28/10/21

LE DONNE IN NERO: COP 26, I CONTI NON TORNANO!

 

Le Donne in Nero e Centro Pandora di Padova annunciano che il 30 ottobre scenderanno in piazza per protestare nella modalità consueta – in silenzio e in nero – che le caratterizza, per protestare contro l’esclusione delle emissioni militari dal calcolo delle emissioni di gas serra che alterano il clima.


«Fra pochi giorni dal 1° al 12 novembre, avrà luogo a Glasgow la conferenza COP26 che, con la partecipazione della maggioranza dei governi del mondo, discuterà dell’emergenza climatica e i rimedi per contrastarla. Una parte importante di questa emergenza è l’aumento dei gas serra, in particolare l’anidride carbonica (CO2), che determina l’aumento delle temperature.

 

Ogni paese dovrebbe rendere pubblico il livello delle proprie emissioni, ma fin dal 1997 (Accordi di Kyoto) da questi numeri sono escluse le emissioni militari perché il complesso militare industriale - compresi i conflitti in cui gli apparati vengono utilizzati - sono esentati dagli obblighi di rendicontazione e riduzione delle emissioni.

 

I numeri di cui si discuterà a Glasgow quindi non sono realistici, ma carenti e parziali, come quelli di una bilancia truccata. Non vogliamo essere prese in giro, perché sappiamo che “non sono certo bruscolini le emissioni climalteranti riconducibili ai sistemi d’arma, agli eserciti, alle loro basi e apparati, agli aerei, alle navi, ai carri armati, alle guerre “.

 

Ma i veri responsabili delle decisioni sembra che non vogliano aprire questo discorso. Attualmente le spese militari italiane ammontano a 70 milioni di euro al giorno (26 miliardi annui); ci scandalizza che secondo gli ultimi impegni presi in ambito NATO la spesa militare italiana dovrà salire a 36 miliardi annui.

 

Come risposta e gestione dell’attuale crisi sociale, sanitaria e climatica che ce ne facciamo di più armi, più eserciti e più inquinamento?

 

Ci conforta come, di fronte alle immani tragedie che avanzano a causa del cambiamento climatico, siano aumentate in tutto il mondo la consapevolezza e la sensibilità di associazioni, organizzazioni non governative, scienziate e scienziati, di semplici cittadine e cittadini, con la diffusione di iniziative che rivendicano interventi significativi e non di pura facciata.

 

Fra le altre segnaliamo la petizione promossa da 325 organizzazioni e che ha raccolto decine di migliaia di firme, sul problema delle emissioni climalteranti del comparto militare, che si può firmare su http://cop26.info ».

25/10/21

CURA E INCURIA - Seminario internazionale

 Il mondo alla prova della pandemia e le sfide femministe

Un momento del seminario on line

Si è tenuto con successo il seminario Internazionale “CURA E INCURIA. Il mondo alla prova della pandemia e oltre…” organizzato dal FemmSdc Group (gruppo femminista attivo nella Società della Cura), con la collaborazione di Global Dialogue for Systemic Alternatives e Transform!Europe!

Il seminario si è tenuto nelle due giornate del 23 e 24 ottobre, dalle ore 14 alle 17,30, in doppia modalità on line e in presenza, con traduzione simultanea in italiano, inglese francese, spagnolo, portoghese. Le relatrici internazionali si sono collegate on line, le italiane hanno partecipato in presenza in tre postazioni: Roma(Casa internazionale delle donne), Lecce (Casa delle donne), Bologna (Associazione Orlando e Centro delle Donne). Il seminario è stato anche trasmesso in diretta sulle pagine facebook delle tre postazioni e della Società della cura.

Nella prima giornata dei lavori – introdotta da Alessandra Mecozzi e moderata da Nicoletta Pirotta e Nora Haydee Rodriguez di FemmSdC - hanno preso la parola: Zarlesht Berek,  Afghanistan; Nandita Shah, Co-direttrice di Akshara, Women's Resource Centre, India; Meriem Zeghidi Adda, operatrice culturale in Tunisia; Amel Hadjadj, Association feministe algerienne HRD; Aslihan Chakaloglu, United Women for Equality and Freedom (UWEF) Turchia; Mona Al Ghussein, Palestina-GB; Tiffany Jones-Smith, USA; Simona Grassi, Campagna internazionale No profit on Pandemics; Nadjezhda Azhgihina, Gender council of Federation of journalist, Russia; Maura Cossutta, Casa internazionale donne di Roma; Heidi Meinzolt, WILPF Germania; Judith Morva, editrice di Monde Diplomatique on line, Ungheria; Nora García, Asamblea internacional de los pueblos, Spagna; Rosy Zuñiga, Consiglio di Educazione Popolare di America Latina e Caribe (CEAAL), Messico; Ingrid Beck,  NUDM Argentina; Ada Donno, Casa delle donne Lecce / AWMR Italia; Monica Di Sisto, Società della cura.

Nella seconda giornata - introdotta da Samanta Picciaiola dell’AssociazioneOrlando di Bologna e moderata da Maria Garzia Ruggerini e Paula Beatriz Amadio di FemmSdC - hanno preso la parola:

Mercia Andrews, Rural  Women  Assembly, Sud Africa; Francoise Kankindi, Associazione onlus Bene-Rwanda, Rwanda/Italia; Marie Nassif-Debs, Association  Egalité-Wardah  Boutros pour l'action feminine, Libano; Dorra Mahfoud, Association des Femmes Tunisiennes pour la Recherche sur le Développement, Tunisia ; Hanin Tarabay, attrice e formatrice, Palestina/Israele; Yasmine Falah, Iraqi Civil Society Solidarity Initiative, Elizabeth Farren, Women's  March, Usa/Italia; Mazé Morais, Confederazione Lavoratori Agricoli (CONTAG), Brasile; Hazal Koyuncuer, UIKI, Kurdistan Turco; Marta Lempart, Osk-Sciopero delle Donne Polacche, Polonia; Anna Maria Iatrou, Casa  delle donne di  Salonicco, Grecia; Lorena Garron, Consiglio  comunale di Cadice per i femminismi e LGTBI, Spagna; Fernanda Minuz, ricercatrice e formatrice, Italia; Floriana Lipparini, Casa delle DonneMilano; Marie Moise e Gaia Benzi, Jacobin Italia.

Per leggere il programma del seminario in lingua inglese, spagnola e francese https://societadellacura.blogspot.com/p/gruppo-femm.html

Per rivedere la registrazione integrale del seminario: 

https://www.facebook.com/casadelledonnedilecce/

https://www.facebook.com/casaintdelledonneroma/

https://www.facebook.com/societadellacura/

https://www.facebook.com/awmr.italia22

https://www.facebook.com/centrodonne/


24/10/21

CURA E INCURIA 2. Le sfide del femminismo


Conclusi con successo i lavori del seminario Internazionale “CURA E INCURIA. Il mondo alla prova della pandemia e oltre…” organizzato dal FemmSdc Group (gruppo femminista attivo nella Società della Cura), in doppia modalità on line e in presenza, con traduzione simultanea in italiano, inglese francese, spagnolo, portoghese. 

Pubblichiamo l’introduzione alla seconda giornata, di Samanta Picciaiola (Associazione Orlando di Bologna)

Una delle prime parole che la pandemia ci ha consegnato è cura. Il paradigma della cura emerge già al termine del periodo del primo confinamento ed è carico di istanze ed echi diversi.

Cura non solo come rimedio alla malattia ma da subito cura come nuova postura dell’abitare il mondo (la cura del mondo di Elena Pulcini); cura come paradigma relazionale (prendersi cura di sé e delle altre, le nuove forme di sorellanza) e infine la cura come modello sociale da realizzare attraverso nuove pratiche di partecipazione diretta alla gestione delle risorse e dei beni comuni.

Le celebrazioni del ventennale di Genova ci hanno riportato alla cura come sintesi di un modello antitetico al capitalismo e al neoliberismo che visti attraverso il cono d’ombra del tempo hanno irresponsabilmente spinto nella direzione della rapina delle risorse e del pianeta.

 In tutte queste accezioni la parola cura è stata parola interrogata, analizzata e avocata dai femminismi contemporanei. Il manifesto della cura delle donne della Magnolia di Roma, la manifestazione del 25 settembre a Roma con le donne della Casa Internazionale e tante altre realtà femministe, l’Agenda politica di donne elaborata a Bologna, rappresentano tutti esempi nel nostro Paese di quello che è stato un muoversi trasversale delle donne che fa della cura un crocevia.

In questa seconda sessione di lavoro ci concentreremo sull’analisi di quelle che sono state le differenti articolazioni della cura nelle pratiche, nelle iniziative e nei movimenti delle donne in luoghi diversi del mondo.

Vorrei qui dare conto di alcune costanti che emergono nelle diverse esperienze di cui oggi sentiremo e che possono costituire una cartina di tornasole per orientarsi nella poliedricità delle pratiche che andremo a indagare.

Un primo cardine sta nel rapporto tra soggettività e risorse. La cura si fa concetto per descrivere una nuova coscienza del nostro “esserci” a livello globale. L’interdipendenza dei viventi - un principio con cui lo spill over ci ha drammaticamente costrette a fare i conti - si riflette nell’interdipendenza delle parti e degli attori sociali con una nuova apertura a tutte quelle soggettività che tradizionalmente sfuggivano all’analisi di contesto basate sulle leggi di mercato, del “consumo ergo sum". Il mondo attraverso la lente della cura appare così più variegato, meno canonizzato e più complesso rispetto a quanto il nostro sguardo pre Covid sapesse cogliere.  Perché lo stare nella malattia impone una serie di condizioni strettamente legate alla propria differenza che altrimenti la partizione tra spazio pubblico e spazio privato avrebbe continuato a celare e a rendere quasi invisibile. Essere ammalate di Covid 19 come donne, magari migranti, magari responsabili di un nucleo familiare o di persone non autosufficienti in un Paese che non riconosce gli stessi diritti e che non garantisce la stessa possibilità di autodeterminarsi, non può essere la stessa esperienza di malattia di un uomo cis-gender bianco in un paese occidentale.

Questa ricchezza di soggettività impone una destrutturazione di categorie consolidate: prima tra tutte l’essere in salute. L’assenza di una prospettiva forte di medicina di genere non ha permesso di indagare fino in fondo alcune questioni fondamentali quali le diverse risposte immunitarie a livello biologico al virus in relazione al genere (elemento messo in luce dalla virologa Ilaria Capua) così come le differenti ripercussioni dei vaccini nella popolazione maschile e in quelle femminile.

Strettamente legato a questo primo aspetto registriamo come attraverso le pratiche di cura assuma forza la rivendicazione della fragilità come condizione umana e delle fragilità come indici del benessere sociale di cui il soggetto pubblico dovrebbero farsi carico.

Sulle capacità di cura dei soggetti pubblici (gli Stati ma anche gli enti locali e le Istituzioni internazionali) si definisce un altro dei cardini attorno a cui organizzare il nostro ragionare oggi: la pandemia fa emergere i limiti strutturali e contestuali di alcune funzioni pubbliche attraverso cui si sostanzia il welfare e la concreta realizzazione del diritto alla salute.  Mi riferisco, ad esempio, al sistema sanitario e al sistema educativo che sono le linee di frattura lungo le quali hanno vacillato le nostre cosiddette democrazie occidentali. Le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nel sorreggere entrambi questi apparati. Sia perché le professioni specifiche relative alla sanità e all’istruzione sono professioni da sempre femminilizzate (infermiere e docenti come due esempi per tutte ) sia perché - abbandonando la sfera del lavoro retribuito entrando in quella del lavoro riproduttivo - sono state perlopiù le donne a farsi carico delle persone non autosufficienti, a supportare l’azione delle agenzie educative principali costrette ad agire da remoto. Ciò ha fatto sì che aumentasse il loro carico di lavoro e condensando lo stesso in un medesimo spazio (di vita e professionale) è esplosa tutta l’ambiguità di un’impalcatura di ruoli di genere obsoleta e schiacciante.

Dentro questa morsa, costata tantissimo alle donne anche solo in termini di occupazione e perdita di salario, le donne hanno sperimentato forme di neo-mutualismo attraverso pratiche solidaristiche che non si sono, però, limitate alla ripartizione di forze e incombenze, ma sono diventate sperimentazioni che aspirano a farsi modelli alternativi di governo delle comunità.

Penso in particolare ai luoghi delle donne. Nello specifico in Italia cito esperienze come quelle di Lucha y Siesta, ma lo stesso per i luoghi che ci ospitano oggi: a Bologna, Il Centro di documentazione ricerca e iniziativa delle donne che non ha mai smesso di fare analisi e raccolta delle esperienze, a Roma e a Lecce le Case e ai Centri antiviolenza che hanno agito per portare assistenza e cura.

 A fronte di questo rinnovato protagonismo delle donne abbiamo riscontrato una risposta debole e tardiva da parte delle politiche istituzionali a livello internazionale: una sorta di inerzia a recepire questo necessario salto di paradigma. I movimenti delle donne su scala mondiale chiedono una riconversione produttiva che punti a economie della cura che rigettano l’approccio neocolonialista, che cassano le spese per gli armamenti e ripropongono come strumenti della democrazia le diplomazie, l’ascolto, la partecipazione e la condivisione delle responsabilità.

Quello che accade in Afghanistan ci riporta alla pratica dei movimenti delle donne, pensiamo a RAWA da sempre accanto alle forze democratiche del Paese e che ha operato in termini di cooperazione sui territori e le comunità promuovendo un rapporto diverso con le risorse e la gestione delle stesse in una comunità.

La critica al PNRR realizzata dalla nostra rete, la richiesta di una suddivisione equa delle risorse per genere, la proposta di modelli progettuali differenti su cui immaginare nuove città, nuovi spazi comuni e nuovi spazi di donne, rappresentano un patrimonio di idee e modelli che non deve essere disperso. Di qui la necessità di questo interrogarci oggi, con la speranza di mappare su scala internazionale e definire nella pluralità dei nostri approcci quell’universo della cura che chiede di essere a pieno titolo assunto all’interno delle agende politiche internazionali.

CURA E INCURIA. Il mondo alla prova della pandemia e le sfide del femminismo

Seminario internazionale Cura e incuria - prima giornata

Si è tenuta con successo il 23 ottobre la prima giornata del seminario Internazionale “CURA E INCURIA. Il mondo alla prova della pandemia e oltre…” organizzato dal FemmSdc Group (gruppo femminista attivo nella Società della Cura), con la collaborazione di Global Dialogue for Systemic Alternatives e Transform!Europe!

Il seminario si è tenuto dalle ore 14 alle 17,30 in doppia modalità on line e in presenza, con traduzione simultanea in italiano, inglese francese, spagnolo, portoghese. Le relatrici internazionali si sono collegate on line, le italiane hanno partecipato in presenza in tre postazioni: Roma (Casa internazionale delle donne), Lecce (Casa delle donne), Bologna (Associazione Orlando e Centro delle Donne). Il seminario è stato anche trasmesso in diretta sulle pagine facebook delle tre postazioni e della Società della cura.

Pubblichiamo l'introduzione ai lavori di Alessandra Mecozzi di FemmSDC

Le nostre prime parole sono contro la guerra: la guerra patriarcale in nome della libertà delle donne, la guerra distruttiva in nome della "esportazione" di democrazia, la guerra che arricchisce l'industria delle armi e i poteri militari, che porta guerre civili e attraversa le occupazioni. La guerra, esprime con la massima violenza l'incuria, verso l'umanità e la natura. E infatti a questa mia introduzione seguirà quella di Zarlesht Berek, costretta come migliaia a fuggire dal suo paese, l'Afghanistan, dopo il ritiro degli Stati uniti e il disastro provocato. Hanno lasciato a spadroneggiare, dopo 20 anni di occupazione, corruzione e violenze, il gruppo dei Talebani la cui politica di repressione contro la popolazione e le donne in particolare, era ben conosciuta.  Accusiamo l'ipocrisia di politici e media che, dopo aver sostenuto e collaborato con l'occupazione e i governi corrotti, si strappano i capelli per la sorte di donne e bambini! Avevamo ragione, femministe e pacifismo, a opporci alla guerra in Afghanistan, e poi in Iraq e vogliamo continuare a opporci a tutte le guerre e occupazioni coloniali, che sconvolgono Medio Oriente e Africa.

Il seminario è nato come desiderio di riprendere e rafforzare i nostri legami internazionali, come volontà di lottare contro la solitudine e le sofferenze che la pandemia da Covid 19 ha provocato. Si svolge a pochi giorni dal vertice G20 a Roma, dove ci sarà una grande manifestazione, e dalla COP26 sul clima, che ha già suscitato mobilitazioni, come quelle di Fridays for Future. Vogliamo quindi da qui lanciare anche denunce e messaggi, con critiche, scambio di esperienze di lotte e alternative di donne.

 La pandemia ci ha trovato impreparati e inadeguati. Ha colpito le nostre società, ha provocato e continua a provocare, perdite di vite umane e una accentuazione delle disuguaglianze sociali e di genere (a cominciare dal grande divario tra paesi ricchi e poveri prodotto dal potere delle multinazionali sui brevetti per i vaccini come dall'incuria degli Stati). La pandemia non è un’emergenza improvvisa né un evento accidentale, ma è derivata dall'incuria umana verso le persone, caratteristica delle politiche liberiste, con le privatizzazioni e i tagli alla spesa sociale, nella sanità come nell'istruzione. È un evento causato dall'incuria verso la natura, gli esseri viventi, dall'abbattimento della biodiversità.

 I suoi effetti sono più gravi sulle donne, contro cui è aumentata la violenza, e le malattie legate alla crisi ambientale, agli sfollamenti forzati, in un sistema come quello in cui viviamo basato su espulsioni, frontiere, muri. Un sistema che condanna chi salva vite in mare e chi accoglie donne e uomini migranti, un sistema di cui sono parte le rotte migratorie, la tratta degli esseri umani, prevalentemente donne e bambini, le leggi ingiuste sull'immigrazione, i meccanismi che criminalizzano la povertà.

 Il cambiamento climatico aumenta la vulnerabilità delle donne e il divario di genere, per questo è essenziale l’impegno del movimento femminista sull’ambiente affinché si salvino il pianeta e l'umanità, e vengano efficacemente contrastate le disuguaglianze. Le donne, e in particolare le donne povere e tutte quelle soggette a discriminazioni, sopportano il peso maggiore dell’impatto climatico, eppure si dimostrano essenziali per rispondere al cambio climatico, piantando alberi, riciclando rifiuti, e mille altre misure per consumi diversi.

Non è più possibile programmare la produzione senza farsi carico della riproduzione delle persone, dell’ambiente e del mondo. Questa “crisi della cura e della riproduzione sociale”, ha messo in evidenza l’iniquità di una organizzazione sociale che lascia le donne, le loro intelligenze, le loro risorse fuori dai suoi luoghi decisionali.

La pandemia ha dimostrato che la nostra sicurezza dipende dall'accesso all'assistenza sanitaria, all'approvvigionamento alimentare, all'istruzione, a redditi dignitosi, non certo dalla militarizzazione. Le armi non sono servite a darci sicurezza contro la pandemia, e non serviranno contro il riscaldamento globale e le sue conseguenze. La pandemia ha mostrato che le minacce alla sicurezza umana sono globali, non contenute da confini nazionali militarizzati; ha messo in luce l'assurdità di politiche che incentivano gli investimenti nella “sicurezza militarizzata” a scapito della sicurezza umana e della salute collettiva. Abbiamo dato il benvenuto al Trattato per la proibizione delle armi nucleari, ma esigiamo che l’Italia, che “ospita” 40 testate nucleari, adesso lo ratifichi! 

Secondo dati pubblicati dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), nel 2020 la spesa militare globale totale è salita a 1.981 miliardi di dollari, con un aumento del 2,6% in termini reali dal 2019, e questo aumento della spesa militare mondiale è avvenuto in un anno in cui il prodotto interno lordo (PIL) globale è diminuito del 4,4% (FMI), in gran parte a causa degli impatti economici della pandemia. Di conseguenza, la spesa militare in percentuale del PIL – il military burden – nel 2020 ha raggiunto una media globale del 2,4% rispetto al 2,2% nel 2019. Questo è stato il più grande aumento anno su anno della spesa militare, dalla crisi finanziaria ed economica globale del 2009 e l'Italia rimane nella “top 5” europea per spesa militare (dietro Russia, Regno Unito, Germania e Francia). Anche questo è un terreno di lotta!

Quindi NON C'È CURA SENZA CONFLITTO, se vogliamo cambiare un sistema patriarcale di potere sociale, economico, culturale basato sulla disuguaglianza, pervaso di violenza spesso impunita: dalla discriminazione all'omofobia, allo stupro e al femminicidio. La rivoluzione della cura si basa invece sul rispetto dell'altra e dell'altro, sul riconoscimento di tutte le soggettività, sui diritti e le libertà di tutte e di tutti, native/i e migranti, a partire dal diritto alla cittadinanza.  

Per il programma del seminario  https://societadellacura.blogspot.com/p/gruppo-femm.html

Per rivedere la registrazione integrale del seminario: 

https://www.facebook.com/casadelledonnedilecce/

https://www.facebook.com/casaintdelledonneroma/

https://www.facebook.com/societadellacura/

https://www.facebook.com/awmr.italia22

https://www.facebook.com/centrodonne/

19/10/21

CURA E INCURIA - SEMINARIO INTERNAZIONALE 23 E 24 OTTOBRE


Promosso da FemmSdc Group (gruppo femminista nella Società della Cura, rete italiana di cui fa parte AWMR Italia - Donne della Regione Mediterranea) il seminario si svolgerà pochi giorni prima del vertice G20 a Roma e di Cop26 a Glasgow. Sarà un'occasione per scambiare valutazioni critiche, avanzare proposte di alternative e consolidare relazioni internazionali. 
Partecipano relatrici di molti paesi (collegate su piattaforma zoom) e relatrici italiane in presenza in tre postazioni: a Roma, presso la Casa internazionale delle donne, a Lecce alla Casa delle donne, a Bologna al Centro Donne. 
Traduzione simultanea in italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese

AGENDA

23 ottobre, ore 14.00 - 17,30

“Che genere di mondo? donne contro la guerra, la violenza, l’ipocrisia delle politiche neoliberiste. Per accogliere chi è costretta a fuggire, per sostenere chi lotta per i diritti nel proprio paese”.  Introducono: Alessandra Mecozzi e  Zarlesht Berek (Afghanistan)

Prima sessione: “Come ci ha trovato la pandemia? La crisi sindemica e le politiche degli Stati: l’incuria neoliberista, le privatizzazioni e i tagli sociali quanto hanno influito sugli effetti della crisi?"

Moderano Nicoletta Pirotta e Nora Haydee Rodriguez.

Intervengono: Tiffany Jones-Smith (Stati Uniti), Rosy Zuniga (Messico), Nandita Shah (India), Meriem Zeghidi Adda (Tunisia), Amel Hadjadj (Algeria), Aslihan Chakaloglu (Turchia), Mona al Ghussein (Palestina), Nadjezhda Azhgihina (Russia), Heidi Meinzolt (Germania),  Judith Morva (Ungheria), Ada Donno (Italia), Simona Grassi (Campagna No profit on Pandemics), Maura Cossutta, Ingrid Beck (Argentina)

                                                           24 ottobre, ore 14.00 - 17,30

Seconda sessione: “Quali sono le possibili alternative per la trasformazione? - Sfide femministe”

Introduce Samanta Picciaiola (Associazione Orlando - Bologna) ; Moderano Maria Grazia Ruggerini e Paula Beatriz Amodio

Intervengono: Mercia Andrews (Sud Africa),  Francoise Kankindi (Rwanda), Marie Debs (Libano), Dorra Mahfoud (Tunisia), Hanin Tarabay (Palestina/Israele), attivista di Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (Iraq), Elizabeth Farren (Stati Uniti), Lorena Garron (Spagna), Mazè Morais (Brasile), Hazal Koyuncuer (Turchia/Kurdistan), Marta Lempart (Polonia), Anna Maria Iatrou (Grecia),  Nora Garcia (Asamblea Internacional de los pueblos),  Fernanda Minuz, Marie Moise, Gaia Benzi , Floriana Lipparini  (Italia).

Diretta FB in italiano https://www.facebook.com/societadellacura