Tamburi di guerra nello Stretto di Hormuz
Un "incidente" che somiglia troppo a una provocazione degli Usa contro l'Iran e l'appello delle donne iraniane per impedire una nuova guerra in Medio Oriente
Giugno 2019
Si intensificano le tensioni tra l'Iran e
l'amministrazione Trump, con i suoi alleati Arabia Saudita
e Israele, e risuonano i tamburi di guerra. Senza una lotta seria e concertata per fermare la guerra, un'altra
catastrofe può abbattersi sul mondo. Le forze progressiste e i costruttori di pace in Iran e nel mondo esprimono la loro profonda preoccupazione per
l'intensificazione di questa pericolosa tendenza che, oltre alle minacce
verbali di entrambe le parti, ha portato al dispiegamento massiccio della macchina da guerra imperialista nella regione.
Gli istigatori di questa tensione sono, da una parte,
l'amministrazione razzista e neofascista di Trump negli Stati Uniti con i suoi
alleati nella regione e nel mondo, e dall’altra il regime dispotico del supremo capo religioso iraniano che deve affrontare la crescente crisi politica ed economica
nel paese, la cui sopravvivenza dipende da quanto riuscirà a preservare una dittatura
teocratica e a garantire gli interessi di grandi capitalisti, affaristi e finanzieri. Nessuna delle due parti mostra alcun rammarico per la prospettiva dell'uccisione
di milioni di innocenti e la distruzione di infrastrutture vitali del
paese. Di uno scontro militare si avvantaggeranno solo gli interessi materiali
e politici dei belligeranti al potere.
Nei primi anni dopo la Rivoluzione del 1979, i capi che
conducevano la guerra della Repubblica Islamica coniarono slogan come "la
guerra è benedetta" e invocarono la continuazione della guerra distruttiva
Iran-Iraq anche dopo la liberazione del Khoramshahr dall'occupazione delle forze
del regime iracheno, non cogliendo l'opportunità di porre fine alla guerra con dei
negoziati. Questo atteggiamento portò a una massiccia perdita di vite umane e
alla distruzione di risorse del nostro paese. Il regime approfittò della guerra, anzi, per procedere all’esecuzione sommaria e segreta di circa 5.000 prigionieri
politici, usando in definitiva la guerra per sconfiggere la Rivoluzione. Anche
oggi i capi bellicisti stanno tentando di usare il clima di minaccia alla
sicurezza e di guerra, per reprimere il movimento di protesta popolare.
Solo nell'ultimo decennio, i fanatici guerrafondai imperialisti e i loro alleati hanno iniziato guerre distruttive in molti paesi della
regione, come Afghanistan, Iraq, Libia, Iraq, Libia, Siria e Yemen, e hanno
tratto profitti da queste guerre per centinaia di milioni di dollari. La
vendita di tecnologia militare per miliardi di dollari al regime reazionario
dell'Arabia Saudita e il recente invio di navi da guerra nel Golfo Persico sono
in linea con i tentativi degli Stati Uniti di stabilire il proprio dominio
assoluto sulle fonti energetiche nella regione.
D'altra parte, nel nostro paese, sotto il dominio del
dispotismo e dell'ingiustizia, le politiche antipopolari del regime hanno
causato la bancarotta economica e l'aumento della povertà per la maggior parte
della nostra popolazione. Più di tre decenni di politiche neo-liberiste, la
chiusura di fabbriche e unità produttive, l'aumento della disoccupazione
soprattutto tra le donne, i contratti a zero ore e le privatizzazioni,
un'economia basata sulla rendita finanziaria, hanno fatto sì che le
disuguaglianze di classe siano diventate sempre maggiori e le condizioni di
vita della gente comune sono diventate intollerabili. In aggiunta, l'imposizione
di sanzioni da parte degli Stati Uniti ha ricadute che colpiscono la gente del popolo e rendono
la vita dei lavoratori e dei poveri, soprattutto quella delle donne, sempre più
difficile.
Il popolo iraniano sa bene che l'aspirazione a mettere fine ai
problemi economici e sociali con cui si scontra, alla libertà e alla democrazia, dipende
dalla sua stessa lotta incessante. Esso si oppone fermamente a qualsiasi
intervento imperialista nel paese e crede che la guerra e le minacce
imperialiste servano solo a prolungare le condizioni attuali e non faranno che aumentare
il clima di tensione e la repressione del movimento di protesta. Per questo
motivo, la popolazione iraniana combatte su due fronti: da una parte contro
il regime medievale che crede di essere il rappresentante di Dio e di avere
giurisdizione assoluta sulla vita e le risorse del popolo, contro le sue politiche
economiche anti-popolari che hanno condotto la gente alla miseria; dall’altra
lotta contro i piani di guerra dell’imperialismo nella regione e in Iran. Il grido del popolo iraniano è: "No alla guerra, no alle sanzioni, no all'autoritarismo".
Chi paga le conseguenze delle guerre e degli sfollamenti è la
gente comune, innanzi tutto donne e bambini. L'intensificazione delle tensioni
e l'inizio di un'altra guerra porteranno a un'altra catastrofe che interesserà
le popolazioni del Medio Oriente e dell'Iran, minacciando di far precipitare
l'intera regione in una lunga guerra rovinosa. Nel mezzo si trovano le persone che
non hanno alcuna parte nello scoppio delle guerre, ma ne diventano il bersaglio.
Le difficoltà che donne e bambini affrontano in condizioni normali si
moltiplicano in condizioni di guerra.
L'Organizzazione Democratica delle Donne Iraniane fa appello
a tutti gli attivisti per la pace, in tutto il mondo, perché mobilitino l'opinione
pubblica e chiedano il supporto delle organizzazioni internazionali, in
particolare dell'ONU, per impedire una nuova catastrofe in Medio Oriente e
Iran. Non dobbiamo permettere che donne, bambini e milioni di persone
innocenti, risorse umane e naturali dell'Iran, cadano vittima dei piani
distruttivi dell'imperialismo.
ORGANIZZAZIONE DEMOCRATICA DELLE DONNE IRANIANE
https://www.tdzi.org/no-to-war-no-to-sanctions-no-to-despotism/
Trad. dall'inglese A.D.