Una risoluzione che non ci piace affatto
La risoluzione del parlamento europeo che equipara comunismo e nazifascismo ci indigna e ci preoccupa profondamente
Indignazione e profonda preoccupazione ha suscitato in noi la
"Risoluzione sulla importanza dellamemoria europea per il futuro dell’Europa", che è stata approvata dal
Parlamento europeo il 19 settembre 2019, col voto convergente delle destre
reazionarie, del centro “moderato” e dei liberal-democratici cosiddetti “progressisti”
(535 voti a favore, 66 contrari e 52 astenuti). Primo, perché essa costituisce
un insidioso e vergognoso tentativo di revisionare e manipolare la storia europea,
equiparando il comunismo al nazifascismo, in vista di una legittimazione ed
estensione all'intera Unione Europea dell’anticomunismo istituzionale che è già
in vigore in alcuni paesi dell’Europa orientale; secondo, perché essa pone
inquietanti premesse a possibili ulteriori involuzioni antidemocratiche nella
scena politica della Unione europea. Ci pone inquietanti interrogativi, inoltre, il fatto che tale risoluzione sia passata nell'europarlamento sotto la presidenza dell'italiano David Sassoli, del gruppo S&D (Socialisti e Democratici).
Abbiamo diverse e fondate ragioni per condannare e rigettare con forza questa ignobile risoluzione.
Esponiamo quelle per noi più rilevanti.
1. Essa ha la pretesa di rifondare la memoria dell’Europa, ma è costruita
su false premesse storiche ed è infarcita di infondate affermazioni, disoneste omissioni e ipocrite rimozioni. In essa si afferma, infatti, che la causa
scatenante della seconda guerra mondiale, che devastò l’Europa, non fu il
pangermanismo hitleriano, caposaldo dell’ideologia nazista, bensì il patto di
non aggressione fra Germania e Urss, firmato a Monaco il 23 agosto 1939. Con un
inaccettabile capovolgimento della verità storica, nella risoluzione si ignora
quanto avvenne ben prima di quel patto, e le ragioni che lo determinarono.
Nulla viene detto dei piani nazisti di aggressione alla Cecoslovacchia, ben
noti fin dal 1937 alle potenze europee occidentali, che però preferirono adottare
la colpevole politica dell’appeasement,
cioè dell’accomodamento con Hitler. Non si dice che già nel 1938 Francia, Gran
Bretagna e Italia fascista avevano concordato a Monaco la cessione dei Sudeti al
Terzo Reich, a spese della Cecoslovacchia. Non si dice che in quella occasione e
in altre occasioni, Gran Bretagna e Francia respinsero le proposte di alleanza dell’URSS
per difendere i territori minacciati dai nazisti e per impedire lo scatenamento
della guerra. La colpevole sottovalutazione della minaccia nazifascista da
parte dei governi europei e degli Stati Uniti, per tutto il decennio precedente
la seconda guerra mondiale, incluse le simpatie diffuse nella monarchia britannica
e nelle borghesie europee e nordamericane verso il Terzo Reich, che era
considerato “utile” in chiave antisovietica, viene rimossa del tutto. Tutto ciò
è invece documentato ampiamente nei libri di storia: gli estensori della
risoluzione e coloro che l’hanno votata dovrebbero studiarli!
2.
Equiparando
comunismo e nazismo, la risoluzione insulta la memoria dei milioni di donne e
uomini (comunisti, socialisti, democratici e progressisti) che lottarono fianco
a fianco, nelle file della Resistenza europea contro il nazifascismo. Non solo il
ruolo decisivo dell’Unione Sovietica nella sconfitta del nazifascismo viene
sottaciuto, ma perfino il protagonismo delle forze comuniste nella Resistenza
europea contro il nazifascismo è sottaciuto. Anzi, i governi sono sollecitati a
cancellarne ogni traccia dai monumenti e dai programmi didattici e i libri di
testo «di tutte le scuole dell'Unione». Una vera damnatio memoriae che ci indigna e ci preoccupa profondamente.
3.
Falsità
ideologiche sono disseminate nella risoluzione, ad uso e consumo di una narrazione propagandistica del processo unitario europeo, totalmente in chiave
anticomunista. Tra le altre cose, si afferma che, dopo la divisione dell’Europa
in blocchi contrapposti, «i paesi soggetti alla influenza sovietica hanno
continuato a essere privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei
diritti umani e dello sviluppo socioeconomico». È una lettura faziosa che
ignora, solo per fare un esempio, il fatto che le rivoluzioni socialiste in
Unione Sovietica e nei paesi dell’Europa orientale hanno creato le condizioni
più avanzate per l’emancipazione delle donne; e che le conquiste sociali delle
donne in quei paesi hanno costituito una spinta formidabile alla affermazione
dei diritti produttivi e riproduttivi delle donne anche in molti paesi del
mondo, compresi quelli europei occidentali. Anche il contributo determinante
dato, sul piano internazionale, alle lotte di liberazione dei popoli dal
vecchio colonialismo europeo è taciuto, come pure la promozione dei diritti dei
popoli e paesi in via di sviluppo, delle classi lavoratrici e delle donne, nel
contesto del sistema delle Nazioni Unite. Basta ricordare, sempre come esempio,
la proposizione e approvazione della Convenzione
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 e della Convenzione internazionale per
l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne del
1979, che sono state, e sono tuttora, riferimento per le legislazioni europee e
mondiali. Basta ricordare il contributo dato alla proposizione e realizzazione
delle quattro grandi Conferenze Mondiali per le Donne (l’ultima di esse si è tenuta
a Pechino nel 1995), le quali hanno aperto una nuova era negli sforzi globali
per promuovere il progresso femminile nel mondo. Se mai, bisogna dire che siamo
molto preoccupate per il pesante arretramento che i diritti produttivi e
riproduttivi delle donne hanno subito specialmente nei paesi dell’Europa
orientale, dopo il 1990.
4.
Nella
risoluzione si dice che «per i paesi europei che hanno sofferto a causa
dell'occupazione sovietica e delle dittature comuniste, l'allargamento dell'UE,
iniziato nel 2004, rappresenta un ritorno alla famiglia europea alla quale
appartengono». Questa Unione Europea viene rappresentata come il paradiso della
democrazia e delle libertà, dimenticando il prezzo di lacrime e sangue pagato dalle
classi lavoratrici nella emigrazione interna; nelle dure repressioni delle
lotte sociali e per il lavoro negli anni del dopoguerra; nelle politiche di
esclusione e discriminazione verso i partiti e i movimenti sociali comunisti e
di sinistra. L’uso deviato dei servizi segreti negli anni del terrorismo è
dimenticato; le complicità più o meno sotterranee con la sanguinosa repressione
anticomunista nella Grecia dei colonnelli negli anni ’60, coi regimi di Franco
in Spagna e di Salazar in Portogallo fino al 1975; le corresponsabilità neo-colonialiste
e imperialiste in Africa e America Latina, le complicità con i regimi di
Apartheid in Sud Africa fino al 1990 e con quello vigente tutt'oggi in Israele,
sono dimenticate. Nella risoluzione si riafferma la fedeltà atlantica di questa
Unione Europea, tacendone la mortifera compartecipazione alle guerre di
aggressione degli Usa e della NATO in Medio Oriente. Né sembra costituire un
problema per questo parlamento europeo la presenza, oggi, di governi come
quello di Viktor Orbán in Ungheria, che pratica l’antisemitismo come strumento
di propaganda e criminalizza i migranti. E potremmo continuare a lungo. Tutto
il male è occultato, neppure l’ombra di un ripensamento compare a riguardo di tutto
ciò, in questa risoluzione che radica le sue argomentazioni nella ignoranza e
nella faziosità, nella omissione e nel falso ideologico.
5.
Ci
chiediamo a questo punto: a chi e a che cosa è funzionale questa risoluzione?
Se si voleva soltanto ribadire la “condanna di tutti i totalitarismi”, bastava
fare riferimento a precedenti risoluzioni già approvate in abbondanza dallo
stesso parlamento europeo. Ma poiché nulla si fa senza una motivazione contingente,
è nella situazione presente che bisogna cercare spiegazioni e risposte. Nella
risoluzione si afferma che «fin dall'inizio, l’integrazione europea è stata una
risposta alla espansione dei regimi comunisti totalitari e antidemocratici nella
Europa centrale e orientale». È chiaro, dunque, che questa risoluzione non mira
solo alla revisione di eventi del lontano passato – la memoria è solo un
pretesto - bensì ad introdurre un elemento nuovo, cioè l’espunzione di ogni
riferimento narrativo e simbolico alla partecipazione politica delle forze
comuniste ai processi di costruzione europea. L’equiparazione della svastica
nazista alla falce e martello ha la finalità immediata di estendere a tutta la Unione
Europea la proibizione dei simboli comunisti, proibizione che già è in vigore
in alcuni paesi dell’Europa orientale. In quegli stessi paesi la svastica è
stata legittimata, invece, in ambito istituzionale, come in Ucraina. Questa
risoluzione intende predisporre il terreno ideologico per la messa al bando dei comunisti e di quanti continuano a fare riferimento a quei simboli. Non
possiamo permetterlo!
6.
La
risoluzione fa una finta a destra per colpire a sinistra. Essa dichiara di
condannare anche le ideologie razziste, fasciste, e xenofobe e dice di essere
“preoccupata” per la loro diffusione in Europa.
Ma, guarda caso, essa è stata votata dalle destre razziste, misogine e
xenofobe che siedono nel parlamento europeo. Ciò conferma, se ce ne fosse
ancora bisogno, che le ideologie cosiddette populistiche, "sovraniste", "primatiste",
che si finge di voler contrastare (con il loro corredo di idee misogine,
razziste, xenofobe e anti-umane), sono perfettamente complementari all'ideologia
neo liberista imperante, come le due facce di una sola medaglia.
7.
Colpisce
che nella risoluzione dell’Europarlamento non ci sia nessun riferimento alle Nazioni
Unite. Se si esclude un unico cenno, in preambolo, alla Dichiarazione universale di diritti umani del 1948, poi non c’è più
nulla. Come se questo europarlamento ritenesse inutile o, peggio, estraneo alle
sue prospettive future ogni riferimento alla comunità mondiale rappresentata
nelle Nazioni Unite. Come se questa Unione Europea prevedesse di seguire l’esempio
isolazionista degli Stati Uniti di Trump, che, nella sua dissennata visione di America First, ha aperto le ostilità contro
le istituzioni e i trattati internazionali.
8.
Nella
risoluzione si dice di volere «costruire la resilienza europea alle moderne
minacce esterne». Chi minaccia l’Europa dall'esterno? La risoluzione non lo dice apertamente, ma il reticolo di
affermazioni infondate su cui essa è costruita sottintende la riproposizione
del nemico immaginario contro il quale bisogna riarmarsi. Una nuova corsa al
riarmo si prospetta già, il ritiro degli Usa dal Trattato INF con la Russia e
dal trattato sul nucleare con l’Iran fanno da battistrada. È questa stessa
strada che i 535 europarlamentari ci propongono di seguire? La risoluzione che essi hanno votato mira a
scavare un solco invalicabile fra questa Unione europea atlantista e il resto
del mondo dove tuttora i simboli del riscatto sociale delle classi oppresse
sono riconosciuti e rispettati. Dall'altra parte del solco ci sono interi paesi,
grandi come la Cina, o altri meno grandi; e ci sono i popoli che in ciascun
paese e in ciascuna regione del pianeta – milioni e milioni di donne e uomini –
affidano ai simboli della falce e martello e della
bandiera rossa i loro desideri di pace, uguaglianza, giustizia sociale e solidarietà internazionalista. Questa risoluzione è espressione di una visione dell’Europa atlantista
più che mai aggressiva che non mira affatto a «una
riconciliazione fondata sulla verità e la memoria» – come ipocritamente essa afferma
- ma che, al contrario, apre le ostilità
contro le donne e gli uomini che continuano a lottare per la propria
emancipazione, autodeterminazione e progresso, per la pace in Europa e nel
mondo. Perciò, la condanniamo e la rigettiamo.
Come donne europee, noi vogliamo continuare a costruire la coesistenza
pacifica fra i paesi del mondo, il progresso sociale, culturale, umano nei
nostri paesi, la solidarietà internazionalista con le donne e gli uomini che costruiscono
un mondo libero dallo sfruttamento e dall'oppressione. Tali aspirazioni non
possono che essere fondate sul rispetto della verità storica, sulla lealtà
d’intenti, sui sentimenti di solidarietà reciproca: ma tutto questo manca in
questo ignobile documento votato da 535 europarlamentari a Strasburgo, il 19
settembre del 2019.
Condannandolo e respingendolo con forza, noi chiediamo agli
europarlamentari e alle europarlamentari di sinistra, democratici e
progressisti che hanno votato contro, o che si sono astenuti, di fare ogni
sforzo perché esso sia denunciato e superato.
25 settembre 2019