Il 2 giugno di 75 anni fa, un doppio voto popolare sanciva la vittoria della Repubblica e l’ingresso del mondo femminile nella vita politica italiana, ma la strada per dare compiutezza al sogno di partigiane e costituenti era (ed è) ancora lunga
#Democrazia #Diritti #Donne #Uguaglianza
Comunicato del Coordinamento nazionale donne dell’ANPI
Avevano combattuto contro il fascismo e il nazismo, per la democrazia e la libertà, avevano messo a disposizione dell’Italia martirizzata la passione, la forza, la determinazione.La loro scelta di libertà aveva avuto spesso un valore superiore persino a quello enorme dei compagni partigiani. Non erano state arruolate, non erano state obbligate a lasciare le loro case.
Quell’8
settembre non avevano dovuto decidere per il diktat di un bando da che parte
stare. Erano ragazze e vivevano in famiglia. Eppure scelsero di rischiare
tutto. Una decisione consapevole e ardita: essere nella Resistenza. Molte hanno
pagato con la prigionia, con le torture, con la vita.
Molte altre, a Liberazione conquistata, non sono tornate a casa, come molti volevano. Sapevano che dovevano continuare a lottare per se stesse e per tutte le donne. Il primo obiettivo era quello di contare nella società attraverso il voto dalle quali erano state escluse. Settantacinque anni fa le donne votarono per la prima volta, a marzo per le amministrative e il 2 giugno per scegliere tra monarchia e repubblica e scelsero la strada della costruzione di una repubblica democratica e l’elezione per la prima volta di 21 donne all’Assemblea costituente.
Quel 2
giugno del 1946 fu la data della svolta. Ricordiamoli sempre i nomi delle madri
costituenti: Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci,
Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Agamben
Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani,
Leonilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina (Lina) Merlin, Angiola Minella
Molinari, Rina Montagnana Togliatti, Maria Nicotra Verzotto, Teresa Noce Longo,
Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria
Titomanlio.
“Nessuno
sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un
popolo se non è accompagnato da una piena emancipazione femminile; e per
emancipazione noi non intendiamo solamente togliere barriere al libero sviluppo
di singole personalità, ma un effettivo progresso e una concreta liberazione
per tutte le masse femminili”, disse Teresa Mattei nel suo discorso
all’Assemblea Costituente del 18 marzo 1947.
Il tempo è
passato e abbiamo imparato che per ogni cambiamento, in avanti o indietro della
società, c’è un orologio, quello che contrassegna la condizione delle donne, la
loro promozione o il disconoscimento della parità e della differenza femminile.
Un orologio che segna il tempo della libertà delle donne, a partire dalle
storie delle partigiane, delle antifasciste, delle deportate e delle
costituenti che hanno fatto crescere nuove generazioni di donne libere e
antifasciste.
Alle
Costituenti dobbiamo le prime faticose conquiste in una società patriarcale:
pari dignità sociale e l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge;
parità tra uomini e donne in ambito lavorativo; uguaglianza morale e giuridica
dei coniugi all’interno della famiglia; tutela giuridica e sociale ai figli
nati fuori dal matrimonio; misure economiche a sostegno della famiglia; parità
di accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di
uguaglianza.
Tutto bene?
Uguaglianza raggiunta? No, bisognava ancora lottare e le partigiane si unirono
alle nuove generazioni di donne nei movimenti. Solo tra il 1956 e il 1981
furono aboliti per legge lo ius corrigendi, il diritto dei mariti di picchiare
le mogli se, a loro personale giudizio, commettevano sbagli nell’educazione dei
figli; la potestà maritale; le discriminazioni di genere nei luoghi lavoro; il
delitto d’onore. Mentre passarono le leggi sul divorzio e sull’interruzione di
gravidanza. E solo nel 1996 la violenza sessuale venne riconosciuta come
crimine contro la persona e non contro la morale e il buon costume.
Le tante
leggi che nel nostro Paese hanno contribuito a delineare un sistema di welfare
solidale, attivo, che prende in carico ciascuna persona, che valorizza le
risorse umane, hanno delineato una dimensione della cittadinanza che deve
essere – per tutti – sociale, civile e politica.
Gli
strumenti per promuovere una nuova cultura civica, fonte di dignità, che
abbatta stereotipi discriminatori e obsoleti nel rispetto delle persone, non
mancano. Ma ancora oggi l’oscurantismo, il patriarcato, la discriminazione, la
violenza sono rischi per la dignità e per la stessa vita delle donne. Servono
coerenza, responsabilità, attenzione al bene comune e, in sostanza,
condivisione di quei valori che sono alla base della nostra Costituzione:
giustizia, solidarietà, parità, uguaglianza.
Su questo
fronte e, senza mai abbassare la guardia, c’è l’impegno quotidiano del
Coordinamento Nazionale Donne dell’Anpi, in un filo rosso che lega le donne
della Resistenza e i valori della Costituzione alla storia delle forze migliori
del Paese nelle battaglie per la dignità delle persone e il riconoscimento dei
diritti di cittadinanza.
Un
coordinamento che opera in rete con le altre associazioni e in una grande
alleanza democratica per i diritti di tutte e tutti, per la giustizia sociale e
che, sia a livello nazionale che a livello locale, in questo lungo periodo di
pandemia si è mobilitato più che mai contro la negazione dei diritti, la
povertà, l’emarginazione, per la giustizia sociale e, come ci hanno insegnato
le partigiane, per la solidarietà vera, sul campo, oggi con donne sia italiane
che straniere.
L’orologio
del tempo delle donne libere oggi segna decine e decine di iniziative dell’Anpi
e dei suoi coordinamenti donne del territorio, da Genova a Roma, da Milano a
Palermo, da Perugia a Brindisi, da Cosenza ad Ancona e Potenza, da Firenze a
Udine e Torino, in ricordo delle resistenti e per la rinascita del Paese,
perché sia finalmente per tutte e per tutti il tempo delle persone libere.
Questo
abbiamo fatto e questo continueremo a fare, assieme alla generazione delle
giovani antifasciste, senza dimenticare la battaglia di tutte e tutti per
l’approvazione al Senato del ddl Zan che punisce i crimini di odio e le
discriminazioni.
Metteremo al
centro del nostro agire, come sempre, la persona, il lavoro, la socialità e la
solidarietà, nel rispetto della Costituzione. In questo 2 giugno, data fondamentale
per le donne, in ricordo di quella svolta di civiltà, il nostro impegno è anche
quello di alzare la voce affinché dalle grandi metropoli ai paesi della
periferia di questa Italia martoriata, le istituzioni mettano mano alla
toponomastica. Pochissime sono le strade intitolate alle partigiane e alle
antifasciste che hanno dato la vita per la nostra libertà di donne e per la
libertà di tutti, alle sopravvissute alla ferocia nazista e fascista che hanno
continuato a lottare per i diritti e contro la violenza, per la dignità di ogni
cittadino indipendentemente dal sesso. Meritano un ricordo perenne. Meritano
che siano intitolate a loro, al loro coraggio, alla loro determinazione, al
loro senso della giustizia sociale piazze e strade. Perché, senza la lotta
delle donne, a partire dalle partigiane, non c’è e non ci saranno mai
democrazia e libertà.
CoordinamentoNazionale Donne Anpi
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