26/07/14

GAZA 3 - OLOCAUSTO PALESTINESE


Genocidio del popolo palestinese,
chiamiamo pure le cose con il loro nome
di Renata Rusca Zargar

Ho il massimo rispetto per la sofferenza degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, tanto è vero che, come insegnante di storia, ho collaborato negli ultimi 15 anni con l’ANED (Associazione nazionale ex deportati) e, accompagnando i miei alunni, sono stata cinque volte a Dachau, Mauthausen, Gusen, Ebensee, poi ad Auschwitz-Birkenau e a Terezin.
Non so se vi è mai capitato di notare che le persone, colpite da una gravissima malattia o da una grande tragedia, si dividono in due stili di comportamento: diventano più buoni perché la loro sofferenza li aiuta a comprendere la pena degli altri o si trasformano in indifferenti, vendicativi, cattivi. Non so se avete mai sentito, inoltre, che i bambini vittime di violenza, da grandi, con molta probabilità, saranno violenti a loro volta.
Gli israeliani non sono diventati più buoni ma hanno perso completamente il rispetto per tutti gli altri esseri umani.
 
Le persecuzioni antisemite ricorrenti nei secoli in Europa, la Dichiarazione Balfour, lo sterminio della seconda guerra mondiale, fecero sì che l’Europa si liberasse del problema ebrei e li rimandasse in una terra che avevano lasciato dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme e la loro dispersione voluta dai Romani nel 70 d.C. e nel 135 d.C.
Nel frattempo, per tanti secoli, altri avevano vissuto in quelle terre.
Comunque, nel 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni unite stabiliva la nascita di due stati indipendenti: uno ebraico e l’altro arabo.
Intanto, l’Europa che, in generale, non aveva mai visto gli ebrei di buon occhio, tanto è vero che li aveva perseguitati e ghettizzati un po’ ovunque, si era tolta il problema.
Faccio un esempio che mi ha molto colpita quando sono stata a Cracovia.
In quella città, prima della seconda guerra mondiale, c’era una fiorente comunità ebrea di 60000-80000 persone. Oggi gli ebrei sono trecento. I polacchi, intanto, vivono sul turismo di chi va a visitare i campi (Auschwitz, Birkenau), forniscono guide, alberghi, ecc. Non sono gli ebrei che guadagnano raccontando la loro storia ma gli europei. Questo succede in tutti gli altri luoghi dove c’erano forti comunità ebree.
Perché l’Europa non ha ridato a quelle comunità gli spazi che gli ha portato via? Perché non hanno ricavato in Europa uno stato libero per gli Ebrei?
Perché non l’hanno fatto a Roma, visto che i romani sono i primi artefici di questa immane tragedia secolare che inizia proprio con la diaspora?
L’egoismo europeo e la regolare cecità politica ha scatenato una grande incognita.
I palestinesi? Nessuno li ha presi in considerazione: estromessi, resi profughi, marionette sottomesse a diversi interessi europei, americani e arabi, combattuti e combattenti con fondi e armi fornite dall’occidente (sia a loro che alla controparte –in varia misura- naturalmente).
Pazienza, nella storia si deve andare avanti.
Ormai un unico stato, con libero accesso a tutti gli ebrei del mondo e a tutti i palestinesi, che sarebbe stata la soluzione più ragionevole e civile, è del tutto impossibile.
Ma da quanto i palestinesi stanno aspettando di essere liberi? Di avere davvero uno stato?
I coloni israeliani continuano, nonostante tutto, a invadere i loro spazi mentre si costruiscono in continuazione muri e sbarramenti. Non si dice, forse, che “Gaza è una prigione a cielo aperto”?
Io non approvo il comportamento di Hamas: essi lanciano razzi (che non fanno danni), Israele risponde con forze gigantesche (America docet, in tutti i sensi) e massacra esseri umani che non torneranno mai più in vita. (Ad esempio, Piombo fuso aveva fatto 1400 morti palestinesi e 13 israeliani!)
Anche noi italiani, però, abbiamo combattuto le nostre guerre d’indipendenza, visto che eravamo soggetti ad altri stati/governi e abbiamo avuto un paio di milioni di morti (pure la I guerra mondiale si può considerare l’ultima delle guerre d’indipendenza).
Oggi, certo, i conflitti dovrebbero essere risolti con la diplomazia, specialmente per la consapevolezza delle tragiche guerre mondiali. Ma quale diplomazia?
L’ONU, come a suo tempo la Società delle Nazioni, ha fallito completamente il suo fine.
Il mondo brucia di guerre ovunque (Siria, Iraq, Africa, Ucraina, ecc.) e di fatti mostruosi (ragazze rapite, popolazioni scacciate) mentre si continuano a fabbricare e vendere armi (con grande profitto di quelli che stanno al riparo nelle loro belle case).
Il Papa dice che bisogna vincere la guerra con la pace.
Io sono totalmente d’accordo. Detesto la violenza persino verbale (altro che fisica!), e ritengo sacra la vita di ogni essere umano, da non mettere mai a rischio.
Fino ad ora, però, ci sono stati dal 1947, in Palestina, tanti conflitti, con conseguenti tregue fino allo scontro successivo, e la situazione è andata sempre peggiorando. Come si può sperare che un “cessate le armi” o una tregua cambi lo status quo?
Nella totale incapacità (o interesse) di mediazione del cosiddetto occidente, solo due leader coraggiosi e anticonformisti, uno in Israele e uno in Palestina, potrebbero fare davvero la pace e cambiare la situazione.
Nell’attesa che nascano, mentre Hitler ha tolto di mezzo dall’Europa sei milioni di ebrei, probabilmente, come ha detto lo "statista europeo Borghezio", l’ebola ci risolverà la questione immigrati e Israele, con l’aiuto di Hamas, eliminerà tutti i palestinesi.
Questa è la civiltà del terzo millennio.
Renata Rusca Zargar


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