Un'ordinaria storia di "respingimento"
di
Ada Donno
La Casa delle Donne di Lecce ha incontrato la scrittrice algerina Aicha Bouabaci, autrice del romanzo "Il disordine umano raccontato a mio nipote", lunedì 25 luglio alle ore 20, presso la Libreria Ergot in Piazzetta Falconieri.
Quella narrata da Aicha Bouabaci nel suo romanzo
Il disordine umano raccontato a mio nipote è l’ordinaria storia di un "respingimento" (brutta parola coniata dal più recente Ordine politico europeo per definire l’atto del rifiuto, opposto ai migranti che risultino in difetto dei previsti documenti d’ingresso o di soggiorno, giustificato con la necessità della Sicurezza dentro quella che Aicha chiama la "frontiera dell’agiatezza e del progresso").
Una storia come tante, non particolarmente drammatica, priva di particolari raccapriccianti come quelli contenuti nelle cronache di Lampedusa, o della Libia, che descrivono corpi senza nome e senza storia alla deriva nel Mediterraneo.
Non sempre è necessario indugiare su dettagli orrendi per ottenere attenzione e forse comprensione. A volte basta dare un nome a quei corpi e farsi voce narrante delle loro piccole storie di dolore.
E’ la storia di Ibrahim, giovane uomo arabo immigrato in Germania da alcuni anni, di sua moglie Ibtissam, immigrata da un altro paese arabo, e del loro piccolo Yliès, che nasce in Germania.
Ibrahim, paria nella città globale, vive la condizione di tanti immigrati, con un lavoro precario e sottopagato, socialmente invisibile, facilmente ricattabile.
Sennonché Ibrahim nel suo passato di immigrato ha commesso un’infrazione: ha infranto qualcuna delle regole dell’Ordine. L’Ordine, si sa, tutela i cittadini legittimi ed è inflessibile verso chi, venuto da fuori, lo viola. La piccola famiglia deve andarsene, tornare là da dove era partita fiduciosa.
Un passaggio amaro per Ibrahim, che tornerà nel suo paese sotto il peso della sconfitta (bruciante per un giovane uomo appartenente ad una società mediterranea). Ma ancor più amara per Ibtissam che si troverà ricacciata in una realtà dove il patriarcato opprime le donne in quella maniera rude difficile da accettare per lei ormai.
E qui Aicha apre, ma sfiorandolo appena, un discorso importante: il disagio delle donne nel mondo arabo. Non è questo tuttavia il tema centrale del suo racconto, ma potrebbe esserne la continuazione..
Ciò che conta, comunque, è che la piccola famiglia non partirà nell’indifferenza totale: l’atto dell’espulsione diventa una piccola cerimonia, su cui Aicha indugia con tenerezza, a cui partecipano gli amici che restano dentro la frontiera e rappresentano l’ Umanità dolce e solidale.
Dalle pieghe di questa storia semplice Aicha estrae interrogativi stringenti anche per noi. A quale nazione appartiene il piccolo Yliès, nato da genitori immigrati in un paese europeo? Quali sono i suoi diritti? E’ giusto che già alla nascita incappi nei dispositivi di esclusione cui sono soggetti i suoi genitori?
E hanno senso le disquisizioni sullo jus sanguinis o sullo jus soli per stabilire i diritti di cittadinanza di una umanità mobile e plurale, com’è quella odierna delle migrazioni e della multiculturalità? Il gioco dell’inclusione/esclusione è davvero l’unico modo che hanno le comunità umane moderne per salvaguardare l’ordine? Ma poi: chi stabilisce cos’è ordine e che cosa disordine?
Non è disordine la condizione di un bambino che nasce in un paese, ma non può considerarsi cittadino di quel paese perché i suoi genitori sono immigrati?.
Non è disordine la condizione della famiglia di quel bambino, espulsa dal paese dove cercava di costruire onestamente il proprio futuro? E non è disordine l’indifferenza dei cittadini "legittimi" di quel paese davanti all’immigrato senza diritti e senza voce?
Non è disordine questo stato di guerra permanente dell’Occidente in nome della propria Sicurezza?
Non è disordine il mostruoso meccanismo di spreco di risorse dentro questa frontiera dell’agiatezza e del progresso? E che ordine è questo, di cui godiamo da secoli noi dentro la frontiera, grazie alle risorse sottratte all’umanità che sta fuori?
Costruire lo sguardo che può abbassare le frontiere è ciò che c’invita a fare Aicha. E può farlo, ci dice, quella "Umanità dolce e perseverante", multicolore, che scende nelle strade e gioiosamente e caparbiamente canta, disegna, scrive e racconta le sue possibili storie diverse.
Il disordine umano raccontato a mio nipote
di Aicha Bouabaci Edizioni Kurumuny, Martignano, 2011
Prefazione di Ada Donno
Traduzione di Viviana Ingrosso
Disegni di Rita Goffredo
si può richiedere a:
Awmr Italia, via G. d'Otranto 40, 73100 Lecce
Tel. 0832 348552
Prezzo: euro 7,50 (spese di spedizione incluse)