30/08/20

REFERENDUM / LE NOSTRE RAGIONI PER VOTARE NO

 

183 studiose e studiosi di diritto costituzionale e di altre discipline giuridiche, economiche e sociali spiegano perché voteranno NO al referendum sul taglio dei parlamentare il 20 settembre. Riproduciamo integralmente il testo dell'appello per la chiarezza e linearità delle argomentazioni, che condividiamo.


Riduzione dei parlamentari: noi votiamo NO!

Noi, docenti, studiose e studiosi di diritto costituzionale e di altre scienze giuridiche, economiche e sociali, vogliamo spiegare le ragioni tecniche per le quali ci opponiamo alla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari, illustrando i rischi per i principi fondamentali della Costituzione che la revisione comporta.

Si precisa che il presente documento scaturisce da un’iniziativa autonoma e totalmente indipendente sia dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (CDC), sia dal Comitato nazionale per il No al taglio del Parlamento, così come da ogni altro ente, organismo e associazione, esprimendo considerazioni frutto esclusivamente dell’elaborazione collettiva dei sottoscrittori.

Il testo di legge costituzionale sottoposto alla consultazione referendaria, introducendo una riduzione drastica del numero dei parlamentari (da 945 componenti elettivi delle due Camere si passerebbe a 600), avrebbe un impatto notevole sulla forma di Stato e sulla forma di governo del nostro ordinamento. Tanti motivi inducono a un giudizio negativo sulla riforma: qui si illustrano i principali.

1) La riforma svilisce, innanzitutto, il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentatività, senza offrire vantaggi apprezzabili né sul piano dell’efficienza delle istituzioni democratiche né su quello del risparmio della spesa pubblica.

I fautori della riforma adducono, a sostegno del «SÌ» al referendum, la riduzione di spesa che la modifica della composizione delle Camere determinerebbe. Si tratta, però, di un argomento inaccettabile, non soltanto per l’entità irrisoria dei tagli di cui si parla, ma anche perché gli strumenti democratici basilari (come appunto l’istituzione parlamentare) non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio.

La riduzione del numero dei parlamentari non deriverebbe, inoltre, da una riforma ragionata del bicameralismo perfetto (il vigente assetto parlamentare in base al quale le due Camere si trovano nella stessa posizione e svolgono le medesime funzioni). Tale sistema non sarebbe toccato dalla legge costituzionale oggetto del referendum.

Spesso si fa riferimento agli esempi di altri Stati ma non può correttamente compararsi il numero dei componenti delle Camere italiane con quello di altre assemblee parlamentari in termini astratti, senza tenere conto del numero degli elettori (e, dunque, del rapporto eletti/elettori). Si trascura, inoltre, che in molti degli ordinamenti assunti come termini di paragone si riscontrano forme di governo e tipi di Stato diversi dai nostri.

2) La riforma presuppone che la rappresentanza nazionale possa essere assorbita nella rappresentanza di altri organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, Consigli comunali, ecc.), contro ogni evidenza storica e contro la giurisprudenza della Corte costituzionale.

I fautori della riforma sostengono ancora che la riduzione del numero dei parlamentari non arrecherebbe alcun danno alle esigenze della rappresentatività perché sarebbero già tanti gli organi elettivi (Parlamento europeo, Consigli regionali, consigli comunali, ecc.) la cui formazione dipenderebbe dal voto dei cittadini. La rappresentanza nazionale, secondo questa tesi, potrebbe trovare un’espressione parcellizzata in altri luoghi istituzionali.

A prescindere, però, da ogni altra considerazione sul ruolo e sulle competenze degli organi elettivi richiamati (ad esempio, i Consigli regionali italiani non sono paragonabili ai parlamenti degli Stati membri di una federazione), si può ricordare che la Corte costituzionale ha chiarito che «solo il Parlamento è sede della rappresentanza politica nazionale, la quale imprime alle sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile».

Basta leggere, del resto, le materie attribuite dalla Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore statale (e considerare l’interpretazione estensiva che di molte di queste materie ha dato la stessa Corte costituzionale nella sua giurisprudenza) per avere un’idea dell’importanza delle Camere.

3) La riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori.

Per quanto riguarda la nuova composizione del Senato, alcune Regioni finirebbero con l’essere sottorappresentate rispetto ad altre. Così, ad esempio, l’Abruzzo, con un milione e trecentomila abitanti, avrebbe diritto a quattro senatori, mentre il Trentino-Alto Adige, con le sue due province autonome e con una popolazione complessiva di un milione di abitanti, avrebbe in tutto sei senatori; e ancora la Liguria, con cinque seggi, avrebbe una rappresentanza al Senato, in sostanza, della sola area genovese.

4) La riforma non eliminerebbe ma, al contrario, aggraverebbe i problemi del bicameralismo perfetto (anche se è spesso presentata dai suoi sostenitori come un intervento volto a raggiungere gli stessi obiettivi di precedenti progetti di riforma, diretti a rendere più efficiente l’istituzione parlamentare).

Come si è già detto, l’attuale riforma non introduce alcuna differenziazione tra le due Camere ma si limita semplicemente a ridurne i componenti, il cui elevato numero costituisce una caratteristica del Parlamento e non del bicameralismo perfetto. Tale assetto, in teoria, potrebbe anche essere modificato senza alterare in modo così incisivo il numero dei parlamentari, anche solo per il tramite di una contestuale riforma dei regolamenti parlamentari di Camera e Senato. Al contrario, se si considerano i problemi di rappresentanza di alcuni territori regionali che la riforma comporterebbe, risulta che paradossalmente la legge in questione finirebbe con l’aggravare, anziché ridurre, i problemi del bicameralismo perfetto.

5) La riforma appare ispirata da una logica “punitiva” nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualità dei rappresentanti con il ruolo stesso dell’istituzione rappresentativa.

La revisione costituzionale sembra essere espressione di un intento “punitivo” nei confronti dei parlamentari – visti come esponenti di una “casta” parassitaria da combattere con ogni mezzo – ed è il segno di una diffusa confusione del problema della qualità dei rappresentanti con il ruolo dell’organo parlamentare. Non è dato riscontrare, tuttavia, un rapporto inversamente proporzionale tra il numero dei parlamentari e il livello qualitativo degli stessi. Una simile riduzione dei componenti delle Camere penalizzerebbe soltanto la rappresentanza delle minoranze e il pluralismo politico e potrebbe paradossalmente produrre un potenziamento della capacità di controllo dei parlamentari da parte dei leader dei partiti di riferimento, facilitato dal numero ridotto degli stessi componenti delle Camere.

Non può trascurarsi, inoltre, lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale, con essa coerente, tale da assicurare – nei limiti del possibile – la rappresentatività delle Camere e, allo stesso tempo, agevolare la formazione di una maggioranza (sia pur relativamente) stabile di governo.

È illusorio, in conclusione, pensare alle riforme costituzionali come ad azioni dirette a causare shock a un sistema politico-partitico incapace di autoriformarsi, nella speranza che l’evento traumatico possa innescare reazioni benefiche. Una cattiva riforma non è meglio di nessuna riforma. Semmai è vero il contrario. Respingendo questa riforma perché monca e destabilizzante, ci sarebbe spazio per proposte equilibrate che mantengano intatti i principi fondanti del nostro ordinamento costituzionale; al contrario sarebbe più difficile mettere in discussione una riforma appena avallata dal corpo elettorale. Occorrono, in definitiva, interventi idonei ad apportare miglioramenti al sistema nel rispetto della democraticità e della rappresentatività delle istituzioni.

Per queste ragioni noi voteremo convintamente «NO»!

09/08/20

Libano / Esplosione nel porto di Beirut

 

Beirut piange i suoi figli ... ma non si rassegna!

 

di Marie Nassif-Debs*

Beirut, 7 agosto 2020

Beirut vive ancora, nell'ora dei suoi martiri e dei suoi feriti, ma anche delle decine di migliaia di famiglie che non hanno più una casa dove abitare.

Beirut piange ma non si rassegna, aiutata in questo dalla mobilitazione di parte dei libanesi accorsi da ogni regione per portare conforto alle vittime e alle famiglie delle vittime, mentre i vigili del fuoco e le squadre della protezione civile continuano la loro ricerca tra le macerie, sperando di trovare qualche altro sopravvissuto tra i cinquanta o più dispersi ...

La catastrofe è oltre ogni comprensione. Parte della città è stata spazzata via in pochi minuti; e la deflagrazione, paragonata ad una piccola bomba atomica, ha avuto la meglio sulle finestre e sui muri in un raggio di oltre venti chilometri ... Ovunque si vada per le strade, si trovano mucchi di vetro frantumati in mille pezzi mescolati a scarti di mobili e infissi contorti.

Cosa è successo la sera di martedì 4 agosto 2020? E chi è il responsabile di questo nuovo disastro che spinge ancora di più un Paese sull'orlo del fallimento, colpito nello stesso tempo dalla corruzione di chi lo governa ormai da trent'anni e dalla pandemia di Covid 19, con metà della popolazione attiva attualmente disoccupata e sotto la minaccia della fame e delle malattie?

Per capire cosa è successo quel “martedì nero” dobbiamo tornare indietro nel tempo, a sette anni fa. Fu infatti nel 2013 che la "Rhodus", una nave georgiana noleggiata da un "uomo d'affari" russo, trasportava un carico di nitrato di ammonio verso il Mozambico e, durante il viaggio, a causa di "problemi tecnici", fu costretta ad attraccare nel porto di Beirut ... Dopo undici mesi, e in seguito al rifiuto dell'acquirente di riprendere a proprie spese la consegna del carico verso il Mozambico, l'equipaggio fu rilasciato e il carico sequestrato dalla dogana che lo scaricò collocandolo nel magazzino numero 12 senza alcuna delle necessarie precauzioni, viste le caratteristiche del prodotto!

Oggi, in seguito al disastro, i libanesi hanno scoperto che la loro capitale e i suoi lavoratori portuali hanno rasentato la morte per più di sei anni, senza che i governi che si sono succeduti di Najib Mikati, Tammam Salam, Saad Hariri e, ultimamente, di Hassan Diab, o i ministri incaricati dei lavori pubblici, o i magistrati che hanno saputo della vicenda e, soprattutto, i funzionari della dogana e della sicurezza del porto di Beirut, li avvertissero dei pericoli che correvano. In particolare tutti questi bei personaggi che ora tentano di sottrarsi alle loro responsabilità, sia rimpallandosi la colpa, sia ripescando la teoria del complotto che indica l'entità israeliana come responsabile del crimine.

È vero che nessuna pista dovrebbe essere trascurata nella ricerca della verità (se mai si arriverà a questa verità); tuttavia, la responsabilità originaria è ben evidente: ricade su coloro che abbiamo appena menzionato. Sono loro i criminali che hanno nascosto un carico di diverse migliaia di tonnellate di nitrato di ammonio in un magazzino dove si sono andati ammassando oggetti sparsi, ma soprattutto fuochi d'artificio; un magazzino che si trova nel centro del porto e che non è molto lontano dai container del gas.

Ecco perché pensiamo che cercheranno di “affogare il pesce” pur di sfuggire alle loro responsabilità. Infatti, un primo tentativo la dice lunga sui giorni futuri: ieri sera, il Comitato speciale di indagine della Banca centrale (l'Ufficio per la lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo) ha deciso di congelare i conti e i beni dei funzionari amministrativi e doganali nel porto di Beirut, ma non una parola su governi e ministri ...

Per questo le famiglie delle vittime e tutti coloro che sono stati direttamente colpiti dal disastro hanno deciso di non lasciarsi manipolare da politicanti che credono di poter ancora una volta sfuggire alla giustizia e che sono spalleggiati da certi responsabili internazionali ...

Allo stesso tempo, i sindacati dei lavoratori che hanno abbandonato la CGTL asservita al potere, le organizzazioni che si battono per l'uguaglianza dei diritti, i gruppi giovanili militanti hanno preso posizione e chiedono di contrastare le mire della classe dominante che ha fatto man bassa del Libano.

Per farlo, essi hanno bisogno di sostegno e solidarietà. Non deludiamoli!

* WardahBoutross Awb   

**Forum della Sinistra Araba

08/08/20

No Nukes! Women’s Forum 2020 / Care sorelle del Giappone

0.

Testo del messaggio inviato da Awmr Italia al No nukes! Women’s Forum, evento associato alla Conferenza Mondiale contro le bombe atomiche e all’idrogeno, a Hiroshima e Nagasaki, tenutasi in modalità on line il 6-8 agosto 2020

«Care sorelle del Giappone e di ogni parte del mondo riunite nel No Nukes Women’s Forum 2020 di Hiroshima e Nagasaki, vi saluto a nome dell’Awmr Italia, associazione di Donne della Regione Mediterranea, affiliata alla Federazione Democratica Internazionale delle Donne.

Prima di tutto, vorrei esprimere sentita solidarietà alle donne e al popolo giapponese, come pure alle donne e ai popoli del mondo che stanno affrontando la pandemia di COVID 19, con i suoi dolorosi effetti non solo sulla salute, ma anche economici e sociali.

In questo 75° anniversario della tragedia di Hiroshima e Nagasaki, mi preme dire che la triste memoria di quel terribile evento ancora ci ispira nella nostra lotta per la pace e il disarmo nucleare. Quando la WIDF fu fondata nel dicembre 1945, le nostre madri fondatrici, che avevano combattuto nella Resistenza contro il nazifascismo europeo e il militarismo giapponese, vollero porre la pace e il disarmo in cima agli obiettivi della loro organizzazione mondiale.

Dopo 75 anni, quell’obiettivo è ancora in cima alla nostra agenda. Nonostante le nostre lotte, l’Italia e altri paesi europei, sebbene non siano ufficialmente paesi nucleari, sono costretti ad “ospitare” decine e decine di testate nucleari nelle basi Usa e NATO presenti sul loro territorio, che in ogni momento possono essere usate per seminare ovunque la morte, oltre a fare dei nostri paesi il possibile bersaglio di una ritorsione nucleare.

È per questo che non smettiamo di svolgere la nostra azione quotidiana contro la presenza delle basi NATO e per rendere i nostri paesi davvero liberi dalle armi nucleari. A 50 anni dalla sottoscrizione del primo Trattato di non proliferazione nucleare, oggi ci troviamo nuovamente di fronte alla minaccia di una corsa al riarmo, scatenata ancora una volta dagli USA e i loro alleati. Ciò ci allarma profondamente e ci induce a sostenere con forza la campagna internazionale a sostegno del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, che è stato votato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2017.

Noi chiediamo con forza ai governi europei di firmarlo e ratificarlo perché possa entrare in vigore. Chiediamo che la produzione di armi sia riconvertita in produzione di strutture sanitarie e altri usi civili. Chiediamo a tutti i paesi di disinvestire dalle armi e investire in azioni contro le malattie, la fame, la povertà e la distruzione dell’ambiente. Vogliamo che tutte le donne e gli uomini del mondo possano vivere una vita con dignità, in un ambiente sano e una società giusta ed uguale. Nel ricordo della tragedia di Hiroshima e Nagasaki dichiariamo che un mondo pacifico e giusto è possibile. Il futuro non è ancora scritto, le nostre lotte determineranno come sarà».

No Nukes! Women’s Forum 2020 - online 8 agosto




NO NUKES! WOMEN'S FORUM 2020. 8 agosto 2020 dalle ore 06:30 (ora europea)

In questo 75° anniversario del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, il No Nukes! Women's Forum 2020 che si tiene annualmente in Giappone sarà on-line per rispettare le norme anti-COVID19.

Siamo tutte invitate ad unirci al Forum per condividere pensieri e visioni per creare il futuro che vogliamo, eliminando le armi nucleari, fermando il cambiamento climatico, conquistando l'uguaglianza e la non discriminazione di genere, spostando le risorse dal militare alla vita e al vivere

Per partecipare al Forum collegarsi alla pagina you tube:  https://youtu.be/j5bLOgsHqYY.

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Aug.8 (Sat)  1:30 -2:30pm JST /  12:30 -1:30pm CTT /  0:30 -01:30am EDT /  6:30 -7:30am CET In this 75th year of the atomic bombings of Hiroshima and Nagasaki, as the world is facing the COVID-19 pandemic with unprecedented impacts on humanity, we have decided to hold the No Nukes! Women’s Forum 2020 online.

 We invite sisters in Japan and all around the globe to join the forum to share views and visions for creating the future we want, by eliminating nuclear weapons, stopping climate change, achieving gender equality and non-discrimination, and redirecting money from the military to life and living.

 Program: - Testimonies of the Hibakusha of Hiroshima and Nagasaki - Sharing Actions and Campaigns Solidarity messages from abroad – US, Korea, the Philippines, Italy and the Netherland Women in Japan from different sections – medical services, childcare, education, family business, Okinawa, Fukushima, trade union and more - Performance by Chorus Groups of Hiroshima and Nagasaki Sponsored by the No Nukes! Women’s Forum 2020 Organizing Committee Contact: New Japan Women’s Association

s-intl@shinfujin.gr.jp


07/08/20

WILPF Italia / «75 anni dopo Hiroshima e Nagasaki, le armi nucleari un problema aperto»

«È il momento di decidere l'abolizione delle armi nucleari, altrimenti ci ritroveremo anche noi con gli occhi sulle palme delle mani come è successo a Hiroshima 75 anni fa!».

Partecipando alla commemorazione del 75° anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, che ha avuto luogo il 6 agosto 2020, come ogni anno, a Roma in Piazza del Pantheon, la presidente di WILPF Italia, Patrizia Sterpetti, dichiarando di parlare non solo a nome della sua organizzazione, ma anche «della galassia pacifista che ha generato attiviste come Beatrice Fihn e Susy Snyder, figure preminenti della coalizione mondiale contro le armi atomiche rappresentata da ICAN, premio Nobel per la Pace 2017» ha detto:

«Ricordare Hiroshima e Nagasaki non può non portarci a considerare il problema aperto della presenza delle armi nucleari nel mondo. La via d'uscita c'è, è il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, votato dai rappresentanti di 122 paesi nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York, nel luglio 2017. Ma per entrare in vigore esso ha bisogno di raggiungere almeno 50 ratifiche. Attualmente le ratifiche sono 43, i paesi firmatari 82. Quando si arriverà a 50 ratifiche i 9 Paesi possessori di armi atomiche (U.S.A. Russia, Cina, U.K., Francia, India, Pakistan, Israele, Corea del Nord) saranno obbligat a tenerne conto. 

Il problema è, però, che esistono altri Paesi che ospitano bombe nucleari statunitensi in Europa per accordi NATO: Olanda, Belgio, Germania, Italia e, ai confini europei, la Turchia. Di 180 testate nucleari dislocate, l'Italia ne possiede il numero più alto: 70-50 ad Aviano e 20 a Ghedi. Pur avendo ratificato nel 1975 il Trattato di Non Proliferazione, l'Italia è vincolata ad accordi stipulati nel 1951 con gli USA, sui quali dal 1954 vige il segreto militare

«L'Italia, che è uno dei Paesi con più siti protetti dall'UNESCO, è anche un Paese che "ospita" 70 bombe atomiche sul proprio territorio. Oltre a ciò, si sprecano soldi per acquistare gli  F35, aerei deputati al trasporto di bombe atomiche B61, sottraendo ulteriori risorse alle spese sociali, in un Paese dove si assiste al calo della natalità perché molte famiglie non raggiungono il reddito sufficiente per generare figli, al calo delle iscrizioni universitarie, alle carenze di manutenzione nelle scuole, ai ponti che crollano, ai centri anti-violenza che non vengono finanziati, alle malattie mentali non adeguatamente curate – ancora peggio se si è stranieri – al dilagare dello spaccio di stupefacenti e della tossicodipendenza laddove c'è povertà… 

«Invece di favorire la cultura della legalità con la giustizia sociale, si comprano gli F35... È il momento di unirci e di decidere l'abolizione delle armi nucleari, altrimenti ci ritroveremo anche noi con gli occhi sulle palme delle mani come è successo agli abitanti di Hiroshima!».

06/08/20

World Peace Council / 75° anniversario del martirio di Hiroshima e Nagasaki

 

«Nel nome delle vittime di quella orrenda tragedia chiediamo l’abolizione delle armi nucleari»



SOCORRO GOMES











Il 6 e il 9 agosto l'umanità ricorda una delle più grandi tragedie della storia, ancora più nefasta perché causata dall'azione umana, quella dell'imperialismo statunitense. L'inaugurazione delle armi nucleari da parte degli Stati Uniti contro le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, quando volgeva alla fine la seconda guerra mondiale, segnò l'episodio più orrendo del 20 ° secolo, che preconizzava il terrore e la minaccia di totale annientamento che si sarebbe abbattuto sul mondo, imponendo ai civili giapponesi inenarrabili sofferenze, immediate e prolungate nel tempo.

Le vittime mortali dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, che hanno avuto conseguenze durature, ammontano a quasi 200.000. Come è noto, la potenza delle bombe A&H polverizzò tutto ciò che fu colpito e uccise immediatamente 70.000 persone a Hiroshima, mentre altre decine di migliaia morirono entro la fine di quell'anno, a causa delle ferite riportate. La seconda bomba, sganciata su Nagasaki, uccise dalle 35.000 alle 40.000 persone e ne ferì molte altre. Oltre a vittimizzare direttamente il popolo giapponese, il nuovo livello di devastazione provocato dalle bombe terrorizzò ogni nazione, inaugurando una nuova era basata sulla minaccia alla sopravvivenza stessa dell'umanità e del pianeta da parte dell'imperialismo statunitense.

Esprimendo solidarietà al popolo giapponese vittima di quel crimine atroce, il ConsiglioMondiale per la Pace mobilitò coloro che si opponevano alla guerra e lanciò il suo primo documento e campagna, l'Appello di Stoccolma, nel 1950, che raccolse centinaia di milioni di firme in tutto il mondo. Ciò rese chiaro che l'umanità ripudiava la prospettiva della ripetizione di quella tragedia e il consolidamento di un sistema internazionale basato su intimidazioni, minacce e terrore come pilastri della potenza e dell'egemonia militare degli Stati Uniti.

La resistenza e la resilienza delle forze amanti della pace, compresa quella del Comitato per la Pace Giapponese, nostro affiliato, hanno anche ispirato il rafforzamento della nostra incrollabile opposizione all'esistenza delle armi nucleari, di cui chiediamo l'abolizione anche nel nome delle vittime dei bombardamenti atomici, così come nel nome della vita e della costruzione di una comunità internazionale basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco.

Ancora una volta rendiamo sinceramente onore alle vittime e ai sopravvissuti dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki ed esprimiamo la nostra solidarietà con le forze pacifiche dedite alla lotta contro le armi nucleari, alle quali ci unisce l’impulso fondante del nostro stesso Consiglio Mondiale per la Pace. Possa questo terribile anniversario rafforzare la nostra determinazione e l'impegno internazionale per l'abolizione di questi strumenti di terrore e distruzione.

Per la pace.



05/08/20

Awmr Italia / Ricordando Hiroshima e Nagasaki intensifichiamo l'azione contro le armi nucleari

Saluto dell'Awmr Italia alle donne del mondo riunite nel NO NUKES!WOMEN'S FORUM 2020, evento associato alla annuale Conferenza Mondiale contro le Bombe A&H che si tiene dal 6 al 9 agosto a Hiroshima e Nagasaki. Quest'anno, 75° anniversario del bombardamento atomico delle due città giapponesi da parte degli Stati Uniti, l'evento si tiene nella forma on-line a causa della pandemia di COVID 19.

Care amiche del Giappone e di ogni parte del mondo riunite nel No Nukes Women’s Forum 2020 di Hiroshima e Nagasaki, vi inviamo il saluto solidale dell’Awmr Italia, associazione di Donne della Regione Mediterranea, affiliata alla Federazione Democratica Internazionale delle Donne.

Prima di tutto, vogliamo esprimere sentita solidarietà alle donne e al popolo giapponese, come pure alle donne e ai popoli del mondo che stanno affrontando la pandemia di COVID 19, con i suoi dolorosi effetti non solo sulla salute, ma anche economici e sociali.

In questo 75° anniversario della tragedia di Hiroshima e Nagasaki, ci preme dire che la triste memoria di quel terribile evento ancora ci ispira nella nostra lotta per la pace e il disarmo nucleare.

Quando la WIDF fu fondata nel dicembre 1945, le nostre madri fondatrici, che avevano combattuto nella Resistenza contro il nazifascismo europeo e il militarismo giapponese, vollero porre la pace e il disarmo in cima agli obiettivi della loro organizzazione mondiale.

Dopo 75 anni, quell’obiettivo è ancora in cima alla nostra agenda.

Nonostante le nostre lotte, l’Italia e altri paesi europei, sebbene non siano ufficialmente paesi nucleari, sono costretti ad “ospitare” decine e decine di testate nucleari nelle basi Usa e NATO presenti sul loro territorio, che in ogni momento possono essere usate per seminare ovunque la morte, oltre a fare dei nostri paesi il possibile bersaglio di una ritorsione nucleare.

È per questo che non smettiamo la nostra azione quotidiana contro la presenza delle basi NATO e per rendere i nostri paesi davvero liberi dalle armi nucleari.

A 50 anni dalla sottoscrizione del primo Trattato di nonproliferazione nucleare, oggi ci troviamo nuovamente di fronte alla minaccia di una corsa al riarmo, scatenata ancora una volta dagli USA e i loro alleati. Ciò ci allarma profondamente e ci induce a sostenere con forza la campagna internazionale a sostegno del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, che è stato votato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2017.

Noi chiediamo con forza ai governi europei di firmarlo e ratificarlo perché possa entrare in vigore. Chiediamo che la produzione di armi sia riconvertita in produzione di strutture sanitarie e altri usi civili. Chiediamo a tutti i paesi di disinvestire dalle armi e investire in azioni contro le malattie, la fame, la povertà e la distruzione dell’ambiente. Vogliamo che tutte le donne e gli uomini del mondo possano vivere una vita con dignità, in un ambiente sano e una società giusta ed uguale.

Nel ricordo della tragedia di Hiroshima e Nagasaki dichiariamo che un mondo pacifico e giusto è possibile. Il futuro non è ancora scritto, le nostre lotte determineranno come sarà.

AWMR Italia

Testo inglese

Dear sisters from Japan and all over the world gathered in the No Nukes! Women’s Forum 2020!

We greet you from Italy on behalf of the Women’s Association of the Mediterranean Region, which is a member organization of Women’s International Democratic Federation (WIDF).

First of all, we would like to express our deep solidarity with the Japanese women and people, as well as the women and people all over the world that are facing the COVID 19 pandemic, with its painful effects not only on health, but also on economies and societies everywhere.  

On this 75th anniversary of the Hiroshima tragedy, we want to say that the sad memory of that terrible event still inspires all of us in our struggle for peace and nuclear disarmament.

When WIDF was founded in December 1945, our mothers, who fought in the Resistance against Nazi-fascism and militarism, wanted to put peace and disarmament at the top of the goals of their world Organization. After 75 years, that goal is still high on our agenda.

Despite our struggles, Italy and some other European countries, although not officially nuclear countries, are obliged to “host” dozens and dozens of nuclear warheads within the NATO and US bases, which at any time could spread death everywhere, as well as making our countries the possible target of nuclear retaliation.

This is why we are developing everyday actions to make our countries truly nuclear-free and out of NATO.

50 years have passed since the first Nuclear Non-proliferation Treaty was signed and we are facing the threat of a new arms race, triggered once again by United States and its NATO allies. This worries us deeply and that’s why we strongly support the international campaign to ratify the Nuclear Weapons Prohibition Treaty, which was voted by UN General Assembly in 2017.

We strongly demand the European governments to sign and ratify it, so that it can come into force.  We demand them that the production of weapons be converted into the production of health devices and equipment. We demand every country to divest from weapons and invest in actions against diseases, poverty and hunger in the world, against the environment’s destruction.

We want all the women and men in the world can live a dignified life in a healthy environment and in a just and equal society.

In memory of Hiroshima and Nagasaki, we declare that a peaceful and more just world is possible. The future is not yet written and our struggles will determine what it will be like.