Una decisione che espone ancor più le donne alla violenza domestica durante l'emergenza COVID-19
Il 5 maggio 2020 il parlamento ungherese ha votato una
dichiarazione nella quale si afferma che non
ratificherà la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.
L'Ungheria fa così marcia indietro sulla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, che aveva
sottoscritto nel 2014. Perché essa diventasse legge nazionale occorreva la
ratifica parlamentare, ma ora questa dichiarazione la blocca definitivamente.
Il governo ungherese ha ignorato in tutti questi anni
le pressioni dei movimenti delle donne
per la ratifica, definendo le preoccupazioni da loro espresse come «piagnistei politici».
Proteste immediate sono venute dalla società civile:
la sezione ungherese di AmnestyInternational ha stigmatizzato la decisione del parlamento come «estremamente
pericolosa in un momento in cui gli episodi di violenza domestica denunciati in Ungheria sono raddoppiati dall'inizio
del lockdown per il COVID-19. Ciò non solo mette a rischio le donne e le
ragazze, ma invia un messaggio dannoso agli autori del reato che i loro atti
non saranno perseguiti.
Il governo ha accampato giustificazioni aberranti, come quelle secondo cui la Convenzione «supporta
la migrazione illegale» e «prescrive pericolose ideologie di genere». In realtà
il governo di Orban cerca di nascondere le proprie carenze nell’azione di
contrasto alla tragedia degli abusi su donne e ragazze, testimoniate da vergognose indagini e procedimenti giudiziari
senza conclusione.
«L'Ungheria deve revocare questa dichiarazione –
continua Amnesty - e ratificare con
urgenza la Convenzione di Istanbul e adottare tutte le misure necessarie per
proteggere sufficientemente le donne e le ragazze dalla violenza e dagli abusi
domestici, in particolare nella lotta attuale contro la pandemia».
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