30/07/20

PALESTINA/CONTRO L'ANNESSIONE E PER LA PACE GIUSTA


 Comunicato finale dell'iniziativa “Riconoscimento dello Stato di Palestina per la pace giusta”



Con i due incontri, realizzati il 1 luglio scorso con una rappresentanza dei 70 parlamentari che hanno firmato il documento contro l’annessione dei Territori Occupati Palestinesi, ed il 9 luglio  con la Vice-Ministra del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, Marina Sereni,  abbiamo portato a termine l’azione della Lettera/Appello al governo italiano che ha raccolto 129 adesioni di organizzazioni e 3046 adesioni individuali.

La Vice-Ministra Sereni ha confermato l’impegno italiano per la ripresa dei colloqui tra le due parti e per il rispetto del diritto internazionale, la ferma contrarietà al piano di annessione, dichiarato dal premier israeliano, di parte dei Territori Occupati Palestinesi e la necessità di costruire una posizione europea unitaria per far fronte a questa delicata situazione internazionale. Su quest'ultimo fronte, la Vice-Ministra ha informato sulle divisioni tra gli stati membri, cosa che limita l’azione dell’Unione Europea. 

Rispetto alla nostra richiesta di riconoscere lo stato di Palestina, la risposta è stata negativa, per il nostro governo e per la stragrande maggioranza degli stati membri, questa opzione non è considerata realistica e possibile. L'opinione dei governi è condizionata dallo “stato di fatto” che Israele sta esercitando sui palestinesi con l’occupazione, e che la comunità internazionale continua a non riconoscere “di diritto” ma che accetta “di fatto”. Il riconoscimento dello stato palestinese, secondo questo ragionamento, dovrebbe avvenire attraverso un accordo tra le due parti, e non per via unilaterale (palestinese). Inoltre, seguendo questo ragionamento, traspare un messaggio implicito o detto a bassa voce, che i palestinesi dovranno fare ulteriori concessioni se vorranno ottenere un accordo con Israele.

Nel frattempo, proseguono l'occupazione, la costruzione delle colonie illegali, le sofferenze, lo sfruttamento, le discriminazioni, la violenza, le demolizioni, gli arresti, l'erosione quotidiana della possibilità di costruire una pace giusta tra i due popoli.

La questione centrale, per noi, rimane il pieno riconoscimento dello stato di Palestina, nei confini che precedono la guerra del giugno 1967 e la conseguente occupazione di Gerusalemme e della Cisgiordania. A tutt'oggi, 139 stati su 193 stati membri delle Nazioni Unite riconoscono lo stato di Palestina. In Europa solamente la Svezia ha riconosciuto lo stato di Palestina. L'Assemblea delle Nazioni Unite nel novembre del 2012 ha approvato alla Palestina lo status di stato osservatore non membro delle Nazioni Unite, riconoscendo di fatto l’entità statale. In quella sede, va ricordato, l’Italia votò a favore.

Già nel 2014, il Parlamento Europeo approvò una dichiarazione in cui si richiedeva il riconoscimento dello stato di Palestina, perché questa è l'unica possibilità per fermare la politica di occupazione e di annessione, di ristabilire pari condizioni tra le due popolazioni e quindi riavviare il dialogo e riprendere la strada della convivenza e del reciproco rispetto.

Se si vuole la pace non vi sono altre strade, la storia di questi 72 anni ce lo dimostra, o si percorre la strada del diritto, del dialogo e della nonviolenza o si rimane nel terreno dello scontro, della violenza e della prepotenza dove non vi sarà pace e sicurezza per nessuno.

Il dialogo ed il confronto con il Parlamento e con il governo rimangono aperti ed improntati ad una relazione franca e di reciproco ascolto. Una pista di lavoro comune è senza dubbio quella del dialogo tra le società civili per riannodare i fili tra gruppi, associazioni e reti palestinesi ed israeliane, per costruire dal basso, con la pratica della nonviolenza, del riconoscimento e del rispetto dell'altro, le condizioni per la convivenza pacifica tra i due popoli.     

Il nostro impegno per la pace giusta continua nel solco del diritto internazionale, del riconoscimento dello stato di Palestina al fianco dello stato d'Israele, e del dialogo, fondato sul mutuo riconoscimento e rispetto tra i due popoli.

29 luglio 2020

rete della pace - rete italiana disarmo

(AWMR Italia è fra i sottoscrittori dell'appello al governo Italiano contro l'annessione dei territori palestinesi occupati)


13/07/20

Smart working, sì o no? L'insidia nascosta nel "lavoro agile"

Lavoro agile?


L’insidia nascosta nel “lavoro agile”: potrebbe rivelarsi un cattivo espediente del capitalismo per caricare sulle spalle della popolazione femminile, relegata in casa, il lavoro per il mercato e insieme il lavoro familiare non retribuito, sopperendo alla scarsità cronica di servizi sociali…





Prima dell’epidemia di corona virus la locuzione smart working (lavoro agile o snello in italiano) era sconosciuta alla maggior parte della popolazione. Il “lavoro agile” sarebbe una semplificazione del telelavoro che viene utilizzato dal 2004, una forma di lavoro da remoto, caratterizzata da una postazione fissa e predeterminata nel contratto, di solito svolta presso la propria abitazione, utilizzando la postazione installata e manutenuta dal datore di lavoro.

Lo smart working si differenzia dal telelavoro soprattutto perché i lavoratori e le lavoratrici non sono più obbligati/e a legarsi a un luogo fisico fisso, perché vanno benissimo non solo il proprio domicilio ma anche una sede distaccata, un ristorante, un pub o un parco o qualunque luogo in cui si possa portare un computer o uno smartphone.

Durante la pandemia, per evitare affollamenti e problemi di distanziamento, i dipendenti “agili” sono stati/e quasi due milioni, mentre prima si arrivava poco oltre il mezzo milione, in rapporto ad una platea potenziale di oltre otto milioni. Pertanto, è stato possibile testare lo smart working nelle aziende e nella pubblica amministrazione, nella quale era comunque già pronto un progetto di utilizzo sempre più esteso dello stesso.
Il lavoro agile è stato normato con la legge n. 81 del 2017, che prevede i seguenti criteri: accordo tra le parti, lo smart working deve essere frutto di un accordo scritto tra lavoratore e azienda e può essere sottoscritto non solo in caso di avvio di un nuovo rapporto di lavoro, ma anche in caso di contratto di assunzione già in corso.
Ovviamente si tratta di un accordo in cui il potere contrattuale sta più dalla parte del datore di lavoro che dalla parte del dipendente, anche se esso prevede per lo/la smart worker parità di trattamento retributivo rispetto ai colleghi che svolgono pari mansione in ufficio o “secondo le modalità tradizionali”; diritto alla disconnessione, riconoscimento del diritto al riposo - esattamente come accade per tutti gli altri lavoratori - anche se può lavorare con la massima flessibilità, pur attenendosi al limite di durata massima giornaliera e settimanale stabilito dalla legge e dalla contrattazione collettiva di settore.  
L’accordo prevede sicurezza e tutela del lavoratore, il datore di lavoro dovrà consegnare annualmente allo smart worker un documento informativo su tutti i possibili rischi connessi allo svolgimento della propria mansione, tra cui eventuali malattie professionali, nonché garantire il rispetto della normativa vigente in materia di salute e sicurezza.

11/07/20

COVID-19 / Per una rete internazionale di donne su risposte efficaci


Monadi in Italia



Riflessione sulle contraddizioni generate dal coronavirus e i rischi di assuefazione a una fase altalenante che la prosecuzione dell’emergenza potrebbe potenziare

di ANTONIA SANI*





Ripercorrendo a ritroso gli ultimi quattro mesi ci rendiamo conto di quanti cambiamenti “improvvisi” e “obbedienti” il coronavirus abbia introdotto nei nostri comportamenti abituali.
Mentre trasporti silenziosi di centinaia di bare nelle città del Nord Italia (Bergamo e Brescia) nel mese di marzo componevano lugubri cortei, a Roma e a Napoli intere famiglie, invitate dalle istituzioni a stare in casa per evitare il contagio, si davano appuntamento dai balconi, dalle terrazze, dalle finestre, con strumenti musicali , cori rilanciati da un appartamento all’altro , inni a voci dispiegate, insomma una grande voglia di vivere un evento imprevisto e stravagante, riconoscendosi tutti  “amici”, anche se normalmente non ci si conosceva all’interno del palazzo…

La presenza di un virus ignoto aveva creato questa assurda contraddizione. In Italia la “reclusione” sarebbe durata almeno quaranta giorni, la cosiddetta quarantena... I canti dei primi giorni a poco a poco si affievolivano, la gente, scomparsa d’un tratto, sia dai balconi che dalle strade, dove era finita? I monumenti romani immersi nel fascino della solitudine...   Cosa stava accadendo?
Tre scenari: il balzo in prima fila del Servizio Sanitario Nazionale; la solidarietà- generosità manifestata dalla popolazione; l’incredibile diffusione degli strumenti tecnologici.

La salute di colpo si dimostra il primo obiettivo da preservare, e con esso la riscoperta del valore della Sanità pubblica, così offesa negli ultimi decenni dall’abbaglio della Sanità privata.
La Salute pubblica diviene in breve il punto di riferimento di messaggi, locandine, sollecitazioni a pretendere il ruolo dello Stato, come la Costituzione della Repubblica Italiana aveva stabilito.
E non solo sul terreno della Salute, ma anche dell’Istruzione... Associazioni nate con finalità diverse si incontrano per la prima volta su un sottinteso comune.

La concretezza di una crisi economica causata dalla chiusura inevitabile di luoghi di lavoro aveva messo in ginocchio aziende, lavoratori e lavoratrici. Oltre all’abnegazione del personale sanitario rappresentato soprattutto da mamme infermiere, donne assistenti, donne mediche, coi figlioli a casa senza poterli vedere per settimane, chine nei reparti di terapia intensiva su un virus misterioso che portava via giovani e anziani senza che si fosse in grado - come ora sta finalmente avvenendo - di adottare immediatamente le cure più opportune...oltre a questo manipolo instancabile di “eroi e eroine”, così definiti/e, ecco il manipolo di associazioni di volontariato, in nome della solidarietà, pronte a portare pacchi di cibo confezionato nelle proprie abitazioni al personale sanitario, alle file di disoccupati, così come donne esperte di cucito si mettevano di propria iniziativa alla lavorazione di mascherine (sulle quali sarebbe poi fiorito un vero mercato mondiale,  non sempre all’insegna dell’onestà….).

10/07/20

L'inizio della fine delle armi nucleari





Il 7 luglio 2017, 122 paesi hanno votato a favore del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. I paesi che non hanno armi nucleari ma che vivono sotto la loro minaccia hanno votato a favore del divieto. Senza la consapevolezza della maggior parte dei loro cittadini, i governi delle potenze nucleari del mondo non hanno votato, eppure il divieto è andato avanti. Sta succedendo qualcosa di nuovo.

Questo documentario evidenzia gli sforzi fatti per trasformare il trattato per vietare le armi nucleari in legge internazionale e il ruolo della Campagna Internazionale per Abolire le Armi Nucleari, l’ICAN, è raccontato tramite le voci di attivisti di spicco di diverse organizzazioni e paesi oltre al presidente della conferenza ONU di negoziazione...





08/07/20

QUINTO LIBRO BIANCO SUL RAZZISMO IN ITALIA

Dodici anni di Cronache di ordinario razzismo

Un libro che indaga l’intreccio stringente, sistemico e perverso tra le parole cattive di chi conta, le rappresentazioni distorte di chi racconta, le offese violente di chi commenta online e le violenze razziste fisiche compiute individualmente, in gruppo, o magari avvalendosi del potere che deriva da un incarico istituzionale…

A distanza di undici anni dalla pubblicazione della prima edizione, martedì 14 luglio 2020 alle ore 18,00 Lunaria presenta in un evento online Cronache di ordinario razzismo.Quinto libro bianco sul razzismo in Italia. 

Partecipano: Paola Andrisani (Lunaria), Paola Barretta (Carta di Roma), Giuseppe Faso (Straniamenti), Grazia Naletto (Lunaria), Annamaria Rivera (antropologa). Coordina: Eleonora Camilli, giornalista di Redattore Sociale.

Il Quinto libro bianco sul razzismo in Italia allunga lo sguardo su dodici anni di Cronache di Ordinario Razzismo. Si chiude nel pieno delle proteste scoppiate in tutto il mondo al grido Black Lives Matter. Lungi dall’essere un fenomeno residuale e sporadico, il razzismo è radicato nella storia del Belpaese ed è innanzitutto razzismo istituzionale che attraversa in mille forme i dodici anni intercorsi tra il Governo Berlusconi IV (2008-2011) e il secondo Governo Conte (2019-2020).

Con un esercizio di memoria, il libro indaga l’intreccio stringente, sistemico e perverso tra le parole cattive di chi conta, le rappresentazioni distorte di chi racconta, le offese violente di chi commenta online e le violenze razziste fisiche compiute individualmente, in gruppo o, magari, avvalendosi del potere che deriva da un incarico istituzionale.

Tra il 1° gennaio 2008 e il 31 marzo 2020 Lunaria ha documentato 7.426 Cronache di ordinario razzismo. Il libro ne propone una lettura con cinque contributi di analisi introduttivi e ventidue storie esemplari, scelte perché hanno avuto un iter giudiziario significativo o perché mostrano le diverse forme che può assumere l’interazione tra i discorsi, le politiche e i comportamenti sociali discriminatori. L’analisi è resa possibile grazie al lavoro quotidiano di monitoraggio, denuncia, informazione e sensibilizzazione realizzato con il sito www.cronachediordinariorazzismo.org.

Hanno collaborato all’edizione 2020 del libro bianco: Paola Andrisani, Paola Barretta, Sergio Bontempelli, Giuseppe Faso, Francesca Giuliani, Veronica Iesuè, Martino Mazzonis, Grazia Naletto, Leone Palmeri, Elisa Pini, Annamaria Rivera, Roberta Salzano.

Per partecipare alla presentazione online è possibile iscriversi entro le 14 del 13 luglio scrivendo qui: comunicazione@lunaria.org
Il libro bianco sarà disponibile online a partire dalle 19 del 14 luglio sul sito www.cronachediordinariorazzismo.org


03/07/20

UNAC /IN QUESTO 4 LUGLIO NON ABBIAMO NIENTE DA FESTEGGIARE


"Trump va a sparare i fuochi d’artificio sul Monte Rushmore, ma le popolazioni native, gli afro-discendenti vittime del razzismo, i detenuti politici, i migranti sfruttati, i rifugiati separati dai figli e senza documenti, i popoli oppressi nelle loro terre occupate militarmente dall’imperialismo americano non hanno niente da festeggiare".


La United National AntiWar Coalition (UNAC), coalizione statunitense pacifista e per i diritti umani, in vista della festa nazionale del 4 luglio, comunica che: 
«Il 4 luglio, Trump si reca sul Monte Rushmore a sparare fuochi d'artificio sulla terra indiana, anche se i capi delle tribù native gli hanno chiesto di stare lontano e i fuochi d'artificio sono stati banditi nell'area a causa della siccità. Parla al Monte Rushmore dove sono state scolpite statue di 4 presidenti bianchi disegnati da un sostenitore del Ku Klux Klan. La costruzione del Monte Rushmore fu una profanazione delle Black Hills, terra sacra del popolo Lakota Sioux. Si trova a soli 75 miglia da Wounded Knee, dove le truppe statunitensi massacrarono centinaia di donne, bambini e uomini Sioux disarmati. Possono davvero i nativi celebrare la libertà questo 4 di luglio?»

«In questo 4 luglio, i neri e i loro alleati sono nelle strade affermando che "Black Lives Matter". L'indipendenza nel 1776 non portò la libertà ai neri; rimasero ridotti in schiavitù. Decine di milioni furono uccisi in schiavitù e nella traversata atlantica. I neri vengono ancora uccisi per le strade e ci sono volute un'impennata di massa in oltre 2000 città degli Stati Uniti e nelle città di tutto il mondo perché questo paese iniziasse persino a fare alcune concessioni, abbattendo alcune statue di proprietari di schiavi e sostenitori della schiavitù. C’è voluta un'impennata di massa per avviare un dibattito sulla fine della polizia razzista e per il diritto democratico della comunità nera al controllo della polizia e delle altre istituzioni nelle loro comunità. I neri stanno morendo di COVID-19 in numero molto più alto in proporzione al resto della popolazione a causa del razzismo strutturale che priva i neri delle risorse necessarie per vivere una vita sana. I neri possono davvero celebrare la libertà questo 4 luglio?»

Strage di Wounded Knee
«In questo 4 luglio, gli Stati Uniti, che sono poco più del 4% della popolazione mondiale, hanno circa il 25% della popolazione carceraria mondiale. Questo 4 luglio ci possono essere fino a 100mila detenuti in isolamento negli Stati Uniti, alcuni da decenni, mentre le Nazioni Unite affermano che superare i 15 giorni in isolamento è una forma di tortura. Le vittime di incarcerazione di massa, neri di maggioranza, Latini e nativi americani, possono davvero celebrare la libertà questo 4 luglio? Può il detenuto politico più famoso e innocente del mondo, Mumia Abu-Jamal, celebrare il 4 luglio, quando un giudice apertamente razzista ordinò a una giuria praticamente tutta bianca di anticipare il giudizio di condanna di Mumia al 3 luglio, per tornare a casa a festeggiare il 4 luglio?»
«In questo 4 luglio, i migranti e i rifugiati che sono imprigionati, molti separati dai loro figli ai confini o dagli 11 milioni senza documenti, minacciati da espulsione celebrano la libertà in questo 4 luglio?»

«In questo 4 luglio, gli Stati Uniti hanno le loro truppe in circa 172 paesi stranieri. Gli Stati Uniti hanno 20 volte il numero di basi militari straniere rispetto a tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. Nel 1776, fu l'imperialismo britannico a contrastare la prima rivoluzione americana, ma oggi sono gli Stati Uniti la principale potenza imperialista nel mondo e le persone in tutto il mondo stanno combattendo per la propria autodeterminazione e indipendenza dall'imperialismo USA e dai suoi regimi fantoccio».

«Questo è il 4 luglio, le persone hanno dovuto isolarsi nelle loro case, o sono costrette a lavorare nei loro lavori "essenziali" sottopagati, pur essendo esposte a un virus mortale, mentre trilioni di dollari vengono dati ai ricchi e alle corporazioni per sostenere un'economia fallimentare in modo che i ricchi possano mantenere il loro stile di vita e la loro oscena ricchezza».
«Qualcuno di noi ha qualcosa da festeggiare, questo 4 luglio? UNAC crede di no».

Trad. AWMR Italia