L'Organizzazione democratica delle donneiraniane (DOIW) condanna l'uccisione di Mahsa Amini e la detenzione di coloro che hanno protestato per la sua morte
Viva la
lotta unitaria delle donne e degli uomini coraggiosi dell'Iran per la libertà
dal dispotismo teocratico e l'abrogazione di tutte le leggi che minano i
diritti umani delle donne!
L'Organizzazione Democratica delle Donne Iraniane (DOIW) condanna con forza l'uccisione di Mahsa (Gina) Amini, da parte delle forze di
sicurezza della Repubblica Islamica dell'Iran. Esprimiamo le nostre
condoglianze alla famiglia in lutto di Mahsa e a tutte le donne e gli uomini
amanti della libertà dell'Iran.
La Guidance
Patrol (o Polizia Morale) del regime ha arrestato la giovane donna di 22 anni
mentre viaggiava sulla metropolitana di Teheran con suo fratello, con il
pretesto che “indossava male” l’hijab.
A seguito
della brutalità della Polizia e delle percosse mentre era in arresto, Mahsa
Amini è morta in ospedale il 16 settembre. Questo nuovo crimine della
Repubblica islamica ha suscitato la rabbia lungamente repressa del popolo
dell'Iran.
Il nome e la memoria di Mahsa Amini si sono trasformati in un grido di lotta per le persone che sono scese in piazza per insorgere contro l'oppressione, la dittatura e l'ingiustizia sociale. Sulla lapide temporanea di Mahsa c'è scritto: "Cara Gina, non morirai, il tuo nome diventerà un simbolo". Oggi, il nome di Mahsa Amini è davvero diventato il grido di lotta per le persone che insorgono per la libertà.
Negli ultimi
quarant'anni, il regime reazionario islamico dell'Iran ha usato la violenza
sistematica per imporre la sua volontà e per calpestare vergognosamente i
diritti sociali e umani del popolo iraniano, in particolare delle donne
iraniane.
La
Repubblica islamica dell'Iran ha visto aumentare la povertà, l'insicurezza
economica e sociale, ha favorito le pratiche di appropriazione indebita e l'ipocrisia
nello stato, ha saccheggiato la ricchezza nazionale per l'interesse personale dell'élite
dominante e dei suoi associati e si è resa direttamente responsabile di
violenza e crimini contro innumerevoli donne e uomini. Questi vanno dall'obbligo
dell’hijab e da leggi medievali contro le donne, alle torture, gli stupri e l'esecuzione
di centinaia di ragazze e donne delle organizzazioni di sinistra o mujahed durante
gli anni '80, agli eccidi di prigionieri politici nell'estate del 1988, all'esecuzione
di Fatemeh Modaresi, consigliere del Comitato Centrale del Partito Tudeh
dell'Iran nel 1989, al brutale assassinio di altri dissidenti come Parvaneh
Forouhar negli anni '90, e Zahra Kazemi, Zahra Bani Yaqub nelle camere di
tortura del regime, fino all'omicidio di Neda Agha Soltan in manifestazioni di
piazza. Queste atrocità continuano ancora oggi e la gente ha detto basta.
La negazione di responsabilità del regime per la morte di Mahsa Amini ha alimentato la rabbia della gente. Dapprima il regime ha dichiarato che Mahsa era morta a causa di problemi di salute, cosa che la sua famiglia ha negato con veemenza. La posizione contraddittoria del regime su questa tragedia, ripete le loro smentite e bugie subito dopo l'abbattimento dell'aereo ucraino sull'Iran da parte delle Guardie Rivoluzionarie nel dicembre 2019.
Il popolo iraniano ha dovuto convivere con le ricadute delle politiche neoliberiste del regime, con la povertà conseguente, l'approfondimento delle divisioni di classe e la diffusa corruzione, con i poveri, le donne e i giovani che ne hanno sopportato il peso maggiore e hanno poco da perdere in questa lotta ineguale.
Gli scontri di strada continuano ad estendersi in più di 80 città e paesi dell'Iran, nonostante l'accesso a Internet sia stato tagliato per impedire le comunicazioni. Le donne e gli uomini del nostro Paese hanno mostrato un coraggio indescrivibile nell’affrontare le brutali forze di sicurezza del regime e nonostante i pesanti costi di questa lotta impari – pugni contro proiettili – stanno resistendo. L'eco degli slogan della gente fa arrivare le loro proteste: "Morte alla dittatura", "Abbasso la teocrazia" e infine quel "Donna, vita, libertà" – slogan elevatosi sulle proteste per gridare le aspirazioni specifiche delle donne – che ci rammenta il detto di Marx secondo cui una società è libera solo quando le donne sono libere. Oggi le donne iraniane stanno lottando coraggiosamente per la loro libertà e per la libertà della società dalla teocrazia.
Da giovedì
22 settembre diverse organizzazioni, tra cui Iran Human Rights, hanno
annunciato che almeno 31 persone sono state uccise nelle proteste. Alcuni
rapporti portano questa cifra a 50. Ci sono notizie dell'arresto di un gran
numero di manifestanti, inclusi giornalisti, attivisti civili e politici,
donne, studenti ed ex prigionieri politici. Attualmente le carceri dell'Iran
sono piene di attivisti per i diritti dei lavoratori, insegnanti, minoranze
nazionali, minoranze religiose come i baha'i, dissidenti, artisti e studenti.
Il momento, il regime islamico continua la sua brutale repressione, tagliando Internet e l'accesso ai social network. Nel 2019, durante la rivolta popolare, furono uccise più di 600 persone innocenti tra cui 23 bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni. Anche allora il regime tagliò Internet (spense le luci sulle uccisioni) e ridusse spudoratamente il numero ufficiale delle vittime a 224. Allora il regime non ammise alcuna responsabilità nelle atrocità: nel settembre 2022 sta ripetendo la stessa brutale repressione antipopolare.
Anche oggi le armi del regime mirano al cuore delle donne e dei giovani iraniani. Ra'isi, il presidente del regime, fu uno dei principali autori dell'uccisione di migliaia di prigionieri politici nel 1988. Proprio mentre egli parlava di diritti umani all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 21 settembre, il quindicenne Abdullah Mohammadpur e il sedicenne Amin Ma'refat morivano sparati dalla polizia del regime. Gli arresti in massa continuano in tutto l'Iran.
La DOIW
condanna la brutale repressione del popolo e crede che la vittoria nella fiera lotta
che ci attende per i diritti e le libertà democratiche, la giustizia sociale e
la fine della discriminazione – in altre parole la realizzazione della richiesta
espressa dal grido "Donna Vita Libertà” – può essere assicurata solo
attraverso la lotta unita di tutte le forze sociali e politiche progressiste e
lo smantellamento della dittatura religiosa che governa l'Iran. La nostra
vittoria dipende dalla separazione della religione dallo stato e
dall'instaurazione di una repubblica nazionale e democratica in Iran.
Infine, la DOIW fa appello a tutte le forze progressiste
nel mondo, in particolare alle organizzazioni di donne progressiste, affinché
condannino questa ultima atrocità perpetrata dagli islamisti in Iran – l'arresto
e l'uccisione di Mahsa (Gina) Amini con l’accusa di comportamento fuori da
“leggi e decreti religiosi” – e le altre uccisioni di giovani, e condannino la
detenzione di chi si batte per la libertà nel nostro paese.
Con la vostra solidarietà potete estendere la portata di queste proteste e far sì che l'appello alla giustizia del nostro popolo coraggioso sia ascoltato in tutto il mondo.
23 settembre
2022