01/06/23

2 giugno 2023, la Repubblica italiana ha 77 anni

 



Oggi festeggiamo la Repubblica Italiana nata dalla Resistenza antifascista manifestando in difesa della Costituzione, della Pace e del pianeta contro l’invio di armamenti in Ucraina





La guerra in #Ucraina, i focolai nei #Balcani, l’escalation degli armamenti mietono vite umane, distruggono gli abitati, il territorio e le sue risorse.

In una società ferita, in un territorio devastato e depredato, come sempre la guerra fa, la corsa alle armi e alla guerra, di pari passo con la gara anticipata per la ricostruzione, non fa che allontanare una difficile ma possibile pacificazione.

Contro ogni guerra riaffermiamo l’art.11 della #Costituzione:

"L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."


31/05/23

G7 / QUANDO GLI USA ADERIRANNO ALLA RICHIESTA GLOBALE DI PACE IN UCRAINA?


Quando il Giappone ha invitato i leader di Brasile, India e Indonesia a partecipare al vertice del #G7 a #Hiroshima, c'erano barlumi di speranza che potesse essere per queste potenze economiche emergenti del Sud del mondo un forum dove discutere la loro posizione in difesa della pace in #Ucraina con i ricchi Paesi occidentali del G7, che sono invece militarmente alleati con l'Ucraina e finora sono rimasti sordi alle richieste di pace. Ma non è andata così...


Medea Benjamin e Nicolas JS Davies (*) – CODEPINK



Al contrario, i leader del Sud del mondo sono stati costretti a sedersi e ascoltare i loro ospiti che annunciavano i loro ultimi piani per inasprire le sanzioni contro la Russia e intensificare ulteriormente la guerra inviando in Ucraina aerei da guerra F-16 costruiti dagli Stati Uniti.

Il vertice del G7 è in netto contrasto con gli sforzi dei leader di tutto il mondo che stanno cercando di porre fine al conflitto. In passato, i leader di Turchia, Israele e Italia si sono fatti avanti per cercare di mediare. I loro sforzi hanno dato i loro frutti nell'aprile 2022, ma sono stati bloccati dall'Occidente, in particolare Stati Uniti e Regno Unito, che non volevano che l'Ucraina stipulasse un accordo di pace indipendente con la Russia.

Ora che la guerra si trascina da oltre un anno senza una fine in vista, altri leader si sono fatti avanti per cercare di spingere entrambe le parti al tavolo dei negoziati. In un nuovo intrigante sviluppo, la Danimarca, un paese della #NATO, si è fatta avanti per offrirsi di ospitare colloqui di pace. Il 22 maggio, pochi giorni dopo la riunione del G-7, il ministro degli Esteri danese Lokke Rasmussen ha affermato che il suo paese sarebbe pronto a ospitare un vertice di pace a luglio se Russia e Ucraina accettassero di parlarsi.

«Dobbiamo impegnarci per creare un impegno globale per organizzare un tale incontro», ha affermato Rasmussen, menzionando che ciò richiederebbe il sostegno di Cina, Brasile, India e altre nazioni che hanno espresso interesse a mediare i colloqui di pace. Avere un membro dell'UE e della NATO che promuove i negoziati potrebbe riflettere un cambiamento nel modo in cui gli europei vedono il percorso da seguire in Ucraina.

A riflettere questo cambiamento è anche un rapporto di Seymour Hersh, che cita fonti dell'intelligence statunitense, secondo cui i leader di Polonia, Cechia, Ungheria e dei tre stati baltici, tutti membri della NATO, stanno parlando con il presidente Zelensky della necessità di porre fine alla guerra e iniziare la ricostruzione Ucraina in modo che i cinque milioni di rifugiati che ora vivono nei loro paesi possano iniziare a tornare a casa. Il 23 maggio, il presidente ungherese di destra Viktor Orban ha dichiarato: «Guardando al fatto che la NATO non è pronta a inviare truppe, è ovvio che non c'è vittoria per i poveri ucraini sul campo di battaglia» e che l'unico modo per porre fine alla conflitto è che Washington negozi con la Russia.

Nel frattempo, l'iniziativa di pace della Cina è andata avanti, nonostante la trepidazione degli Stati Uniti. Li Hui, rappresentante speciale della Cina per gli affari eurasiatici ed ex ambasciatore in Russia, ha incontrato Putin, Zelensky, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba e altri leader europei per portare avanti il ​​dialogo. Data la sua posizione di principale partner commerciale sia della Russia che dell'Ucraina, la Cina è in una buona posizione per impegnarsi con entrambe le parti.

Un'altra iniziativa è arrivata dal presidente Lula da Silva del Brasile, che sta creando un “club della pace” di paesi di tutto il mondo per lavorare insieme a risolvere il conflitto in Ucraina. Ha nominato il famoso diplomatico Celso Amorim come suo inviato di pace. Amorim è stato ministro degli Esteri del Brasile dal 2003 al 2010 ed è stato definito "miglior ministro degli Esteri del mondo" dalla rivista Foreign Affairs. È stato anche ministro della difesa del Brasile dal 2011 al 2014 ed è ora il principale consigliere per la politica estera del presidente Lula. Amorim ha già avuto incontri con Putin a Mosca e Zelensky a Kiev, ed è stato ben accolto da entrambe le parti.

Il 16 maggio, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e altri leader africani sono entrati nella mischia, riflettendo quanto seriamente questa guerra stia colpendo l'economia globale attraverso l'aumento dei prezzi dell'energia e del cibo. Ramaphosa ha annunciato una missione ad alto livello di sei presidenti africani, guidati dal presidente Macky Sall del Senegal. Ha rivestito, fino a poco tempo fa, il ruolo di presidente dell'Unione africana e, in tale veste, si è espresso con forza per la pace in Ucraina all'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2022.

Gli altri membri della missione sono i presidenti Nguesso del Congo, Al-Sisi dell'Egitto, Musevini dell'Uganda e Hichilema dello Zambia. I leader africani chiedono un cessate il fuoco in Ucraina, seguito da seri negoziati per arrivare a "un quadro per una pace duratura". Il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres è stato informato sui loro piani e ha "accolto con favore l'iniziativa".

Anche Papa Francesco e il Vaticano stanno cercando di mediare il conflitto. «Non abituiamoci ai conflitti e alla violenza. Non abituiamoci alla guerra», ha predicato il Papa. Il Vaticano ha già contribuito a facilitare il successo degli scambi di prigionieri tra Russia e Ucraina, e l'Ucraina ha chiesto l'aiuto del Papa per riunire le famiglie che sono state separate dal conflitto. Un segno dell'impegno del Papa è la nomina del veterano negoziatore cardinale Matteo Zuppi a suo inviato di pace. Zuppi è stato determinante nella mediazione dei colloqui che hanno posto fine alle guerre civili in Guatemala e Mozambico.

Qualcuna di queste iniziative darà i suoi frutti? La possibilità di far dialogare la Russia e l'Ucraina dipende da molti fattori, tra cui la loro percezione dei potenziali guadagni derivanti dal proseguimento dei combattimenti, la loro capacità di mantenere adeguate forniture di armi e la crescita dell'opposizione interna. Ma dipende anche dalla pressione internazionale, ed è per questo che questi sforzi esterni sono così critici e l'opposizione degli Stati Uniti e dei paesi della NATO ai negoziati deve in qualche modo essere invertita.

Il rifiuto o il rigetto da parte degli Stati Uniti delle iniziative di pace mostra lo scollamento tra due approcci diametralmente opposti alla risoluzione delle controversie internazionali: la diplomazia contro la guerra. Illustra anche lo scollamento tra il crescente sentimento pubblico contro la guerra e la determinazione dei politici statunitensi a prolungarla, inclusa la maggior parte dei Democratici e dei Repubblicani.

Un crescente movimento di base negli Stati Uniti sta lavorando per cambiare questa situazione:

A maggio, esperti di politica estera e attivisti di base hanno pubblicato annunci a pagamento sul New York Times e su The Hill per sollecitare il governo degli Stati Uniti a essere una forza per la pace. L'annuncio su The Hill è stato sottoscritto da 100 organizzazioni in tutto il paese e i leader della comunità si sono organizzati in dozzine di distretti congressuali per consegnare l'annuncio ai loro rappresentanti.

I leader religiosi, oltre mille dei quali hanno firmato una lettera al presidente Biden a dicembre chiedendo una tregua natalizia, stanno mostrando il loro sostegno all'iniziativa di pace del Vaticano.

La Conferenza dei sindaci degli Stati Uniti, un'organizzazione che rappresenta circa 1.400 città in tutto il Paese, ha adottato all'unanimità una risoluzione che invita il Presidente e il Congresso a «massimizzare gli sforzi diplomatici per porre fine alla guerra quanto prima possibile, collaborando con Ucraina e Russia per raggiungere un accordo immediato» per il cessate il fuoco e il negoziato con concessioni reciproche in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, sapendo che i rischi di una guerra più ampia aumentano quanto più a lungo la guerra continua.

I principali leader ambientali statunitensi hanno riconosciuto quanto sia disastrosa questa guerra per l'ambiente, inclusa la possibilità di una catastrofica guerra nucleare o di un'esplosione in una centrale nucleare, e hanno inviato una lettera al presidente Biden e al Congresso sollecitando un accordo negoziato. ​​

Il 10 e l'11 giugno, attivisti statunitensi si uniranno ai costruttori di pace di tutto il mondo a #Vienna, in Austria, per un vertice internazionale per la pace in Ucraina.

Alcuni dei candidati alla presidenza, sia democratici che repubblicani, sostengono una pace negoziata in Ucraina, tra cui Robert F. Kennedy e Donald Trump.

La decisione iniziale degli Stati Uniti e dei paesi membri della NATO di cercare di aiutare l'Ucraina a resistere all'invasione russa ha avuto un ampio sostegno pubblico. Tuttavia, bloccare i promettenti negoziati di pace e scegliere deliberatamente di prolungare la guerra come un'opportunità per "pressare" e "indebolire" la Russia ha cambiato la natura della guerra e il ruolo degli Stati Uniti in essa, rendendo i leader occidentali parti attive in una guerra senza nemmeno mettere in gioco le proprie forze.

I nostri leader devono aspettare che una guerra di logoramento omicida abbia ucciso un'intera generazione di ucraini e abbia lasciato l'Ucraina in una posizione negoziale più debole di quanto non fosse nell'aprile 2022, prima di rispondere all'appello internazionale per un ritorno al tavolo dei negoziati?

O i nostri leader devono portarci sull'orlo della terza guerra mondiale, con tutte le nostre vite in gioco in una guerra nucleare a tutto campo, prima che consentano un cessate il fuoco e una pace negoziata?

Piuttosto che stare come sonnambuli nella terza guerra mondiale o assistere in silenzio a questa insensata perdita di vite umane, stiamo costruendo un movimento globale di base per sostenere le iniziative dei leader di tutto il mondo che aiuteranno a porre rapidamente fine a questa guerra e inaugurare una pace stabile e duratura. Unitevi a noi.

………………………..

(*) Medea Benjamin e Nicolas JS Davies sono gli autori di War in Ukraine: Making Sense of a Senseless Conflict, pubblicato da OR Books nel novembre 2022. Medea Benjamin è cofondatrice di #CODEPINK for Peace e autrice di numerosi libri, tra cui All'interno dell'Iran: la vera storia e la politica della Repubblica islamica dell'Iran. Nicolas JS Davies è un giornalista indipendente, ricercatore di #CODEPINK e autore di Blood on Our Hands: The American Invasion and Destruction of Iraq.


27/04/23

Lettera urgente sull'Ucraina ai presidenti del mondo


https://worldbeyondwar.org/urgent-letter-on-ukraine-to-world-presidents/

 Al Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin , Al Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky , Al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, Al Presidente dell’OSCE 2023, Bujar Osmani, Al Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, Al Presidente della Cina, Xi Jinping,Al Presidente del Brasile, Luiz Ignàtio Lula da Silva, Al Presidente del Sud Africa, Cyril Ramaphosa, Al Primo Ministro Indiano, Narendra Modi, Alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, Alla Presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, Al Presidente della Francia, Emmanuel Macron, Al Cancelliere della Germania, Olaf Scholz, Al Primo Ministro del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Rishi Sunak, Alla Presidente del Consiglio Italiano, Giorgia Meloni

Roma, Italia

Oggetto: Appello Urgente con Richieste

Onorevoli e illustrissimi Presidenti,

siamo donne e uomini che appartengono ad associazioni pacifiste nonviolente, laiche e di ispirazione religiosa, presenti sul territorio italiano e internazionale (alcune insignite del Premio Nobel per la pace) che sono atterriti dall’incalzare dell’escalation bellica in Ucraina, che ci sta conducendo verso un conflitto mondiale nucleare.

Dopo più di un anno, ci ritroviamo coinvolti in una guerra che potrebbe culminare nella peggiore catastrofe umanitaria e ambientale che l’umanità abbia mai sopportato! Con centinaia di milioni di morti e con la distruzione delle nostre case, delle nostre città, senza più alcun futuro per noi e per i nostri figli e nipoti.

Siamo tutti sconvolti dal fatto che oggi si stia parlando troppo poco di trattative di pace, e si continui a perseguire una chimerica vittoria sul campo, attraverso l’uso di armi sempre più letali, fino alla presunta distruzione completa del nemico.

L'ONU è nata dal trauma della Seconda guerra mondiale per “liberare i popoli dal flagello della guerra” e ripudia il ricorso alla forza militare per risolvere le controversie internazionali; è necessario pertanto recuperare questo principio, che vede nel negoziato l'unica soluzione non autolesionista per tutti gli attori impegnati nella contesa armata. Le risorse e le intelligenze non mancano per mettersi insieme e raggiungere, con rigore, una soluzione di compromesso.

Viceversa, più il conflitto andrà avanti e più i crimini aumenteranno, come la distanza tra Ucraina e Russia, tra Unione Europea e Russia, tra Stati Uniti e Russia.

Questa polarizzazione creerà le condizioni per altri conflitti e fratture planetarie, come sempre succede quando invece di ricorrere all’arbitraggio fra due contendenti si sceglie di farsi alleato dell’uno o dell’altro. Non possiamo tradire fino a questo punto lo spirito delle Nazioni Unite, seguendo le sirene delle alleanze militari. Bisogna avere coraggio e dare un esempio virtuoso, per ispirare altri popoli e altri Stati in conflitto.

Come scriveva Jane Addams in “Peace and Bread in Time of War” (1922): “What afther all, has mantained the human race on this old globe despite all the calamities of nature and all tragic failings ok mankind, if not faith in new possibilities, and courage to advocate them?” - Dov’è ora il coraggio e l’orgoglio delle donne come mediatrici, riconosciuto dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU 1325/2000?

Altro principio da assumere come fondativo è la preminenza dei diritti umani, del diritto alla vita delle persone, del diritto dell’Umanità e della Natura alla Pace. Oggi non esistono guerre “giuste”, come ci ricorda Papa Francesco.

Ci rivolgiamo a tutti voi che siete coinvolti direttamente o indirettamente e che avete il potere e la responsabilità di far cessare questo terribile conflitto, per interpellare le vostre coscienze con il presente Appello Urgente:

Considerato che la maggioranza dei cittadini europei e del mondo non vogliono la guerra, come è dimostrato:

- dalle migliaia di manifestazioni organizzate in questo anno di conflitto in tutto il mondo;

- dalle centinaia di migliaia di cittadini europei che hanno firmato petizioni contro la guerra, contro il continuo invio di armi sempre più letali e a favore della ripresa delle trattative di pace.

- dagli innumerevoli appelli provenienti da tutto il mondo, dal già citato Papa Francesco a illustri personaggi della politica, dell’economia, della diplomazia e dello stesso settore strategico e militare; dagli artisti alle centinaia di migliaia di cittadini comuni: una marea umana chiede l’avvio di trattative di pace e la fine della guerra in Ucraina e non solo.

Viste le seguenti situazioni critiche:

- la volontà dell’Ucraina di difendersi dall’invasione russa e di riconquistare territori ucraini perduti e annessi alla Russia

- Le rivendicazioni da parte della Russia di un territorio ucraino che risulta abitato soprattutto da una popolazione russofona che da oltre otto anni è attaccata militarmente dall’esercito ucraino,

- La violazione degli accordi di Minsk sia da parte del governo di Kiev, sia da parte di quello della Russia,

- Il timore della Russia per la propria sicurezza nazionale, dovuto all’allargamento della NATO verso i suoi confini con installazione di basi militari spesso dotate di missili a medio-lungo raggio,

- Il timore degli Usa di perdere il controllo e il dominio economico e commerciale mondiale, messi in discussione da nuovi equilibri geopolitici globali e in particolare dal progressivo e continuo sviluppo dei BRICS, accelerato anche dai riequilibri commerciali derivati dalle stesse sanzioni alla Russia

- Gli ingenti investimenti finanziari dei Paesi del blocco occidentale, per il supporto logistico militare all’Ucraina, cui normalmente segue una volontà di esercitare un’influenza sul Paese beneficiario degli aiuti.

Visti i rischi che ogni giorno vi sia un allargamento del conflitto e la finestra temporale sempre più stretta, segnata dall’”Orologio dell’Apocalisse”, monitorato dagli scienziati del Bullettin of Atomic Scientists, anche considerando gli altri scenari di guerra in atto e le continue provocazioni su vari fronti,

Chiediamo a tutti voi di rispettare la preminenza del diritto alla vita delle persone e dei popoli e quindi di adoperarvi al limite delle vostre forze e possibilità per riprendere le iniziative diplomatiche volte all’apertura di un dialogo tra TUTTE le parti coinvolte, affinché vengano avviati dei negoziati che possano portare rapidamente ad un armistizio tra Russia e Ucraina, e successivamente a delle costruttive trattative internazionali, per arrivare ad una Pace durevole e condivisa.

Le TRATTATIVE, facendo tesoro della conferenza di Helsinki da cui è nata l'OSCE, potrebbero iniziare proprio dalle proposte per la pace presentate dalla Cina, contemperando le richieste di tutti i paesi coinvolti direttamente e indirettamente e ricercando una nuova cooperazione tra i popoli e i paesi, per arrestare l’attuale escalation bellica verso la terza guerra mondiale, che sarà inevitabilmente nucleare.

Terminiamo il nostro appello citando l’ultima frase del Manifesto Einstein-Russell : “In considerazione del fatto che in una futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi sono una minaccia alla sopravvivenza del genere umano, ci appelliamo con forza a tutti i governi del mondo affinché prendano atto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e di conseguenza li invitiamo a trovare mezzi pacifici per la risoluzione di tutte le loro controversie.”

Con la speranza che le nostre richieste possano essere ascoltate, vi inviamo i nostri più cordiali saluti,

Comitato Pace e non più Guerra, La Comunità per lo Sviluppo Umano, Costruttori di Pace, Europa per la Pace, WILPF Italia, Disarmisti Esigenti, Associazione Beni Comuni “Stefano Rodotà”, Partito della Rifondazione Comunista -Sinistra europea, Associazione FareRete InnovAzione BeneComune APSGRIDAS – Gruppo risveglio dal sonno, Rete Pangea – Scampia, Arci Cuba Insieme, Energia per i Diritti Umani, Argonauti per la Pace di Mondo senza Guerre e senza Violenza, Associazione MELITEA, Comitato Contro La Guerra Milano, Comitato per la Liberazione di Julian Assange Italia, Associazione EQUA, Associazione Vita Nova di Finale Ligure, Comunità Monsignor Romero Milano, UN PONTE PER, Ricostruire Pace, Artisti, Donne e Uomini di Pace di Piazza della Scala Milano, Respirando Poesia, Un’ Altra Storia, Assolei APS, AWMR Associazione Donne della Regione Mediterranea, CULTURA È LIBERTÀ. Una campagna per la Palestina ODV MSGV-Biodiversità Nonviolenta, Rete Toscana in Movimento 

(Per le suddette organizzazioni: Cristina Rinaldi – Federica Fratini – Claudio Mazzoccoli – Gerardo Femina – Patrizia Sterpetti – Alfonso Navarra –  Antonella Trocino – Maurizio Acerbo – Rosapia Farese -Martina Pignataro – Moreno Bacchieri – Marco Inglessis – Andrea Bulgarini – Edgardo lozia – Rosanna Rossi – Carlos Cardona – Angelica Romano – Angelo Gaccione – Patrizia Varnier – Pina Ancona- Dalila Novelli – Ada Donno – Alessandra Mecozzi – Marcello Pianigiani)

 


24/04/23

25 Aprile 2023 / Ieri, oggi, sempre Resistenza!


 

SUDAN / Donne contro la guerra

Appello del Centro regionale arabo della Federazione Democratica Internazionale delle donne (FDIM/WIDF) per fermare l'insensata guerra in Sudan

La Guerra in atto in Sudan, insensata, distruttiva e senza principi, è solo uno scontro fra gruppi di potere armati sovrappostosi alla eroica rivoluzione pacifica, civile e democratica di uomini e donne che avevano resistito disarmati ad ogni violenza ed abuso per realizzare la transizione al potere civile. Il Centro Regionale Arabo della Federazione Democratica Internazionale delle Donne afferma la sua piena solidarietà alle Donne sudanesi contro la guerra che si battono contro i guerrafondai e chiede alle donne del mondo di sostenerle per fermare la guerra in Sudan, subito e senza condizioni.



Le organizzazioni della regione araba appartenenti al Centro regionale arabo della Federazione democratica internazionale delle donne (WIDF/FDIM) condannano fermamente la guerra in corso nel fraterno Sudan tra l'esercito sudanese e le forze di supporto rapido.

 Questa guerra ha causato e continua a causare spargimenti di sangue e battute d'arresto in tutti gli ambiti della vita, economica e politica, in particolare le enormi e catastrofiche perdite di beni e vite di civili disarmati, comprese donne, uomini, bambini e anziani. È una guerra che ha seminato terrore e pericolo ovunque e ha portato i cittadini a cercare rifugio da proiettili e colpi d’artiglieria in luoghi privi dell’essenziale per vivere, senza elettricità, acqua, medicine o cibo.

È solo uno scontro per il potere e l'egemonia, è una guerra inutile e distruttiva che non ha principi, che si serve del popolo sudanese in lotta, questo popolo che ha mostrato al mondo arabo e al mondo intero un alto esempio di rivoluzione pacifica, progressista , civile, democratica e avanzata, in cui uomini e donne rivoluzionari disarmati hanno resistito all'oppressione, agli abusi, all'assassinio e allo stupro con un eroismo senza precedenti, sacrificando molti martiri e lavorando senza sosta per realizzare il passaggio di potere dai militari ai civili... fino al fatidico colpo di stato contro l'accordo prodotto dalla rivoluzione che ha infine imposto, purtroppo, la presa del potere da parte dei militari e ha ridotto il paese nel suo attuale tragico stato! !

Le sanguinose battaglie che infuriano oggi in Sudan non hanno alcuna relazione o connessione con i principi di quella rivoluzione vittoriosa. Al contrario, contribuiscono al rovesciamento di tutto ciò che la rivoluzione popolare sudanese aveva accumulato in termini di coscienza e risultati nazionali, democratici e civili!

Di fronte a tutta questa situazione, le organizzazioni di donne che fanno parte del Centro Regionale Arabo della Federazione Democratica Internazionale delle Donne affermano la loro piena solidarietà alle "Donne contro la guerra" e dichiarano il loro sostegno contro i guerrafondai nell'amato Sudan. La direzione della WIDF/FDIM, dalla sua posizione avanzata di osservatrice presso le Nazioni Unite, è chiamata a compiere un rapido passo per far circolare questo appello alle organizzazioni competenti delle Nazioni Unite, in particolare al Consiglio dei diritti umani, e promuovere la più ampia campagna per pubblicizzarlo e diffonderlo con l'obiettivo di fare pressione per fermare, subito e senza precondizioni, la guerra in Sudan, nonché per evitare le conseguenze pericolose in termini di sicurezza all'interno del Sudan e nella regione circostante che potrebbero derivare dal suo perdurare nel tempo.

Aida Nasrallah, coordinatrice del Centro Regionale Arabo della Federazione Democratica Internazionale delle Donne

20 aprile 2023

12/04/23

Finlandia nella NATO / Chi porterà avanti lo “Spirito di Helsinki”?

 

Se la Finlandia avesse resistito alle pressioni esercitate perché si affrettasse ad aderire alla NATO, ora potrebbe invece entrare a far parte del "Club della pace" promosso dal presidente brasiliano Lula per rilanciare i negoziati che pongano fine alla guerra in Ucraina. 

Purtroppo per la Finlandia e per il mondo, sembra che lo spirito di Helsinki debba proseguire senza Helsinki.


di Medea Benjamin e Nicolas JS Davies (*) – CODEPINK



https://www.other-news.info/finlands-nato-move-leaves-others-to-carry-on-the-helsinki-spirit/ 

Il 4 aprile 2023, la Finlandia è diventata ufficialmente il 31° paese membro dell'alleanza militare NATO. Il confine di 830 miglia tra Finlandia e Russia è ora di gran lunga il confine più lungo tra qualsiasi paese della NATO e la Russia, che altrimenti confina solo con Norvegia, Lettonia, Estonia e i brevi tratti dei confini polacchi e lituani intorno a Kaliningrad.

Nel contesto della guerra non più fredda tra Stati Uniti, NATO e Russia, ognuno di questi confini è un punto critico potenzialmente pericoloso che potrebbe innescare una nuova crisi, o addirittura una guerra mondiale. Ma una differenza fondamentale con il confine finlandese è che si trova a circa 100 miglia da Severomorsk, dove sono basati la flotta settentrionale russa e 13 dei suoi 23 sottomarini dotati di armi nucleari. Potrebbe benissimo essere qui che inizierà la terza guerra mondiale, se non è già iniziata in Ucraina.

In Europa, oggi, rimangono fuori dalla NATO solo la Svizzera, l'Austria, l'Irlanda e una manciata di altri piccoli paesi. Per 75 anni la Finlandia è stata un modello di successo di neutralità, ma è tutt'altro che smilitarizzata. Come la Svizzera, ha un grande esercito e ai giovani finlandesi è richiesto di svolgere almeno sei mesi di addestramento militare dopo aver compiuto 18 anni. Le sue forze militari attive e di riserva costituiscono oltre il 4% della popolazione, rispetto allo 0,6% nel Stati Uniti, e l'83% dei finlandesi afferma che prenderebbero parte alla resistenza armata se la Finlandia fosse invasa.

Storicamente, solo il 20-30% dei finlandesi era favorevole all'adesione alla NATO, mentre la maggioranza ha costantemente e con orgoglio sostenuto la sua politica di neutralità. Alla fine del 2021, un sondaggio d'opinione finlandese ha misurato il sostegno popolare all'adesione alla NATO al 26%. Ma dopo l'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022, la percentuale è balzata al 60% in poche settimane e, a novembre 2022, il 78% dei finlandesi ha dichiarato di sostenere l'adesione alla NATO.

Come negli Stati Uniti e in altri paesi della NATO, anche in Finlandia i leader politici sono favorevoli alla NATO più della gente comune. Nonostante il sostegno pubblico di lunga data alla neutralità, il governo finlandese ha aderito al programma di partenariato per la pace della NATO nel 1997 e nel 2001 ha inviato 200 soldati in Afghanistan, come parte della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza autorizzata dalle Nazioni Unite dopo l'invasione statunitense, che vi sono rimasti dopo che la NATO ha preso il comando di questa forza nel 2003. Le truppe finlandesi non hanno lasciato l'Afghanistan fino a quando tutte le forze occidentali non si sono ritirate nel 2021, dopo che un totale di 2.500 soldati finlandesi e 140 funzionari civili erano stati schierati lì e due finlandesi erano stati uccisi.

Una revisione del dicembre 2022 del ruolo della Finlandia in Afghanistan da parte dell'Istituto finlandese per gli affari internazionali ha rilevato che le truppe finlandesi «si sono ripetutamente impegnate in combattimenti come parte dell'operazione militare che ora era guidata dalla NATO ed era diventata parte del conflitto» e che l'obiettivo proclamato dalla Finlandia di «stabilizzare e sostenere l'Afghanistan per rafforzare la pace e la sicurezza internazionali» era controbilanciato dal «desiderio di mantenere e rafforzare le sue relazioni di politica estera e di sicurezza con gli Stati Uniti e altri partner internazionali, nonché dal suo sforzo di approfondire la sua collaborazione con la NATO».

In altre parole, come altri piccoli paesi alleati della NATO, la Finlandia non è stata in grado, nel bel mezzo di un'escalation della guerra, di sostenere le proprie priorità e i propri valori, e ha invece consentito al suo desiderio di "approfondire la sua collaborazione" con gli Stati Uniti e la NATO di prevalere sul suo scopo originario di cercare di aiutare il popolo afghano a ritrovare la pace e la stabilità. Come risultato di queste priorità confuse e contrastanti, le forze finlandesi sono state attratte dal modello di escalation di riflesso e dall'uso di una forza distruttiva schiacciante che ha caratterizzato le operazioni militari statunitensi in tutte le sue recenti guerre.

Come piccolo nuovo membro della NATO, la Finlandia sarà altrettanto incapace, quanto lo era in Afghanistan, di influenzare lo slancio del crescente conflitto della macchina da guerra della NATO con la Russia. La Finlandia scoprirà che la sua tragica scelta di abbandonare una politica di neutralità che le ha portato 75 anni di pace e di cercare protezione nella NATO la lascerà, come l'Ucraina, pericolosamente esposta in prima linea in una guerra diretta da Mosca, Washington e Bruxelles che non può né vincere, né risolvere autonomamente, né impedirne l'escalation verso la terza guerra mondiale. 

Il successo della Finlandia come paese democratico neutrale e liberal durante e dopo la Guerra Fredda ha creato una diffusa cultura per cui la popolazione ha più fiducia nei propri leader e rappresentanti di quanto non ne abbiano le popolazioni della maggior parte dei paesi occidentali, ed è meno propensa a mettere in dubbio la saggezza delle loro decisioni. Perciò la quasi unanimità della classe politica nell'aderire alla NATO sulla scia dell'invasione russa dell'Ucraina ha incontrato poca opposizione pubblica. Nel maggio 2022, il parlamento finlandese ha approvato l'adesione alla NATO con uno schiacciante 188 voti contro otto.

Ma perché i leader politici finlandesi sono stati così ansiosi di "rafforzare le loro relazioni di politica estera e di sicurezza con gli Stati Uniti e altri partner internazionali", come affermava il Rapporto Finlandia in Afghanistan? In quanto nazione militare indipendente, neutrale, ma fortemente armata, la Finlandia soddisfa già l'obiettivo della NATO di spendere il 2% del suo PIL per le forze armate. Ha anche una consistente industria di armi, che costruisce le proprie moderne navi da guerra, artiglieria, fucili d'assalto e altre armi.

L'adesione alla NATO integrerà l'industria degli armamenti della Finlandia nel redditizio mercato delle armi della NATO, aumentando le vendite di armi finlandesi, fornendo anche un contesto per acquistare più armi statunitensi e alleate per le proprie forze armate e per collaborare a progetti di produzione bellica congiunti con aziende dei paesi NATO più grandi. Con i budget militari della NATO in aumento, e che probabilmente continueranno ad aumentare, il governo finlandese deve chiaramente affrontare le pressioni dell'industria degli armamenti e di altri interessi. Certo, il suo piccolo complesso militare-industriale non ci sta ad essere escluso.

Da quando ha avviato la sua adesione alla NATO, la Finlandia ha già impegnato 10 miliardi di dollari per l’acquisto di caccia americani F-35 per sostituire i suoi tre squadroni di F-18. Ha anche ricevuto offerte per nuovi sistemi di difesa missilistica e, secondo quanto riferito, sta cercando di scegliere tra il sistema missilistico terra-aria Barak 8 indiano-israeliano e il sistema David's Sling USA-israeliano, costruito dalla Raphael di Israele e dalla Raytheon degli Stati Uniti.

La legge finlandese vieta al paese di possedere armi nucleari o di consentirne l'ingresso nel paese, a differenza dei cinque paesi della NATO che immagazzinano scorte di armi nucleari statunitensi sul loro territorio: Germania, Italia, Belgio, Olanda e Turchia. Ma la Finlandia ha presentato i suoi documenti di adesione alla NATO senza le eccezioni su cui Danimarca e Norvegia hanno insistito per consentire loro di rifiutare le armi nucleari. Ciò rende la posizione nucleare della Finlandia del tutto ambigua, nonostante la promessa del presidente Sauli Niinistö secondo cui "la Finlandia non ha intenzione di accogliere armi nucleari sul proprio suolo".

La mancanza di discussione sulle implicazioni dell'adesione della Finlandia a un'alleanza militare nucleare esplicita è preoccupante ed è stata attribuita a un processo di adesione eccessivamente frettoloso nel contesto della guerra in Ucraina, nonché alla tradizione della Finlandia di indiscussa fiducia della sua popolazione nel governo.

Purtroppo la cosa più deplorevole è che l'adesione della Finlandia alla NATO segna la fine dell'ammirevole tradizione del paese come pacificatore globale. L'ex presidente finlandese Urho Kekkonen, artefice della politica di cooperazione con la vicina Unione Sovietica e sostenitore della pace mondiale, ha contribuito alla realizzazione degli Accordi di Helsinki, storico accordo siglato nel 1975 da Stati Uniti, Unione Sovietica, Canada e tutti i paesi europei (ad eccezione dell'Albania) per migliorare la distensione tra l'Unione Sovietica e l'Occidente.

Il presidente finlandese Martti Ahtisaari ha continuato la tradizione pacificatrice ed è stato insignito del premio Nobel per la pace nel 2008 per i suoi sforzi critici per risolvere i conflitti internazionali dalla Namibia ad Aceh in Indonesia al Kosovo (che è stato bombardato dalla NATO).

Parlando alle Nazioni Unite nel settembre 2021, il presidente finlandese Sauli Niinistö sembrava ansioso di continuare questa eredità. «La volontà degli avversari e dei concorrenti di impegnarsi nel dialogo, creare fiducia e cercare denominatori comuni: questa era l'essenza dello spirito di Helsinki. È proprio quel tipo di spirito di cui il mondo intero e le Nazioni Unite hanno urgente bisogno», affermò allora. «Sono convinto che più parliamo dello spirito di Helsinki, più ci avviciniamo a riaccenderlo e a farlo diventare realtà.»

Ovviamente, la decisione della Russia di invadere l'Ucraina ha spinto la Finlandia ad abbandonare lo "spirito di Helsinki" a favore dell'adesione alla NATO. Ma se la Finlandia avesse resistito alle pressioni esercitate perché si affrettasse ad aderire alla NATO, ora potrebbe invece entrare a far parte del "Club della pace" formato dal presidente brasiliano Lula per rilanciare i negoziati che pongano fine alla guerra in Ucraina. Purtroppo per la Finlandia e per il mondo, sembra che lo spirito di Helsinki debba proseguire senza Helsinki.

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(*) Medea Benjamin è cofondatrice di CODEPINK for Peace e autrice di diversi libri, tra cui Inside Iran: The Real History and Politics of the Islamic Republic of IranNicolas JS Davies è un giornalista indipendente, ricercatore di CODEPINK e autore di Blood on Our Hands: The American Invasion and Destruction of Iraq . Medea Benjamin e Nicolas JS Davies sono gli autori di War in Ukraine: Making Sense of a Senseless Conflict , pubblicato da OR Books nel novembre 2022.






27/03/23

2 aprile 2023 / La pace nelle nostre mani

 Awmr Italia Donne della regione mediterranea aderisce alla giornata di mobilitazione contro la guerra convocata da Europe for Peace il 2 aprile. Prendiamo la Pace nelle nostre mani!


Il 2 aprile spegniamo la propaganda di guerra, accendiamo la pace!


In Europa, in Ucraina, in Russia e in tutto il mondo la gente vuole la pace, mentre i governi chiedono sempre più armi e risorse umane per la guerra.

Noi chiediamo il diritto alla salute, all’educazione, al lavoro e a un pianeta vivibile, ma i governi ci trascinano in una guerra totale.

L’unica possibilità di evitare il peggio risiede nel risveglio dell’essere umano e nella capacità di organizzarsi dei popoli.

Prendiamo il futuro nelle nostre mani: il 2 aprile convergiamo in Europa e in tutto il mondo in una giornata dedicata alla pace e alla nonviolenza attiva.

Spegniamo la televisione e tutti i social network, spegniamo la propaganda di guerra e le informazioni filtrate e manipolate. Dedichiamoci invece alla comunicazione diretta con le persone intorno a noi e organizziamo attività per la pace: un incontro, una manifestazione, un flash mob, una bandiera della pace sul balcone o sull’auto, una meditazione o una preghiera in accordo alla nostra religione o al nostro ateismo, e qualsiasi altra attività volta alla pace.

Ognuno lo farà con le proprie idee, credenze e slogan, ma tutti assieme spegneremo la televisione e i social. Convergeremo così nello stesso giorno con tutta la ricchezza e la forza della diversità. Sarà un grande esperimento di auto-organizzazione internazionale non centralizzato.

Solo noi possiamo cambiare le cose: noi, gli invisibili, quelli che non hanno voce. Nessuna istituzione o personaggio famoso lo farà per noi. E se qualcuno ha una grande influenza sociale dovrà metterla al servizio di tutti per amplificare la voce di chi ha un urgente bisogno di futuro per sé e per i propri figli.

Continueremo la protesta nonviolenta (boicottaggio, disobbedienza civile, sit-in,..) fino a quando chi oggi ha il potere di decisione non ascolterà la voce della maggioranza della popolazione che chiede semplicemente pace e una vita dignitosa.

Già il 3 aprile inonderemo i social con il racconto delle nostre iniziative: le nostre richieste, foto, messaggi e video.

Il nostro futuro dipende dalle scelte che facciamo oggi.

#EuropeForPeace

09/03/23

#8marzo2023 / Resistere per esistere / Donna Vita Libertà


La parola è alle lotte delle donne di tutto il mondo per la #pace, i diritti, l’autodeterminazione 
e al loro impegno di camminare insieme realmente e simbolicamente contro ogni forma di sessismo, discriminazione, emarginazione, violenza, delegittimazione politica.




Nella #Giornata internazionale della donna, vogliamo rilanciare il nostro invito a disertare le guerre, quella in #Ucraina come le altre guerre che sono in corso a diverse latitudini e quelle che si stanno preparando: a dire NO alla riproposizione della esiziale contrapposizione occidente/oriente e di logiche fallaci come quella dello “scontro di civiltà”, che vanificano la faticosa ricerca di un’alternativa nella costruzione sociale e politica come quella che abbiamo chiamato “paradigma della cura”.

Assumere la cura come “paradigma politico”: cura non solo come rimedio alla malattia, ma come fondamento delle relazioni fra le nazioni e degli umani con il vivente. Ci sembrava che la pandemia avesse aperto gli occhi di molte e molti su questa necessità. Ed eravamo convinte di poter avere parola decisiva – proprio noi donne – in questo prefigurabile salto di paradigma, dalle logiche di potenza a quella della cura condivisa del pianeta.


Invece la barbarie della guerra ritorna e con essa s’induce nelle persone l’assuefazione alla logica binaria amico-nemico nelle relazioni interne ed internazionali. Anzi, per “normalizzare la paura”, entrano con noncuranza nella comunicazione mainstream perfino ipotesi fino a ieri improponibili come “guerra nucleare”.

Ma noi la nostra paura vogliamo nominarla e reagire. Diciamo che ci fa paura lo stravolgimento di senso, per cui in nome della “sicurezza” si moltiplica la produzione di armi per preparare la guerra contro un presunto nemico da combattere, sia esso uno stato potente o una persona vulnerabile richiedente asilo.

Ci allarma profondamente che il discorso sulla sicurezza sia occupato dalle destre neofasciste e che un ministro dell’istruzione minacci provvedimenti disciplinari nei confronti di una dirigente per aver invitato la sua comunità scolastica a difendere la Costituzione antifascista. Noi crediamo nell’alto senso di responsabilità di quella dirigente scolastica e stiamo dalla sua parte.

Ci fa inorridire un ministro degli interni che accusa di irresponsabilità le donne e gli uomini profughi che “mettono in pericolo le vite dei loro figli”. Noi rifiutiamo la retorica cinica di chi, per guadagnare voti, specula sulla scelta di accogliere o respingere i profughi e stiamo dalla parte di chi è costretto a mettere il proprio corpo e quello dei propri figli in pericolo – dentro una barca, un gommone o su un tir – per avere una possibilità di vivere o di sopravvivere.

Affermiamo un’altra idea di sicurezza, declinata dentro il paradigma della cura e dell’accoglienza, come diritto degli esseri umani e di ogni essere vivente a un’esistenza dignitosa. E rifiutiamo invece la militarizzazione e la corsa al riarmo, le logiche repressive di confino e di respingimento come il massimo dell’incuria.

Sicurezza è dare accoglienza a chi fugge dalla povertà e contrastare le crescenti disuguaglianze economiche e promuovere la condivisione della ricchezza. Sicurezza è dare asilo a chi fugge da ingiustizie e discriminazioni religiose, etniche o di genere, e lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti. Sicurezza è dare rifugio a chi fugge dalle guerre e costruire la pace.