15/01/22

Presidenza della Repubblica / Vogliamo che sia una donna?

 


Vogliamo una donna al Quirinale?

Le CASE DELLE DONNE hanno accolto l’invito della Casainternazionale delle donne di Roma e hanno partecipato all’Assemblea della Magnolia online per rispondere alla domanda: Vogliamo che sia donna?

Non era scontato che fossimo tutte d’accordo ad entrare in questa discussione. Non per indifferenza o estraneità, tutt’altro. Il fatto è che le opinioni al riguardo fra noi variano da chi la ritiene una discussione inutile, essendo la nostra parola del tutto ininfluente nella situazione data, a chi invece ritiene che tirarsi fuori e tacere sia perdente. Passando per chi la considera comunque un’occasione utile per intervenire nel dibattito che si sta svolgendo su più piani e mettere, per così dire, dei paletti affinché la nostra parola non venga confusa nell’indistinto chiacchiericcio mainstream, se non addirittura strumentalizzata nelle dispute di palazzo che non ci appartengono.

Un paletto è stato piantato per escludere subito alcune argomentazioni, apparse in certi appelli che sollecitano la nomination di una donna al Quirinale, come quelle che “ci sono anche le donne da prendere in considerazione”, oppure che “è tempo di eleggere una donna perché negli altri paesi europei, ecc.”, che figura ci facciamo come paese, e così via. Argomenti indietro di decenni rispetto alla crescita di soggettività, libertà e responsabilità che le donne italiane si riconoscono.

Insomma, diciamo subito NO ad una donna purchessia. Donne in posizioni apicali ce ne sono state e ce ne sono: in ogni campo, compresa la politica. Per restare al presente, bastino i nomi di Lagarde, Merkel, von der Leyen… Apprezzate perché brave, diligenti, efficienti nei loro ruoli. Ma per ciò che concerne i contenuti della politica? Non s’è vista la differenza, sovrapponibili ai loro colleghi uomini. Ci basta?

No, evidentemente, anche ad una donna di destra, per queste ed altre ragioni in più.

Intervenire in questo dibattito può essere dunque l’occasione per cercare, intanto, risposte ad alcune domande che premono: come e perché la politica italiana è tuttora, a 74 anni dalla promulgazione della Costituzione, così ottusamente declinata al maschile? Perché la soggettività politica femminile che ci riconosciamo non è in grado di esprimere una rappresentanza che abbia qualche chance nel gioco della politica? Detto in altre parole: perché i requisiti richiesti per avere qualche chance sono così distanti dai requisiti che le femministe si aspettano da una donna perché rappresenti la soggettività politica femminile?

Il passo successivo, dopo avere risposto a queste domande, dovrebbe essere chiedersi che fare per accorciare questa distanza. Una domanda che investe l’intero nostro agire nella società, la nostra capacità di “accumulare forze” per determinare il cambiamento che vogliamo. Un lavoro ancora lungo, evidentemente.

Nell’immediato quello che possiamo fare è forse cercare, fra le persone in grado svolgere il compito di presidente della repubblica, la donna o le donne da sostenere perché portatrici, prima di tutto, dei valori di cambiamento che vadano nella direzione della parità e giustizia di genere, ma non solo di genere, data per acquisita l’intersezionalità del movimento femminista.

Da sostenere sia per il valore simbolico, sia considerando i requisiti politici ed etici richiesti nella situazione concreta e il contesto nel quale si andrà a svolgere il settennato. Che verosimilmente sarà segnato dall’aggravarsi delle conseguenze sociali ed economiche della pandemia che, ricordiamolo, si è innestata su una drammatica preesistente crisi dell’economia capitalistica, contro la quale non esiste vaccino.

È prevedibile infatti, a smentita dell’ingannevole ottimismo dispensato dai vari piani di recupero europei e nazionali, che si accentuerà la drammatica polarizzazione della distribuzione delle risorse prodotta dalle politiche neoliberiste, con la concentrazione della ricchezza in poche mani e l’estensione della povertà relativa e assoluta. Cui si legherà l’inasprimento di ogni forma di sfruttamento e violenza, oltre che della crisi ambientale, e un aumento senza precedenti delle spese militari e delle tensioni internazionali.

In questo contesto va inscritta la crisi profonda delle istituzioni politiche, quella che già viene descritta come “crisi verticale delle democrazie costituzionali” (non solo italiana, quindi, basti pensare a quanto sta accadendo negli Stati Uniti) indebolite dai potentati economico-finanziari multinazionali, sempre più remissive di fronte ai revanscismi neofascisti e suprematisti, sempre meno capaci di esprimere rappresentanze politiche e parlamentari in grado di contrastarla.

E sta tutta dentro questa crisi l’indecente candidatura di Berlusconi, contro la quale noi donne poniamo il nostro veto senza se e senza ma.

Insomma, vogliamo una donna dal profilo politico ed etico affidabile in previsione di una stagione che sarà prevedibilmente di regressione generale.

Un’ultima considerazione riguarda la preoccupazione emersa per la frammentazione dei movimenti sociali progressivi potenzialmente capaci di resistere: movimenti giovanili, sindacali, ambientalisti… incluso quello delle donne. Se infatti è inoppugnabile che la soggettività, libertà e responsabilità del genere femminile si siano affermate al grado più alto negli ultimi decenni, è pur vero che esse poggiano sulle gambe di un movimento molto frammentato. E se questa è una preoccupazione fondata, sta a noi lavorarci.

Per il momento la discussione resta aperta sulla domanda: siamo d’accordo per una donna al Quirinale, ma è sufficiente che convergiamo sulla descrizione del suo profilo politico ideale? o è opportuno indicare anche dei nomi di donne che più corrispondano a quel profilo? O sarebbe meglio convergere su un nome? La discussione fra noi è a questo punto.


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