07/05/22

Vediamoci a Madrid, al Summit per la Pace del 23-25 giugno!

 


La storia del femminismo è un grido globale per una pace duratura, non solo per ottenere un cessate il fuoco, ma per una trasformazione profonda di questo mondo violento fino all’affermazione della solidarietà, il rispetto reciproco, l’uguaglianza, i diritti, la cooperazione e la sostenibilità del pianeta!  Parliamone a Madrid, al Summit per la Pace del 23/25 giugno.

di Nora Garcia*

Questo anno 2022 è stato segnato, oltre che dalla guerra, da un 8 marzo in cui siamo tornate in piazza. Nella mia città, Madrid, decine di migliaia di donne sono uscite all'insegna dello slogan “diritti per tutte, tutti i giorni”. E queste "tutte" e questi "tutti i giorni" ci dicono che, per analizzare questa situazione dai contorni geopolitici molto pericolosi, non partiamo dal nulla, non siamo nel vuoto. Perché il femminismo agisce a partire dalla vita quotidiana di tutte noi che formiamo le nostre comunità.

È un onore poter parlare con donne così forti, donne del sud globale che conoscono e hanno così tanto da dire sulla guerra. Donne che sono nella battaglia delle idee, che in questa situazione mette a nudo le debolezze di una sinistra che deve ripensarsi e sviluppare un nuovo ambito di conflitto. Questo conflitto è con coloro che, in nome della pace e della democrazia, instaurano l'ordine dei mercati, della subordinazione e dello sfruttamento delle persone e delle risorse.

Il femminismo è un grido globale che ci offre una mappa in cui "noi" significa tutte e "tutte" offre delle risposte. Di fronte al “noi prima” di coloro che difendono l'alleanza criminale tra capitalismo, patriarcato e imperialismo, diciamo “noi insieme”. Per questo le donne di ogni parte del mondo sono scese in piazza per rendere visibile quell'orizzonte viola, in cui lottiamo per la pace in Ucraina, che a sua volta significa smantellare l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO).


In questo "tutte", non dimentichiamo nessuna. Lottiamo anche con le donne Saharawi contro il regime assassino di Mohamed VI in Marocco alleato dell'Europa. Lottiamo con le donne palestinesi contro l'apartheid israeliano sovvenzionato da Washington per controllare una regione del mondo a cui è stato impedito di decidere il proprio destino. Per lo Yemen, il Sahel e ogni luogo del mondo, le donne sanno che ora, proprio ora, quando tutto è frammentato, diviso, polarizzato, semplificato e dimenticato, dobbiamo fermarci, riflettere e dare una risposta collettiva: un'agenda femminista per la pace. Poiché abbiamo saputo fare egemonia, abbiamo costruito un nuovo discorso contro il neoliberismo.

Dobbiamo posizionare il nostro sguardo sul mondo, che è quello che allarga l'analisi, tesse alleanze e genera processi di cooperazione, solidarietà e sostegno reciproco, guardando sempre a chi soffre, chi è sfruttata, oppressa, resa invisibile. Questo è anche il motivo per cui, mentre loro organizzano il vertice sulla guerra nella mia città, Madrid, noi convochiamo il Vertice per la Pace "No alla NATO".

Dobbiamo spiegare gli argomenti importanti che sono in discussione a partire dalla nostra mappa: non perdersi, non creare un "noi" e le "altre", non guardare i dettagli che ci differenziano, ma organizzarci su ciò che possiamo dire insieme. Dobbiamo dirlo proprio con la nostra mappa, che rende visibile un mondo in cui l'attenzione deve spostarsi dal denaro alla vita delle persone e del pianeta, in cui la violenza va intesa come strutturale.

Quello che vogliamo è rompere le basi che generano questo sistema violento. Abbiamo quindi la responsabilità e la voce per dire che la guerra non è la pace, che la militarizzazione non previene le guerre, che questa presunta solidarietà militarizzata con l'Ucraina è di per sé una contraddizione. Naturalmente, dobbiamo dire che la guerra e la distruzione non sono inevitabili. La guerra è uno strumento per mantenere il dominio, lo sfruttamento e la paura, e la nostra responsabilità come femministe è sempre verso chi è oppressa.

“Non possiamo difendere il potere, dobbiamo sfidarlo. Di fronte al potere sugli altri per la guerra, generiamo un potere con gli altri per la pace”.

Noi femministe, come diciamo in Spagna, “abbiamo un piano”: cambieremo il sistema. Perché è questa base dell'iceberg che produce la violenza. Il capitalismo e il patriarcato usano la guerra contro di noi. Il sistema produce distruzioni e guerre che non sa come risolvere, e sta a noi raccogliere i pezzi, essendo il giubbotto di salvataggio della vita quotidiana. Sulle nostre spalle c'è la riproduzione sociale. Questo, in contesti di guerra, fame e povertà, si moltiplica. Noi femministe dobbiamo riempire di senso, strategia e articolazione politica una pace attiva, che difenda gli interessi dei “danni collaterali” o delle “perdite accettabili”, come ci chiamano. In particolare, l'economia femminista fornisce molte chiavi su come muoversi verso un sistema di pace e giustizia sociale.

Una rivendicazione femminista storica nelle mobilitazioni spagnole è "né la guerra che ci distrugga, né la pace che ci opprima". Questo perché comprendiamo che la pace non è solo un cessate il fuoco. È parlare di una pace duratura, che non ci sta nel capitalismo. Parlare di pace e femminismo, quindi, non è solo parlare di comunicati, è costruire una pace militante, una pace attiva, una lotta organizzata per spostare questi schemi di pensiero e questo potere che costruisce il consenso sul fatto che ci sono vite che contano e che vivono che non contano

Come dicevo all'inizio, davanti a questo contesto non siamo nel vuoto. Negli ultimi anni abbiamo lavorato insieme per costruire un grido globale, ma dobbiamo anche avere memoria. Quindi dobbiamo tornare a leggere le nostre donne-guida. Non possiamo dimenticarle. Quindi invito a riflettere con Clara Zetkin e Rosa Luxemburg e a leggere i dibattiti femministi prima della prima guerra mondiale. Riporto qui questa citazione di Clara alla 3a Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, che ebbe luogo nel marzo 1915:

“Chi beneficia della guerra? Solo una piccola minoranza in ogni nazione. I fabbricanti di fucili e cannoni, di corazze e torpediniere, i proprietari di cantieri navali e i fornitori delle necessità dell'esercito. Nell'interesse del proprio profitto hanno suscitato l'odio tra i popoli, provocando così lo scoppio della guerra. (…) I lavoratori non hanno nulla da guadagnare in questa guerra, ma sono esposti a perdere tutto ciò che è loro caro”.

Ci sono molti ingredienti che si ripetono per quanto riguarda gli interessi economici. Ora i nostri governi in Europa sanzionano la Russia, comprano il gas degli Stati Uniti e la gente non può pagarlo, l'industria delle armi prospera di nuovo, si creano nuovi rifugiati e nuove vite da fame e miseria, nasce l'odio, sorge la "russofobia", si censura Il lago dei cigni di Tchajkovskij , si chiudono gli occhi davanti al fascismo. Ci siamo già passati.

“E noi diciamo: mai più pace tra le classi e guerra tra i popoli. Gridiamo ancora insieme: pace tra i popoli, guerra tra le classi!”

Ricordiamoci che fu proprio l'8 marzo che le operaie di Pietrogrado scesero in piazza a reclamare pane e pace. Era il 1917. Quello che si scatenò dopo segnò la storia del mondo. Nel 1915, più di mille femministe si riunirono all'Aia per fermare la prima guerra mondiale. Denunciarono anche le conseguenze del Trattato di Versailles. Milioni di donne hanno marciato nel 20° secolo: in Vietnam, Algeria, Afghanistan, Iraq, Palestina, Sud Africa... E, non molti anni fa, le madri hanno camminato per Plaza de Mayo (Buenos Aires) perché nessuno dimenticasse i loro figli assassinati.

Tutta questa storia di lotta femminista per una pace duratura ci ha insegnato che la pace è fatta di coraggio e di lotta. Avanti sorelle, lottiamo per una pace che non sia solo un cessate il fuoco, ma una trasformazione da questo mondo violento alla solidarietà, rispetto reciproco, uguaglianza, diritti, cooperazione e sostenibilità del pianeta! Le armi non ci salveranno. Lo faremo noi.

Vediamoci a Madrid, al Vertice per la Pace del 23-24-25 giugno.

https://capiremov.org/analises/o-feminismo-e-um-grito-global-contra-as-guerras/

* Nora García vive a Madrid, dove svolge la sua attività femminista nell’ambito della Asamblea Internacionalde los Pueblos (AIP) e della piattaforma internazionale @NoColdWar, oltre che nell'Area Internazionale del Partito Comunista di Spagna e nell'Area delle Donne di Izquierda Unida. Questo articolo è una versione modificata del suo intervento nel dialogo «Mujeres contra las guerras» tenuto da Capire il 28 marzo 2022.




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