La dichiarazione di guerra del 30° Vertice NATO a Madrid. La dichiarazione di pace del controvertice dei movimenti che si oppongono alla guerra e alla NATO, convenuti da ogni parte della Spagna e del mondo.
di ADA DONNO *
Il Vertice per la Pace, convocato a Madrid il 24, 25 e 26 giugno da una piattaforma unitaria e internazionale di organizzazioni, movimenti e reti sociali che difendono la pace e si oppongono alla guerra e alla NATO, ha preceduto di pochi giorni il 30° Summit militarista dell'Alleanza Atlantica convocato nella capitale spagnola e ufficialmente annunciato come occasione di rilancio dell’Alleanza Atlantica quale forza militare globale, in grado di intervenire a 360° e con capacità offensive, moltiplicate otto volte rispetto a quelle attuali, contro chiunque ne ostacoli l'espansione e osi resistere al predominio occidentale sul mondo.
I soggetti organizzatori del vertice –
spagnoli ed internazionali - coprivano uno spettro politico ampio: tra i
firmatari del documento di convocazione del controvertice figurano
organizzazioni politiche della sinistra e della società civile, da Isquierda
Unida al Partito della Sinistra Europea, a Transform! Europe, all’Asamblea Internacional de losPueblos, al Foro di São Paulo e numerosissimi altri. Un fitto programma di panel e workshop ha
impegnato centinaia di partecipanti nelle due giornate del 24 e 25 giugno.
Ci tengo a sottolineare che la nostra
partecipazione dall’Italia, per quanto esigua nel numero, non era però
occasionale, bensì inserita nella continuità di un lungo percorso di
costruzione di relazioni internazionali attraverso il Gruppo Femm Società della
cura, la rete delle Case delle Donne, la FDIM Europa (in posizione di rilievo
fra i soggetti convocanti) e la WILPF.
Aggiungo inoltre che, a latere del
Vertice per la pace, il 24 giugno abbiamo tenuto (in modalità ibrida con base
nella sede di Madrid della Fondazione Rosa Luxemburg) una riunione europea in
preparazione dell’Assemblea Femminista del prossimo Forum europeo che si terrà
ad Atene in ottobre.
Al di là di immancabili differenze nella
lettura e nella narrazione, che non hanno potuto evitare che si producessero distinte dichiarazioni finali, ciò che conta è la convergenza nella
manifestazione unitaria dei 30mila che ha percorso, combattiva e colorata, le
strade di Madrid da Atocha a Plaza de España, intorno alla comune parola
d’ordine: No ai signori della guerra riuniti nel Vertice NATO, Pace a 360°.
Il Vertice per la pace si è posto,
come dicevo, come alternativo al Summit NATO del 29-30 giugno che, come preannunciato,
ha pesantemente riconfigurato il ruolo offensivo dell’Alleanza Atlantica. Nella dichiarazione finale dei capi di governo
riuniti nel vertice, caduto ogni infingimento, il “nuovo concetto di sicurezza”
riconfigura la NATO quale forza militare globale pronta ad intervenire, ormai fuori
da qualsiasi mandato delle Nazioni Unite, ovunque nel mondo contro chiunque ne
ostacoli la proiezione di potenza a 360°.
La visione di "Nato globale" articolata per la prima volta nel vertice del 2006, ora è divenuta una strategia in base alla quale l’Alleanza Atlantica, sotto il comando degli Stati Uniti, si attribuisce senza più alcuna circospezione il ruolo di gendarme del mondo, applicando un aleatorio quanto provocatorio schema di ripolarizzazione degli schieramenti mondiali: da una parte i buoni, chi sta nella NATO e con la NATO, dall’altra i cattivi, quelli che non ne accettano la supremazia e quindi sono nominati “nemici”. In testa la Russia, definita “minaccia immediata”, e a seguire la Cina, definita “minaccia a lungo termine” perché si porrebbe come “sfida ai valori e interessi dell’Occidente”.
Dichiarazioni di una pericolosità e
gravità inaudita, anche perché questa NATO così riconfigurata si prepara a
sostenere il ruolo attraverso un riarmo forsennato, dall’Atlantico al Pacifico.
Chiaro che gran parte della
discussione nel controvertice si dovesse concentrare – com’è avvenuto – sulla prefigurazione
di un modello di sicurezza globale alternativa, demilitarizzata e comune,
basata sul ripristino della legalità internazionale rappresentata dalla Cartadelle Nazioni Unite, sullo smantellamento ecologico degli armamenti di
distruzione di massa, su una drastica riduzione delle spese militari e sulla
prospettiva di una nuova “era geopolitica” senza imperi egemonici né gendarmi
mondiali. Un nuovo ordine globale multipolare e multicentrico – si è detto – basato
non sullo scontro tra potenze ma sulla responsabilità condivisa verso la vita e
i viventi nel pianeta.
Mi preme, a questo punto, fare poche
considerazioni, che riguardano il nostro che fare. La prima è che questa sciagura non ci cade
addosso inaspettata. Nel seminario femminista internazionale su “Cura e incuria”del 23 e 24 ottobre 2021, abbiamo molto ragionato sui pericoli incombenti del
militarismo e del riarmo, sulla pericolosa riproposizione delle logiche della
guerra fredda – l’invenzione del nemico – e della contrapposizione
occidente/oriente e nord/sud fino alla formula, che sembrava cancellata dalla
storia, dello “scontro di civiltà”. Invece non sono fantasmi del passato, bensì
lavori in corso, a cui i signori della guerra si dedicano alacremente, capaci di
vanificare ogni faticosa costruzione alternativa, compresa quella delle donne
in questi ultimi due anni che abbiamo chiamato “paradigma della cura”.
Ci sembrava che la pandemia avesse aperto
gli occhi di molte e molti sulla necessità di assumere la cura come paradigma
politico: cura non solo come rimedio alla malattia – dicevamo nel nostro
seminario – ma come fondamento delle relazioni umane e dei rapporti degli umani
con tutto il vivente. Nell’idea che noi donne possiamo avere parola decisiva
per questo salto di paradigma, dalle guerre per il profitto alla cura del
pianeta, ci abbiamo creduto. E ci crediamo ancora.
Tuttavia abbiamo visto come
l’emergenza della pandemia sia stata gestita ancora una volta all’insegna del
profitto e dell’approfittarsi. Poi è stata la guerra in Ucraina (che abbiamo
sentito di più perché più vicina delle decine di altre guerre in corso), e con
essa il rinnovato furore atlantista, a farci fare un salto indietro nella
nostra narrazione della realtà.
Che fare, dunque. Intanto capire e far
capire che pace e sicurezza sono incompatibili con ciò che è stato deciso e
sottoscritto dai governi della NATO a Madrid, vale a dire che ci si prepara
alla guerra per non perdere l'egemonia sul mondo: ogni tipo di guerra, non
esclusa quella nucleare, fuori da ogni legalità internazionale. Questo hanno
detto in sostanza i governi riuniti a Madrid.
È vero che certe dinamiche non sono
immediatamente decifrabili per la maggior parte della gente, tanto più che
nella dichiarazione della NATO sono presentate con termini apparentemente
innocenti come Nuovo Concetto strategico, Sicurezza allargata, Nuovo Ordine
basato su Regole, Resilienza e altri come Sviluppo tecnologico e
Digitalizzazione. E perfino facendo mostra di sensibilità verso i grandi temi
che ci stanno a cuore, come il Cambiamento climatico e i Diritti delle donne.
Intanto, diciamo parole chiare su
qualsiasi discorso di “gender equality” nella NATO. No grazie, essere cooptate
ai vertici di una organizzazione guerrafondaia non c’entra nulla col femminismo.
Come non c’entra la cooptazione ai vertici di banche e istituzioni finanziarie che
gettano nella indigenza più nera la grande maggioranza delle persone.
Poi diciamo che la vera sicurezza
umana non può che essere fondata su una pace duratura a 360°, sulla
condivisione di risorse e tecnologie, sulla giustizia sociale e ambientale,
sulla transizione verso l’azzeramento degli arsenali militari. Questo abbiamo detto
nel controvertice di Madrid. Da qui ripartiamo.
* L'articolo è stato pubblicato su Transform!Italia
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