Celebriamo questo Primo Maggio, giornata
universalmente dedicata all’unità delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta
per i loro diritti, nelle condizioni tremendamente difficili della pandemia di #COVID-19,
ma non vogliamo un’uscita da questa emergenza per tornare a una normalità
fatta di più disuguaglianza e più violenza.
In questi mesi di emergenza, migliaia di lavoratrici e lavoratori della
sanità e dei servizi logistici hanno continuato a lavorare, prendendosi cura
dei contagiati, spesso senza le necessarie protezioni e senza limiti d’orario,
con salari bassi e in condizioni inadeguate, mettendo a rischio la loro vita
ogni giorno.
La pandemia, oltre al numero elevato di vittime, specialmente tra le
persone anziane e il personale addetto alla sanità e ai servizi di cura, ha imposto
pesanti restrizioni sociali e sacrifici economici alla popolazione, però non
equamente distribuiti.
Le politiche di privatizzazione selvaggia nell’intero settore
produttivo pubblico e dei servizi, imposte nei decenni passati da governi
asserviti al dettato neoliberista delle maxi-istituzioni finanziarie
globalizzate, hanno approfondito ed esteso le disuguaglianze, mentre i profitti
sono cresciuti a dismisura concentrandosi nelle mani di élites sempre più
ristrette.
Le conseguenze della pandemia si sono aggiunte alle ingiustizie
preesistenti, le condizioni di precarietà e di sfruttamento di lavoratrici e
lavoratori si sono aggravate. Migliaia
di lavoratrici e lavoratori informali e precari hanno perduto il lavoro.
Migliaia di lavoratrici domestiche sono rimaste disoccupate, spesso licenziate
in tronco senza alcuna assicurazione sociale.
Poiché la prescrizione di “restare a casa” non si è potuta applicare a
tutte le lavoratrici e i lavoratori, per comprensibili ragioni, migliaia di
essi hanno dovuto continuare a lavorare a loro rischio. Ma sia per le donne al
lavoro, sia per quelle rimaste a casa, si è presentato un sovraccarico di
lavoro domestico senza limiti di orario e senza retribuzione.
Per molte donne esposte a relazioni familiari violente, la casa è
diventata un luogo ancora meno sicuro di prima e, nei due mesi di emergenza
sanitaria, sono aumentati i femminicidi e la violenza domestica.
Gli effetti disuguali della pandemia
Se da una parte la crisi pandemica ha mostrato in tutta la sua evidenza
l’essenzialità dei lavori di cura, indispensabili per la riproduzione sociale, dall’altra
parte ha confermato che tali lavori, svolti per la maggior parte dalle donne
lavoratrici e migranti, nelle nostre società sono da sempre i più sfruttati e
precari.
La pandemia generata dal COVID-19 ha reso ancora più visibile l'urgenza
di trasformare complessivamente la società nella quale viviamo e di combatterne
le ingiustizie e disuguaglianze. La ricerca della risposta efficace
all’emergenza ha fatto crescere un nuovo senso di solidarietà sociale e,
insieme, la volontà di riprendere la lotta per una trasformazione radicale della
società.
Nei movimenti delle donne si fa strada la consapevolezza che
ingiustizie e disuguaglianze sono elementi strutturali del sistema
capitalistico; cresce al contempo l’indignazione per le politiche neoliberiste
imposte dall’élite economico-finanziaria globalizzata e per la subalternità ad
esse dei governi dell’UE; l’insostenibilità della subordinazione all'alleanza militare Nord Atlantica e alle sue politiche guerrafondaie.
Uscire dalla pandemia, ma non per
tornare indietro
Mentre ci organizziamo per uscire dall’emergenza della pandemia, dobbiamo
anche attrezzarci per affrontare le conseguenze a lungo termine che questa avrà
sulle condizioni economiche e di vita di milioni di persone in tutto il mondo,
dandoci delle linee guida sia per le misure immediate, sia in una prospettiva
di futuro diverso.
Non vogliamo uscire da questa emergenza ancora più indebitate, precarie,
sfruttate! Perciò chiediamo che nessuna persona sia lasciata senza reddito o sia
costretta a indebitarsi per sopravvivere.
Chiediamo servizi pubblici accessibili a tutte e tutti. Chiediamo un sistema
sanitario accessibile e gratuito per tutte le lavoratrici e i lavoratori,
italiane/i e migranti. Chiediamo che i diritti alla salute mentale, sessuale e
riproduttiva siano riconosciuti come diritti essenziali.
Chiediamo un sistema economico e produttivo sostenibile, basato sulla tutela
dell’ambiente e sulla distribuzione equa della ricchezza, rispettoso dei diritti
del lavoro, senza sfruttamento né divisione sessuale o razzista, che riconosca
la centralità del lavoro di riproduzione sociale.
Chiediamo che le attività considerate essenziali nella fase
dell’emergenza continuino in condizioni di lavoro dignitose: per attività
essenziali intendiamo quelle indispensabili per sostenere la vita. Poiché la
guerra non è un’attività essenziale, chiediamo la riconversione della
produzione di armi in produzione di dispositivi sanitari e per altri usi
civili.
Dobbiamo vigilare perché le restrizioni che la pandemia ci impone
temporaneamente non diventino disposizioni di limitazione permanente della
partecipazione sociale o, peggio, di criminalizzazione delle manifestazioni
popolari di dissenso.
Vogliamo un’Italia in salute, giusta e democratica inserita in un contesto
europeo e internazionale basato su relazioni di cooperazione e di pace globale.
Nella giornata internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, gridiamo
forte che non vogliamo un’uscita dalla crisi per tornare a una normalità fatta
di disuguaglianze e violenze; che non vogliamo più oppressione né sfruttamento perché
le nostre vite non valgono i vostri profitti. Un futuro diverso è possibile.
AWMR Italia – Donne della Regione
Mediterranea
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