13/12/18

10 dicembre 2018 / 70 anni di diritti umani

 Gli strumenti giuridici che hanno le donne a tutela dei loro diritti



Una nota del Movimento Democratico de Mulheres (MDM), Portogallo, nel 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani


Nel 70 ° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, firmata e ratificata all'indomani della seconda guerra mondiale nel 1948, è dovere fondamentale delle donne e di tutte le persone democratiche riconoscere il passato che ha portato a un meritorio consenso attorno ai  principi della Dichiarazione e richiamare alle proprie responsabilità quei governi e Stati che la vorrebbero eludere o ignorare, in un momento in cui il mondo vive conflitti così oscuri e minacciosi, incertezze e violenze. Violenze e disuguaglianze che, se non vengono contrastate, troveranno un'eco nelle forze più arretrate del mondo che già oggi, assetate di sangue e di potere,  si stanno auto-riororganizzando.
Per l'MDM celebrare questa Dichiarazione significa riconoscere in essa un'Etica dei diritti umani, un'etica interculturale, universale, che ha forza giuridica e requisiti politici, pedagogici e di altro genere, che giustificano la sua rigorosa applicazione a favore di:  
  • dignità, libertà, uguaglianza, diversità, reciprocità e solidarietà di tutti gli esseri umani;
  • non discriminazione, tolleranza, democrazia, sviluppo e pace;
  • relazione tra la vita umana e il suo ambiente;
  • responsabilità delle generazioni presenti verso le generazioni future, che implica la protezione del patrimonio genetico, naturale e culturale (materiale e immateriale) dell'umanità

                             2. Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e il Patto internazionale sui diritti civili e politici, entrambi del 1966, ed entrambi da rivisitare,  traducono giuridicamente i principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, indicando chiaramente che tali diritti sono da applicarsi a tutte le persone senza alcun tipo di discriminazione e considerando inammissibile il genere come motivo di discriminazione tra le persone. Questi Patti hanno consacrato la promozione dei diritti delle donne in settori particolarmente vulnerabili come il matrimonio e la famiglia, che non a caso furono oggetto di molte controversie al momento della definizione della Dichiarazione dei diritti umani, la quale non stabiliva alcun obbligo in merito al rispetto dei diritti stessi, né affrontava le discriminazioni in modo dettagliato, ad esempio eludendo le questioni legate ai costumi su cui si basa la perpetuazione di molte forme di discriminazione nei confronti delle donne. È quindi molto importante e attuale richiamare i Patti e i loro principi.

          3. Vogliamo sottolineare che per noi  dell'MDM, gran parte di ciò che è stato fatto nel campo legislativo internazionale – ed è già stato molto - è il risultato dell'azione e della convergenza di molte donne, delle loro organizzazioni più progressiste e conseguenti. E tra queste rimarchiamo il ruolo fondamentale che ha avuto la WIDF (Federazione Democratica Internazionale delle Donne, una organizzazione internazionale creata nel 1945 nel secondo dopoguerra, forgiata nella lotta per la pace e contro il nazifascismo, guidata a lungo dalla scienziata francese Eugenie Cotton. La WIDF, della cui direzione fa parte l'MDM, rimane attiva sulla scena internazionale. Abbiamo celebrato il suo 70 ° anniversario nel 2015. La WIDF è la più grande rete internazionale di donne che pone la lotta per i diritti delle donne nel contesto di un ampio fronte anti-imperialista per la pace e l'autodeterminazione dei popoli.
          4. In seguito alla ratifica dei Patti, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata da 184 Stati, è uno strumento essenziale per definire il quadro giuridico e politico dei diritti delle donne.


07/12/18

8 dicembre Non Una di Meno

Portiamo nelle piazze la parola femminista



L’8 dicembre #agitazionepermanente per la messa in sicurezza dei territori contro le grandi opere inutili e dannose e sul clima





Lo scorso 24 novembre,  dopo due anni di lotte, in 150.000 abbiamo sfilato a Roma arrivando da più di 20 città. Il 25 novembre abbiamo dato vita a una grande e partecipata assemblea nazionale dando prova della nostra forza vitale, della nostra capacità di mobilitazione, della nostra autonomia, della radicalità del nostro percorso politico e del radicamento del nostro movimento nei territori.
Il cambiamento  climatico si traduce nell’aumento delle oppressioni e diseguaglianze per le quali intere popolazioni (umane e non) sono costrette  a spostarsi trovando sofferenza, morte e confini sbarrati.
Come movimento femminista e transfemminista conosciamo bene la violenza ambientale. Il Piano di Non Una Di Meno ha riconosciuto il biocidio e la devastazione ambientale come una delle espressioni della violenza patriarcale contro i corpi delle donne e delle soggettività LGBPT*QIA, degli animali non umani, della terra.
Una violenza sistemica, che si fonda in tutti gli ambiti del vivere su logiche di proprietà e sfruttamento del capitalismo estrattivista e del patriarcato in cui i corpi oppressi di animali umani e non e la terra sono al contempo “femminilizzati” e “naturalizzati”. Si sfrutta la terra per soddisfare la crescente domanda di consumo indotta, riproducendo l’idea che lo sviluppo corrisponda alla crescita economica. Una violenza che invisibilizza e criminalizza le lotte per la difesa delle risorse (terra, acqua, aria, boschi,…), per il diritto alla libertà e all’autodeterminazione sui nostri corpi.
Non possiamo non vedere come in diverse parti del mondo si stiano affermando governi reazionari e autoritari che promuovono politiche di dominio sui corpi e sull’ambiente considerati risorse sfruttabili e a disposizione. Allo stesso tempo, non possiamo non vedere come le donne e le comunità native siano ovunque in prima fila nella resistenza contro lo sfruttamento neo-liberale delle risorse (dalle attiviste Mapuche e Guaranì in america del sud, alle mamme della Terra dei Fuochi a quelle NoPfas, No TAP e NO TAV,….) e nella sperimentazione di nuove forme di autodeterminazione e autogestione dei territori, di condivisione del lavoro di cura e di riproduzione, di un modello di vita sostenibile e alternativo al modello capitalista antropocentrico e androcentrico.

Stiamo vivendo una politica caratterizzata da un patriarcato fortemente violento, razzista, sessista, transomofobo e abilista, incubatore di quella saldatura tra la Lega, neofascisti e fondamentalisti cattolici che, nelle amministrazioni locali e al governo del Paese, cerca agibilità politica proprio sui nostri corpi, attraverso forme di oppressione, strumentalizzazione, imposizione di modelli e negazione di diritti e libertà.
Portiamo nelle piazze dell’8 dicembre la radicalità di un punto di vista femminista e transfemminista nel nostro cammino verso l’8 marzo, giornata dello sciopero globale femminista durante la quale praticheremo forme nuove di sciopero di genere e dai generi, dal lavoro produttivo e riproduttivo, ma anche dai consumi e dalle grandi opere in nome dell’ecofemminismo per costruire pratiche di alternative a questo sistema.
Le manifestazioni dell’8 dicembre rappresentano un’occasione importante di presa di parola a partire dai nostri contenuti e di risignificazione in chiave femminista di una mobilitazione che ci appartiene.
Una presa di parola anche nei confronti di una narrazione mediatica mainstream che invisibilizza la radicalità dei percorsi femministi e antirazzisti mentre esalta la cosiddetta “rivoluzione gentile” (e neoliberale) delle donne imprenditrici torinesi a sostegno della realizzazione del TAV, opera inutile e dannosa a cui da oltre trent’anni le comunità della Val Susa, e non solo, si oppongono con fermezza e determinazione.

Cambiamo il sistema, non il clima!

Assemblea transterritoriale Terra Corpi Territori e Spazi urbani di Non Una di Meno

29/11/18

NON UNA DI MENO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE


Stato di agitazione permanente

24 e 25 novembre a Roma: report della manifestazione e dell'assemblea nazionale NUDM 


https://nonunadimeno.wordpress.com/author/nonunadimeno/ 


Da ormai 3 anni il movimento femminista e transfemminista in Italia e nel mondo è potente e in costante trasformazione. Esprime radicalità condivisa, autonomia e radicamento nei territori e si afferma come spazio di costruzione di alternativa e motore di conflitto permanente e intersezionale contro la violenza.

La fase politica attuale è segnata da un’avanzata autoritaria e reazionaria e dalla saldatura tra le politiche neoliberiste e l’ordine patriarcale e razzista. In Italia, come nel mondo, l’attacco ideologico in atto ha pesanti ricadute materiali. In questo contesto il movimento femminista globale apre lo spazio di un grande processo di soggettivazione politica ma anche di ricomposizione.
Lo Stato di agitazione permanente lanciato a Bologna durante l’assemblea nazionale di Non Una di Meno del 6-7 ottobre è rapidamente diventato un dispositivo potente di mobilitazione e di moltiplicazione delle lotte nei territori. È un processo di opposizione alle politiche sessiste e razziste del governo che non disperde, ma anzi potenzia la capacità affermativa, produttiva e trasformativa della presa di parola femminista e transfemminista.

Un’opposizione che pratichiamo e che continueremo a praticare a partire dall’elaborazione collettiva costruita in questi 3 anni e concretizzata nel Piano Femminista che ha anticipato le risposte alle politiche patriarcali, razziste, neoliberali e securitarie, del governo giallo verde. Un’opposizione che, proprio grazie all’analisi e alle proposte che avanziamo, mette in luce sia le continuità con i governi precedenti che le radicalizzazioni e le oppressioni portate avanti da questo esecutivo.

A partire dal Piano Femminista costruiremo lo sciopero femminista dell’8 marzo e daremo corpo e sostanza alle rivendicazioni e alle battaglie aperte contro il Ddl Pillon, il decreto Sicurezza, il reddito di cittadinanza, l’attacco all’aborto libero, sicuro e gratuito. Lo sciopero sarà politico e globale, darà voce a chi si oppone con tutte le sue forze alle politiche reazionarie che in ogni parte del mondo cercano di schiacciare chi quotidianamente lotta contro la violenza di questa società.

Come movimento femminista sveliamo la relazione tra il razzismo istituzionale e la violenza sulle donne, frutto di uno stesso paradigma e risultato della saldatura tra destra di governo, neofascisti e fronte cattolico pro-life che passa anche attraverso le mozioni antiabortiste proposte nei consigli comunali. Anche in questo caso non ci limitiamo a reagire contro le pretese della Chiesa sui nostri corpi ma riaffermiamo la nostra autodeterminazione rivendicando molto più di 194.
Costruiamo reti solidali e pratiche efficaci contro le molestie e le discriminazioni sui posti di lavoro, contro il ricatto della precarietà e della dipendenza economica. Rivendichiamo reddito di autodeterminazione, salario minimo europeo e welfare universale contro le misure economiche e sociali del governo. Rivendichiamo la varietà delle nostre reti affettive contro l’eteronormatività del decreto Pillon. Rivendichiamo la possibilità per tutte di muoversi e di restare: contro la violenza dei confini e il ricatto della clandestinità rivendichiamo un permesso di soggiorno europeo, il diritto di asilo e la cittadinanza senza condizioni. Rivendichiamo la libertà da stereotipi, condizionamenti e ruoli sociali imposti, costruiamo spazio pubblico femminista nelle città, sui media, nelle scuole e nelle università.
Riaffermiamo l’arma dello sciopero femminista – sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo, sciopero dai e dei generi, sciopero dal lavoro sessuale, sciopero ecofemminista e del consumo – come processo di attivazione politica e sociale per le donne ma anche per tutte le soggettività precarie, migranti, trans*, lesbiche, e chiunque non si adegua ai modelli di sessualità dominanti. Rilanciamo la forza collettiva dello sciopero anche come possibilità di sperimentazione di tempi di vita diversi, e pratiche di condivisione e liberazione.

Intendiamo lo sciopero come uno strumento da reinventare per essere all’altezza di questi percorsi e di queste pratiche. Bloccare produzione e riproduzione sociale significa scioperare nei luoghi di lavoro, nelle relazioni di cura ma anche radicarsi nei territori, significa preparare lo sciopero stando in piazza nei momenti decisivi con la forza delle nostre parole e delle nostre pratiche. Proprio per costruire lo sciopero è stata individuata l’esigenza di articolare in modo diffuso spazi di elaborazione e confronto sulle pratiche (case dello sciopero), per organizzare lo sciopero, per immaginare insieme forme efficaci e concrete di astensione dal lavoro autonomo, informale, gratuito e riproduttivo, strategie di sottrazione dal ricatto del permesso di soggiorno e della precarietà attraverso la costruzione di casse di mutuo soccorso altre pratiche di solidarietà, cosi come luoghi e strumenti di alfabetizzazione sindacale sul diritto di sciopero (anche riprendendo vademecum, grafiche e video). A tal fine ci proponiamo di costituire un gruppo di lavoro e di raccordo tra le assemblee territoriali che si occupi praticamente di informare e supportare le lavoratrici che vorranno scioperare.
A partire dalla consapevolezza che lo sciopero è un diritto delle lavoratrici, la convocazione dello sciopero generale parte da noi e da questa assemblea: lanceremo lo sciopero con un appello potente che a partire dal lavoro femminile e femminilizzato interpella tutti quei soggetti che si oppongono alla violenza maschile e di genere, alla precarietà e al razzismo. Convochiamo lo sciopero dell’8 marzo a partire dalla forza accumulata in questi tre anni di mobilitazione, dallo stato di agitazione permanente espressa nei territori e nella marea femminista. Con questa forza e determinazione costruiamo lo sciopero e il confronto con i sindacati, nel segno della riappropriazione di uno strumento di lotta da parte delle lavoratrici, che apre contraddizioni anche interne ai sindacati stessi. Affermiamo la necessità, quindi, che i sindacati si facciano strumento di un processo di opposizione e costruzione di alternativa che parte dai soggetti e li veda protagonisti al di là delle organizzazioni e delle strutture sindacali.
In questa ottica incalziamo i sindacati perché sappiano mettersi al servizio dello sciopero femminista, garantendo la possibilità concreta di praticarlo in ogni settore produttivo. Cogliamo, quindi, l’invito al congresso della Fiom, come occasione per porre alle lavoratrici che saranno presenti lo sciopero come proposta politica da sostenere in forme non simboliche ma effettive. Si mette a verifica la possibilità di costruire un meeting internazionale sullo sciopero globale delle donne che ci dia la possibilità di un confronto politico anche sulle pratiche e sul processo della sua costruzione, creando le condizioni di un rafforzamento della rete oltre i confini nazionali.
Il meeting internazionale potrà anche essere l’occasione per un ulteriore confronto anche nazionale, che incornici la nostra iniziativa nel quadro globale.
Ci volete sottomesse, ricattate e sfruttate, noi scioperiamo! La marea che sale e arriva ovunque traboccherà l’8 marzo. Saremo tempesta…
Non Una di Meno

18/11/18

CARPI / PREMIO IMMAGINI AMICHE DELLE DONNE

#facciamochenonsiauneccezione

Teatro comunale di Carpi, 17 novembre 2018
17 novembre, Teatro Comunale Carpi edizione 2018 del Premio Immagini amiche dedicato alle attività pubblicitarie libere da stereotipi di genere e immagini sessiste. Per la categoria Affissioni, il premio è stato assegnato alla campagna di comunicazione sociale #facciamochenonsiauneccezione realizzata a Lecce dalla Casa delle donne. 
Il premio #PremioImmaginiAmiche, curato da UDI - Unione Donne in Italia, trae ispirazione da una risoluzione del Parlamento europeo del 2008 che invita a monitorare l’impatto della pubblicità sulla parità di genere. La campagna #facciamochenonsiauneccezione - sei poster 70x100 progettati da Donata Bologna, Gioia Perrone e Lucia Pagliara per l'affissione urbana nella città di Lecce nell'ambito del progetto di cooperazione internazionale #WomenAtWork - ha affrontato, con leggerezza ed ironia, altrettanti temi importanti per il mondo lavorativo e la vita delle donne: conciliazione vita - lavoro, tetto di cristallo, sessismo nei luoghi di lavoro, linguaggio stereotipato e disparità salariale a danno delle donne.
Lecce, ottobre 2018. Lancio della campagna di comunicazione sociale #facciamochenonsiauneccezione

Il progetto #WomenAtWork, finanziato dalla Regione Puglia, è realizzato dalla Casa delle Donne di Lecce con la partnership di Alveare Lecce, Meticcia Lecce. Awmr Italia - donne della regione mediterranea, Wilpf Albania, BLABLABLA, ACA Npo Albanian Community Assist, CNA Lecce e Comune di Lecce – Assessorato alle Pari Opportunità.






17/11/18

WOMEN AT WORK DA LECCE A TIRANA

IL LAVORO VISTO DALLE DONNE

https://www.facebook.com/events/970043393204004/






WOMEN
at
WORK

Dialogo                  

sulle pratiche   

femministe              

fra le due sponde   

dell'Adriatico





Presso l'Open Space del Comune di Lecce, il 23 novembre 2018.
Uno spazio aperto di confronto e condivisione di esperienze e pratiche fra donne italiane e albanesi, sulle tematiche del lavoro in relazione alla libertà femminile, nell'ambito di un progetto di cooperazione internazionale realizzato nel corso di quest'anno con azioni parallele sull'una e l'altra sponda dell'Adriatico. Women at work, progetto realizzato dalla Casa delle donne di Lecce e dalle associazioni partner Alveare Lecce, AWMR Italia - donne della regione mediterranea, ACA Npo Albanian Community Assist, WILPF Albania, BlaBlaBla, CNA-Confederazione Nazionale Artigianato di Lecce, Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Lecce, col finanziamento della Regione Puglia - Sezione relazioni Internazionali, ha offerto un'ulteriore occasione di consolidamento alla relazione pluridecennale fra donne leccesi e albanesi. Il racconto di questa esperienza fatta insieme nel corso dell'anno, nata e maturata sul terreno fertile di un'amicizia antica, sarà anche occasione di confronto sulle diversità e le somiglianze nelle pratiche politiche relative ai comuni processi di liberazione di sé dalle strettoie  di rapporti lavorativi ancora subordinanti e discriminanti, viziati da sessismo e disparità remunerativa, stereotipi linguistici e comportamenti violenti che mortificano e opprimono. L'incontro sarà coordinato da Ada Donno per la Casa delle donne, con Holta Koci executive director di ACA - Albanian Community Assist e Skerdi Zanaj, docente associata di Ecomìnomia e gender officer presso l'Università del Lussemburgo. 






09/11/18

FERMIAMO IL DDL PILLON

10 novembre 2018 mobilitazione generale

E' inemendabile, va ritirato!


Condividiamo il comunicato della Casa internazionale delle donne di Roma che lancia la mobilitazione permanente contro il ddl Pillon “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, Perché va ritirato.


@Awmr Italia

Perché è un disegno di legge paternalista e autoritario, che disciplina le vite dei soggetti coinvolti e li tratta come incompetenti e irresponsabili. Un ddl il cui vero scopo sembra essere quello di tornare all’indissolubilità del matrimonio rendendo difficilissimo separarsi, ovvero ripristinare con l’intervento autoritario modelli familiari che non si reggono più sull’adesione spontanea delle persone. È un disegno che non dà voce ai soggetti coinvolti: madri, padri, figli. Non c’è ascolto del minore, di cui tanto si evoca il diritto alla bigenitorialità, ma che in realtà viene trattato come una proprietà in condivisione. Nessuna attenzione è rivolta alla peculiarità delle diverse situazioni.
Perché è contro la libertà di tutte e tutti. Il ddl interviene con la forza della legge a normare minuziosamente il percorso della separazione e sancisce di fatto la fine della separazione consensuale. Le coppie con figli non potranno più concordare come separarsi. Viene introdotto l’obbligo di affidarsi a figure private, quali il mediatore familiare e il coordinatore genitoriale: la gestione della separazione viene cioè delegata a soggetti terzi. È un processo che privatizza la giustizia, limitandone l’accesso. I costi sono a carico dei due coniugi – 50 e 50 – e non è previsto gratuito patrocinio. (Senza considerare il conflitto d’interessi: il senatore proponente, Simone Pillon, è un avvocato che di professione fa anche il mediatore familiare).
Perché riproduce le diseguaglianze e ne crea di nuove: anziché tutelare i membri “deboli” della famiglia, fotografa e consolida le disparità familiari. Con buona pace del coniuge più fragile economicamente, normalmente la donna, e della serenità del minore.
Perché è contro i figli e le figlie. Bambini e bambine, divisi a metà, saranno costretti a vivere due vite, senza la possibilità di chiamare una casa la propria casa, né propri i giochi o i vestiti che indossano, poiché ogni genitore soddisferà i loro bisogni solo nel tempo e nello spazio a lui o lei assegnato.
Perché cancella la questione della violenza. Il ddl è così ossessionato dalla bigenitorialità che, imponendo dall’alto la mediazione familiare in tutti i casi, finisce per prevederla anche nei casi in cui la separazione è causata dalla violenza del coniuge, in aperta violazione della Convenzione di Istanbul. Con questo provvedimento le donne rimarranno ingabbiate in relazioni a cui vorrebbero porre fine; in nome del contrasto alla cosiddetta “alienazione parentale”, si estende il sospetto su ogni denuncia di violenza contro un marito e si obbligano di fatto i figli a mantenere la relazione con il padre, anche quando il rifiuto di vederlo deriva dall’aver assistito alla sua violenza sulla madre.
Perché è una proposta inemendabile, dal segno apertamente reazionario
È un contrattacco, che va rispedito al mittente.


08/11/18

#indivisibilicontroilrazzismo / manifestazione nazionale


UNITI/E SOLIDALI A ROMA IL 10 NOVEMBRE



#indivisibili Manifestazione nazionale Uniti/e & Solidali contro il razzismo e il decreto Salvini

10 novembre a Roma, Piazza della Repubblica, ore 14
Awmr Italia - donne della regione mediterranea partecipa

È il momento di reagire, mobilitarsi e unirsi contro gli attacchi del governo, a cui Minniti ha aperto la strada, contro l’escalation razzista e il decreto Salvini che attacca la libertà di tutte e tutti.
- Per il ritiro immediato del Decreto immigrazione e sicurezza varato dal governo. 
- NO al disegno di legge Pillon.
- Accoglienza e regolarizzazione per tutti e tutte.
- Solidarietà e libertà per Mimmo Lucano! Giù le mani da Riace e dalle ONG.
- Contro l’esclusione sociale.
- No ai respingimenti, alle espulsioni, agli sgomberi.
- Contro il razzismo dilagante, la minaccia fascista, la violenza sulle donne, l’omofobia e ogni tipo di discriminazione.
Per queste ragioni convochiamo una MANIFESTAZIONE NAZIONALE pacifica, solidale, accogliente e plurale per sabato 10 novembre a Roma.
Piattaforma approvata dall’assemblea antirazzista del 14 ottobre a Roma
Qui l'elenco delle realtà organizzate nazionali e locali (394 ADESIONI - al 7 novembre) che hanno aderito alla piattaforma della manifestazione nazionale del #10novembre “Uniti e solidali contro il governo, il razzismo e il decreto Salvini”: https://www.facebook.com/events/155785395376127/permalink/165949414359725/

07/11/18

NON UNA DI MENO A ROMA IL 24 NOVEMBRE


La marea del cambiamento contro la violenza di genere e le politiche patriarcali e razziste del governo 


"Siamo la marea femminista che in Italia e nel mondo ha levato il suo grido globale contro la violenza maschile, di genere e razzista e contro i governi che la legittimano. Da più di due anni siamo nelle piazze e nelle strade a ribadire che i femminicidi sono la punta di un iceberg fatto di oppressione: la violenza maschile comincia nel privato delle case ma pervade ogni ambito della società e diventa sempre più strumento politico di dominio, producendo solitudine, disuguaglianze e sfruttamento.
Il governo Salvini-Di Maio si è fatto portatore di una vera e propria guerra contro donne, migranti e soggettività lgbt*, attraverso misure e proposte di legge che insistono su un modello patriarcale e autoritario che vorrebbe schiacciare e ridurre al silenzio la nostra libertà. Contro le donne si scaglia il Ddl Pillon su affido e mantenimento dei figli per difendere la famiglia tradizionale e ristabilire ruoli e gerarchie di genere che negano l’autodeterminazione delle donne
La libertà di decidere sul nostro corpo e delle nostre vite è sempre più attaccata da campagne fondamentaliste di criminalizzazione dell’aborto che oggi trovano spazio in ogni parte del mondo e rappresentanza nel governo. Noi rispondiamo che la libertà di abortire non si tocca e che il Ddl Pillon non si riforma, si blocca! Mentre dichiara di voler porre fine alla povertà, questo governo pianifica misure che intensificano la precarietà e accentuano la dipendenza economica che ci espone ancora di più alla violenza e alle molestie sul lavoro. 
Smantellano il welfare e pretendono che le donne, italiane o migranti, gratuitamente o in cambio di un salario da fame si occupino del lavoro domestico e di cura. La precarietà è donna e per questo la nostra lotta contro la violenza è anche una lotta contro la precarietà e lo sfruttamento. Vogliamo un reddito di autodeterminazione , universale e individuale,un salario minimo europeo, welfare universale e servizi, per uscire dal ricatto della povertà e della violenza. 
Riconosciamo scuole e università come luoghi di formazione e di lavoro che producono e riproducono le dinamiche violente della società razzista e patriarcale in cui viviamo. Per questo vogliamo farli rivivere di saperi femministi e antirazzisti, educazione alle differenze e educazione sessuale a tutti livelli. 
Attraversiamo città rese sempre più cupe e ostili dalla privatizzazione dello spazio pubblico, dalla militarizzazione delle strade, da provvedimenti per la sicurezza che divengono apartheid. In tutto il mondo continuiamo a urlare che le strade sicure le fanno le donne e le soggettività libere che le attraversano, costruendo le città femministe che meritiamo di vivere. 
Vogliamo una Casa per dormire, consultor* per amare, centri antiviolenza per vivere e sognare. 
Non ci stiamo al gioco razzista che strumentalizza stupri e femminicidi. La violenza contro le donne non ha colore: è sempre violenza maschile. 
Patriarcato e razzismo sono due facce della stessa medaglia: rifiutiamo la paura, l’odio e la violenza del decreto Salvini, costruendo mobilitazione e solidarietà diffusa, in primo luogo con le migranti esposte a violenze reiterate e sulla cui pelle si gioca in modo ancora più tragico la partita della destra al governo. 
Rivendichiamo la libertà di muoverci e di restare, diritto d’asilo, cittadinanza e un permesso di soggiorno europeo senza condizioni, svincolato da lavoro, matrimonio e studio. 
Ci volete sottomesse, ricattate e sfruttate, ci avrete ribelli! 
Noi siamo il cambiamento".

29/10/18

Congresso MDM/Portogallo

L'uguaglianza nella vita è la nostra lotta


Misoginia, violenza di genere, sessismo sono in relazione funzionale e indissolubile con il capitalismo e il neoliberismo. Per superare lo sfruttamento capitalista e neoliberista, è urgente affrontare e superare  le mentalità e le pratiche patriarcali, non c'è altro modo.









Il 27 e 28 ottobre 2018 si è tenuto il X Congresso del MDM - Movimento Democrático de Mulheres a Sétubal, Portogallo, il 27-28 ottobre. Lorena Peña, presidente della FDIM / WIDF - Federazione Democratica Internazionale delle Donne, ha portato al congresso il saluto di tutta la Federazione.

"Saluto le donne del MDM riunite in congresso e nel loro 50 ° anniversario, nello spirito e nei valori di aprile. E' un momento molto importante. Stiamo vivendo uno scontro politico e ideologico tra le forze capitaliste patriarcali e i movimenti democratici, progressisti e rivoluzionari: abbiamo di fronte guerre, colpi di stato, crisi degli immigrati, che colpiscono il popolo e le donne con maggiore forza.

Ma viviamo anche un nuovo slancio delle forze democratiche, dei movimenti popolari e dei movimenti femministi al loro interno. Il Portogallo è un esempio.
La FDIM / WIDF - Federazione Democratica Internazionale delle Donne nei suoi 72 anni di lotta ha tenuto alte le bandiere della pace, autodeterminazione dei popoli, uguaglianza e giustizia sociale, con un'attenzione particolare ai nostri diritti di donne.
La Widf Fdim nell'ultima riunione del suo comitato direttivo ha deciso di approfondire la lotta per queste cause e ha denunciato come funzionale e indissolubile il rapporto tra misoginia, violenza di genere, sessismo e il capitalismo e il neoliberismo, tale rapporto economico ideologico e culturale è alla base del sistema sociale. Lo possiamo vedere nelle maquilas, nella privatizzazione dei servizi, nelle guerre, nella esacerbazione dei conflitti e la criminalizzazione della politica: tutti questi processi sono accompagnati da una recrudescenza del sessismo, omofobia, femminicidio e più profondi livelli di discriminazione.
Sicché per superare lo sfruttamento capitalista e neoliberista, è urgente affrontare e superare mentalità e pratiche patriarcali, non c'è altro modo. In alcuni settori della sinistra c'è una forte resistenza a riconoscere questa realtà, il che impedisce di affrontarla, e in molti casi impedisce alle donne non solo di esercitare il loro diritto alla lotta e alla partecipazione politica, ma priva la stessa sinistra del contributo ottimale delle donne. Una visione del fenomeno della discriminazione e dell'oppressione delle donne come problema secondario impedisce di compiere un cambiamento concettuale e reale in profondità.
L'approccio alla liberazione delle donne in quanto tale e ai nostri diritti fondamentali è all'origine del movimento rivoluzionario, lo possiamo vedere nella rivoluzione in Russia dell'ottobre 1917, tuttavia noto con preoccupazione che l'imperialismo ha ora trasformato questo problema in alcuni paesi in un elemento della controrivoluzione.

Noi donne della FDIM / WIDF - Federazione Democratica Internazionale delle Donne FDIM siamo impegnate a continuare a lottare per la pace, per l'autodeterminazione dei popoli, per una società giusta per uomini e donne, e perché le donne a sinistra recuperino un approccio di classe e femminista che ci permetta di riposizionare nella sinistra il movimento delle donne, di rafforzare il movimento delle donne lavoratrici, contadine, borghesi, intellettuali, ecc, nella difesa e nella promozione di società più eque, e fortemente affrontare l'offensiva imperialista e dei suoi alleati. Anche smascherando coloro che in nome dei nostri diritti si schierano col  fascismo e differenziandoci nettamente dalle posizioni fondamentaliste, religiose e di destra che vogliono costringerci a mantenere la nostra vita, i nostri corpi sottomessi alla chiesa,allo stato, al datore di lavoro e, infine, al marito.
Vi auguro ogni successo e che le vostre risoluzioni arricchiscano la lotta del popolo portoghese e rappresentino un contributo efficace al progresso delle donne in Europa e nel mondo.
Viva il congresso del MDM - Movimento Democrático de Mulheres! Lunga vita alla Widf Fdim


Saludo a las integrantes del MDM en su congreso y por su 50 aniversario en el espíritu y los valores de abril. Un momento muy importante en el que se desarrolla.
Una confrontación política e ideológica entre las fuerzas patriarcales capitalistas y los movimientos democráticos, progresistas y revolucionarios: enfrentamos guerras, golpes de estado, crisis de inmigrantes, que golpean a los pueblos y con mayor fuerza a las mujeres.
Pero también vivimos un impulso de las fuerzas democráticas, de los movimientos populares, y los movimientos feministas dentro de ellos. Portugal es un ejemplo.
La Federación Democrática Internacional de Mujeres en sus más de 70 años de lucha ha levantado las banderas de la paz, la autodeterminación de los pueblos y de la igualdad y la justicia social, con un enfoque especial en nuestros derechos como mujeres.
La FDIM en su última reunión del comité mundial de dirección resolvió profundizar la lucha por estas causas, y constatamos que la relación entre la misoginia, la violencia de género y el sexismo con el capitalismo y el neoliberalismo, es funcional e indisoluble, se encuentran sosteniendo la base económica ideológica y cultural del sistema social. Podemos verlo en las maquilas, en la privatización de los servicios, en las guerras, en la agudización de los conflictos y en la judicialización de la política, todos estos procesos van acompañados de un recrudecimiento del sexismo, la homofobia, los feminicidios y niveles más profundos de discriminación.
De tal forma urge para superar la explotación capitalista y neoliberal, enfrentar y superar las mentalidades y prácticas patriarcales, no hay otro camino. En algunos sectores de la izquierda existen grandes resistencias en reconocer tal situación, lo que impide enfrentarla, y en muchos casos priva a las mujeres no sólo de ejercer su derecho a la lucha y a la participación política, sino que se priva la izquierda del aporte óptimo de las mujeres. Por lo que llamo a dejar la mirada del fenómeno de la discriminación y opresión de las mujeres como un problema secundario y a realizar a fondo un cambio conceptual y real.
El planteamiento de la liberación femenina como tal y nuestros derechos fundamentales están en los orígenes del movimiento revolucionario, podemos verlo en la revolución de octubre de 1917 en Rusia, sin embargo, señalo con preocupación que en la actualidad el imperialismo ha hecho de este tema en algunos países un componente de la contra revolución.
Las mujeres de FDIM estamos empeñadas en continuar luchando por la paz, por la autodeterminación de los pueblos, por sociedades justas para hombres y mujeres, y porque la izquierda y las mujeres de la izquierda volvamos al enfoque de clase y feminista que nos permita reposicionarnos en el movimiento de mujeres, fortalecer el movimiento de mujeres obreras, campesinas, de clase media, intelectuales, etc., en la defensa y promoción de sociedades más justas, y enfrentar con fuerza la ofensiva imperialista y sus aliados. Desenmascarando además a quienes en nombre de nuestros derechos se unen al fascismo y diferenciándonos claramente de las posiciones fundamentalistas, religiosas y de derecha que quieren obligarnos a mantener nuestras vidas, nuestros cuerpos sometidos a la iglesia, al estado, al patrono y finalmente al marido. 
Les deseo muchos éxitos y que sus conclusiones enriquezcan la lucha del pueblo portugués y sea una contribución efectiva al avance de las mujeres en Europa y el mundo. Viva el congreso del MDM!! Viva la FDIM!
Lorena Peña, Presidenta de FDIM
27 de octubre de 2018

22/10/18

WOMEN AT WORK

Liberare il lavoro dagli stereotipi di genere

Una campagna di comunicazione sociale affronta, con leggerezza ed ironia, sei temi importanti per il mondo lavorativo e la vita delle donne: conciliazione vita - lavoro, tetto di cristallo, sessismo nei luoghi di lavoro, linguaggio stereotipato e disparità salariale




Sei poster fotografici per le strade di Lecce per una campagna di comunicazione che fa parte del progetto di cooperazione internazionale WOMEN AT WORK della Casa Delle Donne Lecce a cui partecipa Awmr Italia - donne della regione mediterranea insieme a Alveare Lecce, Meticcia Lecce, BLABLABLA, WILPF Albania, l'associazione albanese Aca Npo, col sostegno della Regione Puglia, CNA Impresa Donna, Assessorato pari opportunità del Comune di Lecce. Nel progetto è compreso il corso di formazione WAW cercare creare lavoro destinato a donne native e migranti residenti nel Salento, che viene realizzato in contemporanea anche in Albania. 

Stereotipi sessisti più o meno radicati e attitudini discriminatorie persistono  nel mondo del lavoro e, anziché diminuire o scomparire, sembrano ritornare con maggiore aggressività in presenza, da una parte, dei processi di deindustrializzazione e di mancata nuova occupazione connessi con la crisi economica, che esasperano la competitività nel mercato del lavoro; dall’altra, in presenza di politiche di austerità che incidono sui servizi sociali e addirittura pretendono di riformare il “ciclo di vita” delle persone. Tutti fattori che giocano a sfavore delle donne e rischiano di annullare i risultati di decenni di lotte di emancipazione.
 #facciamochenonsiauneccezione  è il claim che ricorre in ciascuno dei poster fotografici, per ribadire che ciò che oggi rappresenta una singolarità dovrebbe diventare una prassi, un’abitudine di vita condivisa tra uomini e donne, un contesto culturale entro cui tutti e tutte debbano riconoscersi, affinché ciascuno/a possa crescere e vivere come persona, con bisogni e necessità che vanno al di là dello stereotipo dei ruoli sociali. 
È il caso del congedo parentale, che ben rappresenta l’attuale situazione. Infatti, sebbene la legislazione italiana preveda dal 2013 il congedo per i neo-papà, la percentuale di uomini che ne beneficiano è ancora troppo bassa. Dall'11,0% del 2012 al 18,4% del 2016,  nonostante si riscontri un aumento continuo, lINPS non ritiene che questo dato sia un valore a regime.


Il tetto di cristallo, come si sa, è quella barriera invisibile che impedisce tuttora alle donne di raggiungere posizioni dirigenziali e alti livelli manageriali in ogni campo del lavoro produttivo, riducendo anche i loro stipendi nei confronti degli uomini. Le statistiche dicono che tale meccanismo negativo, presente nel mercato del lavoro globale, agisce con maggior efficacia nel mondo del lavoro in Italia rispetto ad altri paesi europei. Analisi più approfondite indicano che non è solo una questione legata alla maternità e a mancate politiche di conciliazione vita-lavoro, ma è un meccanismo discriminatorio legato al persistere degli stereotipi di genere.  A parità di curriculum vitae, gli uomini hanno più probabilità di accedere a ruoli dirigenziali e, a parità di performances, gli uomini hanno più probabilità di avanzare nella carriera.

Sessismo nei luoghi di lavoro


Secondo le ultime rilevazioni statistiche condotte dall’ISTAT, sono 1 milione e 173 mila in Italia le donne che durante la loro vita hanno subìto ricatti sessuali sul posto di lavoro. In modo particolare, le disoccupate più delle occupate perché più vulnerabili; le indipendenti più delle dipendenti; le impiegate più delle operaie. Solo lo 0,7% però ha sporto denuncia, sia per paura di perdere il lavoro che per “vergogna” di essere giudicate dalla società e dai familiari. La campagna #metoo, nata negli Usa e diffusasi in breve in tutto il mondo per sensibilizzare il genere femminile nei confronti di abusi fisici o psicologici che possono avvenire sul posto di lavoro o in un qualunque altro contesto, ha contribuito ad aprire uno squarcio sul substrato sociale della violenza più diffusa e silenziosa esercitata sulle donne da parte degli uomini che occupano posizioni di potere nel mondo lavorativo. Il movimento #metoo ha avuto il merito di scoperchiare il vaso di Pandora della condizione di ingiustizia entro cui la relazione sociale fra donne e uomini è strutturata. Non si tratta soltanto di denunciare comportamenti moralmente riprovevoli, ma di scardinare la strutturale e radicata asimmetria di potere che tuttora caratterizza, anche nel mondo del lavoro e della produzione sociale, i rapporti fra uomini e donne.

La gabbia del “lavori tipicamente maschili e/o femminili”



Indagare il sessismo e la discriminazione di genere nel lavoro significa combattere stereotipi e pregiudizi sedimentati nello schema del lavoro “tipicamente” maschile e/o femminile, cioè delle mansioni tradizionalmente riservate all’uno o all’altro genere. Solitamente questa gabbia si traduce in una discriminazione a danno delle donne e in una forma di segregazione sessuale del lavoro. Le statistiche indicano che alcune cose stanno cambiando, tuttavia ancora oggi, quando una donna svolge una professione considerata tradizionalmente “maschile”, il sessismo riemerge sotto la forma di una vera e propria “invalidazione”, che si manifesta non solo nel trattamento economico (ancora oggi in molti contesti professionali le donne ricevono inferiori rispetto ai loro colleghi uomini di pari livello e, pur avendo pari competenze, vengono “de-mansionate”, se non scartate, perché considerate “non idonee”) ma anche nei comportamenti e nel linguaggio.
Spesso le donne per essere accettate si adattano a rientrare in cliché di scelta e/o di comportamento, cioè tendono a preferire lavori “tipicamente” femminili, oppure ad imitare sul lavoro i comportamenti dei colleghi maschi. Alcune indagini condotte fra lavoratrici con mansioni tradizionalmente maschili (tipografe, camioniste, minatrici, guardie giurate, agenti di polizia, ma anche maestre d’orchestra e avvocate) hanno messo in luce come esse avessero finito col modificare il loro modo di essere, confermando così inconsapevolmente lo schema della segregazione e divisione sessuale del lavoro. Accade allora che, di una lavoratrice che dimostra buone capacità si dica che “è una donna con le palle”.


Una forma mascherata di mancato riconoscimento delle capacità professionali delle donne è l’attribuzione di titolo professionale e qualifica lavorativa non declinati al femminile, come invece la lingua italiana consente agevolmente. 
«Le donne sono più brave nei lavori di cura» 
«Architetta suona strano, no?» 
«Non puoi diventare uno chef, semmai una cuoca» 
«Mi scusi, potrei parlare con l’ingegnere? Ah, è lei? Pensavo fosse la segretaria!» 
Queste domande, apparentemente innocue, hanno alla base una concezione stereotipata del ruolo delle donne nella società. Le donne non intendono più rimanere nascoste e indistinte all'interno del genere grammaticale maschile. L’uso non indifferenziato, e perciò non discriminante, dei titoli professionali in riferimento alle donne è un risultato importante, perché l’appropriazione declinata al femminile di un appellativo, un titolo o una qualifica, favorisce nelle nuove generazioni la consapevolezza di un mondo più equo e diversificato a favore delle donne.