20/12/22

L'intrappolamento di Julian Assange

 ...si avvicina la sentenza della “Camera Stellata"


Lo scorso 10 dicembre, giornata mondiale per i diritti umani, si sono tenute in molte capitali del mondo sit in davanti alle ambasciate Usa per chiedere la liberazione di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks perseguitato da 13 anni per avere documentato agli occhi del mondo i crimini di guerra degli Stati Uniti.  In questo articolo, l’attivista statunitense Ellen E. Taylor ha ricostruito per Socialist Action il calvario di Assange, che nella prigione di Belmarsh attende la decisione della Star Chambre, l’Alta Corte inglese, sull’estradizione negli Usa. Nonostante diversi importanti quotidiani internazionali che hanno pubblicato articoli basati su documenti Wikileaks abbiano recentemente chiesto al governo degli Stati Uniti di lasciar cadere le accuse, contro di lui si profila un processo da tribunale illegale.

di Ellen E. Taylor*

Il 28 novembre il New York Times, Der Spiegel, The Guardian, Le Monde e El Pais hanno inviato una lettera aperta al mondo, in cui si afferma che «il governo degli Stati Uniti dovrebbe smetterla di accusare Julian Assange di aver pubblicato segreti di Stato».

Questa lettera è imperdonabilmente tardiva. Julian è stato sepolto vivo per oltre un decennio. Da quanto viene riferito, è in condizioni terribili. Pare che in questo paese siamo diventati tolleranti nei confronti di pene detentive interminabili, e che scopriamo l'innocenza delle vittime solo molto tempo dopo che le loro vite sono state distrutte.

Nella lettera, questi "Papers of Record" non fanno menzione della parte che essi stessi hanno avuto nella distruzione di questo essere umano. Hanno persino il coraggio di ricordarci le loro riserve sul caso di Julian, a proposito della criptazione/redazione e l’hackeraggio, questioni che sono state definitivamente messe a tacere anni fa, durante processi, le udienze e una testimonianza ritrattata. Inoltre, essi stessi hanno partecipato alla campagna diffamatoria, che ha trasformato Julian in un paria, lasciato marcire in condizioni orribili che sono state equiparate dalle Nazioni Unite a torture.

La manipolazione della percezione, secondo il Dizionario dei Termini Militari e Associati del Dipartimento della Difesa, consiste in «azioni volte a trasmettere e/o negare informazioni selezionate al pubblico per influenzarne le emozioni, motivazioni e ragionamento oggettivo... che alla fine risultano in comportamenti e azioni ufficiali favorevoli agli obiettivi dell'originatore. In vari modi, la manipolazione della percezione combina proiezione della verità, sicurezza delle operazioni, copertura e inganno ed operazioni psicologiche».

Come funziona questa gestione della percezione è illustrato da Nils Melzer, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura dal 2014 al 2022, che quest'anno ha pubblicato un libro, The Trial of Julian Assange. Durante la sua carriera, egli ha intervistato centinaia di torturatori, vittime di torture, prigionieri di guerra e altre persone sottoposte a trattamenti crudeli, inumani o degradanti, in tutto il mondo. In molti anni di esperienza ha potuto discernere la verità dalle bugie e svelare calunnie di ogni genere. Tuttavia, quando ha ricevuto un appello dal team legale di Julian Assange, alla fine del 2018, che chiedeva protezione da trattamenti disumani durante la sua reclusione presso l'ambasciata ecuadoriana a Londra, Melzer l'ha accantonato.

Demonizzazione di Assange

La sua scrivania era piena zeppa di incriminazioni di tortura, prigionieri a rischio, possibili crimini di guerra. Per lui, "come per la maggior parte delle persone in tutto il mondo, Assange era solo uno stupratore, nichilista, un hacker, una spia, un narcisista". Melzer aveva del lavoro più importante da fare. «Come tanti, ero convinto di conoscere la verità (su Assange), anche se non riuscivo a ricordare bene da dove provenisse quella conoscenza».


Quando tre mesi dopo arrivò un appello più urgente, si costrinse a dare un'occhiata più da vicino e subito si pentì del suo pregiudizio pericolosamente sciocco: «Ciò che mi ha turbato di più è stata la facilità ipocrita e l'incrollabile certezza con cui avevo accettato una narrazione in gran parte priva di fondamento come un fatto indiscutibile».

Osservando di non aver «mai visto un caso simile in cui una persona è stata sottoposta a nove anni di indagini preliminari per stupro senza che fosse stata presentata un'accusa», si è subito immerso nell'indagine non solo riguardo alla denuncia per tortura degli avvocati di Assange, ma anche sul gioco al massacro di cui si era evidentemente disinteressato.

L'integrità di Assange è rivelata in modo convincente nella sua autobiografia. La gente non dovrebbe essere scoraggiata dal leggerla solo perché non è autorizzata. Assange l'ha scritta nel 2011, mentre era fuori su cauzione e confortevolmente ospitato nel maniero del 18° secolo di un suo amico a Norfolk. Dopo che uno scrittore professionista l'ha ripulita, egli l'ha riletta e l’ha ripudiata, con lo stesso spirito con cui le persone bruciano i loro vecchi diari, con il commento: «Tutte le memorie sono prostituzione». Tuttavia, siccome aveva già speso l'anticipo in avvocati, il libro lo abbiamo e, per evitare di subire il lavaggio del cervello come Nils Melzer, con la campagna diffamatoria a cui i “Papers of Record” hanno così cinicamente partecipato, è indispensabile leggerlo.

Biografia di Assange

I detrattori di Julian, i giornalisti, i politici, gli intervistatori e i cineasti, dopo avere scagliato le loro calunnie su Julian, motivano le loro invettive riferendosi alla sua infanzia “profondamente traumatica”, che avrebbe plasmato il suo carattere: vanitoso, avido, arrogante, manipolatore, bugiardo, ladro, autistico, "nello spettro", narcisista e così via. La narrazione contenuta in questa autobiografia, invece, rivela una persona completamente diversa, una persona meravigliosa: obiettiva e analitica sul suo passato, calma, lirica e umoristica. I suoi ritratti di persone che ha incontrato lungo la strada mostrano un'attenta osservazione ed empatia:

«La prima infanzia è molto importante, credo. Ti dà tutta la tua capacità di meraviglia. Mia madre aveva il dono di amare e dir rendere la vita più interessante di quello che era. Magnetic Island (al largo dell'Australia) era un luogo abitato dalla libertà, un bellissimo Eden... gran parte dell'energia della mia famiglia era dedicata alla vita all'aria aperta... nuotavamo tutti i giorni e poi pescavo con mio nonno... Ricordo quando scendevo giù per le colline con mia madre sulla sua bicicletta e mentre correvamo allungavo le mani e cercavo di afferrare i frutti dagli alberi…».

Era circondato da adulti premurosi che rispondevano pazientemente alle sue domande e gli permettevano di pensare da solo. Questi adulti partecipavano vigorosamente ai movimenti contro la guerra e alle manifestazioni contro i test nucleari nel deserto australiano. Portavano Julian con sé. Per un po' Julian ha condiviso la loro vita di burattinai itineranti e l'inevitabile reazione pregiudiziale delle comunità rurali verso gli intrusi. La descrizione di Julian della loro casa che bruciava a Magnetic Island descrive il tempo e il clima come un fattore formativo nella natura umana:

«L'atmosfera era umida e il caldo forse rendeva le persone letargiche; l'atmosfera è importante in Australia e in molti luoghi, crea non solo uno stato fisico nelle persone ma anche uno stato mentale... un giorno tornando su per la collina scorgemmo la nostra casa in fiamme. C'erano una ventina di persone intorno... nessuno stava tentando di spegnere l'incendio. Ricordo uno dei vicini che rideva e diceva che non avremmo sopportato il caldo. Era tutto molto sinistro e ricordo che i vigili del fuoco ci misero 40 minuti ad arrivare…. quel fuoco è il mio primo ricordo molto netto e complicato... comportava livelli di complicazione che avrebbero continuato ad affascinarmi... notavo per la prima volta nella mia vita come l'autorità potesse prendersela comoda e come la burocrazia potesse avere una pietra al posto del cuore... c'era qualcosa di demoniaco nel modo in cui lasciavano che la "natura" facesse il suo corso».

Con allegria descrive la fuga di uno degli amanti di sua madre, padre del fratellastro, in un'auto fatiscente con un gallo rumoroso e un alveare di api. Questa è l'esperienza profondamente traumatica che i media ostili invocano come fonte di tutti i disturbi della personalità che si accumulerebbero in lui. Lo stesso Julian ha fatto riferimento alle conseguenze psichiche, quando descrive un periodo in Islanda in cui la sua "batteria era scarica" ​​e c'era poca luce del giorno:

«In qualche modo molto banale, sin da quando ero bambino sono stato in fuga da un oscuro inseguitore, e mia madre mi ha portato attraverso il paese per sfuggire al suo stalker».

La sua esposizione pubblica dell'esperienza, tuttavia, conferma una soluzione di successo. In maniera ancora più decisiva, lo stesso Julian ha eliminato l'inseguitore: «qualcosa nel modo in cui l'ho detto ha assicurato che non lo avremmo mai più rivisto». Come molti bambini, Julian ha sviluppato una fascinazione per lo smontaggio delle macchine. Questo lo ha introdotto in un meraviglioso nuovo apparato, il computer, e in una nuova dimensione.

«Quando avevo sedici anni, il computer era diventato il mio mondo… costituiva non solo un modo diverso di stare al mondo, ma un nuovo modo di stare nella propria pelle… facevo parte di una generazione che scavava nelle nostre macchine, chiedendo loro di aiutarci a lottare per la giustizia in modi che si sarebbero fatti beffe della vecchia guardia, persino del fattore protesta della vecchia guardia, come i miei genitori, che non sapevano come rompere gli schemi del potere e della corruzione che continuavano a rendere il mondo ingiusto».

Insieme ad amici adolescenti, se ne stava seduto al computer tutta la notte. «… Per molti di noi è stato come irrompere in cave o edifici abbandonati. Dovevamo vedere cosa c'era lì dentro. Era il brivido di entrare nel mondo degli adulti ed essere pronti a sfidarlo. È così che inizia l’azione di hacker... tenere le persone fuori dai sistemi informatici del mondo era, per le persone che li gestivano, una questione di controllo, proprio come Orwell comprendeva il significato del controllo statale. Ed era solo una progressione naturale per noi andare a lavorarci su, come parte del nostro tentativo giovanile di esplorare il mondo, mentre entravamo dentro ​​qualche altro sistema informatico da qualche altra parte nel mondo - in genere, per me all'epoca, erano i computer dell'8° Gruppo di Comando del Pentagono. Ci si tuffava nel suo sistema informatico... proiettando la nostra mente fuori dalla nostra disordinata camera da letto verso l'intero sistema lungo i corridoi mentre imparavamo a capire il sistema meglio delle persone a Washington... fantastico...».

Questi hacker adolescenti non hanno mai fatto del male a nessuno; non hanno mai rubato niente altro che il tempo di una telefonata. Erano hacker rispettabili. Riparavano con cura qualsiasi danno che il loro ingresso avesse potuto causare. Ciononostante alla fine è stato scoperto e arrestato. La sua carriera di hacker finì lì. Poi andò a scuola, alla Melbourne University, dove fu stregato dalla meccanica quantistica.

«C'è qualcosa di bello nella verità rivelata dalla matematica, qualcosa di perfetto e giusto, e sono diventato esperto nello studio di questo, non solo i problemi stessi ma l'intero ambito morale della meccanica quantistica... c'era un progetto di ricerca nel dipartimento per studiare la sabbia, perché gli americani avevano a che fare con la sabbia come parte delle loro avventure in Medio Oriente. Una donna venne a parlarci di quanto era stato bello prendere parte al collaudo dell'hardware militare e assistere al volo degli aerei cargo che bombardavano le truppe irachene in ritirata... Ho pensato: "Perché siamo seduti qui ad ascoltare questa massacratrice?" Ho cominciato a vedere come le università venivano usate... per profitti militari... tutto si andava ricomponendo nella mia testa, la lucidità mentale che la meccanica quantistica mi imponeva, le mie idee su causa ed effetto, il mio orrore per gli oltraggi militari e i miei crescenti approfondimenti sulla politica estera occidentale…. Condividevo l'idea con un pugno di scienziati informatici in tutto il mondo che la meccanica quantistica offrisse una metodologia per comprendere la giustizia».

Assange ha usato la metafora di un oleodotto. «Immaginiamo che esista una pipeline che consenta un flusso di materiale verso ciò che prevede uno stato di giustizia... se il materiale viene soppresso, dobbiamo vederlo come una ostruzione... in futuro, potrebbe esserci un nuovo modo di fornire flusso ottimale tra osservatori e attori... rendere le agenzie trasparenti e spezzare la loro presa sulle informazioni mantenute dai governi e dai loro quarti stati coadiuvanti... non possiamo realizzare i diritti fondamentali che sono alla base della giustizia in un mondo di occultamento, segretezza e menzogne... ho un solo obiettivo, non molto originale ma un obiettivo preciso per la mia vita che è quello di contribuire a creare una società più giusta in cui vivere... Credo che abbiamo un’innata voglia di giustizia. Abbiamo un'avversione inerte alla censura. E il Web può dare risposta a questo».

Fondatore di WikiLeaks

Così l'ex hacker creò Wikileaks. Era dedicato all'onestà giornalistica. L'onestà era infatti il ​​dogma di Wikileaks. Le fonti venivano meticolosamente controllate. Wikileaks aveva istituito un sistema in base al quale poteva ricevere informazioni, materiale originale, mantenendo al contempo al sicuro gli informatori. E, non appena il materiale iniziò a riversarsi attraverso la pipeline, iniziò la campagna diffamatoria.

Wikileaks è stato meticoloso nel rimuovere i nomi delle persone che potevano essere esposte e danneggiate dalle pubblicazioni di Wikileaks. Nel luglio 2010 mise online i cablo e i registri (di guerra) in sicurezza. Nel febbraio 2011 a un giornalista del Guardian fu fornita la password per accedere ai documenti a scopo di consultazione, che egli lasciò sfuggire. Quando, di conseguenza, il settimanale tedesco Der Freitag pubblicò documenti non redatti, Wikileaks, riconoscendo che i propri sforzi di redazione erano ormai inutili, pubblicò tutti i documenti del Cablegate, ad eccezione dei 15.000 pezzi effettivamente classificati.

Riguardo alla redazione (dei documenti), Assange ha dichiarato: «Bisogna capire il motivo principale per cui abbiamo istituito procedure di minimizzazione del danno. Non è principalmente perché il materiale che pubblichiamo corre il rischio ragionevole di produrre danni a seguito della divulgazione. È molto raro. Piuttosto, c'è un probabile rischio che, se non lo facciamo, i nostri oppositori tenteranno opportunisticamente di distrarre l’attenzione dalle rivelazioni che abbiamo pubblicato, parlando invece dei potenziali danni e quindi distraendo dall'impatto del materiale». Ecco. Questo è esattamente quello che è successo. Nel suo saggio del 2011 “Riguardo ad Assange e ai segreti di Wikileaks", Bill Keller, editore del New York Times, osserva: «La faccenda grossolana di questa violazione della sicurezza ha superato il contenuto effettivo dei documenti segreti».

La campagna diffamatoria contro Assange e Wikileaks è iniziata poco dopo la pubblicazione del video Collateral Murders. Il saggio sopra citato di Bill Keller è assolutamente sprezzante nei confronti di Assange. È chiaro che non ha alcuna comprensione delle nobili aspirazioni di Wikileaks. Descrive il suo aspetto in maniera avvilente, calcolata per generare disgusto («sembrava una barbona... puzzava come se non si lavasse da giorni») e poi mette in ridicolo il suo cambiamento nel presentarsi come modifiche miranti al coinvolgimento dei media mainstream nella comunicazione delle rivelazioni: «Assange è uscito trasformato dalla sua celebrità fuorilegge. Il derelitto con lo zaino e le calze cascanti ora porta i capelli tinti e acconciati, e predilige completi attillati alla moda e cravatte. È diventato una specie di figura di culto per gli europei e la sinistra ed è evidentemente una calamita per le donne».

Campagna diffamatoria per screditare il video Omicidi Collaterali di Assange

Ignorando completamente il fatto, vitale per la difesa di Assange, che egli era un editore, un giornalista, un redattore, il New York Times e il Guardian, con la massa di diari di guerra e cablogrammi, tutti forniti da Wikileaks, “argomentavano della complessità di assicurare una distanza adeguata da Julian Assange”.

«Lo guardavamo esclusivamente come una fonte, non come un partner o un collaboratore…».  Il New York Times descriveva la vigile protezione di Assange nei confronti della sua fonte come “timida”. Descriveva lui come "manipolatore, arrogante, cospiratore e volatile". Altri media hanno calcato la mano e lo hanno definito un losco hacker, un venditore ambulante di mezze verità, un "uomo con un’enorme autostima e l’etica sfuggente..." e così via. Un tradimento e un colpo devastante alla reputazione di Assange si è verificato quando il NYT ha pubblicato il crudo rapporto della polizia svedese sullo scandalo sessuale svedese di Assange, pubblicizzato per diffamarlo.

Quando è stato divulgato il video Collateral Murders, ha scioccato il mondo. Son seguiti i registri di guerra e Assange è stato accusato senza mezzi termini di essere un assassino. Il presidente dello Stato Maggiore Riunito degli Stati Uniti, Mike Mullen, ha osservato: «Il signor Assange può dire quello che vuole sul bene più grande che lui e le sue fonti stanno facendo, ma la verità è che lui e il suo staff potrebbero già avere sulle mani il sangue di qualche giovane soldato o quello di una famiglia afgana».

Anche l'ex direttore della CIA James Woolsey, l'ex governatore dell'Arkansas Mike Huckabee, il senatore Lindsey Graham hanno parlato del sangue sulle mani di Assange. Leon Panetta, direttore della CIA, ha definto Assange una spia e ha dichiarato: «Assange è uno che venderebbe qualcuno della sua famiglia pur di attirare l’attenzione... è un terrorista high-tech».

Il procuratore generale Eric Holder: «Abbiamo un'indagine penale molto seria in corso e stiamo esaminando tutto ciò che possiamo fare per arginare il flusso di queste informazioni». Il segretario alla difesa degli Stati Uniti, Robert Gates, affermò a Washington: «Le conseguenze sul campo di battaglia sono potenzialmente gravi e pericolose per le nostre truppe, i nostri alleati e i partner afgani, e potrebbero danneggiare le nostre relazioni e la nostra reputazione in quella parte chiave del mondo». (Più tardi, in una lettera alla Commissione delle forze armate del Senato, Gates ammise che una revisione del Pentagono non aveva "rivelato alcuna fonte di intelligence sensibile o metodi compromettenti". Il vicepresidente Biden riconobbe che le pubblicazioni non avevano causato "danni sostanziali", a parte l’essere stati imbarazzanti per il governo degli Stati Uniti.

Sono stati realizzati numerosi film su Assange, progettati per diffamarlo. "We Steal Secrets" è uno di questi. Tanto per cominciare, il suo titolo crea la falsa impressione che Wikileaks rubi segreti. La frase in realtà è tratta da un discorso di Michael Hayden, predecessore di Leon Panetta alla CIA. Hayden ritiene che il segreto di stato sia indispensabile per ciò che la CIA considera un "successo" (vale a dire, l'effettivo compimento dei delitti degli atti criminali commessi dagli invasori rivelati nei diari di guerra, Collateral Murders e Cablegate). Ha dichiarato Hayden: «Vedete, tutti hanno dei segreti. Alcune delle attività che gli stati nazione conducono per tenere il proprio popolo al sicuro e libero devono essere segrete per avere successo. Se sono largamente conosciuti, non si può portare a termine il proprio lavoro. Ora, per essere sincero fino in fondo, noi rubiamo segreti; rubiamo i segreti di altre nazioni. Non si può farlo in modo onesto e avere molto successo per un periodo di tempo molto lungo».

La calunnia più potente ed efficace è venuta dalle avventure personali di Julian in Svezia. Due donne con cui Julian aveva avuto rapporti sessuali si sono rivolte alla polizia per chiedere (inspiegabilmente, visto che lui aveva promesso di farlo solo poche ore prima) se ci fosse un modo per costringere Julian a sottoporsi al test dell'HIV. La polizia, (anche questo inspiegabilmente) ha trasformato questa richiesta di consiglio in un'accusa di stupro che ha fatto notizia il giorno successivo.

Le accuse sessuali sono diffamazioni che, nonostante le smentite, possono danneggiare una vita per sempre. Sono stigmi che, come odori forti, persistono e travolgono informazioni contraddittorie o più complesse. I media mainstream sono un solvente volontario per veleni che cancellano o marchiano le loro vittime così profondamente, che scoprire la verità richiede sforzo, e ripristinare la reputazione è quasi impossibile.

Julian spiega il suo comportamento sconsiderato, ma molto ordinario, nella sua autobiografia non autorizzata: «La situazione internazionale mi teneva stretto e, sebbene avessi trascorso del tempo con queste donne, non prestavo loro sufficiente attenzione, né le richiamavo, né ero in grado di venir fuori da ciò che mi cadeva addosso con tutte le minacce e dichiarazioni contro di me in America. Uno dei miei errori è stato aspettarsi che lo capissero? Non ero un boyfriend affidabile, e nemmeno un partner molto cortese, e questo ha cominciato a pesare. A meno che, ovviamente, l'ordine del giorno non fosse stato truccato fin dall'inizio».

Con l'aiuto del Regno Unito, la Svezia ha preso Julian come un pesce all'amo. Gli ha permesso di lasciare la Svezia, poi lo ha richiamato indietro, ma rifiutandosi di promettere che non avrebbe consentito l'estradizione negli Stati Uniti. Non è stato mai incriminato, ma è stato tenuto in carcere nel Regno Unito per nove anni, durante i quali il caso si è sgonfiato e alla fine è stato archiviato.

Il suo paese natale, l'Australia, lo ha abbandonato spudoratamente. Dopo sette anni di coraggiosa ospitalità, l'Ecuador ha infine tradito Julian, e Assange è caduto nel burrone, fino al suo attuale disperato appiglio, la prigione di Belmarsh e gli inglesi.

La Casa Bianca sostiene che Assange ha minacciato la "sicurezza nazionale" degli Stati Uniti

Ora incombe il processo farsa della Star Chamber (organo supremo dell’amministrazione di giustizia inglese ndt). Il New York Times, The Guardian, Der Spiegel, Le Monde e El Pais hanno scritto la loro lettera (in cui chiedono che gli Usa lascino cadere le accuse contro Assange ndt). A Karine Jean-Pierre e John Kirby, rispettivamente addetti stampa della Casa Bianca e del Pentagono, è stato chiesto, il 28 novembre, quale fosse la risposta della Casa Bianca a quella lettera. Kirby ha risposto che la posizione dell'amministrazione era la stessa del 2012, quando furono rilasciati i war logs e Cablegate, e cioè che «quelle rivelazioni nella sfera pubblica erano dannose per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».

Questo, certo, contraddice il commento del presidente Biden citato sopra. Anche se forse la sua dichiarazione indica che ci sarà qualche cambiamento. Forse il “problema New York Times”, che ha fermato Obama, per cui Assange non può essere perseguito perché il New York Times era ugualmente colpevole e quindi dovrebbe essere incriminato anch’esso, è stato risolto in qualche modo.

Molte persone vorrebbero mettere le mani su Assange. Hilary Clinton, vendicativa quando è stata informata sull’HilaryLeaks, ha dichiarato: «non possiamo semplicemente dronare questo personaggio?»

Wikileaks ha postato la telefonata tra Victoria Nuland e l'ambasciatore in Ucraina nel 2014, in cui discutono della direzione e della gestione del colpo di stato del 2014 in Ucraina.

Nel frattempo, Assange viene dronato nello stile Belmarsh: interminabile isolamento, umiliazione, disperazione. Più facile, per le nazioni colluse, di un affare da Star Chamber. Il redattore del New York Times Bill Keller conclude il suo articolo del 2011 deridendo Julian, che sta "rimuginando cupamente" sulle sue paure di estradizione, considerate dallo spietato Bill come vane fantasie: «Avrei ancora un'alta probabilità di essere ucciso nel sistema carcerario statunitense, in stile Jack Ruby, date le continue richieste di omicidio da parte di alti e influenti politici statunitensi».

Il reato di dire la verità

Alla fine del suo libro, il relatore speciale delle Nazioni Unite Nils Melzer invia il suo messaggio al mondo e al presidente Biden. Cita l'ex presidente Jimmy Carter, che una volta osservò: «Non ho deplorato le rivelazioni di Wikileaks. Hanno solo reso pubblica quella che realmente era la verità. Molto spesso, la rivelazione della verità, anche se spiacevole, è benefica. Penso che, quasi invariabilmente, la segretezza sia progettata per nascondere attività improprie e non per il benessere del pubblico in generale».

Melzer continua: «Anche nella stanza più buia, la luce di una sola candela è sufficiente perché tutti vedano. Julian Assange ha acceso una tale candela con il suo lavoro. Ha denunciato crimini, abusi e corruzione che erano stati nascosti dietro una cortina di segretezza. È stato solo un breve assaggio, ma a volte basta uno sguardo per cambiare la nostra intera visione del mondo. Ora sappiamo che la cortina di segretezza esiste e che dietro di essa si nasconde un universo parallelo di sporchi segreti. Segreti che molti di noi preferirebbero non conoscere, perché la conoscenza ci costringe a svegliarci, crescere e fare un passo avanti. Al di là del disagio della disillusione, tuttavia, quella stessa conoscenza ci autorizza a realizzare le riforme di governance sistemica necessarie per salvarci da una autodistruzione certa. Ognuno di noi può cambiare il mondo attraverso un'azione coraggiosa. Per far scomparire l'oscurità, non abbiamo bisogno di cercare altrove la luce. È sufficiente far risplendere la nostra stessa luce, proprio là dove siamo nella nostra quotidianità. Per fare questo, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è il coraggio di essere onesti con il mondo e con noi stessi».

JULIAN ASSANGE LIBERO!

* Ellen E. Taylor è un’assistente medica in pensione che vive a Petrolia in California. Ha cominciato ad interessarsi agli affari internazionali e ai crimini di guerra quando viveva a Norimberga, in Germania, dove suo padre Telford Taylor era procuratore capo del Tribunale degli Stati Uniti per i crimini di guerra, 1945-1946.

(trad. AWMR Italia)


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