LA PACE NEGATA
di Ada Donno
Il plebiscito infine ha detto No agli accordi di pace in Colombia.
Tremendo risultato – ci scrive ancora incredula un'amica colombiana - sembra che la guerra continui ad essere un affare per alcuni. Con
un’astensione oltre il 60%, una maggioranza risicata del restante 40% ha
respinto gli Acuerdos de Paz, grazie ad
una propaganda subdola, aggressiva e menzognera del No, ma anche a manipolazioni
scoperte o sotterranee dei poteri forti interni e internazionali per ostacolarne il percorso. Questo rifiuto rischia di
scatenare ulteriori divisioni politiche e sociali, soprattutto là dove il
conflitto armato per oltre 50 anni ha colpito più forte.
Negli Accordi,
sottoscritti a L'Avana in giugno - 297 pagine di testo concordato dopo quattro
anni di paziente e complicato negoziato fra il governo colombiano e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia
con la determinante mediazione di Cuba, Venezuela,
Cile e Norvegia - si stabiliscono le condizioni di una riforma agraria
integrale, con la restituzione delle terre sottratte ai contadini, la lotta al
narcotraffico e la sostituzione delle colture illegali; della partecipazione
politica di organizzazioni e movimenti
popolari; del risarcimento alle vittime del cinquantennale conflitto armato fra
l’esercito governativo e le bande paramilitari da una parte, l’Insurgencia popolare dall’altra. Inoltre
- cosa niente affatto secondaria – s’introduce il criterio dell’uguaglianza di
genere e dei diritti delle donne nelle rappresentanze politiche ad ogni livello.
Gli accordi, celebrati dal governo con una cerimonia enfatica il 26 settembre a Cartagena de Las Indias, hanno stabilito la ratifica
plebiscitaria, il Sì o il No dell’elettorato colombiano, per il 2 ottobre.
Il risultato funesto che
registriamo oggi – scrive un'altra, avvilita -
è frutto dell'odio, la disinformazione e il risentimento di un paese
profondamente malato che si nega al perdono e alla riconciliazione. Ma chi ha
letto il testo completo degli Accordi - cosa che pochi hanno fatto tra coloro
che supinamente hanno prestato ascolto ai mass media addomesticati - sa che
l'uscita politica dal conflitto armato è la cosa migliore che possa accadere in
Colombia.
La Fdim scegliendo di tenere il suo
16° congresso a Bogotà, il 15-18
settembre, lo ha fatto consapevole della coincidenza con questo storico appuntamento.
La Fdim è un’organizzazione prestigiosa nell’ambito del movimento femminile
e femminista internazionale, gode di statuto consultivo presso il Consiglio
economico sociale dell’Onu, nei decenni trascorsi ha avuto un ruolo importante
nell’inclusione dei diritti delle donne e della prospettiva di genere nelle
politiche delle Nazioni Unite, presso la Corte internazionale dei diritti
umani, nelle conferenze mondiali in difesa dell’ambiente e della diversità
culturale, contro la fame e l’apartheid, nei forum mondiali. Negli ultimi
vent’anni ha conosciuto una grande crescita nei paesi dell’America Latina e per
questo è fra le organizzazioni non governative internazionali incaricate di
vigilare sull’applicazione degli Acuerdos
de Paz in un’ottica di genere.
La Fdim (o Fdif) fu fondata a Parigi il 1° dicembre ‘45 dalle donne che uscivano
dalla resistenza europea contro il nazifascismo e dalla seconda guerra
mondiale. La pace nel mondo, finalità
primaria proclamata all’atto della fondazione, è rimasta il suo costante nord in
questi settant’anni e riconfermata nel motto di questo suo 16° congresso: donne unite nella lotta per la pace e
contro l’imperialismo.
Il tema generale è articolato in sei temi di discussione che costituiscono
le tesi del congresso: Guerre imperialiste, aggressioni e sfide alla pace, con
una sezione speciale dedicata alla regione araba; Crisi capitalistica e impatto
sulla condizione delle donne; Cambiamenti climatici e sicurezza
alimentare; Lotte delle donne per il
lavoro, la parità di diritti e contro ogni tipo di violenza; Diversità etnica e
culturale nell’ottica di genere; Le giuste lotte della Fdim. Una settima tesi
su “Donne d’Africa: lotte, progressi e conquiste” è stata proposta al congresso
dalle donne angolane.
Le organizzazioni colombiane
affiliate alla Fdim - Associazione
per i diritti delle donne colombiane (Asodemuc)
e Unione donne democratiche (UMD) -
col supporto unitario delle donne di Marcha
Patriotica, Poder Ciudadano,
Fundacion Nacion Activa (Conamu), dei sindacati e dei partiti della
sinistra, hanno compiuto un grande sforzo per accogliere il congresso con le trecento
delegate di 68 organizzazioni dai cinque continenti, nella Casa de Eventos
Tequendama di Bogotà.
Non possiamo tacere, per rispetto del gran lavoro sostenuto, che il
supporto economico promesso in un primo momento dal governo colombiano è stato
negato mentre i lavori erano in corso. E lo stesso presidente Santos, che aveva
assicurato la sua presenza, si è limitato a inviare un messaggio di saluto.
Ma il congresso è stato ugualmente un successo di partecipazione ed
entusiasmo. Come da statuto, sono stati
rinnovati gli organismi dirigenti della Fdim per i prossimi tre anni. Un festoso
grazie è stato tributato alla compagna Marcia Campos, della Confederazione
delle donne brasiliane, che ha tenuto la presidenza in questi anni di
straordinaria crescita della Fdim in America Latina. La nuova presidente è Lorena Peña dell’associazione Las
Melidas del Salvador, prestigiosa ex
combattente del Frente Farabundo Marti. L’affiancheranno nel suo lavoro due
vice-presidenti per ciascun continente, anche esse elette dal congresso, e le
coordinatrici dei cinque uffici regionali. Auguri di buon lavoro a tutte noi!
Un Patto delle donne del mondo per
la pace in Colombia, è stato suggellato. Letto
la sera del 18 settembre - a conclusione della Marcia internazionale delle donne per la pace che ha percorso le
strade di Bogotà fino al monumento dedicato
alla libertadora Manuela Saenz – il
Patto sottolinea il protagonismo delle donne colombiane, senza precedenti nella
storia di questo paese, lungo tutto il
percorso negoziale che ha condotto agli Accordi di pace.
El Sì es una fiesta! Sì a la vida, Sì a la paz, Sì a la reconciliaciòn! - La propaganda del Sì è sorridente e
rassicurante, mira a convincere, con argomenti semplici che spiegano las buenas
razones para decir Sì a los Acuerdos de Paz. Ricorda le cifre di cinquant’anni di conflitto fra insurgencia popolare e repressione
sanguinaria statale (col suo braccio armato paramilitare): 225 mila i morti, 45 mila i desaparecidos, circa
7 milioni gli sfollati interni e 400mila
gli esuli. Ne denuncia le radici: l’estrema disuguaglianza e ingiustizia sociale,
la concentrazione della proprietà terriera (il 46 per cento della terra è nelle
mani dello 0,4 per cento della popolazione), la criminalizzazione della
protesta sociale, la persecuzione delle organizzazioni sindacali, la violazione
dei diritti e l’assenza di democrazia. Ne
indica la via d’uscita politica possibile: la costruzione partecipata di un
“sistema integrato di verità, giustizia, riparazione e non ripetizione” per
favorire la transizione. Il principio di “riparazione” per risarcire le vittime,
la garanzia di “non ripetizione” per salvaguardare le Farc-Ep dal pericolo (non
astratto) che si ripeta quanto accadde a Uniòn
Patriòtica, la formazione politica nata dal primo tentativo di
trattativa, che subì una sistematica
persecuzione, fino al massacro di migliaia di suoi militanti, dopo il suo
fallimento.
La propaganda del No è torva, bugiarda,
vigliacca. Mira a resuscitare i fantasmi insanguinati del passato, ad
alimentare le oscure paure del presente, ad annichilire le timorose speranze di
futuro.
Mentre le gerarchie cattoliche accendono una candela a Dio e un’altra al
diavolo, come dicono qui, incoraggiando l’astensionismo, per il fondamentalismo
cristiano gli accordi sono senza meno opera del diavolo: “la Colombia è in
pericolo di cadere sotto una dittatura comunista e sotto l'imminente
approvazione dell'Ideologia del Gender”. Satana si nasconde dentro i diritti
delle donne e l’uguaglianza di genere!
La propaganda del No più urlata ha la faccia dall’ex presidente Uribe, l’uomo
della oligarchia latifondista e finanziaria, del famigerato Plan Colombia concertato con gli Usa, degli
escuadrones de la muerte. All’estrema
destra legata alla proprietà terriera - che dalla guerra ha tratto profitto
sottraendo quattro milioni di ettari ai campesinos
- paiono diabolici soprattutto i punti degli accordi che riguardano la riforma
agraria integrale, la distribuzione delle terre incolte e la conversione delle
colture illecite.
La vittoria del Sì è data per certa dai sondaggi fino all’ultimo. Partiti di sinistra e sindacati,
intellettuali e artisti, gruppi musicali organizzati e spontanei, associazioni
culturali e singole persone di buona volontà s’impegnano senza risparmio. Tutti
ricordano che i due precedenti processi di pace (nel 1984 e nel 1998) sono
naufragati per i voltafaccia dei governi di turno e le pressioni degli Usa. Da
L’Avana, il comandante guerrigliero Timoleón Jiménez si dice speranzoso che
questa volta agli accordi di pace non sarà negato il voto.
Il plebiscito invece ha detto No, sia pure di strettissima misura e con
un’astensione di oltre il 60 per cento. Il paradosso è che si sono avute le
percentuali più alte di Sì nelle zone più funestate dal conflitto, quelle che
più avrebbero avuto motivo di coltivare l’odio. Il No ha vinto invece nei
territori urbani che la guerra l’hanno vista attraverso i telegiornali di
regime e la stampa asservita. Paradosso
solo apparente, che in realtà descrive bene dove sta il bisogno di una uscita
politica dal più lungo conflitto armato in America Latina.
“Noi donne di Colombia vi promettiamo di non essere inferiori alla Storia”,
ci aveva detto Gloria Inès Ramirez,
coordinatrice della campagna La paz Sì es
Contigo. Ma per il momento è la Storia a segnare una battuta d’arresto, in
Colombia.
E’ vero che il plebiscito, voluto dal governo (mentre le Farc proponevano un’Assemblea costituente), non è
giuridicamente vincolante per il prosieguo della trattativa. Ma già Santos e gli
Stati Uniti ne approfittano per chiedere un cambio di strategia e propongono di
aggiungere al tavolo dei negoziati l’estrema destra. E tutto si complica.