La NATO è l’equivalente illegale di una banda armata
"Se compariamo la legalità internazionale con la legalità
interna, possiamo dire che la NATO è paragonabile a quella che in un paese sarebbe
una banda armata e che anche il pretesto puramente difensivo, sotto cui è stata
coperta la sua nascita, non la rende più accettabile di quanto non lo siano i “gruppi
di autodifesa” in una democrazia".
"Ma per confrontare questa NATO con la legalità internazionale, è necessario ricordare prima di tutto in cosa consiste".
Promemoria sulla
legalità internazionale
Non si sottolineerà mai abbastanza che, anche se si fa di
tutto per ridurla alle capacità dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la
legalità internazionale si fonda anzitutto sulla Carta delle Nazioni Unite, che
per la prima volta stabilisce regole di diritto universali, obbligatorie per
tutti e uguali per tutti.
Fino al 1945 c'erano solo trattati bilaterali o
multilaterali tra potenze le cui alleanze e coalizioni si spartivano il mondo
attraverso guerre e trattati di pace.
La Carta proclama
valori e regole di portata universale ed egualitaria e fonda le Nazioni Unite
perché ne garantiscano il rispetto.
Ora, questa legalità internazionale si basa su due assi.
La pace innanzi tutto: 1) la padronanza di ogni popolo sui
propri interessi senza alcun intervento straniero, con il solo obbligo del rispetto
reciproco e 2) il divieto dell'uso o la minaccia della forza nelle relazioni
internazionali, da sostituire con l'obbligo di trovare una soluzione negoziata
alle controversie.
Ai sensi dell'articolo 2.4: «I membri dell'Organizzazione si
astengono, nelle loro relazioni internazionali, dal ricorrere alla minaccia o
all'uso della forza, sia contro l'integrità territoriale o l'indipendenza
politica di qualsiasi Stato, sia in qualsiasi altro modo incompatibile con le
finalità delle Nazioni Unite».
La Carta riconosce certamente il diritto alla legittima difesa,
ma solo finché non interviene il Consiglio di Sicurezza, che deve essere
richiesto immediatamente e mai con il pretesto della difesa preventiva.
L'articolo 51 prevede che «Nessuna disposizione della presente
Carta pregiudica il diritto naturale di legittima difesa, individuale o
collettiva, nel caso in cui un Membro delle Nazioni Unite sia oggetto di un
attacco armato, fino a quando il Consiglio di Sicurezza non abbia adottato le
misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionali».
Questo articolo prevede tale diritto di difesa (e d’assistenza:
“individuale o collettiva”) solo nel caso in cui un membro ne sia l'oggetto e
non nel caso in cui potrebbe esserlo. Troppe guerre sono state scatenate da
aggressori che pretendevano di essere minacciati, perciò è esclusa la difesa
preventiva.
Il diritto così istituito ha una portata universale (deve
applicarsi ai 193 paesi che compongono l'Assemblea degli Stati) ed egualitaria
(deve applicarsi allo stesso modo per tutti i paesi, in virtù del principio di
«uguaglianza delle nazioni grandi e piccole».
Ne consegue che la forza può essere usata solo dall'istanza
che rappresenta tutti i popoli, il Consiglio di Sicurezza, è ciò che si chiama
principio di sicurezza perché nessuno Stato o gruppo di Stati può appropriarsene.
E lo stesso Consiglio di Sicurezza può usare la forza solo per mantenere la
pace (impedire a due paesi di combattersi) o ripristinare la pace (difendere un
paese che è stato attaccato da un altro).
Infine, la Carta prevede la possibilità di costituire
organizzazioni regionali con il suo articolo 52.1, il quale stabilisce che «nessuna
disposizione della presente Carta osta all'esistenza di accordi e organismi
regionali destinati a dirimere questioni che, pregiudicando il mantenimento
della pace e della sicurezza internazionale, si prestino ad un'azione di
carattere regionale». Ma lo stesso articolo prosegue: «purché tali accordi e
organizzazioni e le loro attività siano compatibili con le finalità e i
principi delle Nazioni Unite» e l'articolo 52.2 prosegue: «I membri delle
Nazioni Unite che concludono tali accordi o che istituiscono tali organismi
devono adoperarsi per risolvere pacificamente attraverso tali accordi o
organismi le controversie locali prima di sottoporle al Consiglio di Sicurezza»
cioè a condizione che ciò sia conforme ai suoi principi: diritto esclusivo di
ogni popolo alla padronanza delle proprie faccende da parte del proprio Stato,
e relazioni pacifiche tra essi.
L’articolo 52.3 aggiunge che «Il presente articolo non
pregiudica in alcun modo l'applicazione degli articoli 34 e 35» (che trattano
delle competenze del Consiglio di Sicurezza in materia di mantenimento o
ripristino della pace).
Le organizzazioni regionali previste dalla Carta non sono
quindi intese in alcun modo come possano essere delle coalizioni militari,
anche se presunte difensive, contro i vicini della regione, ma come un mezzo
per tessere reti per la soluzione pacifica di possibili conflitti tra i paesi
membri della regione.
Questo promemoria è sufficiente per evidenziare le
molteplici ragioni dell'illegalità della NATO. A cominciare dalla doppia
illegalità originaria, quella della sua composizione e quella del suo
orientamento.
Prima illegalità, il fatto
stesso della sua composizione. La scissione del mondo in due campi è contro
il principio di unità universalista ed egualitaria.
Fin dall’origine, il trattato è contro lo spirito di questo
nuovo ordinamento giuridico mondiale, fondato sul diritto dei popoli
all'autodeterminazione, quindi senza discriminazioni derivanti dalla natura del
regime politico che si è scelto.
La Carta, infatti, si basa sulla coerenza dei principi di
universalità e di uguaglianza, che esclude ogni discriminazione in funzione
dell’organizzazione politica di cui un popolo si dota.
In questa logica, poiché all'epoca il mondo era diviso in
due sistemi antagonisti, per evitare ogni rischio di frattura, l'uso della
forza diviene di esclusiva competenza del Consiglio di Sicurezza e con la
condizione che i suoi cinque membri permanenti, che appartengono ad entrambi i
sistemi, concordino all'unanimità.
Ora, la caratteristica della NATO non è quella di
raggruppare i paesi di una stessa regione, come può essere l'Europa, ma gli “occidentali”
attorno ai loro tre membri permanenti contro una presunta minaccia proveniente
da quelli dell'est.
Seconda illegalità:
la sua composizione non ha nulla di regionale
Il Trattato del Nord Atlantico si preoccupa, a parole, di darsi
copertura legale di fronte alla Carta delle Nazioni Unite facendo riferimento
all'articolo 51 e all'articolo 52, ma è del tutto evidente che si tratta solo
di una precauzione di linguaggio perfettamente inutile.
Ma la Carta delle Nazioni Unite non ammette altre strutture
particolari se non in ragione di una cooperazione di vicinato di carattere regionale.
Ora, la NATO non è regionale né nel suo perimetro né nella
sua composizione.
Salvo localizzare il suo centro a Saint-Pierre e Miquelon,
un oceano non è una regione. Lo è ancor meno quando la presenza al suo interno
degli Stati Uniti spinge il suo perimetro fino alle sponde orientali del
Pacifico. E fin dalla sua creazione comprendeva l'Italia che non ha mai
confinato con l'Atlantico e, attraverso la Francia, si estendeva fino al Maghreb!
E da allora non ha smesso di espandersi verso l'Europa orientale.
Terza illegalità: l'attacco
all’autodeterminazione dei popoli
È degno di nota che, nelle parole, il Trattato del Nord
Atlantico si preoccupi di fare riferimento ai principi della Carta delle
Nazioni Unite per dichiararli propri.
Ma non è meno notevole che nel suo riferimento ai principi
della Carta si cercherà invano il minimo riferimento al diritto dei popoli alla
loro libera determinazione senza ingerenze straniere.
Si è troppo accreditata l’idea che la NATO fosse la risposta
al Patto di Varsavia.
Eppure il Patto di Varsavia é nato solo nel 1955, in
risposta alla NATO che è del 1949, inoltre l'obiettivo principale della NATO
non è rivolto all'esterno, ma all'interno. È una alleanza di Stati contro il
rischio di cambio di regime da parte dei loro stessi popoli.
Non bisogna dimenticare che nel febbraio 1948 i cechi fecero
la loro rivoluzione e passarono nel campo dei paesi socialisti, essenzialmente
nel rifiuto del “Piano Marshall”. La
creazione della NATO nel 1949 è una premunizione contro il rischio che ciò potesse
ripetersi altrove.
Al riguardo è molto chiaro l'articolo 4, il quale prevede
che le parti «si consultino ogni qualvolta, a giudizio di una di esse, sia
minacciata l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di
una delle parti».
Quindi, se c'è una minaccia ad uno Stato membro, non si
consulterà il Consiglio di Sicurezza, ma ci si consulterà tra i propri aderenti.
E non se uno dei paesi membri si sente minacciato. E non solo nella sua integrità
territoriale, ma nella «sua indipendenza politica».
Tutto il senso di ciò è dato dall'articolo 2 che scrive:
«rafforzando le loro libere istituzioni, assicurando una migliore comprensione
dei principi su cui si fondano queste istituzioni, sviluppando le condizioni
idonee ad assicurarne la stabilità (...), si sforzeranno di eliminare ogni
opposizione alle loro politiche economiche». Vale a dire, impedire sconvolgimenti
sociali e garantire i principi del
liberalismo e dell'economia di mercato.
Tuttavia, abbiamo visto che uno dei fondamenti essenziali
della Carta delle Nazioni Unite è il diritto dei popoli ad essere gli unici titolari
dei loro interessi e quindi della loro scelta delle modalità di governo e di
gestione economica.
È vietato alle stesse Nazioni Unite intervenire in questo,
anzi l'articolo 2.7 precisa: «Nessuna disposizione della presente Carta
autorizza le Nazioni Unite (esse stesse!) ad intervenire in materie che
riguardano essenzialmente la competenza nazionale di uno Stato».
Ma la Nato è
costruita sulla base dell'impostura ideologica. Infatti, per aggirare sia il
divieto di intervenire negli affari interni di un altro Paese, sia il divieto
di usare la forza nelle relazioni internazionali se non per soccorrere un Paese
aggredito, quattro anni dopo, nella conferenza di Caracas dell'Organizzazione
degli Stati americani gli Stati Uniti, per restare nei limiti della Carta e
della legittima difesa, fecero adottare una risoluzione secondo la quale un
cambiamento politico in un paese poteva essere qualificato come
"aggressione interna del comunismo internazionale", e se ne servirono
subito per intervenire militarmente in Guatemala
e rovesciare il governo Arbenz colpevole di aver nazionalizzato l'azienda
americana United Fruit.
Va anche ricordato che, se la NATO aveva già una sorella
maggiore nell'Organizzazione degli Stati
Americani, le fu assegnata una sorella gemella con la SEATO, l'Organizzazione del Trattato del Sud-Est
asiatico. Le tre organizzazioni si sono quindi completate a vicenda per
garantire una copertura mondiale sotto la guida degli Stati Uniti. Se si considera
che il ruolo preponderante degli Stati Uniti appare non solo nel suo comando ma
nel fatto che il trattato prevede che le adesioni siano ricevute e registrate a
Washington, la sua creazione si inserisce in un'operazione di quadratura del
mondo da parte degli Stati Uniti , essendo queste organizzazioni pseudo-regionali
completate da una rete di basi militari - di cui Okinawa, Diego-Suarez e Guantánamo
sono solo le più famose - e anche dalla non meno famosa "cintura
verde" con cui la strategia americana circondò l'Unione Sovietica di un
“muro” islamico, con Bin Laden in testa.
È chiaro che ciò costituisce un duplice attacco al diritto dei popoli all'autodeterminazione, molto attuale all'epoca del Trattato transatlantico, e quindi una sfida agli articoli 2.4 e 51 della Carta delle Nazioni Unite.
Quarta e principale
illegalità: violazione del principio di sicurezza collettiva
Abbiamo visto che la Carta delle Nazioni Unite vieta a
qualsiasi Stato o gruppo di Stati di arrogarsi un potere di polizia, che è di
esclusiva competenza degli organi di sicurezza collettiva, allo scopo di evitare
i potenziali conflitti coltivati dal sistema delle alleanze.
E le organizzazioni regionali previste dalla Carta non
possono in alcun modo essere intese come coalizioni militari, poiché devono attenersi
ai suoi principi.
Tali coalizioni sono quindi fortemente in contraddizione con
il divieto del ricorso alla forza o alla minaccia della forza, di privilegio
esclusivo degli organismi internazionali universali ed egualitari di sicurezza
collettiva, e per questo solo fatto non hanno più legalità delle bande armate e
sono invece in palese violazione delle regole di polizia ufficialmente e
legalmente organizzate e uniche legittime.
Ed è ancora una volta a parole e a fini di copertura
puramente formale che il Trattato del Nord Atlantico abbia definito nell'articolo
5 la funzione dell'Organizzazione come strettamente difensiva in questi
termini: «un attacco contro una parte sarà considerato come diretto contro
tutte le parti, e ciascuna, in virtù del principio di legittima difesa riconosciuto
dalla Carta, porterà aiuto alla parte l'attaccata».
Ma abbiamo visto che la difesa preventiva è vietata, e che
un trattato di mutua assistenza militare tra membri della stessa regione per
eventuali attacchi, fosse anche da parte di Stati estranei alla regione,
costituisce un'organizzazione di difesa preventiva e quindi non beneficia affatto
della copertura di legalità dell'articolo 52.
La NATO costituisce una sfida insolente a tutto questo, ed è stata creata in violazione di tutti i
principi della legalità internazionale.
Se si ammettesse, a torto, che il pretesto difensivo nei
confronti del blocco socialista sia stato il vero e unico oggetto del Trattato,
il crollo del blocco socialista e del
Patto di Varsavia avrebbe dovuto portare allo scioglimento della NATO privandola
della sua ragion d'essere.
Invece, non solo essa sopravvive, ma le ragioni della sua
illegalità si sono solo fatte più evidenti, con un disprezzo ancora più
insolente della sua pretesa vocazione e perfino della lettera del Trattato.
La NATO oggi sta
accumulando illegalità su illegalità.
Per quanto riguarda il suo regionalismo, i limiti dell'Oceano
Atlantico non sono solo più “elastici” fino all'Elba e all'Adriatico.
Nell’ammucchiata, ora ci sono la Romania e
presto l'Ucraina ad essere atlantiste.
Ma anche se si limitasse agli stati d’Europa, la NATO
sarebbe illegale, sia per la definizione dei suoi obiettivi che per il suo
carattere militare.
D’altronde, non mancano le dimostrazioni.
Ad esempio, la Jugoslavia non ha mai compiuto alcun attacco
armato contro alcuno Stato membro della NATO, e nemmeno l'Afghanistan, che
peraltro non può essere considerato rientrante nelle competenze regionali se
non partendo dal presupposto che l'entità delle conseguenze del riscaldamento
globale del pianeta abbia alzato il livello dell'oceano al punto da estenderne
le coste ad est dell'Afghanistan.
E lo stesso dicasi per l'intervento in Libia, dove certo ci
fu il mandato dell'ONU, ma ciò non fa che confermare come l'influenza dei
poteri finanziari sugli Stati li porti a piegare l'ONU ad essere il loro
strumento di governance a dispetto
del diritto che essa ha la funzione di fare rispettare.
Oggi più che mai, la NATO agisce apertamente, insolentemente
per ciò a cui era destinata: un corpo di
polizia militare (di intervento armato) secondo i propri criteri di
opportunità e legittimità come braccio armato del dominio del G20 sul mondo,
come gendarme mondiale del liberalismo.
È proprio la caratteristica dei “gruppi di autodifesa”.
Questa devianza si ripropone accentuata nella distorsione
dell'OSCE.
Che cosa era e cosa
dovrebbe ridiventare l'OSCE.
L'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) era alla sua nascita l'opposto e quasi antidoto alla NATO. Nel 1975, era
un prodotto dell’«Atto finale» della Conferenza di Helsinki.
Questo Atto è stato accantonato con il pretesto che era
stato firmato all'epoca dei due blocchi, e questo lo avrebbe reso obsoleto.
Ma anche se psicologicamente appesantito da questo segno di
arcaismo, l'Atto, composto dai risultati dei tre "rami" in cui si è
articolata la Conferenza (Diritti umani, Sicurezza reciproca, Cooperazione
economica), è stato firmato da tutti i governi d'Europa e, se lo si va a rileggere,
si vede che il suo contenuto non ha perduto nulla della sua pertinenza esemplare.
Mentre nel campo dei Diritti Umani prevedeva modalità di
scambi di esperienze e visite di monitoraggio reciproche, il capitolo sulla cooperazione
economica organizzava quest’ultima tenendo conto e nel rispetto reciproco della
differenza tra il sistema che privilegia l'economia privata e quello che
privilegia l'economia pubblica.
Quanto alla sicurezza reciproca, essa si basava su
prospettive di disarmo garantite da misure di fiducia quali in particolare delle
ispezioni reciproche.
Certo, è stato solo un inizio, e non basta che esista un
testo per farlo funzionare. Ma l'intenzione e il programma andavano nella
giusta direzione e l'OSCE era parte degli strumenti di attuazione. In particolare,
doveva garantire quella funzione per la quale la Carta delle Nazioni Unite
prevede le organizzazioni regionali, cioè prestarsi alle concertazioni e alla
soluzione negoziata dei conflitti.
Dopo il crollo del sistema dell'Europa orientale, purtroppo,
una logica alquanto ingenua avrebbe indotto a pensare che la scomparsa di un
importante motivo di opposizione, lungi dal rendere obsoleto l'Atto Finale, ne
avrebbe reso più facile l'attuazione e l'OSCE ne poteva essere lo strumento
utile.
Ebbene, dopo solo otto anni finisce che l'OSCE si riforma per mettersi al servizio del gendarme. Questo è
diventata l'OSCE.
È infatti nel 1999 (anno della spedizione contro la
Jugoslavia), che l'OSCE riunita a
Istanbul si dà una nuova Carta che ne capovolge la missione, per farne
prima uno strumento di polizia non solo sugli Stati ma sulla politica interna che
i popoli si danno e contro il diritto dei popoli a decidere di se stessi.
Viene dapprima proclamato, sotto il titolo “Sfide comuni”,
che «le minacce alla nostra sicurezza possono derivare dallo scoppio di
conflitti sia all'interno di uno Stato che tra Stati».
E l'intervento negli affari interni diventa una tale
priorità che il “Documento di Istanbul”
vi dedica la maggior parte delle sue nuove disposizioni.
Inizia includendo nei suoi obiettivi «creare squadre di assistenza
e cooperazione rapida», «rispondere rapidamente alle richieste di assistenza e di
avvio di grandi operazioni civili sul campo» e, perché sia ben chiaro, aggiunge
«sviluppare la nostra capacità di svolgere attività di polizia al fine di
contribuire al mantenimento dello stato di diritto».
Forse i fautori del "diritto" di ingerenza in caso
di gravi attentati ai diritti umani applaudiranno, anche se l'esperienza
insegna che i Diritti Umani possono essere un ottimo alibi per interventi
altrimenti ispirati.
Ma la nozione di "stato di diritto" è intesa in
modo diverso.
Il Documento di Istanbul indica che «dobbiamo sviluppare la
fiducia tra gli individui all'interno dello Stato» (in altre parole “pace
sociale”). Ma soprattutto, affermando così la sua missione di gendarme del liberalismo economico, essa
precisa: «Reagiremo più vigorosamente (…) favorendo l'economia di mercato».
Certo, si copre la guardia aggiungendo «pur prestando la dovuta attenzione
(sic) ai diritti economici e sociali», ma se non perdiamo di vista il fatto che
questo è stato scritto nel 1999, apprezzeremo particolarmente l'occhiolino
strizzato ai paesi di Europa dell'Est: «Applaudiamo al processo di
trasformazione economica senza precedenti che sta avvenendo in molti Stati
partecipanti. Incoraggiamo questi stati a continuare questo processo».
È infine il caso di notare che la prima affermazione della
Carta di Istanbul precisa che la piattaforma che essa costituisce è intesa a «rafforzare
la cooperazione tra l'OSCE e le altre organizzazioni e istituzioni internazionali»,
ma è anche il caso di ricordare che, in quello stesso momento, la NATO si scatenava
contro la Jugoslavia, con il pretesto dei Diritti Umani, appena dopo che
quest'ultima si era rifiutata di sottoscrivere gli accordi di Rambouillet, la
cui clausola segreta la obbligava a privatizzare l’economia.
Tanto che, in occasione di un incontro internazionale, allorché
veniva constatato che l'OSCE si era discostata parecchio dallo spirito
dell'Atto Finale di Helsinki che l'aveva originata, un diplomatico che
partecipava alla direzione dell'Organizzazione rispondeva attribuendole il
merito di aver lavorato per la transizione degli ex paesi socialisti verso
un'economia di mercato e un altro, facendogli eco, riassumeva così: «L'OSCE è
il metodo morbido e la NATO il metodo duro».
E il cerchio si chiude quando la "Carta di Istanbul" completa il suo ruolo di vettore civile della
NATO e la sua estensione geografica al di là di ogni criterio regionale,
dichiarando: «Riaffermiamo che la sicurezza delle aree limitrofe, in
particolare della regione mediterranea e delle aree in stretta prossimità degli
Stati partecipanti, come quelli dell'Asia centrale, rivestono un'importanza
crescente per l'OSCE. Siamo consapevoli che l'instabilità delle aree crea
problemi che riguardano direttamente la sicurezza e la prosperità degli Stati
dell'OSCE». Questo è il motivo per cui la NATO sta dove sta in Afghanistan.
La NATO non è quindi né un'organizzazione regionale né
un'organizzazione di difesa comune ai sensi della Carta delle Nazioni Unite.
Tende sempre più ad affermarsi come un'organizzazione militare che partecipa a
un sistema globale chiamato a sostituire il sistema previsto nel Capitolo VII
della Carta con una funzione di polizia globale che va ben oltre il
mantenimento o il ripristino della pace.
Sappiamo che ci induce a costose spese militari sulle quali non abbiamo alcun controllo, che
ci conduce e può condurci in qualsiasi momento in avventure in cui ci rimettiamo
sia uomini che la nostra immagine internazionale per cause che non sono le
nostre. Alcuni, pur trovando difficile acconsentire a ciò, si rassegnano
pensando che siamo legalmente obbligati a farlo. Vale la pena far loro sapere
che la legge non solo non ci obbliga a farlo, ma dovrebbe indurci a ritirarci
dalla NATO e combatterne l'esistenza.
È tanto più necessario saperlo e far sapere che il diritto è una lotta e che i testi
hanno valore solo in base a questa lotta. Opporsi a un'ulteriore integrazione
nella NATO e lavorare per il ritiro è una lotta, al pari della lotta per imporre il rispetto della
legalità internazionale.
Quando il Preambolo alla Carta delle Nazioni Unite proclama:
«Noi popoli delle Nazioni Unite (…) abbiamo deciso di unire i nostri sforzi. Di
conseguenza, i nostri governi hanno firmato questa Carta», ciò conferisce all'intervento dei Popoli una
nuova dimensione di cittadinanza che, portando la nozione di sovranità popolare a livello mondiale,
legittima l'azione dei popoli, sulla base dei principi di legalità, comunità
internazionale e conferisce loro non solo il diritto di farlo, ma anche la
responsabilità di farlo.
È quindi diritto del nostro popolo esigere dal nostro governo il ritiro dalla NATO e chiederne lo
scioglimento piuttosto che aggravare il nostro coinvolgimento in essa e nelle
responsabilità nei confronti di altri popoli.
[1] L’articolo
è stato scritto da Monique Picard e Roland Weyl presumibilmente del 2007, come
si può evincere dal testo. https://iadllaw.org/2022/06/lotan-et-la-legalite-internationale-monique-et-roland-weyl/
[2] Monique
Picard e Roland Weyl sono stati giuristi e avvocati francesi impegnati nelle
lotte per i diritti umani e la pace. Il 6 novembre 2021, l'Associazione
Internazionale dei Giuristi Democratici (IADL) ha ospitato un omaggio a Monique
e Roland e alle loro vite dedicate alla lotta e alla ricerca della vera
giustizia e solidarietà internazionale. L'evento, convocato online, ha riunito
voci di tutto il mondo della IADL perché testimoniassero i propri ricordi, gli apprendimenti
e le analisi che si sono sviluppati attraverso le loro interazioni e il lavoro con
Monique e Roland nel corso degli anni Gli
atti di quel convegno sono stati pubblicati nel numero speciale di International
Review of Contemporary Law rivista della IADL nell’aprile 2022. Fra le testimonianze, quella di France
Weyl, figlia di Monique e Roland, che della madre dice: «Monique n’était pas «
seulement une féministe », elle était totalement et profondément engagée dans
toutes les luttes des peuples. Elle était profondément, viscéralement
pacifiste. Elle était profondément engagée dans la lutte pour la libération et
le respect des droits des hommes et des femmes ». https://iadllaw.org/2022/04/intervention-de-france-weyl/
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