...si avvicina la sentenza della “Camera Stellata"
Lo scorso 10 dicembre, giornata mondiale per i diritti
umani, si sono tenute in molte capitali del mondo sit in davanti alle
ambasciate Usa per chiedere la liberazione di Julian Assange, il fondatore di
WikiLeaks perseguitato da 13 anni per avere documentato agli occhi del mondo i
crimini di guerra degli Stati Uniti. In
questo articolo, l’attivista statunitense Ellen E. Taylor ha ricostruito per Socialist Action il calvario di Assange,
che nella prigione di Belmarsh attende la decisione della Star Chambre, l’Alta
Corte inglese, sull’estradizione negli Usa. Nonostante diversi importanti
quotidiani internazionali che hanno pubblicato articoli basati su documenti
Wikileaks abbiano recentemente chiesto al governo degli Stati Uniti di lasciar
cadere le accuse, contro di lui si profila un processo da tribunale illegale.di Ellen E. Taylor*
Il 28 novembre il New York Times, Der Spiegel, The Guardian,
Le Monde e El Pais hanno inviato una lettera aperta al mondo, in cui si afferma
che «il governo degli Stati Uniti dovrebbe smetterla di accusare Julian Assange
di aver pubblicato segreti di Stato».
Questa lettera è imperdonabilmente tardiva. Julian è stato
sepolto vivo per oltre un decennio. Da quanto viene riferito, è in condizioni
terribili. Pare che in questo paese siamo diventati tolleranti nei confronti di
pene detentive interminabili, e che scopriamo l'innocenza delle vittime solo
molto tempo dopo che le loro vite sono state distrutte.
Nella lettera, questi "Papers of Record" non fanno
menzione della parte che essi stessi hanno avuto nella distruzione di questo
essere umano. Hanno persino il coraggio di ricordarci le loro riserve sul caso di
Julian, a proposito della criptazione/redazione e l’hackeraggio, questioni che
sono state definitivamente messe a tacere anni fa, durante processi, le udienze
e una testimonianza ritrattata. Inoltre, essi stessi hanno partecipato alla
campagna diffamatoria, che ha trasformato Julian in un paria, lasciato marcire in
condizioni orribili che sono state equiparate dalle Nazioni Unite a torture.
La manipolazione della percezione, secondo il Dizionario dei
Termini Militari e Associati del Dipartimento della Difesa, consiste in «azioni
volte a trasmettere e/o negare informazioni selezionate al pubblico per
influenzarne le emozioni, motivazioni e ragionamento oggettivo... che alla fine
risultano in comportamenti e azioni ufficiali favorevoli agli obiettivi dell'originatore.
In vari modi, la manipolazione della percezione combina proiezione della verità,
sicurezza delle operazioni, copertura e inganno ed operazioni psicologiche».
Come funziona questa gestione della percezione è illustrato
da Nils Melzer, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura dal 2014 al
2022, che quest'anno ha pubblicato un libro, The Trial of Julian Assange. Durante la sua carriera, egli ha
intervistato centinaia di torturatori, vittime di torture, prigionieri di
guerra e altre persone sottoposte a trattamenti crudeli, inumani o degradanti,
in tutto il mondo. In molti anni di esperienza ha potuto discernere la verità
dalle bugie e svelare calunnie di ogni genere. Tuttavia, quando ha ricevuto un
appello dal team legale di Julian Assange, alla fine del 2018, che chiedeva
protezione da trattamenti disumani durante la sua reclusione presso
l'ambasciata ecuadoriana a Londra, Melzer l'ha accantonato.
Demonizzazione di
Assange
La sua scrivania era piena zeppa di incriminazioni di
tortura, prigionieri a rischio, possibili crimini di guerra. Per lui,
"come per la maggior parte delle persone in tutto il mondo, Assange era
solo uno stupratore, nichilista, un hacker, una spia, un narcisista".
Melzer aveva del lavoro più importante da fare. «Come tanti, ero convinto di
conoscere la verità (su Assange), anche se non riuscivo a ricordare bene da dove
provenisse quella conoscenza».