali, con cui ancora facciamo i conti. Sono questi anche gli anni in cui l’Association Women’s of Mediterranean Region vede la luce grazie a donne provenienti dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo, unite dalla volontà di risolvere i conflitti in modo giusto e pacifico, per la smilitarizzazione del mar Mediterraneo e il disarmo, per l’autodeterminazione dei popoli. Siamo nel 1991 anno della prima guerra del Golfo, la prima di una serie di guerre decise in nome di interessi politico-economici internazionali, che determinano i rapporti tra Nord e Sud del mondo. La sezione italiana di AWMR si forma nel 1998. Associazioni che hanno nella non violenza un modo nuovo di agire la politica, promuovendo una visione alternativa in un mondo dove persistono disuguaglianze, aumentano le povertà e imperano i fondamentalismi economici e religiosi.
L’azione politica delle donne deve fare spesso i conti con una visione patriarcale del mondo e con istituzioni nazionali ed internazionali gestite e orientate da interessi economico-militari, ma l’impegno e la volontà politica di non essere solo oggetto di diritto, ma soggetti di scelta, portano le nostre donne ad operare nel panorama locale ed internazionale per la giustizia e la pace.
Nel riconoscimento della dignità umana di soggetti e “soggette” con bisogni e capacità, hanno come obiettivo politico l’affermazione delle libertà, dell’autodeterminazione, della giustizia sciale, delle cittadinanze e la costruzione della pace, partendo da quella prospettiva di genere che sta a fondamento del loro agire politico che rende necessaria la loro partecipazione negli spazi pubblici e quindi la loro visibilità. Una prospettiva di genere che nasce dalla conoscenza del proprio corpo che le ha rese soggette responsabili in una visione olistica della vita, visione complessiva fatta di relazioni tra donne e uomini e con l’ambiente.
La solidarietà e la cooperazione internazionale, la difesa dei diritti umani, il rispetto della Carta  ONU e la riforma democratica delle Nazioni Unite e del suo Consiglio di Sicurezza, il significato che si vuole dare alla cittadinanza, il problema della rappresentanza femminile sono al centro delle riflessioni politiche e delle attività delle nostre donne. Compito che si sono assunte è quello di diffondere e divulgare la pace e la libertà con convegni, pubblicazioni, sensibilizzando le istituzioni.
La visibilità politica internazionale e nazionale delle donne e strettamente connessa alla visibilità delle Nazioni Unite, che ne esprimono il pensiero e l’azione e sanciscono la necessità della loro presenza nell’azione diplomatica, nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione della pace. Per fare solo due esempi di questo stretto rapporto basti ricordare il Cedaw del 1979 e la ris. C di S. 1325 dell’ottobre 2000, per non parlare delle Conferenze Internazionali per la Donna da Città del Messico (1975) a Pechino (1995) nelle quali la WILPF è tra le protagoniste dei Forum organizzati dalle ONG, occupandosi sempre di promozione delle donne, diritti umani e pace, empowerment e mainstreaming gender.
 La risoluzione 1325 è il paradigma dell’affermazione  di una cittadinanza di genere legata ad una visione pacifica del mondo, nella prevenzione e risoluzione dei conflitti e in tutti i processi decisionali. Si continua a lavorare perché venga implementata questa che è una risoluzione approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza. Per facilitarne la diffusione e quindi la conoscenza, nel 2001 WILPF allestisce il sito WILPF  Peace Women Project. La risoluzione nel primo articolo recita: «Spetta agli stati membri di assicurare l’incremento della rappresentanza delle donne in tutti i livelli di adozione delle decisioni nelle istituzioni e nei meccanismi nazionali, regionali e internazionali per la prevenzione, la gestione e la soluzione dei conflitti», ciò significa la necessità di avere una rappresentanza minima delle donne pari almeno al 30% fino ad arrivare a bilanciare le leadership per una democrazia che sia “paritaria”, in senso non solo quantitativo ma qualitativo, perché il problema della “buona governance” rimane un problema di rappresentanza plurale, di cittadinanza, che può essere garantita solo in una condizione di pari opportunità e di sicurezza umana.
La sicurezza umana viene garantita da politiche di mediazione e diplomazia, dal rispetto delle pari dignità e la difesa dei diritti umani: vita, libertà sicurezza, laddove per libertà s’intende«libertà dalle armi, dalla discriminazione, dal privilegio e dal profitto, è la libertà di cooperare, partecipare alla vita dei propri governi».
Nella ricerca di una mediazione, di una relazione capace di impedire la guerra del Golfo del 1991, la WILPF Italia è tra le organizzatrici della Carovana Internazionale della pace Amman - Bagdad, ma purtroppo sappiamo come è andata a finire.
La sicurezza umana è garantita dalla sicurezza alimentare: il cibo è l’acqua non sono una merce. La WILPF intrattiene rapporti con la FAO e lavora perché si convertano le spese militari in risorse economiche da destinare allo sviluppo sostenibile dell’agricoltura nel rispetto dell’ambiente, della proprietà intellettuale e dei diritti dei Popoli Indigeni, nel riconoscimento della sovranità alimentare e delle biodiversità.
Per quanto riguarda l’Europa, essa potrà costruire la “sua” sicurezza considerando il Mediterraneo prima di tutto uno “spazio di pace e stabilità”(Barcellona 1995) più che un bacino di risorse economiche o di pseudo- partenariati. Un’Europa che non sia una fortezza, ma un soggetto capace di creare importanti relazioni culturali, sociali e solidali con i paesi della riva sud, tracciando la via per una sicurezza internazionale che realizzi spazi politici di democrazia, di diritti civili e sociali, diritti di cittadinanza per i migranti: l’accesso al diritto al lavoro, alla sanità, al ricongiungimento familiare, all’educazione; che sappia risolvere la “molteplice discriminazione”cui sono sottoposte le donne con politiche d’ascolto, con un approccio orizzontale. Ciò significa pensare ad una “cittadinanza globale” come ci dicono le donne di AWMR, già nella Conferenza del 1996, una cittadinanza legata al paese di residenza, ma nel rispetto della nazionalità. Per fare ciò bisogna re-inventare la globalizzazione secondo una prospettiva socialista-femminista (Valentine Moghadam, X Conf. AWMR, 2002) per contrastare quel processo di “neutralizzazione” che coinvolge le donne nell’economia globalizzata. È l’economia delle grandi corporations che strangolano i paesi in via di sviluppo, aiutate dalle inique leggi di istituzioni internazionali come il WTO e la Banca Mondiale.
Ai giochi di potere dall’alto le donne di AWMR vogliono contrapporre una “terza via”, cioè forme alternative di aggregazione e visibilità, per esempio i social forum e la Marcia mondiale delle donne che vuole diffondere la carta mondiale delle donne per l’umanità, per rafforzare le relazioni sociali e culturali, la cooperazione, in un mondo in cui il privato estromette le donne dagli spazi pubblici. Ad iniziare dal lavoro, ritornano nelle case, la femminilità rimane ancorata a vecchi stereotipi di genere e il corpo della donna rimane oggetto di abusi e di una crescente violenza. A relazioni mercificate, precarie definite da un sistema economico liberista bisogna proporre altre forme di economia, per esempio quella del dono. L’economia del dono è propria della cura materna, della ricerca del benessere dell’altro/a  e costituisce il paradigma economico alternativo a quello del “valore dello scambio” , del “dare per ricevere” che presuppone “condizioni di scarsezza”, per dare valore alla quantità da scambiare, sostiene Geneviève Vaughan a Gallipoli nel 1998. La cultura della competizione, della gerarchizzazione dell’”io primo” genera violenza, e prime vittime di violenza sono le donne sia in “pace” che in “guerra”. Le donne sono le prime vittime di torture e di stupri, sistematicamente cooptate come soldati, come kamikaze, “obiettivi strategici” di diffusione della cultura militarista, quella stessa cultura che per esempio si respira in Israele e alla quale le donne si oppongono marciando silenziosamente o mediando ai check-point. Lavorare per la pace significa prima di tutto disarmare la cultura, soprattutto nel Mediterraneo da sempre teatro di guerre e di conflitti dal  Medioriente, alla ex Jugoslavia, dal Marocco con la questione dei Sarawi ai curdi della Turchia, a Cipro. La pace si costruisce investendo in educazione e cultura, nell’insegnare la cooperazione, la solidarietà, il dialogo, adoperandosi nella difesa dei diritti umani di donne come la curda Leyla Zana, di Nehmije Hoxha, anziana moglie dell’ex leader comunista albanese, di Silvia Baraldini, attivista per i diritti umani negli Usa e in Italia.
 Le campagne di sensibilizzazione sul disarmo e la pace le troviamo nei siti delle nostre due associazioni www.wilpf.int.ch e www.awmr.org e con progetti di educazione alla pace portati nelle scuole.
Lecce, 2008

Bibliografia

Ada Donno, “O profitto per pochi, o cibo per tutti”, in Pietre giornale dei comuni del Salento, anno I° n°8, dic 1996.

Caterina Gerardi e Ada Donno, “Nexhmije Hoxha, il dovere della memoria”, Quaderni di Gramsci n°1-2005 Lecce.

Geneviève Vaughan “L’economia del dono”, contributo alla VII Conferenza Internazionale di AWMR “Donne e lavoro nel Mediterraneo”, Gallipoli 8-12 luglio 1998. Atti.

Giovanna Pagani, “La Lega Internazionale delle donne per la pace e la libertà (WILPF)”, in Giano n°11, Napoli 1992.

Marisa Forcina, “Soggette”, ed. F. Angeli, Milano 2000.

Nava Elyashar. “Israeli and Palestine: women against culture of war”, in “L’ossimoro virtuoso”, atti dell’XI Conferenza Internazionale dell’AWMR, Bologna Monte-Sole, 10-13 luglio 2003. ed AWMR Italia 2005.

Valentine Moghadam, “Reinventando la globalizzazione: una prospettiva socialista- femminista”. Dalla sintesi degli interventi della X Conferenza Internazionale di AWMR “L’impatto della globalizzazione sui paesi del Mediterraneo: la prospettiva delle donne”. Marocco-Marrakesch 12-14 luglio 2002.

WILPF, “Salite a bordo del treno della pace WILPF, da Helsinky a Pechino 7-29/08/1995, stampato in proprio.

WILPF, “Policies and Resolutions of the Women’s International League for Peace and Freedom 1915-1995”, stampato in proprio e su www.wilpf.int.ch/resolutions

WILPF-Italia, “Per Silvia Baraldini, una donna senza confini”, libro –dossier, ed. in proprio maggio 1993.
Yana Mintoff Bland, “A Marrakesch la decima Conferenza dell’AWMR- Associazione donne della Regione Mediterranea”. Dalla sintesi degli interventi della X Conferenza Internazionale di AWMR “L’impatto della globalizzazione sui paesi del Mediterraneo: la prospettiva delle donne”. Marocco-Marrakesch 12-14 luglio 2002.





* Viviana Ingrosso
Laureata in Filosofia  nel 2000 e in Forme e Storia dei Saperi Filosofici nel 2007 presso l’Università del Salento, ha indirizzato i suoi studi e le sue ricerche verso questioni che riguardano le donne, la pace, i diritti umani. Iscritta all’associazione AWMR,  nel 2005 insieme ad Ada Donno ha curato la pubblicazione degli atti dell’XI Conferenza Internazionale della stessa associazione, tenutasi a Montesole nel luglio 2003.
Vive e lavora a Copertino di Lecce