26/06/20

PALESTINA:NO ALL'ANNESSIONE!


Sabato 27 giugno 2020, presidi di solidarietà si terranno in numerose città italiane, in risposta all’appello delle comunità palestinesi in Italia contro l’annunciata annessione di pezzi diterritorio palestinese da parte di Israele. Italia partecipa alla mobilitazione nazionale contro il piano illegale di annessione, disposto da Israele col supporto degli Stati Uniti. Basta con l’impunità d’Israele e le complicità dell’Unione Europea. Siano adottate misure concrete, incluse sanzioni internazionali, contro questa gravissima violazione del diritto internazionale e contro il regime diapartheid imposto da Israele nei Territori Occupati della Palestina.


Il 1° luglio il governo israeliano intende procedere all’annessione di ampie parti della Cisgiordania, in violazione del diritto internazionale che vieta azioni di appropriazione di territori occupati militarmente. Israele vorrebbe completare, con questa annessione de jure, un’annessione graduale de facto compiuta abusivamente attraverso l’appropriazione di terre, trasferimenti forzati di popolazione palestinese e insediamenti di coloni israeliani nei Territori Palestinesi Occupati.

Di fatto, una operazione di “pulizia etnica” che non si è mai fermata dal 1948, con la progressiva erosione della terra palestinese, l’occupazione militare, l’assedio e i continui bombardamenti sulla Striscia di Gaza, le gravissime violazioni dei diritti umani, le umiliazioni e le offese quotidiane inflitte ai Palestinesi. Di fatto, Israele ha istituzionalizzato un sistema di apartheid e ha esteso i propri confini (mai dichiarati ufficialmente).

La strada per quest’ultimo atto di annessione è stata spianata dal famigerato “Accordo del Secolo” di Trump che mira a depoliticizzare la “questione palestinese” e a trasformarla in una questione meramente umanitaria, escludendo il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato di Palestina indipendente con Gerusalemme Est come capitale, nonché il diritto al ritorno dei profughi alle loro case e alla loro terra, sancito dalla risoluzione 194 delle Nazioni Unite.

Contro il piano di annessione si è espresso il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che ha definito l’atto di annessione «una violazione molto grave del diritto internazionale». Si sono espressi contro il piano anche mille legislatori di 25 paesi europei, avvertendo Israele che «l'acquisizione dei territori con la forza avrà conseguenze commisurate». Ma non basta condannare a parole. Occorre che cessino le complicità, occorrono misure e azioni concrete, incluse le sanzioni internazionali, per porre fine all’impunità di Israele e alle sue continue violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale. Occorrono atti concreti di riconoscimento immediato dello Stato di Palestina, nel rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite.

Esigiamo che i governi e le istituzioni internazionali agiscano come sarebbe loro dovere per fermare questo atto gravissimo annunciato dal governo di Netanyahu in disprezzo del diritto internazionale.
Comincino subito, mettendo al bando il commercio di armi e la cooperazione nel settore militare e della sicurezza con Israele; sospendendo e proibendo qualsiasi commercio con le colonie illegali israeliane e qualsiasi coinvolgimento con il progetto coloniale illegale di Israele; assicurando alla giustizia internazionale i responsabili di crimini di guerra e crimini contro l'umanità nel contesto del regime israeliano di occupazione militare e di apartheid.


25/06/20

Siamo qui! Per una vera sanatoria a favore delle persone migranti



La Campagna nazionale SIAMO QUI – SANATORIA SUBITO! organizza dal 18 al 27 giugno, nel quadro delle mobilitazioni per una sanatoria reale promosse dai Sans Papiers a livello europeo, una settimana di iniziative territoriali. 

Momento centrale sarà un sit-in il 26 giugno 2020 a Roma, in piazza Pantheon, a pochi passi dal Parlamento, dove è in discussione la conversione del relativo decreto legge, per dire al governo che migliaia di migranti vogliono spezzare le catene dell’irregolarità che tengono in ostaggio la loro vita e i loro corpi!


Il 1° giugno ha preso ufficialmente il via la procedura per l’emersione/regolarizzazione dei migranti presenti sul territorio nazionale. SIAMO QUI – SANATORIA SUBITO! denuncia l’inganno che si cela nelle norme contenute nel decreto per le migliaia di persone migranti in attesa della possibilità di emergere dalla condizione di annullamento civile e sociale in cui sono costrette. Molte di esse che hanno già un posto di lavoro, infatti, saranno indotte ad abbandonarlo con il miraggio di regolarizzarsi nei limitati settori economici previsti dal decreto legge, il quale rischia di alimentare speculazioni e raggiri

«Questo – si sostiene - è il pessimo prodotto della scelta governativa che, invece di affrontare il problema nella sua interezza e dal punto di vista primario dei diritti e delle garanzie, ha deciso di muoversi solo per provare a soddisfare le immediate esigenze del sistema economico e produttivo. Come se non bastasse, mentre le procedure sono già in corso, vengono volutamente mantenute nell’incertezza parti della normativa confuse e ambigue, che consentiranno interpretazione restrittive e arbitrarie da parte degli uffici preposti alla gestione e decisione delle pratiche».

La Campagna nazionale “Siamo qui, sanatoria subito!” chiede, per una vera sanatoria, che la possibilità di regolarizzarsi sia gratuita, estesa a tutti i settori lavorativi e prolungata oltre il 15 luglio. Chiede il rilascio di un permesso di soggiorno di almeno per un anno, rinnovabile, per coloro che si trovano sprovvisti di titolo di soggiorno o che abbiano il permesso scaduto anche prima del 31 ottobre del 2019, oppure che siano titolari di un permesso precario (come ad esempio i richiedenti asilo), occupati o in cerca di lavoro.


GRUP YORUM: NON LASCIAMOLI SOLI



LIBERTÀ PER TUTTI I PRIGIONIERI POLITICI IN TURCHIA. DIAMO VOCE A CHI RESISTE FINO ALLA MORTE CONTRO LA BARBARIE

Anche Awmr Italia partecipa al presidio di solidarietà col Collettivo Musicale turco Grup Yorum, convocato dal Comitato Solidale per venerdì 26 giugno a Roma, presso l’ambasciata turca.




Grup Yorum è un collettivo musicale turco, fondato nel 1985, noto e apprezzato nel mondo per le sue composizioni di denuncia sociale e politica, ispirate ai valori di libertà democratica e antifascismo.
Ma per questa stessa ragione il gruppo nei suoi 35 anni di vita ha dovuto subire la repressione da parte delle autorità di governo e di polizia, minacce, arresti e soprusi, senza mai arrendersi. Negli ultimi anni – dopo il tentato colpo di stato del 2016 – con l’entrata in vigore delle leggi di emergenza antiterrorismo, sono state effettuate 12 perquisizioni nel loro Centro Culturale İdil a Istanbul, con distruzione degli strumenti e sequestro del materiale presente e arresti; più di 300 procedimenti giudiziari; inserimento dei nomi dei componenti del gruppo nelle liste dei ricercati, messa al bando dei loro concerti.

Per chiedere la fine di queste persecuzioni, alcuni membri di Grup Yorum sono entrati in sciopero della fame ad oltranza: due di loro, Helin Bölek e İbrahim Gökçek, fino alla morte, rispettivamente ad aprile e a maggio 2020.
Attualmente ci sono in sciopero della fame ad oltranza due prigionieri politici, Didem Akman e Özgür Karakaya, e i due Avvocati del Popolo Ebru Timtik e Aytac Ünsal.
Perché non si debba più morire per poter cantare le proprie canzoni, appellandosi ai diritti fondamentali di libertà di espressione, il Comitato Solidale Grup Yorum ha indetto questo presidio per sostenere le ragioni di resistenza del gruppo. Al contempo il presidio chiede al governo italiano di ritirare i militari italiani dal territorio turco e porre fine al commercio di armi con la Turchia.

NON LASCIAMOLI SOLI.

24/06/20

La normalità di oggi, la violenza di sempre: il 26 giugno torniamo nelle strade!

Ora è tempo di riprenderci le strade, la visibilità, la parola che hanno provato a toglierci. È tempo di urlare tutta la nostra rabbia per annunciare che non accettiamo che la ricostruzione e la convivenza con il Covid-19 avvengano al prezzo del nostro sfruttamento, dell’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e del razzismo. Con attenzione e cura per la salute di tutte e tutti, il 26 giugno torniamo in piazza in tantissime città.


ORA È TEMPO DI RIPRENDERCI LE STRADE

Fin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19 abbiamo sottolineato come questa crisi non fosse uguale per tutt* e così purtroppo è stato. La pandemia ha esasperato le disuguaglianze, lo sfruttamento e le violenze determinate dal sistema capitalista, patriarcale e razzista nel quale viviamo e che, quotidianamente, colpiscono le nostre vite.

La violenza domestica è aumentata moltissimo durante il lockdown, mentre i centri antiviolenza hanno cercato di continuare a garantire supporto alle donne che vi si rivolgono, nonostante le difficoltà imposte dal distanziamento sociale e dalla mancanza strutturale di finanziamenti. Tantissime persone si sono ritrovate senza lavoro e senza reddito, tra cassa integrazione in ritardo di mesi, bonus di 600 euro assolutamente insufficienti, nessun tipo di sussidio per tutti i lavori in nero e non riconosciuti. Nei settori considerati come “essenziali”, dalla sanità ai servizi sociali, dalla sanificazione alla grande distribuzione, dalla logistica alle troppe fabbriche rimaste aperte, tantissime donne si sono trovate spesso senza dispositivi di protezione individuale, mettendo a rischio la propria salute e quella delle persone a loro vicine in cambio dei soliti salari bassissimi, accompagnate dalla retorica che le voleva “eroine” o “angeli” e pronte a sacrificarsi per il paese con il sorriso.

Razzismo e sessismo istituzionali si rendono evidenti nell'ultimo provvedimento del governo: una sanatoria che esaspera le condizioni di ricattabilità in cui versano le donne e le soggettività migranti, la cui unica possibilità di regolarizzarsi è vincolata all'arbitrio di chi da anni le sfrutta nei campi o in casa con contratti precari o in nero.

L’epidemia, il sovraccarico del sistema sanitario, la chiusura delle scuole a tempo indeterminato, l’estensione indefinita dei tempi di lavoro causata dal ricorso allo smart working hanno moltiplicato esponenzialmente il carico di lavoro produttivo e riproduttivo che pesa sulle nostre spalle. Come si può lavorare da casa mentre ci si prende cura di una persona malata o anziana e bisogna seguire figlie e figli nella didattica a distanza? Come si può tornare a lavoro con turni spalmati su orari impossibili, mentre ancora non si sa se e come riapriranno le scuole a settembre? Queste domande non hanno trovato risposte, ad eccezione del tanto richiamato bonus baby sitter, che argina solo temporaneamente il problema e produce ulteriore lavoro precario e sottopagato per altre donne.

Non possiamo più parlare di emergenza: le conseguenze di questa pandemia saranno pesanti e stabili e stiamo già sperimentando nelle nostre vite le conseguenze di questa crisi.
Nonostante il distanziamento sociale, sappiamo che non siamo sole, ma parte di una lotta che in tutto il mondo si oppone alla violenza maschile e di genere, al razzismo e allo sfruttamento in casa e sul lavoro. L’epidemia del coronavirus non ci ha costrette al silenzio. Le donne e le soggettività dissidenti, le persone migranti e razzializzate hanno continuato e continuano a scioperare e a ribellarsi alla violenza con cui ci vorrebbero zittire, rimettere al nostro posto, ancorare ai ruoli che ci sono imposti e che noi invece rifiutiamo.

Ora è tempo di riprenderci le strade, la visibilità, la parola che hanno provato a toglierci. È tempo di urlare tutta la nostra rabbia per annunciare che non accettiamo che la ricostruzione e la convivenza con il Covid-19 avvengano al prezzo del nostro sfruttamento, dell’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e del razzismo. Con attenzione e cura per la salute di tutte e tutti, il 26 giugno torniamo in piazza in tantissime città.

Di fronte alle conseguenze di questa crisi e alla nuova insopportabile normalità che annuncia, non rimarremo in silenzio!
¡Juntas somos más fuertes!

A Torino l’appuntamento sarà alle 18 in piazza Castello.
In occasione della mobilitazione del 26 giugno abbiamo deciso di riproporre “Unviolador en tu camino”, la performance ideata dal collettivo femminista LasTesis che dal Cile si è diffusa in tutto il mondo in un grido globale contro la violenza. La faremo nella versione originale in spagnolo, in solidarietà con le compagne di Las Tesis, che nei giorni scorsi sono state denunciate con l’accusa di incitamento violento contro le istituzioni e che hanno chiamato a raccolta tutte le donne e dissidenti per riproporre la performance nelle proprie città

23/06/20

Per Bianca Guidetti Serra, che ci ha lasciato sei anni fa


Il 24 giugno 2014 moriva Bianca Guidetti Serra. È stata una delle figure più vive dell'impegno morale e civile nell'Italia del Novecento. Ed è stata una delle nostre maggiori maestre e compagne di lotte.

Sempre si oppose al fascismo, sempre si oppose al razzismo. Contrastò tutte le oppressioni, le persecuzioni, le emarginazioni. Sempre lottò per la liberazione dell'umanità intera. Sempre recò aiuto a chi di aiuto avesse bisogno.


Bianca Guidetti Serra, impegnata nella Resistenza, avvocata, parlamentare, è stata una delle figure più autorevoli della vita democratica italiana. Nata a Torino il 19 agosto 1919, è deceduta a Torino il 24 giugno 2014. Dal sito della casa editrice Einaudi riprendiamo il seguente breve profilo: «Bianca Guidetti Serra ha svolto l'attività di avvocato penalista dal 1947 al 2001 (oltre all'impegno, a fianco del sindacato, in molteplici cause di lavoro, come nel campo del diritto di famiglia e della tutela dei più deboli, minori e carcerati). È stata parlamentare nella decima legislatura (1987-91) e per vari anni consigliera comunale a Torino».

Tra le opere di Bianca Guidetti Serra: Felicità nell'adozione, Ferro, Milano 1968; con Francesco Santanera, Il paese dei Celestini, Einaudi, Torino 1973; Compagne, Einaudi, Torino 1977; Le schedature Fiat, Rosenberg & Sellier, Torino 1984; Storie di giustizia, ingiustizia e galera, Linea d'ombra, Milano 1994; Bianca la rossa, Einaudi, Torino 2009; Contro l'ergastolo. Il processo alla banda Cavallero, Edizioni dell'Asino, Roma 2010.

Riportiamo di seguito una sintesi della commemorazione di Banca Guidetti Serra tenuta a Viterbo all'indomani della scomparsa nel giugno 2014: «È deceduta Bianca Guidetti Serra. La nonviolenza, l'antifascismo, il movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanità, perdono una compagna e una maestra. Resta la sua luminosa testimonianza, resta l'opera sua alacre e generosa, resta la sua lezione di fedeltà al vero e al bene, resta il suo amore per l'umanità». La lotta che è stata anche sua, la lotta per la giustizia, la libertà, la solidarietà, la lotta per la vita, la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani, la lotta per la protezione dell'unico mondo vivente casa comune dell'umanità intera, questa lotta continua. Bianca Guidetti Serra è deceduta, ma non muore il valore della sua persona. Tutto travolge il tempo, ma la memoria dell'esistenza delle persone buone resta per sempre con l'umanità in cammino, per sempre recando conforto e speranza, vivente esempio ed appello costante all'agire morale, alla civile virtu', all'aiuto reciproco, al bene comune».

Anche nel suo ricordo continuiamo la lotta nonviolenta contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Anche nel suo ricordo continuiamo qui e adesso nell'impegno per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani, semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro.
Nell'impegno per abolire la schiavitù in Italia semplicemente riconoscendo, a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano, tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti è privato di fondamentali diritti non è più una democrazia.

Nell'impegno per abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalità costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nell'impegno per formare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiché compito delle forze dell'ordine è proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza è la più importante risorsa di cui hanno bisogno.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Condividere il bene ed i beni.
Siamo una sola umanità in un unico mondo vivente, casa comune dell'umanità intera, un unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
Salvare le vite è il primo dovere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta per la liberazione comune, per la salvezza dell'umanità intera.
Alla scuola di Bianca Guidetti Serra la nonviolenza è in cammino.

 Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo*

Viterbo, 23 giugno 2020

*Il Centro di ricerca per la pace, i dirittiumani e la difesa della biosfera di Viterbo è una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. È la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la più ampia campagna di solidarietà con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano La nonviolenza è in cammino che è possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it

19/06/20

IL VIRUS DELL'IDEOLOGIA LIBERISTA


Come il sapere - o non il sapere - sia condizionato dall'ideologia e dal senso comune che deriva da una specie di info-pandemia sul terreno più aspro della lotta di classe: quello ideologico. Una riflessione sulle emergenze prodotte dal capitalismo al tempo del coronavirus, della scrittrice argentina Sara Rosenberg













Arriva il caldo, la paura sembra infilarsi attraverso le fessure delle porte e delle finestre, la gente cerca di spazzare via i resti di un inverno particolarmente difficile, troppa morte e soprattutto incertezza.
Non sapere, non si sa, non sappiamo, si sa poco di questo virus, si combatte alla cieca e la pratica prescrive mese dopo mese che cosa è più appropriato, cosa avrebbe potuto o potrebbe fermare la pandemia.
Certi giorni mi sono figurata un pianeta in pausa, come se stessimo prendendo fiato, riempiendo i nostri polmoni di dubbi e osservando come il sapere - o non il sapere - sia condizionato dall'ideologia e dal senso comune – quello pre-riflessivo - che deriva da una specie di info-pandemia sul terreno più aspro della lotta di classe: quella ideologica. Una frontiera di classe permeabile e complessa, senza dubbio, ma che ha mostrato in questi due mesi e mezzo due concetti opposti della vita. E due modi di intendere la vita, la società umana.

Da una parte si presenta l'attitudine rivoluzionaria di Cuba, che diventa immediatamente una guida - morale e scientifica - e mostra ancora una volta il significato dell'internazionalismo e il senso umanistico della vita, inviando più di venti brigate mediche in vari paesi. Con la chiarezza che "Patria è l'umanità", i medici cubani raggiungono immediatamente uno dei principali focolai del contagio, la Lombardia. Quindi Andorra e molti altri paesi in America e Africa.

Vaste campagne mediatiche cercano di screditare questa azione, al punto che in Argentina le forze più retrograde scendono in piazza per contrastare le brigate cubane che secondo loro portano il virus del comunismo. Inutile dire che, dopo il colpo di stato in Bolivia, le brigate mediche sono state espulse, come è accaduto anche nel Brasile dell’evangelico-fascista Bolsonaro. I risultati, ben tristi, sono visibili.
Nel frattempo la Cina, con uno spirito collettivo che l'Occidente confonde volontariamente con il tanto propagandato "autoritarismo-totalitarismo" - trascurando la lunga tradizione cinese da Confucio ai nostri giorni - riesce a isolare e superare i contagi e invia aiuti gratuiti e specialisti medici nei paesi di Europa, Asia e Africa.
Anche la Russia invia aiuti all'Italia e ad altri paesi in Europa che glielo consentono e, naturalmente, i media egemonici strillano contro l'arrivo di camion russi nel nord Italia e in Serbia.

I dati esatti sono pubblicati su molti media, ma ciò che è interessante al momento è analizzare ciò che chiamo due attitudini di vita, due progetti politici antagonisti. Quello del capitalismo neoliberista e imperialista e quello delle diverse vie al socialismo nel mondo. È importante ed essenziale vedere questa contraddizione in movimento, per essere in grado di dimostrare, con l’aiuto della storia, cos’è che chiamiamo umanità e cosa significa barbarie capitalista.
 Ed è facile da vedere perché fondamentalmente si tratta di ciò che è centrale nella vita sociale, la vita di una specie la cui capacità e il cui futuro dipendono da ciò che Marx ha così chiaramente definito il collettivo, i rapporti sociali che fondano la vita umana o la condannano alla barbarie nella quale viviamo nel capitalismo morente. Se il punto centrale è l'accumulazione e l'espansione imperialista, necessariamente tutto ciò che non produce profitto e accumulazione sarà condannato in anticipo. Da qui le campagne mediatiche virulente contro Cuba,Venezuela, Nicaragua, Cina e Russia.

La Spagna, a differenza dell'Italia, non ha accettato l'aiuto di nessuno di questi paesi, tranne in un'area territoriale indipendente, come il principato di Andorra, dove è sbarcata una brigata medicacubana. E dove è stato possibile controllare il virus. Nessuna informazione al riguardo, tranne nelle reti e nei giornali di solidarietà. E sto parlando da Madrid - un epicentro della pandemia - che ha obbedito, come sempre, agli ordini degli Stati Uniti e delle forze più reazionarie dell'imperialismo dell'Unione europea. I piedi dentro il piatto, come ordina la mafia.

Ma è interessante vedere come si è sviluppata l'offensiva delle destre più virulente in questi mesi, in nome della "libertà". La classe sfruttatrice, preoccupata di continuare a guadagnare benefici dallo sfruttamento, è scesa immediatamente in strada a gridare libertà, in nome dello sfruttamento.
I dirigenti della classe sfruttatrice, quell’1,5% costituito dai proprietari dei mezzi di produzione, si sono incontrati oggi in Spagna per discutere della "crisi" e per dirci che al di là della salute e della vita, la cosa importante è mantenere il saggio del profitto, cioè la speculazione e la condanna di essere un paese di servizi che ha raggiunto l'infelicità e tale stupidità, che i lavoratori degli hotel e degli stessi bar (a rischio totale) applaudono l'arrivo degli imbecilli che vengono a prendere il sole e a spendersi i soldi in alcol e prostitute. Questo è il tanto esaltato "sviluppo" e l'apparente unica possibilità che "l'economia", questa astrazione che è la crescita della precarietà e dello sfruttamento, si approfondisca, mentre le campagne s’inaridiscono e l'industria sparisce. Nessuno che dica chiaramente che questo modello di produzione finanziario speculativo-schiavista ha toccato il fondo.

14/06/20

Anna Maria Mozzoni / Centenario


Una vita spesa  per l’emancipazione delle donne



Il quotidiano socialista “Avanti!” del 18 giugno 1920 la ricordava così: «[…] Si è spenta oscuramente, ma le tracce della sua opera di un tempo restano incancellabili nella storia della causa femminile e la sua memoria rimane simpatica ed indelebile nell'animo dei vecchi amici che le sopravvivono.»








Articolo di Emma de Pasquale




Di Anna Maria Mozzoni – all’anagrafe Marianna – sui libri di scuola non si dice quasi nulla. Davvero un peccato, considerando che stiamo parlando della donna che più ha inciso sulla politica italiana ed emancipazionista all’avvento del Novecento.

Nasce nel 1837 a Milano, da una famiglia molto colta e agiata, ma ciò nonostante l’istruzione di Anna Maria non parte nel migliore dei modi: viene mandata dal padre Giuseppe, un ingegnere architetto dalle idee liberali, in un collegio di suore, ma il bigottismo e la rigidità conservatrice delle insegnanti ha poco a che fare con la piccola Anna, che chiede di tornare a casa. Viene accontentata intorno ai 15 anni, ma Anna Maria, appena adolescente, continua a istruirsi da autodidatta, leggendo con molta passione i testi della ricca biblioteca paterna: illuministi, romanzieri, scritti risorgimentali. Verso i 20 anni entra a far parte dei gruppi mazziniani, con cui simpatizzava già da tempo, dove ha la possibilità di cominciare a dedicarsi a quella che sarà la battaglia della sua intera vita: l’emancipazione femminile. È scontro aperto con la dirigenza, ovviamente maschile, ma Anna Maria va avanti convinta per la sua strada e porta in alto l’idea di un risorgimento italiano che debba passare anche per un risorgimento femminile. «Negare alla donna una completa riforma nella sua educazione, negarle più ampi confini alla istruzione, negarle un lavoro, negarle una esistenza nella città, una vita nella nazione, una importanza nella opinione non è ormai più cosa possibile; e gli interessi ostili al suo risorgimento potranno bensì ritardarlo con una lotta ingenerosa, ma non mai impedirlo». 

È del 1864 La donna e i suoi rapporti sociali, dedicato a sua madre e alle giovani donne future, con l’obiettivo di scardinare la figura femminile dai ruoli di madre e moglie: «Non dite più che la donna è fatta per la famiglia, che nella famiglia è il suo regno e il suo impero!». Tuttavia, Mozzoni sa molto bene che millenni di oppressione e marginalità non possono essere cancellati con una semplice riforma: è conscia del fatto che la maggior parte delle donne non ha avuto accesso all’istruzione e non ha ancora gli strumenti per esercitare un diritto di voto pienamente consapevole, per questo presenta un progetto di riforma in 18 punti in cui richiede il diritto al voto amministrativo, come primo passo verso l’acquisizione del pieno di diritto di voto politico, e promuove in concomitanza, come un nesso inscindibile, il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro e una riforma del diritto di famiglia. 

L’anno successivo, nel ’65, Mozzoni si scaglia contro il nuovo Codice Civile italiano, che non riconosce alle donne alcun prestigio sociale e che perpetua un modello di famiglia patriarcale in cui alle donne non vengono riconosciuti i diritti che i tempi richiederebbero.
Gli anni ’70 sono anni ferventi: conosce e rimane stregata dal pensiero di John Stuart Mill, ne traduce il volume (considerato la Bibbia del femminismo) The Subjection of Women, partecipa al Congresso di Ginevra nel 1877 per l’abolizione delle norme sulla prostituzione e nello stesso anno presenta una mozione al Parlamento per concedere il voto politico alle donne. «… Perché siamo cittadine, perché paghiamo tasse e imposte, perché siamo produttrici di ricchezza, perché paghiamo l’imposta del sangue nei dolori della maternità, perché infine portiamo il contributo dell’opera e del denaro al funzionamento dello Stato. Mi duole davvero di gettar delle nubi su quei rosei cuori, ma non siamo contente affatto e per non importunarvi con troppe cose in una volta, ne cerchiamo una sola, il voto politico. Ottenuto questo verrete voi stessi ad informarvi dei nostri bisogni e non crederete di perdere il vostro tempo».

Con il passare degli anni l’impegno di Anna Maria si fa sempre più intenso e determinato, il che la porta a rappresentare l’Italia al Congresso internazionale per i dirittidelle donne, tenutosi a Parigi nel ’78. Si batte senza tregua per il diritto all’istruzione, sfruttando la collaborazione con il giornale “La Donna” per creare una cassa di risonanza su tematiche di emancipazione femminile e diritti sociali. Scrive molto sull’accesso all’educazione, forte anche della sua esperienza personale, evidenziando la connessione tra sapere e potere, nonché il ruolo dell’istruzione come mezzo per ottenere autonomia e indipendenza economica. «Esclusa dal sapere, la donna, rimaneva esclusa eziandio dal potere; ed eccola ridotta a passività assoluta, cosa e non essere, di maggiore o minor valore relativo, di nessun valore intrinseco, orba d’ogni coscienza di sé, ch’è la prima ragione d’ogni forza».

Scende in campo nell’educazione femminile ricoprendo incarichi del Ministero della Pubblica Istruzione, sotto De Sanctis, e insegnando per molti anni filosofia morale nella scuola “Maria Gaetana Agnesi”, dove conobbe la celebre Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani) del “Corriere della Sera”. A partire dagli anni ’80, Mozzoni si avvicina al Movimento Socialista, focalizzandosi sulla condizione delle donne operaie. Fonda, con l’appoggio del partito, la Lega promotrice degli interessi femminili, volta ad aiutare le donne a prendere coscienza dei propri diritti e doveri di cittadine e, successivamente, la Lega Socialista Milanese. Tuttavia, l’attrito è inevitabile: l’inquadramento ideologico socialista rivendica come prioritario il problema di classe rispetto all’emancipazione femminile in nome del “principio della gradualità”, vogliono risolvere una questione alla volta e la lotta di classe viene prima. Anna Maria non è d’accordo, perché coglie dietro questo impianto ideologico una più profonda resistenza culturale ad accogliere la parità dei sessi.

Amica-nemica sarà Anna Kuliscioff, compagna socialista con cui Anna Maria condivide tante battaglie, compresa la lotta al gradualismo, ma con cui non riuscirà a trovare un punto d’incontro sulle leggi di tutela. Infatti, Kuliscioff sosteneva la necessità di varare delle leggi speciali che non riguardassero solo il lavoro minorile, ma anche il lavoro femminile: l’intenzione era di tutelare le donne dallo sfruttamento e di aiutarle a conciliare vita lavorativa e vita privata, ma Mozzoni aveva previsto, e non aveva tutti i torti, che il concetto di “tutela” implicasse una “debolezza” da difendere e che le agevolazioni e i maggiori costi del lavoro femminile avrebbero legittimato una maggiore esclusione delle donne dal mondo del lavoro e la disparità salariale. «Fra le tante tutele, garanzie, esclusioni, difese e protezioni che infestano la vita della donna, non mancava più che questa, che limiti loro anche la libertà del lavoro materiale, al quale in misura ancora assai limitata hanno potuto accedere». 
Anche se ormai anziana, l’entusiasmo non si smorza e nel 1906 scrive insieme a Montessori una petizione per il voto politico alle donne, indirizzata al governo e sostenuta dalle rappresentanti di molti gruppi politici. Purtroppo, per via delle continue frizioni con i socialisti a causa delle sue posizioni interventiste, nell’ultimo periodo viene allontanata dalla politica italiana e si spegne a Roma il 14 giugno 1920.

L’”Avanti!, nel numero del 18 giugno 1920, la ricorda così: «[…] Si è spenta oscuramente, ma le tracce della sua opera di un tempo restano incancellabili nella storia della causa femminile e la sua memoria rimane simpatica ed indelebile nell’animo dei vecchi amici che le sopravvivono.»

Bibliografia:

Anna Maria Mozzoni, La donna e i suoi rapporti sociali, Tipografia Sociale, Milano, 1864 
Anna Maria Mozzoni, Un passo avanti nella cultura femminile, Tipografia internazionale, Milano, 1866                                                                                                                                          
Anna Maria Mozzoni, a cura di Franca Pieroni Borlotti, La liberazione della donna, Gabriele Mazzotta Editore, Milano, 1975                                                                                  
Anna Maria Mozzoni, Legislazione a difesa delle donne lavoratrici, in “Avanti!”, 7 marzo 1898.                                                                
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/anna-maria-mozzoni                           
Maria Serena Sapegno, Identità e differenze: introduzione agli studi delle donne e di genere, Mondadori Università, 2011

10/06/20

WIDF/FDIM - DICHIARAZIONE D'IMPEGNO E DI LOTTA


Le organizzazioni della WIDF/FDIM, chiamate al compito immediato di contribuire a far fronte alla pandemia di COVID-19, hanno formulato proposte per contrastare sia le ricadute negative della crisi sanitaria sulle donne, sia le disuguaglianze e le ingiustizie sociali ed economiche già preesistenti, che l'emergenza ha acutizzato, con uno sguardo rivolto al necessario cambiamento futuro che le lotte delle donne sapranno determinare. 

 


La Federazione Democratica Internazionale delle Donne (WIDF/FDIM) esprime profonda solidarietà con le donne e le/I bambine/i del mondo e rinnova il proprio apprezzamento e ringraziamento al personale medico e sanitario di tutto il mondo impegnato in prima linea a contrastare e prevenire la diffusione della pandemia.
In particolare ringraziamo le donne che, costituendo il 70% del personale addetto ai lavori di assistenza e cura, hanno dato un contributo insostituibile come assistenti di prima linea, professioniste della salute, volontarie delle associazioni non governative, scienziate, o che hanno fornito quei servizi essenziali che hanno consentito al resto delle loro comunità di vivere nell’isolamento personale durante la quarantena.

La gestione della crisi da parte dei governi, tuttavia, ha evidenziato l’esistenza di differenze notevoli nell’assistenza sanitaria: differenze basate sulla classe di appartenenza, il genere, la provenienza, i differenti sistemi sociali vigenti nelle diverse aree geografiche.  
Nei paesi con sistemi socio-sanitari pubblici che mettono al centro la salute e il benessere delle persone e la sicurezza dell’ambiente, senza fini di lucro, c’è stata una risposta più efficace alla diffusione del contagio con una riduzione significativo dell’impatto sulle comunità.
Nei paesi capitalisti e neoliberisti, con sistemi sanitari privatizzati e mirati al profitto, la pandemia ha aggiunto ulteriori danni a quelli preesistenti: ha dilatato le disuguaglianze sociali e acutizzato le discriminazioni, lo sfruttamento, la violenza sulle donne e le ragazze subita nelle condizioni di isolamento.

È inaccettabile che nel secolo XXI ci siano sistemi sanitari pubblici che non riescono a far fronte a situazioni d’urgenza o normali, perché lo Stato o i monopoli considerano la vita e i bisogni delle persone dei “costi”.
L’emergenza della pandemia ha aggravato i problemi di paesi già oppressi da fame e povertà, strangolati dal debito, dagli “aggiustamenti strutturali” e dalle politiche di austerità; paesi sotto occupazione militare o coinvolti in guerre sanguinose.
Esigiamo un’azione efficace a livello internazionale per ottenere la liberazione di centinaia di donne yazide sequestrate e schiavizzate dai terroristi dell’ISIS in Iraq, dove sono vendute e sfruttate sessualmente.
Allo stesso modo chiediamo un’azione determinante per mettere fine alla tragedia umana causata dall’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Ribadiamo la nostra energica condanna della politica sionista di occupazione militare continuata, colonizzazione, insediamenti in Palestina, supportata dal governo degli Sati Uniti. Condanniamo l’occupazione israeliana del sud del Libano e del Golan siriano, chiamiamo la comunità internazionale a pronunciarsi per il diritto del popolo palestinese a stabilire il proprio stato indipendente sulla propria terra e a riaffermare il diritto al ritorno dei profughi in conformità con la Risoluzione 194 delle NU.
Denunciamo l’agenda delle destre neofasciste e di tutti quei partiti di governo che tentano di approfittare della situazione per imporre regimi di stato d’assedio, spingendo sempre più persone nell’emarginazione e nella miseria estrema.

Denunciamo l’inasprimento delle azioni imperialiste in diverse aree del mondo, il blocco economico contro Cuba, i tentativi di aggressione militare contro il Venezuela, le ingerenze e le destabilizzazioni intensificate proprio nel momento in cui questi popoli lottano per contrastare la pandemia di COVID-19. Non è sopportabile che il popolo venezuelano colpito dalla pandemia debba subire anche le conseguenze dell’aggressione criminale del governo statunitense e dei suoi alleati europei, che pretendono di restaurare il loro dominio sul paese.
Respingiamo anche le sanzioni economiche imposte allo Zimbabwe dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, che dura da quasi due decenni, e chiede la fine delle sanzioni, tanto più urgente oggi in presenza della pandemia che colpisce l’Africa.
La WIDF/FDIM chiama le sue organizzazioni affiliate nelle diverse regioni del mondo a impegnarsi e a lottare per una agenda di base a favore delle donne e dell’umanità:

LAVORO E REDDITO
Non debbono essere le donne lavoratrici e delle classi meno agiate a pagare il prezzo più alto dell’emergenza! Lottiamo per rendere visibili e affrontare le conseguenze della crisi che la pandemia ha prodotto specialmente tra le donne e per chiedere politiche e azioni specifiche per alleviare il prezzo che le donne stanno pagando come effetto della quarantena e della recessione economica.
Esigiamo che i governi adottino misure per assicurare un reddito di base per ogni persona, particolarmente per le donne con meno risorse economiche, attuino misure di protezione sociale, sussidi per l'affitto e moratorie degli sfratti, sussidi alimentari e acqua pulita gratuita, misure igieniche e quanto è indispensabile per vivere dignitosamente.

Lottiamo per una vita dignitosa per tutte e tutti, a misura delle necessità basilari del XXI secolo, lottiamo per vivere la vita che ci spetta.
Lottiamo contro qualsiasi risposta speculativa alla crisi sanitaria, contro ogni tipo di monopolio sui prodotti farmaceutici creati per combattere il coronavirus. Per evitare che il disastro sanitario si trasformi in una catastrofe planetaria.

DIRITTI RIPRODUTTIVI, VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Una conseguenza del confinamento sociale in questi mesi, comune a tutte le regioni e tutti i paesi, è stato l’aumento della violenza domestica. La maggior parte dei governi si è limitato a registrare il dato senza mettere in atto misure efficaci di contrasto.
Esigiamo che si adottino misure perché le donne anche durante la quarantena possano ricevere aiuto e sostegno contro alla violenza domestica e ogni forma di violenza.
Sia nei paesi dove l’interruzione della gravidanza è legale, quanto in quelli dove non lo è ancora, lo stato deve garantire supporto alle donne che hanno subito violenza e sono incinte contro la loro volontà, perché possano interrompere la gravidanza indesiderata.
Raccomandiamo agli Stati, l’ONU e le sue agenzie, i   sanitari e i fornitori di servizi, di includere la prospettiva di genere in ogni risposta al COVID-19 a tutti i livelli decisionali.

EDUCAZIONE E FORMAZIONE
Vigiliamo affinché sia ripristinata ovunque, quanto prima possibile, la normale attività educativa e scolastica, con ogni riguardo per la salute e la sicurezza di studenti e docenti!
Esigiamo che nei programmi di recupero economico sia garantito l’accesso gratuito delle donne alle nuove tecnologie di comunicazione, siano attuati maggiori finanziamenti per rafforzare la scuola pubblica gratuita per tutti e tutte senza alcuna discriminazione di classe, casta, razza o genere.

DIRITTI DELLA PERSONA, PACE E SICUREZZA
Contrastiamo qualsiasi risposta autoritaria alla pandemia e i tentativi di trasformare lo stato di eccezione in misure permanenti, come tentano di fare quei governi che vogliono criminalizzare le proteste popolari. Denunciamo il disegno di quei governi che vogliono sfruttare l’emergenza per trasformare lo stato di eccezione in una forma “ordinaria” di governo e imporre un’agenda patriarcale e fascista. Le restrizioni della quarantena non devono diventare occasione per limitare il diritto di sciopero e altre forme di lotta delle classi lavoratrici per i propri diritti.

Appoggiamo l’appello delSegretario Generale delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco globale, come misura assolutamente necessaria e urgente. Chiediamo la riconversione della produzione di armi in dispositivi sanitari e azioni contro la povertà e la fame nel mondo, altri usi civili. Solo nel 2019 si stima che gli Stati Uniti abbiano speso in armamenti nucleari 35,4 miliardi di dollari, equivalente a quanto hanno speso, tutti insieme, gli altri otto paesi dotati di armi nucleari. Solo una parte di questa spesa basterebbe a finanziare progetti sanitari e di sviluppo.

La WIDF/FDIM ribadisce con forza che non può esistere sicurezza che non sia quella che assicura uguali diritti per tutti, persone e popoli, a partire dal diritto alla salute, attraverso piani d’azione ispirati ai principi di solidarietà e cooperazione internazionale, condivisione delle conoscenze e delle risorse materiali, scientifiche, tecnologiche.

APPELLO ALLE DONNE DI TUTTO IL MONDO
Il “ritorno alla normalità” dopo la fine della quarantena non deve essere un ritorno ad uno stato di più disuguaglianza e violenza, più oppressione e sfruttamento, più debito pubblico da far pagare alle donne lavoratrici e alle classi popolari.
Se il presente sembra disastroso, il futuro non è ancora scritto e le nostre lotte potranno determinare come sarà dopo la pandemia.

Giugno 2020



09/06/20

La Federazione Democratica Internazionale delle Donne in videoconferenza


Uscire dall'emergenza con lo sguardo rivolto al futuro 



Nei giorni 20-28 maggio 2020, si è riunita in videoconferenza la segreteria internazionale della Federazione Democratica Internazionale delle Donne (WIDF/FDIM). 
Alla riunione, coordinata dalla presidente della WIDF/FDIM, hanno preso parte le vicepresidenti e le coordinatrici delle cinque regioni geografiche: America, Africa, Asia, Europa, Paesi Arabi. 

La decisione di tenere la riunione nella modalità della videoconferenza è stata dettata dalla necessità oggettiva di rispettare il calendario delle riunioni programmate, conformandosi alle misure di distanziamento fisico universalmente stabilite per combattere la pandemia di COVID-19.

La segreteria della WIDF/FDIM ha espresso preliminarmente il suo sentito cordoglio ai familiari di tutti e tutte coloro che hanno perduto la vita a causa della pandemia di COVID-19. Vive condoglianze sono state espresse anche ai familiari dei/delle migranti che hanno perso la vita a causa del mancato soccorso – con mezzi di trasporto, cibo e acqua – mentre tentavano di rientrare nei loro luoghi di origine.
Un saluto e un ringraziamento particolare sono stati espresso al popolo e al governo di Cuba per l’appoggio solidale offerto con l’invio di personale medico e paramedico in molti paesi, compresa l’Italia, nonostante il suo governo sia allineato con gli Stati Uniti nell’imposizione del blocco economico contro quel paese socialista.

Dai resoconti sulla situazione economica e socio-sanitaria nelle diverse aree e paesi del mondo sugli effetti della pandemia, è emersa una profonda preoccupazione per l'impatto che questa crisi ha avuto in particolare sulle donne.  
Le misure di liberalizzazione, privatizzazione e la globalizzazione hanno acutizzato l’esclusione di milioni di persone in tutto il mondo e inasprito la violazione e il mancato rispetto dei diritti umani, rendendole ancora più vulnerabili di fronte alla epidemia di COVID-19.

La pandemia di COVID-19 ha messo a nudo l’incapacità del sistema capitalistico e delle politiche neoliberiste nell’affrontare e risolvere crisi sanitarie, ambientali e generare uguaglianza e sviluppo sostenibile. Aree di maggiore criticità sono: l’assistenza sanitaria e servizi di supporto, il lavoro e il reddito, i diritti riproduttivi delle donne e l’aumento della violenza sulle donne, l’educazione e la formazione, la pace e la sicurezza nel mondo.
Le restrizioni adottate per contrastare la diffusione della pandemia hanno gettato milioni di lavoratori e lavoratrici nella disoccupazione e hanno lasciato senza reddito milioni di persone che erano occupate in lavori informali, in proprio e nei servizi domestici.
Ben vengano le misure di nazionalizzazione di settori essenziali come quello sanitario annunciate in alcuni paesi; condanniamo invece quelli che, approfittando della pandemia, inaspriscono le misure di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici essenziali.
Le organizzazioni delle donne, mentre si sono dedicate a prestare soccorso dove hanno potuto, hanno formulato proposte per contrastare sia gli effetti negativi dell'emergenza Covid19 sulle donne e sulle popolazioni, sia per combattere le disuguaglianze e le ingiustizie preesistenti, che l'emergenza ha acutizzato, con uno sguardo complessivo rivolto alle implicazioni future della crisi in atto, particolarmente la recessione, la disoccupazione, la violenza, le discriminazioni.


A conclusione della riunione, è stata approvata una DICHIARAZIONE contenente le proposte della WIDF/FDIM sulla grave crisi che il mondo sta attraversando.