Stato di agitazione permanente
24 e 25 novembre a Roma: report della manifestazione e dell'assemblea nazionale NUDM
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Da ormai 3 anni il movimento femminista e transfemminista in Italia e
nel mondo è potente e in costante trasformazione. Esprime radicalità condivisa,
autonomia e radicamento nei territori e si afferma come spazio di costruzione
di alternativa e motore di conflitto permanente e intersezionale contro la
violenza.
La fase politica attuale è segnata da un’avanzata autoritaria e reazionaria e dalla saldatura tra le politiche
neoliberiste e l’ordine patriarcale e razzista. In Italia, come nel mondo,
l’attacco ideologico in atto ha pesanti ricadute materiali. In questo contesto
il movimento femminista globale apre lo spazio di un grande processo di
soggettivazione politica ma anche di ricomposizione.
Lo Stato di agitazione permanente
lanciato a Bologna durante l’assemblea nazionale di Non Una di Meno del 6-7 ottobre è rapidamente diventato un
dispositivo potente di mobilitazione e di moltiplicazione delle lotte nei
territori. È un processo di opposizione alle politiche sessiste e razziste del
governo che non disperde, ma anzi potenzia la capacità affermativa, produttiva
e trasformativa della presa di parola femminista e transfemminista.
Un’opposizione che pratichiamo e che continueremo a praticare a partire
dall’elaborazione collettiva costruita in questi 3 anni e concretizzata nel Piano Femminista che ha anticipato le
risposte alle politiche patriarcali, razziste, neoliberali e securitarie, del
governo giallo verde. Un’opposizione che, proprio grazie all’analisi e alle
proposte che avanziamo, mette in luce sia le continuità con i governi
precedenti che le radicalizzazioni e le oppressioni portate avanti da questo
esecutivo.
A partire dal Piano Femminista costruiremo lo sciopero femminista dell’8
marzo e daremo corpo e sostanza alle rivendicazioni e alle battaglie aperte
contro il Ddl Pillon, il decreto Sicurezza, il reddito di
cittadinanza, l’attacco all’aborto libero, sicuro e gratuito. Lo sciopero sarà
politico e globale, darà voce a chi si oppone con tutte le sue forze alle
politiche reazionarie che in ogni parte del mondo cercano di schiacciare chi
quotidianamente lotta contro la violenza di questa società.
Come movimento femminista sveliamo la relazione tra il razzismo
istituzionale e la violenza sulle donne, frutto di uno stesso paradigma e
risultato della saldatura tra destra di governo, neofascisti e fronte cattolico
pro-life che passa anche attraverso le mozioni antiabortiste proposte nei
consigli comunali. Anche in questo caso non ci limitiamo a reagire contro le
pretese della Chiesa sui nostri corpi ma riaffermiamo la nostra
autodeterminazione rivendicando molto più di 194.
Costruiamo reti solidali e pratiche efficaci contro le molestie e le
discriminazioni sui posti di lavoro, contro il ricatto della precarietà e della
dipendenza economica. Rivendichiamo reddito di autodeterminazione, salario
minimo europeo e welfare universale contro le misure economiche e sociali del governo.
Rivendichiamo la varietà delle nostre reti affettive contro l’eteronormatività
del decreto Pillon. Rivendichiamo la possibilità per tutte di muoversi e di
restare: contro la violenza dei confini e il ricatto della clandestinità
rivendichiamo un permesso di soggiorno europeo, il diritto di asilo e la
cittadinanza senza condizioni. Rivendichiamo la libertà da stereotipi,
condizionamenti e ruoli sociali imposti, costruiamo spazio pubblico femminista
nelle città, sui media, nelle scuole e nelle università.
Riaffermiamo l’arma dello sciopero femminista – sciopero dal lavoro
produttivo e riproduttivo, sciopero dai e dei generi, sciopero dal lavoro
sessuale, sciopero ecofemminista e del consumo – come processo di attivazione
politica e sociale per le donne ma anche per tutte le soggettività precarie,
migranti, trans*, lesbiche, e chiunque non si adegua ai modelli di sessualità
dominanti. Rilanciamo la forza collettiva dello sciopero anche come possibilità
di sperimentazione di tempi di vita diversi, e pratiche di condivisione e
liberazione.
Intendiamo lo sciopero come uno strumento da reinventare per essere
all’altezza di questi percorsi e di queste pratiche. Bloccare produzione e
riproduzione sociale significa scioperare nei luoghi di lavoro, nelle relazioni
di cura ma anche radicarsi nei territori, significa preparare lo sciopero
stando in piazza nei momenti decisivi con la forza delle nostre parole e delle
nostre pratiche. Proprio per costruire lo sciopero è stata individuata
l’esigenza di articolare in modo diffuso spazi di elaborazione e confronto
sulle pratiche (case dello sciopero), per organizzare lo sciopero, per
immaginare insieme forme efficaci e concrete di astensione dal lavoro autonomo,
informale, gratuito e riproduttivo, strategie di sottrazione dal ricatto del
permesso di soggiorno e della precarietà attraverso la costruzione di casse di
mutuo soccorso altre pratiche di solidarietà, cosi come luoghi e strumenti di
alfabetizzazione sindacale sul diritto di sciopero (anche riprendendo vademecum,
grafiche e video). A tal fine ci proponiamo di costituire un gruppo di lavoro e
di raccordo tra le assemblee territoriali che si occupi praticamente di
informare e supportare le lavoratrici che vorranno scioperare.
A partire dalla consapevolezza che lo sciopero è un diritto delle
lavoratrici, la convocazione dello
sciopero generale parte da noi e da questa assemblea: lanceremo lo sciopero
con un appello potente che a partire dal lavoro femminile e femminilizzato
interpella tutti quei soggetti che si oppongono alla violenza maschile e di
genere, alla precarietà e al razzismo. Convochiamo lo sciopero dell’8 marzo a
partire dalla forza accumulata in questi tre anni di mobilitazione, dallo stato
di agitazione permanente espressa nei territori e nella marea femminista. Con
questa forza e determinazione costruiamo lo sciopero e il confronto con i
sindacati, nel segno della riappropriazione di uno strumento di lotta da parte
delle lavoratrici, che apre contraddizioni anche interne ai sindacati stessi.
Affermiamo la necessità, quindi, che i sindacati si facciano strumento di un
processo di opposizione e costruzione di alternativa che parte dai soggetti e
li veda protagonisti al di là delle organizzazioni e delle strutture sindacali.
In questa ottica incalziamo i sindacati perché sappiano mettersi al
servizio dello sciopero femminista,
garantendo la possibilità concreta di praticarlo in ogni settore produttivo.
Cogliamo, quindi, l’invito al congresso della Fiom, come occasione per porre
alle lavoratrici che saranno presenti lo sciopero come proposta politica da
sostenere in forme non simboliche ma effettive. Si mette a verifica la
possibilità di costruire un meeting
internazionale sullo sciopero globale delle donne che ci dia la possibilità
di un confronto politico anche sulle pratiche e sul processo della sua
costruzione, creando le condizioni di un rafforzamento della rete oltre i
confini nazionali.
Il meeting internazionale potrà anche essere l’occasione per un
ulteriore confronto anche nazionale, che incornici la nostra iniziativa nel
quadro globale.
Ci volete sottomesse, ricattate e sfruttate, noi scioperiamo! La marea che sale e arriva ovunque
traboccherà l’8 marzo. Saremo tempesta…
Non Una di Meno