25/09/22

DOIW (Iran) / Fate in modo che l'appello alla giustizia del nostro popolo coraggioso sia ascoltato in tutto il mondo

 

L'Organizzazione democratica delle donneiraniane (DOIW) condanna l'uccisione di Mahsa Amini e la detenzione di coloro che hanno protestato per la sua morte

Viva la lotta unitaria delle donne e degli uomini coraggiosi dell'Iran per la libertà dal dispotismo teocratico e l'abrogazione di tutte le leggi che minano i diritti umani delle donne!


L'Organizzazione Democratica delle Donne Iraniane (DOIW) condanna con forza l'uccisione di Mahsa (Gina) Amini, da parte delle forze di sicurezza della Repubblica Islamica dell'Iran. Esprimiamo le nostre condoglianze alla famiglia in lutto di Mahsa e a tutte le donne e gli uomini amanti della libertà dell'Iran.

La Guidance Patrol (o Polizia Morale) del regime ha arrestato la giovane donna di 22 anni mentre viaggiava sulla metropolitana di Teheran con suo fratello, con il pretesto che “indossava male” l’hijab.

A seguito della brutalità della Polizia e delle percosse mentre era in arresto, Mahsa Amini è morta in ospedale il 16 settembre. Questo nuovo crimine della Repubblica islamica ha suscitato la rabbia lungamente repressa del popolo dell'Iran.  

Il nome e la memoria di Mahsa Amini si sono trasformati in un grido di lotta per le persone che sono scese in piazza per insorgere contro l'oppressione, la dittatura e l'ingiustizia sociale. Sulla lapide temporanea di Mahsa c'è scritto: "Cara Gina, non morirai, il tuo nome diventerà un simbolo". Oggi, il nome di Mahsa Amini è davvero diventato il grido di lotta per le persone che insorgono per la libertà.

Negli ultimi quarant'anni, il regime reazionario islamico dell'Iran ha usato la violenza sistematica per imporre la sua volontà e per calpestare vergognosamente i diritti sociali e umani del popolo iraniano, in particolare delle donne iraniane.

La Repubblica islamica dell'Iran ha visto aumentare la povertà, l'insicurezza economica e sociale, ha favorito le pratiche di appropriazione indebita e l'ipocrisia nello stato, ha saccheggiato la ricchezza nazionale per l'interesse personale dell'élite dominante e dei suoi associati e si è resa direttamente responsabile di violenza e crimini contro innumerevoli donne e uomini. Questi vanno dall'obbligo dell’hijab e da leggi medievali contro le donne, alle torture, gli stupri e l'esecuzione di centinaia di ragazze e donne delle organizzazioni di sinistra o mujahed durante gli anni '80, agli eccidi di prigionieri politici nell'estate del 1988, all'esecuzione di Fatemeh Modaresi, consigliere del Comitato Centrale del Partito Tudeh dell'Iran nel 1989, al brutale assassinio di altri dissidenti come Parvaneh Forouhar negli anni '90, e Zahra Kazemi, Zahra Bani Yaqub nelle camere di tortura del regime, fino all'omicidio di Neda Agha Soltan in manifestazioni di piazza. Queste atrocità continuano ancora oggi e la gente ha detto basta.

La negazione di responsabilità del regime per la morte di Mahsa Amini ha alimentato la rabbia della gente. Dapprima il regime ha dichiarato che Mahsa era morta a causa di problemi di salute, cosa che la sua famiglia ha negato con veemenza. La posizione contraddittoria del regime su questa tragedia, ripete le loro smentite e bugie subito dopo l'abbattimento dell'aereo ucraino sull'Iran da parte delle Guardie Rivoluzionarie nel dicembre 2019. 

Il popolo iraniano ha dovuto convivere con le ricadute delle politiche neoliberiste del regime, con la povertà conseguente, l'approfondimento delle divisioni di classe e la diffusa corruzione, con i poveri, le donne e i giovani che ne hanno sopportato il peso maggiore e hanno poco da perdere in questa lotta ineguale. 

Gli scontri di strada continuano ad estendersi in più di 80 città e paesi dell'Iran, nonostante l'accesso a Internet sia stato tagliato per impedire le comunicazioni. Le donne e gli uomini del nostro Paese hanno mostrato un coraggio indescrivibile nell’affrontare le brutali forze di sicurezza del regime e nonostante i pesanti costi di questa lotta impari – pugni contro proiettili – stanno resistendo. L'eco degli slogan della gente fa arrivare le loro proteste: "Morte alla dittatura", "Abbasso la teocrazia" e infine quel "Donna, vita, libertà" – slogan elevatosi sulle proteste per gridare le aspirazioni specifiche delle donne – che ci rammenta il detto di Marx secondo cui una società è libera solo quando le donne sono libere. Oggi le donne iraniane stanno lottando coraggiosamente per la loro libertà e per la libertà della società dalla teocrazia. 

Da giovedì 22 settembre diverse organizzazioni, tra cui Iran Human Rights, hanno annunciato che almeno 31 persone sono state uccise nelle proteste. Alcuni rapporti portano questa cifra a 50. Ci sono notizie dell'arresto di un gran numero di manifestanti, inclusi giornalisti, attivisti civili e politici, donne, studenti ed ex prigionieri politici. Attualmente le carceri dell'Iran sono piene di attivisti per i diritti dei lavoratori, insegnanti, minoranze nazionali, minoranze religiose come i baha'i, dissidenti, artisti e studenti.

 Il momento, il regime islamico continua la sua brutale repressione, tagliando Internet e l'accesso ai social network. Nel 2019, durante la rivolta popolare, furono uccise più di 600 persone innocenti tra cui 23 bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni. Anche allora il regime tagliò Internet (spense le luci sulle uccisioni) e ridusse spudoratamente il numero ufficiale delle vittime a 224. Allora il regime non ammise alcuna responsabilità nelle atrocità: nel settembre 2022 sta ripetendo la stessa brutale repressione antipopolare.

Anche oggi le armi del regime mirano al cuore delle donne e dei giovani iraniani. Ra'isi, il presidente del regime, fu uno dei principali autori dell'uccisione di migliaia di prigionieri politici nel 1988. Proprio mentre egli parlava di diritti umani all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 21 settembre, il quindicenne Abdullah Mohammadpur e il sedicenne Amin Ma'refat morivano sparati dalla polizia del regime. Gli arresti in massa continuano in tutto l'Iran.

La DOIW condanna la brutale repressione del popolo e crede che la vittoria nella fiera lotta che ci attende per i diritti e le libertà democratiche, la giustizia sociale e la fine della discriminazione – in altre parole la realizzazione della richiesta espressa dal grido "Donna Vita Libertà” – può essere assicurata solo attraverso la lotta unita di tutte le forze sociali e politiche progressiste e lo smantellamento della dittatura religiosa che governa l'Iran. La nostra vittoria dipende dalla separazione della religione dallo stato e dall'instaurazione di una repubblica nazionale e democratica in Iran.

Infine, la DOIW fa appello a tutte le forze progressiste nel mondo, in particolare alle organizzazioni di donne progressiste, affinché condannino questa ultima atrocità perpetrata dagli islamisti in Iran – l'arresto e l'uccisione di Mahsa (Gina) Amini con l’accusa di comportamento fuori da “leggi e decreti religiosi” – e le altre uccisioni di giovani, e condannino la detenzione di chi si batte per la libertà nel nostro paese.

Con la vostra solidarietà potete estendere la portata di queste proteste e far sì che l'appello alla giustizia del nostro popolo coraggioso sia ascoltato in tutto il mondo.

23 settembre 2022

07/09/22

PRESIDIO ALLA BASE MILITARE DI GHEDI (BS) - QUANTO CI COSTA PARTECIPARE ALLE GUERRE DELLA NATO

 


Nella campagna elettorale in corso non se ne parla, ma non c’è solo la guerra in Ucraina. Vogliamo che si parli anche di tutte le altre a cui la NATO ci impone di partecipare! Appello delle associazioni pacifiste che hanno convocato per il 17 settembre un presidio presso l’aerobase militare NATO di Ghedi (Brescia), dove sono stoccate una ventina di testate nucleari. Awmr Italia - Donnedella Regione Mediterranea aderisce all’appello e al presidio insieme a WILPF Italia e altre associazioni femministe.

L’Italia partecipa attivamente ai conflitti in corso nel mondo attraverso 38 missioni militari attualmente attive, incluso il foraggiamento (armi, soldi, veicoli militari) dell’Ucraina, su ordine della NATO.

La partecipazione a queste guerre ci costa, ad oggi, 26 miliardi di euro l’anno: cifra destinata in pochi anni ad aumentare fino a 40 miliardi, ossia fino al 2% del PIL, come imposto dagli accordi NATO e sancito dal Parlamento italiano lo scorso 12 marzo.                                                    

Oltre a questa spesa, essa ci è costata finora 8mila militari ammalati per l’uranio impoverito, oltre al personale militare contaminato dall’amianto sulle navi militari e da altri fattori cancerogeni legati alla produzione e sperimentazione di armamenti bellici. Inoltre, innumerevoli civili dei paesi bombardati dalla NATO sono oggi vittime di patologie tumorali e da inquinamento ambientale.

Ci costa l’inquinamento di interi territori, con annesse patologie tumorali diffuse tra i civili italiani che vivono e lavorano nei pressi dei poligoni militari, inclusi i tre poligoni NATO in Sardegna, ad Aviano (PD) e gli altri sparsi sul suolo nazionale.

Ci costa, negli scenari di guerra che la classe dominante evoca e alimenta, essere uno dei paesi più esposti come bersaglio di guerra, per la presenza delle 113 localizzazioni NATO-USA sul suolo italiano, a cui si aggiungono altre 20 basi “segrete” di cui non conosciamo il contenuto nonché la base USA di Camp Darby, ad oggi il più grande deposito al mondo di armi del governo statunitense. Queste basi fanno del nostro paese un vero parcheggio militare USA-NATO e, allo stesso tempo, un avamposto importante delle guerre scatenate dagli Stati Uniti: da Sigonella (CT) e da Lago Patria (NA) partono regolarmente i comandi e i droni che in giro per il mondo spiano e bombardano altri paesi e popolazioni.

Di tutto ciò la campagna elettorale in corso non parla. Vogliamo parlarne noi!

Per questo terremo sabato 17 settembre una mobilitazione presso la base NATO di Ghedi (BS). Un presidio popolare, partecipato al pari di quello del 6 marzo scorso. In più, intendiamo organizzare una ispezione parlamentare per verificare lo stato della base, grazie alla disponibilità di alcuni eletti/e a fine mandato.

Un segnale forte e importante agli sgoccioli delle elezioni politiche, per mettere al centro i temi che ci interessano e ci riguardano da vicino.

NO ALLA NATO! NO ALLA PARTECIPAZIONE DELL’ITALIA ALLA GUERRA!

PIÙ INVESTIMENTI IN SANITÀ, LAVORO, ENERGIE RINNOVABILI E LOTTA AL CAROVITA!

Seguono le firme.

Primi firmatari: Associazione Nazionale Vittime dell'Uranio Impoverito (ANVUI); Centro Sociale 28 Maggio – Rovato (BS); Donne e uomini contro la guerra – Brescia; Centro di documentazione “Abbasso la guerra”