...si avvicina la sentenza della “Camera Stellata"
Lo scorso 10 dicembre, giornata mondiale per i diritti umani, si sono tenute in molte capitali del mondo sit in davanti alle ambasciate Usa per chiedere la liberazione di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks perseguitato da 13 anni per avere documentato agli occhi del mondo i crimini di guerra degli Stati Uniti. In questo articolo, l’attivista statunitense Ellen E. Taylor ha ricostruito per Socialist Action il calvario di Assange, che nella prigione di Belmarsh attende la decisione della Star Chambre, l’Alta Corte inglese, sull’estradizione negli Usa. Nonostante diversi importanti quotidiani internazionali che hanno pubblicato articoli basati su documenti Wikileaks abbiano recentemente chiesto al governo degli Stati Uniti di lasciar cadere le accuse, contro di lui si profila un processo da tribunale illegale.
di Ellen E. Taylor*
Il 28 novembre il New York Times, Der Spiegel, The Guardian,
Le Monde e El Pais hanno inviato una lettera aperta al mondo, in cui si afferma
che «il governo degli Stati Uniti dovrebbe smetterla di accusare Julian Assange
di aver pubblicato segreti di Stato».
Questa lettera è imperdonabilmente tardiva. Julian è stato
sepolto vivo per oltre un decennio. Da quanto viene riferito, è in condizioni
terribili. Pare che in questo paese siamo diventati tolleranti nei confronti di
pene detentive interminabili, e che scopriamo l'innocenza delle vittime solo
molto tempo dopo che le loro vite sono state distrutte.
Nella lettera, questi "Papers of Record" non fanno
menzione della parte che essi stessi hanno avuto nella distruzione di questo
essere umano. Hanno persino il coraggio di ricordarci le loro riserve sul caso di
Julian, a proposito della criptazione/redazione e l’hackeraggio, questioni che
sono state definitivamente messe a tacere anni fa, durante processi, le udienze
e una testimonianza ritrattata. Inoltre, essi stessi hanno partecipato alla
campagna diffamatoria, che ha trasformato Julian in un paria, lasciato marcire in
condizioni orribili che sono state equiparate dalle Nazioni Unite a torture.
La manipolazione della percezione, secondo il Dizionario dei
Termini Militari e Associati del Dipartimento della Difesa, consiste in «azioni
volte a trasmettere e/o negare informazioni selezionate al pubblico per
influenzarne le emozioni, motivazioni e ragionamento oggettivo... che alla fine
risultano in comportamenti e azioni ufficiali favorevoli agli obiettivi dell'originatore.
In vari modi, la manipolazione della percezione combina proiezione della verità,
sicurezza delle operazioni, copertura e inganno ed operazioni psicologiche».
Come funziona questa gestione della percezione è illustrato
da Nils Melzer, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura dal 2014 al
2022, che quest'anno ha pubblicato un libro, The Trial of Julian Assange. Durante la sua carriera, egli ha
intervistato centinaia di torturatori, vittime di torture, prigionieri di
guerra e altre persone sottoposte a trattamenti crudeli, inumani o degradanti,
in tutto il mondo. In molti anni di esperienza ha potuto discernere la verità
dalle bugie e svelare calunnie di ogni genere. Tuttavia, quando ha ricevuto un
appello dal team legale di Julian Assange, alla fine del 2018, che chiedeva
protezione da trattamenti disumani durante la sua reclusione presso
l'ambasciata ecuadoriana a Londra, Melzer l'ha accantonato.
Demonizzazione di
Assange
La sua scrivania era piena zeppa di incriminazioni di
tortura, prigionieri a rischio, possibili crimini di guerra. Per lui,
"come per la maggior parte delle persone in tutto il mondo, Assange era
solo uno stupratore, nichilista, un hacker, una spia, un narcisista".
Melzer aveva del lavoro più importante da fare. «Come tanti, ero convinto di
conoscere la verità (su Assange), anche se non riuscivo a ricordare bene da dove
provenisse quella conoscenza».
Quando tre mesi dopo arrivò un appello più urgente, si
costrinse a dare un'occhiata più da vicino e subito si pentì del suo
pregiudizio pericolosamente sciocco: «Ciò che mi ha turbato di più è stata la
facilità ipocrita e l'incrollabile certezza con cui avevo accettato una
narrazione in gran parte priva di fondamento come un fatto indiscutibile».
Osservando di non aver «mai visto un caso simile in cui una
persona è stata sottoposta a nove anni di indagini preliminari per stupro senza
che fosse stata presentata un'accusa», si è subito immerso nell'indagine non
solo riguardo alla denuncia per tortura degli avvocati di Assange, ma anche sul
gioco al massacro di cui si era evidentemente disinteressato.
L'integrità di Assange è rivelata in modo convincente nella
sua autobiografia. La gente non dovrebbe essere scoraggiata dal leggerla solo
perché non è autorizzata. Assange l'ha scritta nel 2011, mentre era fuori su
cauzione e confortevolmente ospitato nel maniero del 18° secolo di un suo amico
a Norfolk. Dopo che uno scrittore professionista l'ha ripulita, egli l'ha riletta
e l’ha ripudiata, con lo stesso spirito con cui le persone bruciano i loro
vecchi diari, con il commento: «Tutte le memorie sono prostituzione». Tuttavia,
siccome aveva già speso l'anticipo in avvocati, il libro lo abbiamo e, per
evitare di subire il lavaggio del cervello come Nils Melzer, con la campagna
diffamatoria a cui i “Papers of Record” hanno così cinicamente partecipato, è
indispensabile leggerlo.
Biografia di Assange
I detrattori di Julian, i giornalisti, i politici, gli
intervistatori e i cineasti, dopo avere scagliato le loro calunnie su Julian, motivano
le loro invettive riferendosi alla sua infanzia “profondamente traumatica”, che
avrebbe plasmato il suo carattere: vanitoso, avido, arrogante, manipolatore,
bugiardo, ladro, autistico, "nello spettro", narcisista e così via.
La narrazione contenuta in questa autobiografia, invece, rivela una persona
completamente diversa, una persona meravigliosa: obiettiva e analitica sul suo
passato, calma, lirica e umoristica. I suoi ritratti di persone che ha
incontrato lungo la strada mostrano un'attenta osservazione ed empatia:
«La prima infanzia è molto importante, credo. Ti dà tutta la
tua capacità di meraviglia. Mia madre aveva il dono di amare e dir rendere la
vita più interessante di quello che era. Magnetic Island (al largo dell'Australia)
era un luogo abitato dalla libertà, un bellissimo Eden... gran parte
dell'energia della mia famiglia era dedicata alla vita all'aria aperta...
nuotavamo tutti i giorni e poi pescavo con mio nonno... Ricordo quando scendevo
giù per le colline con mia madre sulla sua bicicletta e mentre correvamo
allungavo le mani e cercavo di afferrare i frutti dagli alberi…».
Era circondato da adulti premurosi che rispondevano
pazientemente alle sue domande e gli permettevano di pensare da solo. Questi
adulti partecipavano vigorosamente ai movimenti contro la guerra e alle
manifestazioni contro i test nucleari nel deserto australiano. Portavano Julian
con sé. Per un po' Julian ha condiviso la loro vita di burattinai itineranti e
l'inevitabile reazione pregiudiziale delle comunità rurali verso gli intrusi.
La descrizione di Julian della loro casa che bruciava a Magnetic Island
descrive il tempo e il clima come un fattore formativo nella natura umana:
«L'atmosfera era umida e il caldo forse rendeva le persone
letargiche; l'atmosfera è importante in Australia e in molti luoghi, crea non
solo uno stato fisico nelle persone ma anche uno stato mentale... un giorno tornando
su per la collina scorgemmo la nostra casa in fiamme. C'erano una ventina di
persone intorno... nessuno stava tentando di spegnere l'incendio. Ricordo uno
dei vicini che rideva e diceva che non avremmo sopportato il caldo. Era tutto
molto sinistro e ricordo che i vigili del fuoco ci misero 40 minuti ad
arrivare…. quel fuoco è il mio primo ricordo molto netto e complicato...
comportava livelli di complicazione che avrebbero continuato ad affascinarmi...
notavo per la prima volta nella mia vita come l'autorità potesse prendersela
comoda e come la burocrazia potesse avere una pietra al posto del cuore...
c'era qualcosa di demoniaco nel modo in cui lasciavano che la
"natura" facesse il suo corso».
Con allegria descrive la fuga di uno degli amanti di sua
madre, padre del fratellastro, in un'auto fatiscente con un gallo rumoroso e un
alveare di api. Questa è l'esperienza profondamente traumatica che i media
ostili invocano come fonte di tutti i disturbi della personalità che si accumulerebbero
in lui. Lo stesso Julian ha fatto riferimento alle conseguenze psichiche,
quando descrive un periodo in Islanda in cui la sua "batteria era
scarica" e c'era poca luce del giorno:
«In qualche modo molto banale, sin da quando ero bambino sono
stato in fuga da un oscuro inseguitore, e mia madre mi ha portato attraverso il
paese per sfuggire al suo stalker».
La sua esposizione pubblica dell'esperienza, tuttavia,
conferma una soluzione di successo. In maniera ancora più decisiva, lo stesso
Julian ha eliminato l'inseguitore: «qualcosa nel modo in cui l'ho detto ha
assicurato che non lo avremmo mai più rivisto». Come molti bambini, Julian ha
sviluppato una fascinazione per lo smontaggio delle macchine. Questo lo ha
introdotto in un meraviglioso nuovo apparato, il computer, e in una nuova
dimensione.
«Quando avevo sedici anni, il computer era diventato il mio
mondo… costituiva non solo un modo diverso di stare al mondo, ma un nuovo modo
di stare nella propria pelle… facevo parte di una generazione che scavava nelle
nostre macchine, chiedendo loro di aiutarci a lottare per la giustizia in modi
che si sarebbero fatti beffe della vecchia guardia, persino del fattore protesta
della vecchia guardia, come i miei genitori, che non sapevano come rompere gli
schemi del potere e della corruzione che continuavano a rendere il mondo
ingiusto».
Insieme ad amici adolescenti, se ne stava seduto al computer
tutta la notte. «… Per molti di noi è stato come irrompere in cave o edifici
abbandonati. Dovevamo vedere cosa c'era lì dentro. Era il brivido di entrare
nel mondo degli adulti ed essere pronti a sfidarlo. È così che inizia l’azione
di hacker... tenere le persone fuori dai sistemi informatici del mondo era, per
le persone che li gestivano, una questione di controllo, proprio come Orwell
comprendeva il significato del controllo statale. Ed era solo una progressione
naturale per noi andare a lavorarci su, come parte del nostro tentativo
giovanile di esplorare il mondo, mentre entravamo dentro qualche altro
sistema informatico da qualche altra parte nel mondo - in genere, per me all'epoca,
erano i computer dell'8° Gruppo di Comando del Pentagono. Ci si tuffava nel suo
sistema informatico... proiettando la nostra mente fuori dalla nostra
disordinata camera da letto verso l'intero sistema lungo i corridoi mentre
imparavamo a capire il sistema meglio delle persone a Washington...
fantastico...».
Questi hacker adolescenti non hanno mai fatto del male a
nessuno; non hanno mai rubato niente altro che il tempo di una telefonata.
Erano hacker rispettabili. Riparavano con cura qualsiasi danno che il loro
ingresso avesse potuto causare. Ciononostante alla fine è stato scoperto e
arrestato. La sua carriera di hacker finì lì. Poi andò a scuola, alla Melbourne
University, dove fu stregato dalla meccanica quantistica.
«C'è qualcosa di bello nella verità rivelata dalla
matematica, qualcosa di perfetto e giusto, e sono diventato esperto nello
studio di questo, non solo i problemi stessi ma l'intero ambito morale della
meccanica quantistica... c'era un progetto di ricerca nel dipartimento per
studiare la sabbia, perché gli americani avevano a che fare con la sabbia come
parte delle loro avventure in Medio Oriente. Una donna venne a parlarci di
quanto era stato bello prendere parte al collaudo dell'hardware militare e
assistere al volo degli aerei cargo che bombardavano le truppe irachene in
ritirata... Ho pensato: "Perché siamo seduti qui ad ascoltare questa massacratrice?"
Ho cominciato a vedere come le università venivano usate... per profitti
militari... tutto si andava ricomponendo nella mia testa, la lucidità mentale
che la meccanica quantistica mi imponeva, le mie idee su causa ed effetto, il
mio orrore per gli oltraggi militari e i miei crescenti approfondimenti sulla
politica estera occidentale…. Condividevo l'idea con un pugno di scienziati
informatici in tutto il mondo che la meccanica quantistica offrisse una
metodologia per comprendere la giustizia».
Assange ha usato la metafora di un oleodotto. «Immaginiamo
che esista una pipeline che consenta un flusso di materiale verso ciò che
prevede uno stato di giustizia... se il materiale viene soppresso, dobbiamo
vederlo come una ostruzione... in futuro, potrebbe esserci un nuovo modo di
fornire flusso ottimale tra osservatori e attori... rendere le agenzie trasparenti
e spezzare la loro presa sulle informazioni mantenute dai governi e dai loro
quarti stati coadiuvanti... non possiamo realizzare i diritti fondamentali che
sono alla base della giustizia in un mondo di occultamento, segretezza e
menzogne... ho un solo obiettivo, non molto originale ma un obiettivo preciso
per la mia vita che è quello di contribuire a creare una società più giusta in
cui vivere... Credo che abbiamo un’innata voglia di giustizia. Abbiamo
un'avversione inerte alla censura. E il Web può dare risposta a questo».
Fondatore di
WikiLeaks
Così l'ex hacker creò Wikileaks. Era dedicato all'onestà
giornalistica. L'onestà era infatti il dogma di Wikileaks. Le fonti venivano meticolosamente
controllate. Wikileaks aveva istituito un sistema in base al quale poteva ricevere
informazioni, materiale originale, mantenendo al contempo al sicuro gli
informatori. E, non appena il materiale iniziò a riversarsi attraverso la pipeline,
iniziò la campagna diffamatoria.
Wikileaks è stato meticoloso nel rimuovere i nomi delle
persone che potevano essere esposte e danneggiate dalle pubblicazioni di
Wikileaks. Nel luglio 2010 mise online i cablo e i registri (di guerra) in
sicurezza. Nel febbraio 2011 a un giornalista del Guardian fu fornita la password per accedere ai documenti a scopo di
consultazione, che egli lasciò sfuggire. Quando, di conseguenza, il settimanale
tedesco Der Freitag pubblicò
documenti non redatti, Wikileaks, riconoscendo che i propri sforzi di redazione
erano ormai inutili, pubblicò tutti i documenti del Cablegate, ad eccezione dei 15.000 pezzi effettivamente
classificati.
Riguardo alla redazione (dei documenti), Assange ha
dichiarato: «Bisogna capire il motivo principale per cui abbiamo istituito
procedure di minimizzazione del danno. Non è principalmente perché il materiale
che pubblichiamo corre il rischio ragionevole di produrre danni a seguito della
divulgazione. È molto raro. Piuttosto, c'è un probabile rischio che, se non lo
facciamo, i nostri oppositori tenteranno opportunisticamente di distrarre
l’attenzione dalle rivelazioni che abbiamo pubblicato, parlando invece dei
potenziali danni e quindi distraendo dall'impatto del materiale». Ecco. Questo
è esattamente quello che è successo. Nel suo saggio del 2011 “Riguardo ad Assange
e ai segreti di Wikileaks", Bill Keller, editore del New York Times,
osserva: «La faccenda grossolana di questa violazione della sicurezza ha
superato il contenuto effettivo dei documenti segreti».
La campagna diffamatoria contro Assange e Wikileaks è
iniziata poco dopo la pubblicazione del video Collateral Murders. Il saggio sopra citato di Bill Keller è
assolutamente sprezzante nei confronti di Assange. È chiaro che non ha alcuna
comprensione delle nobili aspirazioni di Wikileaks. Descrive il suo aspetto in maniera
avvilente, calcolata per generare disgusto («sembrava una barbona... puzzava come
se non si lavasse da giorni») e poi mette in ridicolo il suo cambiamento nel
presentarsi come modifiche miranti al coinvolgimento dei media mainstream nella
comunicazione delle rivelazioni: «Assange è uscito trasformato dalla sua
celebrità fuorilegge. Il derelitto con lo zaino e le calze cascanti ora porta i
capelli tinti e acconciati, e predilige completi attillati alla moda e
cravatte. È diventato una specie di figura di culto per gli europei e la
sinistra ed è evidentemente una calamita per le donne».
Campagna diffamatoria
per screditare il video Omicidi Collaterali di Assange
Ignorando completamente il fatto, vitale per la difesa di
Assange, che egli era un editore, un giornalista, un redattore, il New York Times e il Guardian, con la massa di diari di guerra e cablogrammi, tutti
forniti da Wikileaks, “argomentavano della complessità di assicurare una distanza
adeguata da Julian Assange”.
«Lo guardavamo esclusivamente come una fonte, non come un
partner o un collaboratore…». Il New York Times descriveva la vigile
protezione di Assange nei confronti della sua fonte come “timida”. Descriveva
lui come "manipolatore, arrogante, cospiratore e volatile". Altri
media hanno calcato la mano e lo hanno definito un losco hacker, un venditore
ambulante di mezze verità, un "uomo con un’enorme autostima e l’etica
sfuggente..." e così via. Un tradimento e un colpo devastante alla
reputazione di Assange si è verificato quando il NYT ha pubblicato il crudo
rapporto della polizia svedese sullo scandalo sessuale svedese di Assange,
pubblicizzato per diffamarlo.
Quando è stato divulgato il video Collateral Murders, ha scioccato il mondo. Son seguiti i registri
di guerra e Assange è stato accusato senza mezzi termini di essere un
assassino. Il presidente dello Stato Maggiore Riunito degli Stati Uniti, Mike
Mullen, ha osservato: «Il signor Assange può dire quello che vuole sul bene più
grande che lui e le sue fonti stanno facendo, ma la verità è che lui e il suo
staff potrebbero già avere sulle mani il sangue di qualche giovane soldato o
quello di una famiglia afgana».
Anche l'ex direttore della CIA James Woolsey, l'ex
governatore dell'Arkansas Mike Huckabee, il senatore Lindsey Graham hanno
parlato del sangue sulle mani di Assange. Leon Panetta, direttore della CIA, ha
definto Assange una spia e ha dichiarato: «Assange è uno che venderebbe
qualcuno della sua famiglia pur di attirare l’attenzione... è un terrorista
high-tech».
Il procuratore generale Eric Holder: «Abbiamo un'indagine
penale molto seria in corso e stiamo esaminando tutto ciò che possiamo fare per
arginare il flusso di queste informazioni». Il segretario alla difesa degli
Stati Uniti, Robert Gates, affermò a Washington: «Le conseguenze sul campo di
battaglia sono potenzialmente gravi e pericolose per le nostre truppe, i nostri
alleati e i partner afgani, e potrebbero danneggiare le nostre relazioni e la
nostra reputazione in quella parte chiave del mondo». (Più tardi, in una
lettera alla Commissione delle forze armate del Senato, Gates ammise che una
revisione del Pentagono non aveva "rivelato alcuna fonte di intelligence
sensibile o metodi compromettenti". Il vicepresidente Biden riconobbe che le
pubblicazioni non avevano causato "danni sostanziali", a parte
l’essere stati imbarazzanti per il governo degli Stati Uniti.
Sono stati realizzati numerosi film su Assange, progettati
per diffamarlo. "We Steal Secrets" è uno di questi. Tanto per
cominciare, il suo titolo crea la falsa impressione che Wikileaks rubi segreti.
La frase in realtà è tratta da un discorso di Michael Hayden, predecessore di
Leon Panetta alla CIA. Hayden ritiene che il segreto di stato sia indispensabile
per ciò che la CIA considera un "successo" (vale a dire, l'effettivo
compimento dei delitti degli atti criminali commessi dagli invasori rivelati
nei diari di guerra, Collateral Murders
e Cablegate). Ha dichiarato Hayden: «Vedete,
tutti hanno dei segreti. Alcune delle attività che gli stati nazione conducono
per tenere il proprio popolo al sicuro e libero devono essere segrete per avere
successo. Se sono largamente conosciuti, non si può portare a termine il
proprio lavoro. Ora, per essere sincero fino in fondo, noi rubiamo segreti;
rubiamo i segreti di altre nazioni. Non si può farlo in modo onesto e avere
molto successo per un periodo di tempo molto lungo».
La calunnia più potente ed efficace è venuta dalle avventure
personali di Julian in Svezia. Due donne con cui Julian aveva avuto rapporti
sessuali si sono rivolte alla polizia per chiedere (inspiegabilmente, visto che
lui aveva promesso di farlo solo poche ore prima) se ci fosse un modo per
costringere Julian a sottoporsi al test dell'HIV. La polizia, (anche questo
inspiegabilmente) ha trasformato questa richiesta di consiglio in un'accusa di
stupro che ha fatto notizia il giorno successivo.
Le accuse sessuali sono diffamazioni che, nonostante le
smentite, possono danneggiare una vita per sempre. Sono stigmi che, come odori
forti, persistono e travolgono informazioni contraddittorie o più complesse. I
media mainstream sono un solvente volontario per veleni che cancellano o
marchiano le loro vittime così profondamente, che scoprire la verità richiede sforzo,
e ripristinare la reputazione è quasi impossibile.
Julian spiega il suo comportamento sconsiderato, ma molto
ordinario, nella sua autobiografia non autorizzata: «La situazione
internazionale mi teneva stretto e, sebbene avessi trascorso del tempo con
queste donne, non prestavo loro sufficiente attenzione, né le richiamavo, né
ero in grado di venir fuori da ciò che mi cadeva addosso con tutte le minacce e
dichiarazioni contro di me in America. Uno dei miei errori è stato aspettarsi
che lo capissero? Non ero un boyfriend affidabile, e nemmeno un partner molto
cortese, e questo ha cominciato a pesare. A meno che, ovviamente, l'ordine del
giorno non fosse stato truccato fin dall'inizio».
Con l'aiuto del Regno Unito, la Svezia ha preso Julian come
un pesce all'amo. Gli ha permesso di lasciare la Svezia, poi lo ha richiamato
indietro, ma rifiutandosi di promettere che non avrebbe consentito
l'estradizione negli Stati Uniti. Non è stato mai incriminato, ma è stato
tenuto in carcere nel Regno Unito per nove anni, durante i quali il caso si è
sgonfiato e alla fine è stato archiviato.
Il suo paese natale, l'Australia, lo ha abbandonato
spudoratamente. Dopo sette anni di coraggiosa ospitalità, l'Ecuador ha infine
tradito Julian, e Assange è caduto nel burrone, fino al suo attuale disperato
appiglio, la prigione di Belmarsh e gli inglesi.
La Casa Bianca
sostiene che Assange ha minacciato la "sicurezza nazionale" degli
Stati Uniti
Ora incombe il processo farsa della Star Chamber (organo
supremo dell’amministrazione di giustizia inglese ndt). Il New York Times, The Guardian, Der Spiegel, Le Monde e El Pais hanno scritto la loro lettera
(in cui chiedono che gli Usa lascino cadere le accuse contro Assange ndt). A Karine Jean-Pierre e John
Kirby, rispettivamente addetti stampa della Casa Bianca e del Pentagono, è
stato chiesto, il 28 novembre, quale fosse la risposta della Casa Bianca a
quella lettera. Kirby ha risposto che la posizione dell'amministrazione era la
stessa del 2012, quando furono rilasciati i war
logs e Cablegate, e cioè che «quelle rivelazioni nella sfera pubblica erano
dannose per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».
Questo, certo, contraddice il commento del presidente Biden
citato sopra. Anche se forse la sua dichiarazione indica che ci sarà qualche
cambiamento. Forse il “problema New York Times”, che ha fermato Obama, per cui
Assange non può essere perseguito perché il New York Times era ugualmente
colpevole e quindi dovrebbe essere incriminato anch’esso, è stato risolto in
qualche modo.
Molte persone vorrebbero mettere le mani su Assange. Hilary
Clinton, vendicativa quando è stata informata sull’HilaryLeaks, ha dichiarato:
«non possiamo semplicemente dronare questo personaggio?»
Wikileaks ha postato la telefonata tra Victoria Nuland e
l'ambasciatore in Ucraina nel 2014, in cui discutono della direzione e della
gestione del colpo di stato del 2014 in Ucraina.
Nel frattempo, Assange viene dronato nello stile Belmarsh:
interminabile isolamento, umiliazione, disperazione. Più facile, per le nazioni
colluse, di un affare da Star Chamber. Il redattore del New York Times Bill Keller conclude il suo articolo del 2011
deridendo Julian, che sta "rimuginando cupamente" sulle sue paure di
estradizione, considerate dallo spietato Bill come vane fantasie: «Avrei ancora
un'alta probabilità di essere ucciso nel sistema carcerario statunitense, in
stile Jack Ruby, date le continue richieste di omicidio da parte di alti e
influenti politici statunitensi».
Il reato di dire la
verità
Alla fine del suo libro, il relatore speciale delle Nazioni
Unite Nils Melzer invia il suo messaggio al mondo e al presidente Biden. Cita
l'ex presidente Jimmy Carter, che una volta osservò: «Non ho deplorato le
rivelazioni di Wikileaks. Hanno solo reso pubblica quella che realmente era la
verità. Molto spesso, la rivelazione della verità, anche se spiacevole, è
benefica. Penso che, quasi invariabilmente, la segretezza sia progettata per
nascondere attività improprie e non per il benessere del pubblico in generale».
Melzer continua: «Anche nella stanza più buia, la luce di
una sola candela è sufficiente perché tutti vedano. Julian Assange ha acceso
una tale candela con il suo lavoro. Ha denunciato crimini, abusi e corruzione
che erano stati nascosti dietro una cortina di segretezza. È stato solo un
breve assaggio, ma a volte basta uno sguardo per cambiare la nostra intera
visione del mondo. Ora sappiamo che la cortina di segretezza esiste e che
dietro di essa si nasconde un universo parallelo di sporchi segreti. Segreti
che molti di noi preferirebbero non conoscere, perché la conoscenza ci
costringe a svegliarci, crescere e fare un passo avanti. Al di là del disagio della
disillusione, tuttavia, quella stessa conoscenza ci autorizza a realizzare le
riforme di governance sistemica necessarie per salvarci da una autodistruzione
certa. Ognuno di noi può cambiare il mondo attraverso un'azione coraggiosa. Per
far scomparire l'oscurità, non abbiamo bisogno di cercare altrove la luce. È
sufficiente far risplendere la nostra stessa luce, proprio là dove siamo nella
nostra quotidianità. Per fare questo, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è il
coraggio di essere onesti con il mondo e con noi stessi».
JULIAN ASSANGE LIBERO!
* Ellen E. Taylor è
un’assistente medica in pensione che vive a Petrolia in California. Ha
cominciato ad interessarsi agli affari internazionali e ai crimini di guerra
quando viveva a Norimberga, in Germania, dove suo padre Telford Taylor era
procuratore capo del Tribunale degli Stati Uniti per i crimini di guerra,
1945-1946.
(trad. AWMR Italia)
Nessun commento:
Posta un commento