Questo 8 marzo cade in un momento cruciale per il movimento contro la guerra, è il giorno in cui le Nazioni Unite discuteranno una seconda risoluzione sull’Iraq. Potrebbe essere la settimana che decide se sarà guerra o pace.
Di nuovo le donne di tutto il mondo sono chiamate a dedicare la loro Giornata internazionale all’impegno per contrastare i venti di guerra e per affermare valori e scelte di pace e, forse come mai prima, lo fanno con voce unanime: facciamo dell’8 marzo un giorno in cui donne e uomini insieme in ogni paese del mondo costringono i loro governanti a rispondere al nostro grido di pace!
L’8 marzo una “Lettera alle donne dell'Iraq”, sottoscritta da decine di migliaia di donne statunitensi sarà consegnata simbolicamente alle donne irachene. In essa si dice:
“ Noi donne negli Stati Uniti dichiariamo la nostra opposizione alla “guerra preventiva" che il nostro governo intende scatenare contro il vostro paese. Siamo impegnate ad operare in direzione di una pace giusta e durevole e per far sì che insieme noi possiamo impedire l’escalation bellica contro il vostro paese, in quanto siamo convinte che la guerra degli Stati Uniti contro l'Iraq non è mai cessata dal 1991.
Come donne, vi veniamo incontro, offrendovi amicizia, sostegno e resistenza. Non siete sole nella lotta per la pace e la giustizia”.
Le donne europee sosterranno la proposta al Parlamento Europeo che l´Europa inscriva nella sua Carta Costituzionale in via di formulazione il ripudio della guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali, scegliendo la pace e che proponendo soluzioni politiche e non militari ai conflitti fra gli stati.Le donne italiane promuovono e partecipano a tutte le iniziative volte a sottrarre l´Italia a qualsiasi partecipazione ad avventure militari e richiamano i governanti al rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, per scongiurare l’imbarbarimento delle relazioni fra gli stati, i popoli, le culture e le persone.
Mentre la guerra diventa sempre più “progetto operativo” dell’Impero, con assurde giustificazioni “umanitarie” o di “prevenzione” nei confronti di altri stati che si sottraggono al controllo egemonico, la ricerca di soluzioni negoziate ai conflitti, la costruzione di pacifiche ed eque relazioni internazionali, diventano una necessità di sopravvivenza, l’unica speranza di assicurare un mondo pacifico alle future generazioni e di emancipare l’umanità dalla violenza e dalla povertà, dallo sfruttamento e dalla discriminazione.