L’esperienza italiana della rete "Donne nella
crisi". Aspetti politici e campagne tematiche.
http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article865
Comunicazione presentata alla Conferenza pubblica "Women
in time of Crisis , the feminist movement in Europe" - Budapest 29 maggio
2015
La rete italiana “Donne nella crisi” nasce durante il Forum
Sociale Europeo del 2012 a Firenze (“Firenze 10+10). In quell’occasione una
serie di associazioni, gruppi, collettivi femministi europeo organizzarono
un’assemblea femminista (che fu partecipatissima tanto da indurre gli
organizzatori del Forum a concederci una sala molto più grande di quella che
all’inizio ci era stata assegnata) con l’obiettivo di confrontarci sulla crisi
e sulle donne dentro la crisi a partire da uno sguardo femminista. Uno sguardo,
cioè, che non nascondesse o negasse la dimensione sessuata delle dinamiche
economiche, sociali e politiche che hanno prodotto, in Occidente, la crisi del
modello neoliberista e che oggi condizionano pesantemente le risposte che a
questa crisi vengono date.
Durante l’assemblea vennero condivisi, a mio avviso, due analisi
importanti:
• quella che stiamo vivendo in Occidente è una crisi
profonda che investe i due sistemi di potere e di dominazione, cioè il
patriarcato ed il capitalismo. Una crisi però che non vuol dire che tali
sistemi siano moribondi. Anzi essi diventano via via più aggressivi come si può
vedere dalla forte avanzata di integralismi religiosi di varia natura, di
tentazioni autoritarie che mettono in crisi le già fragili strutture
democratiche ( del resto patriarcato e capitalismo non hanno necessariamente
bisogno di democrazia), della concorrenza sempre più spietata all’interno del
lavoro salariato, della costante precarizzazione del lavoro in tutte le sue
forme, della liberalizzazione selvaggia dei servizi e dei sistemi pubblici,
delle guerre; • la crisi investe tutti, donne ed uomini. Ma non nello stesso
modo né con la medesima intensità. Se si osservassero le ricadute della crisi
senza dimenticare o nascondere la dimensione sessuata si vedrebbe che sono le
donne a pagare il prezzo più alto perché doppiamente sfruttate sia nel mercato
del lavoro (salari più bassi, lavori più precari e precarizzati, minori
tutele,…) sia sul piano sociale (la scomposizione dei sistemi pubblici di
protezione sociale che costringe le donne, in particolare dentro la famiglia e
a partire dai ruoli storicamente ad esse assegnati, a colmare i vuoti che tale
scomposizione determina).
Durante l’assemblea fiorentina si delineò poi la drammatica
situazione della Grecia grazie alla testimonianza di alcune compagne greche che
ci spiegarono che , dopo i memorandum europei imposti dalla Troika, in quel
paese sciagurato per oltre un terzo della popolazione il sistema sanitario
pubblico venne cancellato. In particolare per le donne che non ebbero più
copertura sanitaria questo significò essere costrette a pagare il costo di un
aborto, di un parto, della degenza post-partum ecc.
Subito dopo l’assemblea del Forum Sociale di Firenze in
Italia si diede vita alla lista/rete femminista “Donne nella crisi” che fece
proprie le analisi di fondo sopra illustrate e assunse la situazione greca come
occasione per promuovere iniziative di informazione, di controinformazione e di
contrasto alle imposizioni della Troika.
“Donne nella crisi” (costituita da associazioni, collettivi, gruppi e singole) ha consentito di affinare ulteriormente l’analisi sulla crisi e di invitare all’attenzione su almeno quattro questioni di fondo:
• le politiche di austerità , fondate sulla costruzione
ideologica del debito pubblico ed imposte strumentalmente dalla Troika all’Europa
intera quale rimedio alla crisi mirano a disegnare un modello di società e
quindi di relazioni umane basate sullo sfruttamento, sull’esclusione,
sull’ineguaglianza e sull’alienazione;
• è vero che in questa crisi, le donne pagano il prezzo più
alto e sono al centro del conflitto ma è altrettanto vero che esse ci stanno
con una consapevolezza di sé e del mondo e con un’autonomia di pensiero che non
ha precedenti nella storia. E questo grazie il femminismo che, lo si riconosca
o meno, le ha rese maggiormente in grado di autodeterminarsi. O almeno di
provare a farlo. Le donne sono in prima fila in tutte le lotte ( ricordo il
movimento spagnolo di YO decido che ha vinto contro i tentativi di messa in
discussione della legge sull’aborto, della lotta delle donne delle pulizie in
Grecia vittoriose anch’esse, di alcune lotte in alcuni ospedali italiani che
rischiavano la chiusura);
• se è vero che il femminismo ha oggi una formidabile ragion
d’essere è pero altrettanto vero che esso deve ridefinire la propria
soggettività.. Quello di cui oggi si avverte la necessità non è un “sindacato
delle donne” che riaffermi, in modo stereotipato o meccanico, diritti, bisogni,
necessità (che pure esistono) ma di un femminismo capace di proporre
all’umanità intera un’alternativa di senso, di prospettive e di pratiche.
Un’alternativa che non riproduca le logiche che hanno generato la crisi ma che
indichi e sperimenti un altro modello di società capace di farci uscire dalla
preistoria delle relazioni umane a cui ci costringono i due attuali sistemi di
dominazione (patriarcato e capitalismo);
• un femminismo così audace e di rottura deve saper
recuperare le parole “rivoluzionarie” che caratterizzarono il femminismo degli
anni ’70 del secolo scorso : “il mio corpo mi appartiene; ed “il personale è
politico” per esempio. Parole che ci ricordano come non sia possibile tenere
separato il piano razionale da quello sentimentale e la politica dalle
passioni. Lo sanno bene i sistemi di potere dominanti che hanno sempre
utilizzato il potenziale simbolico evocato da sentimenti e passioni per imporre
il loro dominio anche sul piano culturale e nella sfera sentimentale. Come non
vedere, per esempio, che la precarizzazione del lavoro e la distruzione dei
sistemi pubblici consentono il diffondersi di paura, inquietudine, incertezza,
solitudine che, a loro volta, sostengono la costruzione di soggettività fragili
e disponibili all’assoggettamento. Per questo come rete “donne nella crisi”
abbiamo voluto affermare il carattere “rivoluzionario” della dimensione
solidale e del sentimento di solidarietà. Non una “solidarietà della miseria” e
nemmeno una sorta “carità pelosa” ma il desiderio di costruire legami solidali
fra coloro che lottano per “abolire lo stato di cose presenti”.
Le azioni concrete della rete hanno mantenuto una coerenza
di fondo con quanto sopra descritto. Per il momento ne sono state organizzate
4:
1) il tour in alcune città italiane di una compagna
femminista greca che ha illustrato e fatto conoscere la situazione della Grecia
e messo in guardia i rischi che un tale “laboratorio” sociale;
2) la campagna di solidarietà “in camper per Elleniko” che
ha consentito di promuovere iniziative in diverse città e raccogliere fondi a
sostegno della clinica autogestita di Elleniko. La clinica alle porte di Atene
prova a rispondere in modo solidale e con approccio neo-mutualistico ai bisogni
sanitari a cui quel che resta del sistema sanitario pubblico greco non riesce
più a far fronte;
3) un secondo tour (iniziato il 26 maggio scorso) di una compagna
greca e di una spagnola per mettere a confronto due forme di resistenza (il
neo-mutualismo greco e le lotte sociali spagnole) ed intrecciarle con la
situazione italiana.
L’esperienza della rete “Donne nella crisi” per ora
continua, e continua con tenacia.
*IFE Italia
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