24/05/25

Il femminismo in tempo di guerra: la lotta delle donne per la pace e l'uguaglianza ieri e oggi

 In uno scenario di guerre, il femminismo deve difendere il diritto a una vita dignitosa, nell'uguaglianza e senza violenza. La pace non è solo un desiderio: è anche una lotta femminista

Foto: Ben Schumin / CC BY-SA 2.0

di Cristina Simó Alcaraz *

Ottant'anni fa, in un mondo devastato dalla Seconda Guerra Mondiale, donne di diversi paesi si riunirono per fondare la Federazione Democratica Internazionale delle Donne (FDIM). Questa organizzazione, nata nel 1945 al Congresso delle donne di Parigi, propugnava non solo l'emancipazione delle donne, ma anche la pace globale e la giustizia sociale. La sua creazione fu una risposta al fascismo e all'autoritarismo, guidata da donne che avevano resistito in clandestinità, erano sopravvissute ai campi di concentramento o avevano combattuto nei movimenti partigiani.

La FDIM è nata dall'esperienza traumatica della guerra. Molte delle sue fondatrici erano state attive nella lotta contro il nazismo: dalle donne della Resistenza francese alle partigiane italiane e jugoslave come Vida Tomšič. Altre, come la scienziata Eugénie Cotton, avevano affrontato l'occupazione nazista dalla clandestinità. Queste donne capirono che la pace non era solo l'assenza di guerra, ma la costruzione di un mondo senza oppressione di genere, classe o razza.

I suoi obiettivi erano chiari: parità di retribuzione, accesso all'istruzione, diritti riproduttivi, disarmo nucleare e solidarietà con i popoli oppressi. La FDIM è stata determinante nel far istituzionalizzare l'8 marzo come Giornata internazionale della donna e nel far dichiarare il 1975 come Anno internazionale della donna dalle Nazioni Unite.

Le donne spagnole nella FDIM

In America Latina e in Europa, la FDIM ha svolto un ruolo cruciale grazie alle donne comuniste spagnole esiliate dopo la sconfitta repubblicana del 1939. Dolores Ibárruri, la Pasionaria, vicepresidente della FDIM, è stata una figura centrale, insieme ad altre come Isidora Dolado, Carmen de Pedro ed Elisa Úriz Pi, che denunciarono la tortura dei prigionieri politici sotto il franchismo.

L'Unione delle donne spagnole (UME), legata al PCE, coordinò le campagne internazionali contro la dittatura. Negli anni ‘60 e ‘70, la FDIM sostenne il Movimento Democratico delle Donne (MDM), che collegava clandestinamente il femminismo spagnolo con le lotte globali. Il suo approccio combinava classe, genere e anti-imperialismo, prendendo le distanze dal femminismo liberale.

Il femminismo di fronte alle guerre del XXI secolo

Oggi, in un mondo segnato da guerre scatenate dall'imperialismo statunitense, l'eredità della FDIM è più urgente che mai. Gli Stati Uniti, nella decadenza della loro egemonia, provocano conflitti per mantenere il loro dominio: dall'Ucraina (per indebolire la Russia) a Gaza (a sostegno del genocidio sionista), passando per le invasioni dell'Iraq e dell'Afghanistan, i colpi di stato in America Latina (Bolivia, Venezuela, Nicaragua) e le sanzioni contro Cuba, Iran e Corea del Nord.

Le donne sanno che in guerra non ci sono diritti. La militarizzazione dirotta le risorse dalla salute, dall'istruzione e dall'assistenza alle armi, rafforzando il patriarcato e la violenza sessista. La mascolinizzazione delle società in guerra approfondisce l'oppressione femminile, come dimostra l'ascesa dell'estrema destra misogina, pilotata da figure come Trump e i suoi alleati europei.

Per un femminismo antifascista e per la pace

Alla luce di queste considerazioni, è necessario:

  • Recuperare lo spirito del FDIM: l'unità internazionalista contro il fascismo.
  • Contribuire alla costruzione di un grande movimento per la pace e chiedere soluzioni diplomatiche invece di guerre, nel rispetto dell'autodeterminazione dei popoli.
  • Denunciare la militarizzazione e il riarmo, che perpetuano la disuguaglianza e disumanizzano le società.
  • Rafforzare le reti femministe transnazionali, come fecero le comuniste spagnole in esilio.

Le comuniste spagnole, eredi dell'MDM e della FDIM, continuano ad essere un ponte tra donne provenienti da diverse regioni del mondo. In uno scenario di guerre, il femminismo deve difendere il diritto a una vita dignitosa, nell'uguaglianza e senza violenza.

Come diceva Dolores Ibárruri: "È meglio morire in piedi che vivere in ginocchio". Oggi, quello slogan si traduce nel fermare le guerre, il genocidio, l'avanzata fascista e porre fine al capitalismo predatorio. La pace non è solo un desiderio: è anche una lotta femminista.

*Responsabile Area femminismo del PCE

 Questo articolo è pubblicato in: mundoobrero.es del 22/05/2025



Nessun commento:

Posta un commento