22/06/21

Il blocco imposto dagli Stati Uniti contro Cuba è illegale, immorale, criminale e va tolto!



Il 23 giugno Cuba presenterà alle Nazioni Unite il rapporto: «Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba».

AWMR Italia-Donne della Regione Mediterranea, MDM-Movimiendo Democratico deMujeres (Spagna) e MDM-Movimento Democratico de Mulheres (Portogallo), unitamente alle altre organizzazioni europee della FDIM - Federazione Democratica Internazionale delle Donne, esprimono completa e incondizionata solidarietà alle donne e al popolo di Cuba, denunciando la lunga e crudele azione di blocco economico imposto dall'imperialismo statunitense. Da 60 anni gli Usa perseguono accanitamente l’obiettivo di indebolire e fiaccare lo sviluppo di Cuba come stato socialista e come nazione sovrana, esercitando pressioni sui propri alleati e applicando sanzioni e ritorsioni contro qualsiasi organizzazione commerciale, società o ente finanziario che stabilisca rapporti di scambio con Cuba.

A queste forme di assedio economico, si aggiungono forme nuove di guerra asimmetrica con azioni ostili di ogni genere, linciaggi mediatici, incitamento all'odio, diffamazione, tentativi di criminalizzare Cuba - come ogni altro stato che non si piega ai voleri imperiali e difende il proprio sviluppo sovrano –  con accuse di autoritarismo, mancanza di democrazia e libertà di espressione.

A tali azioni ostili si è aggiunta la risoluzione del Parlamento Europeo su "Situazione politica e diritti umani a Cuba" presentata a Bruxelles lo scorso 8 giugno. Invece di condannare la violazione flagrante e sistematica dei diritti dell'intera popolazione cubana da 60 anni unilateralmente sottoposta a blocco economico, commerciale e finanziario; invece di esigere dagli Stati Uniti di abrogare la legge Helms-Burton che crea gravi disagi alla popolazione cubana; invece di chiedere l'abolizione delle 243 misure applicate dall'ex presidente Donald Trump, e che l'attuale amministrazione Biden mantiene in vigore, l’Europarlamento è stato chiamato a discutere una risoluzione in cui – fra altre cose vergognose - si dichiara appoggio al sedicente movimento di San Isidro, notoriamente eterodiretto e finanziato da agenzie statunitensi, usato come testa d’ariete nell’azione di assedio.

Ma se gli USA possono piegare alla loro volontà i loro servi sciocchi e i loro alleati succubi, non potranno spezzare la determinazione e la tenacia del popolo cubano, che da 60 anni resiste e costituisce un esempio di resistenza per gli altri popoli.

Il blocco degli Stati Uniti contro Cuba non gode di nessuna legittimità nella più ampia comunità delle Nazioni Unite e non abbiamo dubbi sul sostegno che il rapporto riceverà questo 23 giugno, così com'è avvenuto negli anni precedenti.

Sappiamo anche che un grande sentimento di solidarietà umana e popolare circonda Cuba socialista da ogni parte nel mondo.

Tuttavia l’impatto del blocco è pesante e ricade ingiustamente e crudelmente sull’intera popolazione cubana: è illegale, è immorale, è criminale e va tolto. Perciò chiediamo ai governi europei di votare perché si ponga fine al blocco, alle sanzioni e ad ogni altra misura restrittiva nei confronti di Cuba. 


Es.  El bloqueo contra Cuba es ilegal, immoral, criminal y debe ser removido

El 23 de junio Cuba presentará el informe a las Naciones Unidas: "La necesidad de poner fin al bloqueo económico, comercial y financiero impuesto por los Estados Unidos de América contra Cuba".

AWMR Italia-Mujeres de la Region Mediterranea, MDM-Movimiento Democratico de Mujeres (España), MDM-Movimento Democratico de Mulheres (Portugal)junto con otras organizaciones europeas de FDIM-Federacion Democratica Internacional de Mujeres, expresamos total e incondicional solidaridad con las mujeres y el pueblo de Cuba, denunciando la larga y cruel acción de bloqueo económico impuesto por los Estados Unidos, que desde hace 60 años persiguen el objetivo de debilitar y postrar a Cuba como estado socialista y como nación soberana, aplicando sanciones y represalias contra cualquier organización comercial, empresa o institución financiera que establezca relaciones comerciales con Cuba.

A estas formas de asedio económico se suman nuevas formas de guerra asimétrica con acciones hostiles de todo tipo, linchamientos mediáticos, discursos de odio, difamación, intentos de criminalizar a Cuba - como cualquier otro Estado que no se doblega a la voluntad imperial y defienda al propio desarrollo soberano - con acusaciones de autoritarismo, falta de democracia y libertad de expresión.

A las acciones hostiles de Estados Unidos se sumò la resolución sobre "Situación política y derechos humanos en Cuba" presentada en el Parlamento Europeo en Bruselas el pasado 8 de junio. En lugar de condenar la flagrante y sistemática violación de los derechos del pueblo cubano sometido al inmoral e ilegal bloqueo impuesto por el gobierno de Estados Unidos; en lugar de exigir a los Estados Unidos que derogue la ley Helms-Burton que genera serios inconvenientes para la población cubana; en lugar de pedir la abolición de las 243 medidas aplicadas por el expresidente Donald Trump, y que mantiene vigente la actual administración Biden, el Parlamento Europeo ha sido llamado a discutir una resolución en la que - entre otras cosas vergonzosas - se declara apoyo a el autodenominado "movimiento de San Isidro", que es notoriamente fomentado y financiado por agencias estadounidenses, y utilizado como cabeza de carnero en la acción de asedio imperialista.

Pero si Estados Unidos puede doblegar a sus sirvientes tontos y sus aliados súcubos a su voluntad, no podrán quebrar la determinación y tenacidad del pueblo cubano, que ha resistido durante 60 años y es un ejemplo de resistencia para todos los pueblos.

Sabemos que el bloqueo de Estados Unidos contra Cuba no goza de legitimidad en la vasta comunidad de la ONU y no tenemos dudas sobre el apoyo que recibirá el informe cubano el 23 de junio. También sabemos que un gran sentido de solidaridad humana y popular rodea a Cuba socialista de todo el mundo.

Sin embargo, el impacto del bloqueo pesa injusta y cruelmente sobre todo el pueblo cubano. Es un bloqueo ilegal, immoral, criminal y debe ser removido. Por tanto, pedimos a los gobiernos europeos que voten por el fin del bloqueo, las sanciones y todas las demás medidas restrictivas contra Cuba.

 Roma, 22 de junio de 2021

 

16/06/21

Venezuela / Verso il Congresso Bicentenario dei Popoli del Mondo

Il Congresso Internazionale Bicentenario dei Popoli del Mondo, che si terrà a Caracas dal 21 al 24 giugno, in coincidenza con il 200° anniversario della battaglia di Carabobo in cui il Venezuela si liberò dall'imperialismo spagnolo, apre l'opportunità a uno spazio intercontinentale di socialità , attivismo femminista e antimperialista, coordinato e forte, che consenta azioni globali contro attacchi globali ai diritti dell'umanità e alla sovranità dei popoli.


 di Cristina Simó Alcaraz MDM Movimiento Democrático de Mujeres (Spagna)

Chávez diceva che il socialismo o è femminista o non sarà. Noi del Movimento Democratico delle Donne di Spagna diciamo che non può esserci femminismo che non sia anticapitalista e antimperialista.

L'imperialismo funziona come il patriarcato, è il dominio e la sottomissione del più vulnerabile e chi si ribella sarà maltrattato o ucciso. Ci sono governi indegni e corrotti che servono il grande patriarca, l'alleanza imperialista egemonizzata dagli Stati Uniti. Governi prostituiti che sottopongono le loro popolazioni al pagamento di un debito che, anche volendo, non finiranno mai di pagare.

Per gli Stati Uniti e i loro accoliti non esiste una logica di vita, la loro logica è quella della guerra contro chi non si sottomette alla loro volontà e a quella della tortura contro i più deboli.

L'egemonismo economico consente a questa santa alleanza di comprare le volontà e il controllo dell'opinione pubblica. Sono padroni dei mezzi di comunicazione, manipolano e generano la cultura imperialista patriarcale. Milioni di persone mentre guardano la televisione non vedono milioni che muoiono, che soffrono la povertà, la tratta e lo sfruttamento sotto le grinfie dell'imperialismo patriarcale.

Non in nostro nome e non con il nostro silenzio! Gli Stati Uniti e gli stati europei che fanno parte di questa alleanza si dedicano a dissanguare popoli che cercano di attuare politiche che migliorino la vita delle persone più svantaggiate, che apprezzano la pace e la solidarietà.

Come femministe aspiriamo a una società egualitaria e valorizziamo il lavoro di cura invisibile cui la maggior parte delle donne contribuisce, lottiamo per un modello di società che metta la vita al centro. Sappiamo che solo da questa prospettiva sarà possibile sviluppare politiche che promuovano vite degne di essere vissute.

Siamo in presenza di una battaglia delle idee, una battaglia ideologica che vede a confronto il modello imperialista patriarcale e la visione femminista di classe e antimperialista.

Un modello sociale femminista di classe e antimperialista che privilegia la cura e l'attenzione alle persone. Che generi politiche corresponsabili e l'equa redistribuzione della ricchezza e la ricerca di un equilibrio tra tempo per vivere e tempo per il lavoro produttivo. Che valorizzi il pubblico, con servizi pubblici di qualità e impiego pubblico e che ponga fine alla privatizzazione dei servizi essenziali per la vita.

Siamo di fronte a un modello imperialista patriarcale che ha come priorità l'accumulazione del capitale a costo dell'oppressione e la negazione della libertà sovrana dei popoli di decidere sulla propria vita e sulle proprie risorse naturali.

Un modello che mira a depredare le risorse naturali di altri paesi attraverso guerre imperialiste. Lo abbiamo visto in Iraq e in Libia. Lo stiamo vedendo in Venezuela, uno dei paesi più ricchi al mondo di risorse naturali.

Un modello che approfondisce le disuguaglianze sociali e quelle tra uomini e donne. Nella logica che la vita delle persone povere non vale la pena di essere vissuta. Di fatto, il valore finisce per essere quello stabilito da chi può comprarle. Perché sono persone povere, sfrattate dalle loro terre, sfollate con la forza, profughe in fuga dalle guerre imperialiste, impoverite e più vulnerabili di fronte alle reti di trafficanti che, come avvoltoi, attendono i cadaveri di questo sistema. Sono donne che finiranno per essere vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e riproduttivo.

Paradossale è che questa alleanza criminale imperialista accusi paesi come Cuba o il Venezuela di non rispettare i diritti umani delle persone, mentre loro, nel mezzo di una pandemia globale, non solo continuano a strangolare questi Stati e a depredare i loro beni e risorse naturali, ma inaspriscono anche le sanzioni e applicano nuove e aggressive misure coercitive unilaterali contro di essi.

La crudeltà sta raggiungendo limiti insostenibili per la maggior parte delle persone che vivono in questi paesi. Le politiche criminali imperiali tentano di destabilizzare i governi sottoponendoli a vessazioni permanenti e soffocando le loro popolazioni.

Sono popoli coraggiosi che, stanchi di subire l'egemonismo economico, culturale e politico degli Stati Uniti, hanno deciso di intraprendere il loro cammino di liberazione e di autodeterminazione per un mondo più sociale, giusto e solidale. Confrontarsi con l'impero non è una novità per loro, lo portano nei loro geni di discendenti di coloro che hanno liberato i loro popoli dal giogo imperialista della monarchia spagnola.

Cuba, Venezuela o Nicaragua sono processi rivoluzionari diversi ma totalmente legittimi perché sono l'autentica espressione politica della maggioranza dei loro popoli.

È urgentemente necessaria un'alleanza sociale femminista antimperialista. Vogliamo tutelare i diritti della maggioranza dell'umanità e, in questa logica, l'ingerenza promossa dall'alleanza patriarcale imperialista non può più essere tollerata.

Lo abbiamo visto in Brasile, come hanno destabilizzato un governo di sinistra progressista usando tutti i mezzi possibili e criminali, le false accuse che hanno portato in carcere l'ex presidente Lula, impedendogli di guidare una lista elettorale che avrebbe avuto la maggioranza alle elezioni. Abbiamo visto l'enorme manipolazione dell’opinione pubblica attraverso i media e i social network, che ha favorito la sconfitta della sinistra contro l'estrema destra di Bolsonaro, il quale coi suoi primi provvedimenti di governo ha messo la ricchezza del Brasile nelle mani degli Stati Uniti ed ha applicato politiche regressive sui diritti sociali e civili nel mezzo della pandemia, oltre a diffondere misoginia, omofobia e razzismo.

Sono le nazioni che non vogliono obbedire all'alleanza egemonizzata dagli Stati Uniti, che cercano di mantenere la propria sovranità, a dover subire periodicamente l’assalto della macchina propagandistica dell'alleanza imperialista, soprattutto quando devono affrontare processi elettorali cruciali. È il caso del Nicaragua, che affronterà le elezioni generali nel novembre di quest'anno, dove tutto indica, secondo i sondaggi, che Daniel Ortega e Sandinismo riconfermeranno la loro vittoria: la macchina imperiale è in moto per seminare dubbi sul risultato, è la stessa ricetta contro la sovranità e controrivoluzionaria.

Dall'altra, abbiamo i governi sbirri dell'imperialismo come quello della Colombia, che ha scatenato le sue forze di polizia repressive in attacchi senza pietà contro milioni di manifestanti che sono scesi nelle strade a protestare contro l'annuncio di una riforma fiscale che mirava ad aumentare le tasse sui prodotti essenziali e servizi pubblici in tempi di pandemia. Tuttavia, nonostante la riforma alla fine sia stata ritirata, non sono cessate le manifestazioni di malcontento verso l’insieme delle politiche antisociali, la persecuzione dei leader sociali, il mancato rispetto dell'accordo di pace e il massacro di coloro che hanno firmato quei patti.

Tuttavia, questi governi non vengono criminalizzati, né sottoposti a embargo o sanzionati. Invece, si applicano - in nome della difesa dei diritti umani! - sanzioni che uccidono le popolazioni privandole dei diritti fondamentali, come il diritto alla salute, al cibo e alla vita stessa. Blocchi economici che neppure in tempi di pandemia sono stati revocati per assicurare i necessari medicinali e aiuti umanitari, né per prevenire un'ulteriore diffusione della pandemia.

Contro lo Stato venezuelano, dalla dichiarazione di pandemia fino al marzo 2021, sono state emanate in totale 19 misure coercitive unilaterali. Misure contro le attività legate alla produzione, impiego, acquisto e vendita di petrolio incluso il blocco navale e marittimo contro il Venezuela che ostacola l'importazione di merci come medicinali e forniture industriali.

Di recente, un piccolo gruppo di eurodeputati che obbediscono all'agenda di Washington è arrivato a far includere nella prossima Assemblea plenaria del Parlamento europeo un punto relativo a “situazione politica e ai diritti umani a Cuba”. Si dicono preoccupati circa l'esercizio dei diritti umani a Cuba, un paese libero, indipendente e sovrano, dove democrazia significa giustizia sociale e solidarietà umana, dove le persone decidono dei loro destino.

Colpisce che europarlamentari così inquieti e preoccupati per i diritti umani a Cuba non abbiano convocato il Parlamento europeo per analizzare quella che è la principale violazione dei diritti umani subita dal popolo cubano, cioè il blocco genocida imposto da 62 anni e inasprito senza limiti nel mezzo di una pandemia.

Poiché ci temono, dobbiamo agire. Il Congresso Internazionale del Bicentenario dei Popoli delMondo, che si terrà a Caracas dal 21 al 24 giugno, in coincidenza con il 200° anniversario della battaglia di Carabobo in cui il Venezuela si liberò dall'imperialismo spagnolo, apre l'opportunità a uno spazio intercontinentale di socialità , attivismo femminista e antimperialista, coordinato e forte, che consenta azioni globali contro attacchi globali ai diritti dell'umanità e alla sovranità dei popoli.


15/06/21

AWMR Italia dice: Sì alla Pace, No alla NATO

 Dichiarazione di pace 


15 giugno 2021

I capi di Stato della NATO si sono riuniti per il loro vertice annuale a Bruxelles il 14 giugno. Nell'ultimo trentennio l'obiettivo di questi vertici è stato non, come sarebbe stato auspicabile, il ridimensionamento dell'Alleanza Atlantica, essendo venute meno le premesse antisovietiche su cui era nata, bensì al contrario promuoverne l'ulteriore espansione e globalizzazione. 

Quest'anno il vertice si è concentrato su come  incentivare l’espansione militare in direzione Asia-Pacifico, per “contenere” la Cina emergente. In altre parole, come.mantenere il dominio del cosiddetto Occidente - cioè Nord America e Unione Europea con l'aggiunta di satelliti negli altri continenti - sul mondo che cambia.

La "nuova" risposta espansiva della NATO, delineata nel recente documento NATO 2030: United for a New Era, si sostiene sulla vecchia bugia secondo cui l’Alleanza Atlantica è baluardo della democrazia, della libertà e lo stato di diritto, mentre Russia e Cina, definiti "avversari sistemici", devono essere fronteggiati pianificando la crescente presenza militare degli Stati Uniti e dei loro alleati europei in Asia. È una frode fondamentale già nota, che si vuole continuare a sostenere con un aumento spaventoso della spesa militare dei paesi aderenti, con investimenti in nuovi sistemi d’arma nucleari e spaziali, con l'insediamento di altre basi militari Usa e NATO in aggiunta alle 800 già disseminate sul pianeta.

NATO 2030 incentiva le tensioni geopolitiche e non ci dà sicurezza. Invece di chiedersi come rafforzare la cooperazione globale per affrontare efficacemente i cambiamenti climatici, le pandemie, le povertà e le disuguaglianze che minacciano il pianeta, la NATO ci porta verso la guerra globale.

La “professione di atlantismo”, ripetuta dal governo italiano in occasione del vertice, non ci rassicura affatto, anzi ci allarma e ci preoccupa profondamente. Oggi come mai prima, la pandemia ha messo in luce la fallacia di politiche che incentivano gli investimenti nella “sicurezza militarizzata” a scapito della sicurezza umana, della salute del pianeta, della capacità di prevenzione dei conflitti. 

Noi crediamo che la sicurezza non si costruisca sulla proliferazione infinita degli armamenti, ma al contrario sulla ricerca del negoziato per la loro riduzione e la risoluzione pacifica delle controversie internazionali. La sicurezza non si costruisce sugli atti di prepotenza, né sulle "sanzioni" unilaterali, ma potenziando le istituzioni internazionali e il diritto internazionale condiviso. 

Nel mondo che noi donne vogliamo costruire bisogna  investire in solidarietà, in giustizia, nei diritti e nella pace globali. Non c’è posto per la NATO nel mondo che vogliamo costruire.

Awmr Italia – Donne della Regione Mediterranea

*Nella foto: firme raccolte dalle donne per il disarmo, depositate a L'Aja


11/06/21

Vostre le guerre, nostre le vite: Si alla Pace, No alla NATO

 


Mentre la spesa militare globale, nel bel mezzo della pandemia, ha raggiunto la cifra record di 1.981 miliardi di dollari (il 55% dei quali speso dagli stati membri della NATO), uno spettro antimilitarista si aggira per l’Europa: sindacati, movimenti sociali e organizzazioni politiche si mobilitano contro la guerra e contro l'imminente vertice della NATO a Bruxelles.

Comunicato della Segreteria Europea dell’Assemblea Internazionale dei Popoli*

Il 14 giugno 2021 la NATO terrà un “Vertice dei leaderalleati” nella sede di Bruxelles. Secondo il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, la riunione “è un’occasione unica per rafforzare la NATO come struttura stabile del legame tra Europa e Nord America”. Il vertice seguirà dopo un incontro dei leader del “Gruppo dei Sette” (G7) nel Regno Unito dall’11 al 13 giugno.

Verso un rinnovamento delle relazioni militari USA-UE?

Come presentato ufficialmente, le discussioni del vertice si concentreranno su “le azioni aggressive della Russia, la minaccia del terrorismo, gli attacchi informatici, le tecnologie emergenti e dirompenti, l’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza e l’ascesa della Cina”. Si discuterà anche dell’iniziativa NATO 2030, commissionata nel 2019 sulle riforme dell’alleanza, dopo che Trump aveva messo in discussione la sua importanza.

Dopo le elezioni americane, i vertici della NATO rappresentano tradizionalmente un’opportunità per promuovere “l’unità”, accogliere il nuovo presidente americano e concordare obiettivi politici e militari comuni. In una visita a Bruxelles il mese scorso, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto che la NATO ha “riscoperto il suo lato migliore”.

L’addetto stampa della Casa Bianca, Jen Psaki, ha aggiunto: “Questo viaggio evidenzierà l’impegno a ripristinare le nostre alleanze, rivitalizzare le relazioni transatlantiche e lavorare in stretta collaborazione con i nostri alleati e partner multilaterali per affrontare le sfide globali e garantire così gli interessi degli Stati Uniti”.

Per molti, lo scopo della NATO è chiaro. Si tratta di una strategia per rinnovare e rafforzare la partnership transatlantica tra USA ed Europa e per nascondere le enormi contraddizioni interne ed esterne di USA ed Europa concentrando il discorso su presunti nemici esterni.

La NATO conduce il mondo alla distruzione

Il rapporto NATO 2030 conferma i pericolosi piani di espansione dell’alleanza transatlantica che aumentano le tensioni internazionali e il rischio di guerra. Il rapporto – impiegando una neolingua orwelliana – sottolinea che l’alleanza è basata su “principi di democrazia e libertà individuale”. In questo modo oscura completamente la storia sanguinosa della NATO legata a colpi di stato, sostegno a violente dittature, destabilizzazione di interi paesi e guerre che hanno causato milioni di vittime innocenti. Come nota la rete No alla guerra – No alla NATO in Belgio, “la strategia NATO 2030 conferma la NATO come un’alleanza di guerra che serve gli interessi del complesso militare-industriale, e non dei popoli. In nessun modo garantirà la sicurezza umana”.

L’ultimo esempio di questa politica di guerra contraddittoria è l’annuncio degli Stati Uniti di ritirarsi dall’Afghanistan. L’invasione statunitense dell’Afghanistan nell’ottobre 2001 è stato un atto criminale. Una forza immensa è stata usata per demolire le infrastrutture dell’Afghanistan e per rompere i suoi legami sociali. In venti anni, più di 70.000 civili sono stati uccisi, senza alcuna garanzia di stabilità politica e sociale. Oggi, l’Afghanistan è sull’orlo di una “guerra civile”, circa 16.000 contractor privati e 1.000 truppe statunitensi rimarranno nel paese, mentre i bombardamenti aerei e gli attacchi con i droni continueranno.

Una nuova guerra fredda contro la Cina

Un altro elemento chiave del rapporto NATO 2030 è la definizione della Cina come “nemico esterno” da combattere. Secondo Fiona Edwards della campagna internazionale No Cold War, «nel rapporto NATO 2030 recentemente pubblicato, la Cina è identificata come ‘un rivale sistemico a 360°’. Il rapporto raccomanda minacciosamente che ‘la NATO deve dedicare molto più tempo, risorse politiche e azioni alle sfide di sicurezza poste dalla Cina’».

Questo corrisponde direttamente alla campagna di aggressione in corso degli Stati Uniti contro la Cina che sta confermando la sua ascesa economica. Gli Stati Uniti hanno lanciato una guerra commerciale aggressiva accompagnata da un’enorme campagna di riarmo che costituisce una minaccia militare. Edwards sottolinea: «La priorità centrale della politica estera dell’amministrazione statunitense sotto il presidente Joe Biden è quella di condurre un’offensiva sfaccettata contro la Cina, con l’obiettivo di bloccare l’ascesa e lo sviluppo pacifico della Cina».

Già oggi, gli Stati Uniti possiedono circa 400 basi militari che circondano la Cina e le loro navi da guerra vagano regolarmente nel Mar Cinese Meridionale. L’esercito degli Stati Uniti vuole rafforzare il suo potere richiedendo 27 miliardi di dollari supplementari per i prossimi cinque anni al fine di costruire una rete di missili di precisione lungo le isole che circondano Pechino.

Edwards aggiunge: «Questa aggressione guidata dagli Stati Uniti contro la Cina è una minaccia alla pace mondiale ed è contro gli interessi della stragrande maggioranza dell’umanità».


Dal ‘welfare’ al ‘warfare’?

Per molti attivisti contro la guerra, tra cui Edwards, le risorse, che ammontano a miliardi di dollari, sprecate dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella NATO per affrontare la Cina, dovrebbero invece essere investite per «combattere le minacce reali e urgenti che l’umanità, tra cui la pandemia e il cambiamento climatico».

In effetti, nel bel mezzo della pandemia, la spesa militare globale ha raggiunto un record di 1.981 miliardi di dollari nel 2020. Le spese militari non sono mai state così alte. Gli stati membri della NATO rappresentano il 55% del totale globale. Su richiesta degli Stati Uniti devono investire il 2% del loro PIL nella “difesa”.

«Il Belgio, l’ospite della prossima riunione della NATO, ha chiaramente voluto dettare l’esempio. Le sue spese militari sono aumentate dell’11,1% nel 2020, pari a circa 4,75 miliardi di euro. 9,2 miliardi di investimenti militari sono stati contrattati dal governo dell’ex primo ministro Charles Michel [ora presidente del Consiglio europeo]», spiega Isabelle Vanbrabant di Intal, un’organizzazione belga che lavora per la solidarietà internazionale e la pace.

L’armamento nucleare e la sfida ecologica

Mentre 122 paesi non appartenenti alla NATO si impegnano per un mondo senza armi nucleari, la NATO si aggrappa alle armi nucleari come “ultima garanzia” della sua sicurezza. La NATO sta conducendo i paesi transatlantici in una corsa agli armamenti nucleari – come se le catastrofi umane di Hiroshima e Nagasaki nel 1945 o Gerboise Bleue, il test della bomba atomica francese nel Sahara durante la guerra d’indipendenza algerina nel 1960, non fossero mai avvenuti.

Mentre i governi europei seguono il diktat imperialista della NATO e continuano a militarizzare il territorio europeo, i popoli si esprimono contro qualsiasi presenza nucleare nei loro territori. L’esempio italiano è eclatante: «I referendum popolari del 1987 e del 2011 hanno rifiutato l’utilizzo dell’energia nucleare e l’uso militare del nucleare in Italia», dice Ada Donno dell’Associazione delle Donne della Regione Mediterranea (Awmr), un’organizzazione femminista affiliata alla Women’s International Democratic Federation (WIDF), «ma ci sono ancora 40-70 testate nucleari nelle basi militari USA e NATO in Italia. Questo è decisamente incostituzionale».

Le alte spese militari e la corsa agli armamenti nucleari stanno anche aumentando enormemente le emissioni di CO2. In un momento in cui la sensibilità generale per le questioni ambientali ha raggiunto il picco grazie a movimenti sociali globali come Friday’s For Future e molti altri, la quantità di carbonio prodotta dall’industria militare europea è di circa 24,8 milioni di tonnellate di CO2 (2019), equivalente alle emissioni di circa 14 milioni di automobili. Le emissioni di CO2 di un’ora di volo di un caccia F-35 corrispondono a quelle di otto automobili in un anno intero. L’intero complesso militare-industriale è uno dei principali inquinatori globali.

Di conseguenza, la militarizzazione, i conflitti per l’accesso alle risorse naturali e il cambiamento climatico hanno impatti devastanti sulle condizioni di vita delle persone, soprattutto nel Sud del mondo. Entro il 2050, 200 milioni di rifugiati climatici saranno alla ricerca di nuovi luoghi più abitabili in cui vivere. Nel suo rapporto “NATO 2030”, la NATO ipocritamente definisce l’aumento del numero di rifugiati climatici come una “minaccia che deve essere protetta militarmente”.

Vostre le guerre, nostre le vite

Le manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese e contro il governo israeliano sostenuto dalla NATO e dagli USA nelle ultime settimane hanno mostrato il forte sentimento antimilitarista tra i popoli a livello globale. Come parte di questa ondata di mobilitazione, anche settori della classe operaia hanno organizzato azioni di protesta in luoghi strategici per esprimere la loro solidarietà e il loro rifiuto del militarismo.

Il 14 maggio, in Italia, i lavoratori portuali di Livorno organizzati nel sindacato USB sono stati informati dal Collettivo Autonomo dei Portuali CALP del porto di Genova dell’arrivo di una nave cargo carica di armi che era diretta al porto israeliano di Ashdod. I portuali hanno deciso di bloccarla. Messaggi di solidarietà e sostegno sono arrivati da altri portuali di tutta Europa, da Amburgo (Germania) al Pireo (Grecia). Per il 14 giugno, nell’ambito delle mobilitazioni Sì alla pace, no alla NATO, il sindacato italiano USB ha indetto uno sciopero nazionale dei portuali in favore di condizioni di lavoro sicure, cosa che include il divieto del traffico di armi da tutti i porti.

Il 17 maggio, a Oakland (USA), nell’ambito delle azioni di solidarietà con la Palestina, l’Arab Resource & Organizing Center e decine di altre organizzazioni progressiste hanno chiesto il boicottaggio e il blocco della compagnia di navigazione ZIM, primo profittatore del sistema segregazionista di Israele. La ZIM ha deciso di non attraccare la sua nave al porto di Oakland. Queste azioni sono state ripetute il 4 giugno durante una settimana internazionale di azione (#BlockTheBoat) dei lavoratori contro l’apartheid di Israele. Il 20 maggio, i portuali sudafricani del porto di Durban hanno ampliato le azioni di solidarietà e si sono rifiutati di scaricare una nave israeliana. Collegare queste lotte è una grande sfida per il prossimo futuro.

Con l’imminente vertice della NATO, i movimenti progressisti e i partiti di sinistra della regione hanno organizzato diversi eventi. A Bruxelles, il 13 e 14 giugno è in programma un contro vertice NATO del movimento internazionale per la pace. Il 13 giugno, un presidio “STOP NATO2021” condanna “la logica di guerra fredda orchestrata dalla NATO” e rifiutare “il continuo aumento delle spese militari”. Lo stesso giorno, il webinar “Global NATO: una minaccia per la pace” offrirà informazioni per capire cos’è la NATO oggi. Il 14 giugno, due incontri online – “Dissoluzione della NATO: per la solidarietà, la sostenibilità e il disarmo” e “Voci per la pace” – concluderanno il contro-vertice.

Se le mobilitazioni antimilitariste sembravano essere in letargo, oggi stiamo assistendo a una nuova primavera dei movimenti sociali e dei lavoratori contro la guerra e per la giustizia sociale ed ecologica.

Questo comunicato è stato già pubblicato in italiano qui:

https://poterealpopolo.org/vostre-le-guerre-nostre-le-vite-il-ritorno-dellantimilitarismo/

05/06/21

Roma 5 giugno 2021 / No all'occupazione Palestina libera e Gerusalemme capitale

 






Manifestazione nazionale indetta dalle comunità e le associazioni palestinesi in Italia. A Roma il 5 giugno 2021, in Piazza San Giovanni, dalle ore 15 alle 20

I bombardamenti sulla striscia di Gaza sono cessati ma l’aggressione e la pulizia etnica nei confronti del popolo palestinese continuano. Nell’ennesimo massacro contro Gaza, durato 11 giorni, sono stati uccisi 256 palestinesi, fra cui 66 bambini e 42 donne, mentre i feriti sono 6 mila, tra cui 170 giornalisti. Gli sfollati sono più di 110 mila, 1.500 gli edifici abitativi e pubblici distrutti o gravemente lesionati, tra cui 66 scuole, moschee e presidi sanitari. Sono state inoltre sventrate strade, comprese quelle di accesso agli ospedali, distrutte o gravemente danneggiate infrastrutture, acquedotti e linee elettriche, la sede dei media, e centinaia di stabilimenti industriali e commerciali.

A Gerusalemme non si fermano le aggressioni dei coloni, protetti e appoggiati dai soldati israeliani, contro la moschea di Al-Aqsa e la popolazione palestinese con il chiaro obiettivo di liberare la città dalla loro presenza. In tutto il paese sono in corso azioni punitive con massicci arresti di palestinesi nei Territori occupati nel 1948, La loro colpa, aver solidarizzato con i loro fratelli di Gerusalemme, della Cisgiordania e di Gaza; mentre, su coloro che hanno partecipato allo sciopero generale di protesta contro i bombardamenti, piovono i licenziamenti. 

Ma qualcosa sta cambiando. Dopo molto tempo, i palestinesi dei Territori palestinesi occupati nel 1948 si sono sollevati di nuovo insieme, e le strade e le piazze di tutto il mondo si sono riempite di giovani manifestanti. Il consiglio per i diritti umani dell’ONU ha annunciato l’apertura di un’inchiesta su possibili crimini di guerra e lo stesso ha fatto la procuratrice della Corte Penale Internazionale. Le ONG B’Tselem (Israele) e Human Rights Watch (Stati Uniti) hanno scritto nei loro rapporti che in Israele vige un sistema di Apartheid. Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e la comunità internazionale non possono più continuare nella loro politica complice di Israele, che gli permette di violare impunemente le risoluzioni ONU, i diritti umani e il diritto internazionale. 

È tempo che Italia, Unione Europea e gli altri Stati avviino il boicottaggio dell’economia di guerra israeliana e delle imprese e istituzioni che ne sono complici, come avvenne contro il regime di Apartheid in Sudafrica, oltre a rompere ogni trattato di associazione commerciale e militare con Israele.

La pressione internazionale dovrà mantenersi fintantoché Israele non avrà posto fine all’occupazione, colonizzazione e apartheid in Palestina, smantellato il Muro, riconosciuto a tutti gli abitanti della Palestina storica la piena uguaglianza dei diritti fondamentali, riconosciuto il diritto al ritorno dei profughi palestinesi (risoluzione ONU 194) Togliere lassedio alla striscia di Gaza. Noi sosteniamo, il diritto all’autodeterminazione, alla resistenza con ogni mezzo possibile, come lo prevedi anche il diritto internazionale.

VITA, TERRA E LIBERTA’ AL POPOLO PALESTINESE

 LE COMUNITA’ E LE ASSOCIAZIONI PALESTINESI IN ITALIA:

Comunità del Lazio, Toscana, Campania, Abruzzo, Veneto, Lombardia, Puglia, Sicilia, Sardegna, Modena, Parma. Associazioni: API Associazione dei Palestinesi in Italia, Unione Generale dei Medici e Farmacisti Palestinesi, Unione Generale degli Ingegneri e degli Architetti, Mezza Luna Rossa Palestinesi. 

(Seguono le adesioni alla manifestazione di gruppi, associazioni, partiti politici italiani)



01/06/21

2 GIUGNO 2021 / ANPI / PERCHÈ SONO LE DONNE A SCANDIRE IL TEMPO DELLA DEMOCRAZIA

 Il 2 giugno di 75 anni fa, un doppio voto popolare sanciva la vittoria della Repubblica e l’ingresso del mondo femminile nella vita politica italiana, ma la strada per dare compiutezza al sogno di partigiane e costituenti era (ed è) ancora lunga

#Democrazia #Diritti #Donne #Uguaglianza

Comunicato del Coordinamento nazionale donne dell’ANPI  

“Il voto, nel 1946, le donne se lo sono conquistate in montagna, combattendo”. Lo ha detto Carla Nespolo, indimenticabile prima presidente donna dell’Anpi. È la verità. Mai nulla è stato facile per le donne. Mai nulla ci è stato regalato. Diritti, dignità sono conquiste ottenute con le unghie e con i denti, con la forza e il coraggio prima di tutto delle partigiane che, anche dopo la Resistenza, non vollero tornare al loro ruolo marginale e ininfluente.

Avevano combattuto contro il fascismo e il nazismo, per la democrazia e la libertà, avevano messo a disposizione dell’Italia martirizzata la passione, la forza, la determinazione.La loro scelta di libertà aveva avuto spesso un valore superiore persino a quello enorme dei compagni partigiani. Non erano state arruolate, non erano state obbligate a lasciare le loro case.

Quell’8 settembre non avevano dovuto decidere per il diktat di un bando da che parte stare. Erano ragazze e vivevano in famiglia. Eppure scelsero di rischiare tutto. Una decisione consapevole e ardita: essere nella Resistenza. Molte hanno pagato con la prigionia, con le torture, con la vita.

Molte altre, a Liberazione conquistata, non sono tornate a casa, come molti volevano. Sapevano che dovevano continuare a lottare per se stesse e per tutte le donne. Il primo obiettivo era quello di contare nella società attraverso il voto dalle quali erano state escluse. Settantacinque anni fa le donne votarono per la prima volta, a marzo per le amministrative e il 2 giugno per scegliere tra monarchia e repubblica e scelsero la strada della costruzione di una repubblica democratica e l’elezione per la prima volta di 21 donne all’Assemblea costituente.

Quel 2 giugno del 1946 fu la data della svolta. Ricordiamoli sempre i nomi delle madri costituenti: Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Agamben Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Leonilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina (Lina) Merlin, Angiola Minella Molinari, Rina Montagnana Togliatti, Maria Nicotra Verzotto, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.

“Nessuno sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un popolo se non è accompagnato da una piena emancipazione femminile; e per emancipazione noi non intendiamo solamente togliere barriere al libero sviluppo di singole personalità, ma un effettivo progresso e una concreta liberazione per tutte le masse femminili”, disse Teresa Mattei nel suo discorso all’Assemblea Costituente del 18 marzo 1947.

Il tempo è passato e abbiamo imparato che per ogni cambiamento, in avanti o indietro della società, c’è un orologio, quello che contrassegna la condizione delle donne, la loro promozione o il disconoscimento della parità e della differenza femminile. Un orologio che segna il tempo della libertà delle donne, a partire dalle storie delle partigiane, delle antifasciste, delle deportate e delle costituenti che hanno fatto crescere nuove generazioni di donne libere e antifasciste.

Alle Costituenti dobbiamo le prime faticose conquiste in una società patriarcale: pari dignità sociale e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge; parità tra uomini e donne in ambito lavorativo; uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all’interno della famiglia; tutela giuridica e sociale ai figli nati fuori dal matrimonio; misure economiche a sostegno della famiglia; parità di accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di uguaglianza.

Tutto bene? Uguaglianza raggiunta? No, bisognava ancora lottare e le partigiane si unirono alle nuove generazioni di donne nei movimenti. Solo tra il 1956 e il 1981 furono aboliti per legge lo ius corrigendi, il diritto dei mariti di picchiare le mogli se, a loro personale giudizio, commettevano sbagli nell’educazione dei figli; la potestà maritale; le discriminazioni di genere nei luoghi lavoro; il delitto d’onore. Mentre passarono le leggi sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza. E solo nel 1996 la violenza sessuale venne riconosciuta come crimine contro la persona e non contro la morale e il buon costume.

Le tante leggi che nel nostro Paese hanno contribuito a delineare un sistema di welfare solidale, attivo, che prende in carico ciascuna persona, che valorizza le risorse umane, hanno delineato una dimensione della cittadinanza che deve essere – per tutti – sociale, civile e politica.

Gli strumenti per promuovere una nuova cultura civica, fonte di dignità, che abbatta stereotipi discriminatori e obsoleti nel rispetto delle persone, non mancano. Ma ancora oggi l’oscurantismo, il patriarcato, la discriminazione, la violenza sono rischi per la dignità e per la stessa vita delle donne. Servono coerenza, responsabilità, attenzione al bene comune e, in sostanza, condivisione di quei valori che sono alla base della nostra Costituzione: giustizia, solidarietà, parità, uguaglianza.

Su questo fronte e, senza mai abbassare la guardia, c’è l’impegno quotidiano del Coordinamento Nazionale Donne dell’Anpi, in un filo rosso che lega le donne della Resistenza e i valori della Costituzione alla storia delle forze migliori del Paese nelle battaglie per la dignità delle persone e il riconoscimento dei diritti di cittadinanza. 

Un coordinamento che opera in rete con le altre associazioni e in una grande alleanza democratica per i diritti di tutte e tutti, per la giustizia sociale e che, sia a livello nazionale che a livello locale, in questo lungo periodo di pandemia si è mobilitato più che mai contro la negazione dei diritti, la povertà, l’emarginazione, per la giustizia sociale e, come ci hanno insegnato le partigiane, per la solidarietà vera, sul campo, oggi con donne sia italiane che straniere.

L’orologio del tempo delle donne libere oggi segna decine e decine di iniziative dell’Anpi e dei suoi coordinamenti donne del territorio, da Genova a Roma, da Milano a Palermo, da Perugia a Brindisi, da Cosenza ad Ancona e Potenza, da Firenze a Udine e Torino, in ricordo delle resistenti e per la rinascita del Paese, perché sia finalmente per tutte e per tutti il tempo delle persone libere.

Questo abbiamo fatto e questo continueremo a fare, assieme alla generazione delle giovani antifasciste, senza dimenticare la battaglia di tutte e tutti per l’approvazione al Senato del ddl Zan che punisce i crimini di odio e le discriminazioni.

Metteremo al centro del nostro agire, come sempre, la persona, il lavoro, la socialità e la solidarietà, nel rispetto della Costituzione. In questo 2 giugno, data fondamentale per le donne, in ricordo di quella svolta di civiltà, il nostro impegno è anche quello di alzare la voce affinché dalle grandi metropoli ai paesi della periferia di questa Italia martoriata, le istituzioni mettano mano alla toponomastica. Pochissime sono le strade intitolate alle partigiane e alle antifasciste che hanno dato la vita per la nostra libertà di donne e per la libertà di tutti, alle sopravvissute alla ferocia nazista e fascista che hanno continuato a lottare per i diritti e contro la violenza, per la dignità di ogni cittadino indipendentemente dal sesso. Meritano un ricordo perenne. Meritano che siano intitolate a loro, al loro coraggio, alla loro determinazione, al loro senso della giustizia sociale piazze e strade. Perché, senza la lotta delle donne, a partire dalle partigiane, non c’è e non ci saranno mai democrazia e libertà.

CoordinamentoNazionale Donne Anpi