23/03/22

Ucraina: la prima guerra dell'Era del Declino Energetico?


Perché il conflitto in Ucraina può aprire un'era di guerre contro la penuria. La rottura energetica tra Russia ed Europa affonderebbe la prima, ma anche la seconda. Solo gli Stati Uniti, nell’immediato, ne trarrebbero vantaggio. Ma un’altra via d’uscita è possibile.




di Antonio Turiel e Juan Bordera

Il 24 febbraio 2022 le truppe russe hanno invaso l'Ucraina. Quando le bombe russe hanno iniziato a cadere, è iniziata una nuova era. La nuova guerra nel cuore dell'Europa ci ha colto di sorpresa, ma non avrebbe dovuto sorprenderci così tanto.

Molto si è detto sulle motivazioni geopolitiche e geostrategiche dell'invasione russa, sui motivi che hanno portato Vladimir Putin a un atto di aggressione così audace. Di solito si cerca di capire, piuttosto che giustificare, il motivo di questa atrocità. L'annessione del Donbas ricco e russofilo, il controllo del Mar Nero, l'intenzione di mettere un governo docile a Kiev o il freno alla indecorosa espansione della NATO. Ragioni che hanno indubbiamente pesato fortemente sulla mano implacabile che da decenni governa il Cremlino. Ma c'è un fattore a cui si è prestata poca attenzione in tutta questa discussione: l'energia.

E non è che non si sia parlato fino alla nausea, seppur superficialmente, dell'enorme dipendenza energetica dell'Europa dalla Russia, dell'impatto che avrebbe la diminuzione del flusso di gas verso il Vecchio Continente, o del nuovo gasdotto Nord Stream 2 che collegherebbe la Russia con la Germania direttamente attraverso il Mar Baltico. Ma tutte queste discussioni ci spiegano le conseguenze, gli effetti della guerra. Non ci parlano delle cause energetiche di questa guerra. Non quelle immediate, ma quelle più profonde, più radicali e sepolte.


La Russia è uno dei pochi paesi che parla apertamente del peakoil ovvero di picco della produzione di petrolio. Dal momento in cui la produzione di petrolio raggiunge il suo massimo tecnico, economico e fisico e inizia a declinare inesorabilmente, non importa quanti investimenti, tecnologia e innovazioni vengano utilizzati per evitarlo. In linea con altre precedenti dichiarazioni nello stesso senso, nel 2021 il ministro dell'Energia russo ha riconosciuto che l'estrazione petrolifera russa probabilmente non tornerà mai ai livelli pre-pandemia, un gesto di onestà che raramente ritroveremo in qualsiasi ente pubblico occidentale. Allo stesso modo, è risaputo che la produzione di gas naturale in Russia è praticamente stagnante da più di due decenni, con un rimbalzo di breve durata negli ultimi anni trainato dall’entrata in linea degli ultimi campi, nella Siberia orientale. E non si può andare più a est.

Viviamo nel Secolo dei Limiti e in Russia, più che in altri paesi, si è ben consapevoli e persino lo si riconosce pubblicamente. Nei gabinetti del Cremlino si sa che l'attuale manna data dall'abbondanza di risorse minerarie, con le risorse energetiche in testa, è temporanea. E proprio per questo, sicuramente la Russia è interessata a posizionarsi al meglio per il futuro. Controllare l'accesso al Mar Nero, neutralizzare le minacce future, controllare la produzione cerealicola globale... Tutti questi obiettivi sono strettamente allineati con una possibile strategia per affrontare i numerosi picchi nell'estrazione delle materie prime che ci attendono.

Anche dall'altra parte dell'Atlantico giocano le loro carte. Quando già si comincia a riconoscere che i giorni della miniera d'oro del fracking gas sono contati, è anche nell'interesse degli Stati Uniti approfittare di questa abbondanza finché dura. L'unico mercato via terra che gli Stati Uniti hanno per il gas fossile è quello che passa per il Messico, ma è insufficiente per la sua attuale capacità di produzione, quindi negli ultimi anni, per trasportarlo via nave, gli Stati Uniti hanno aumentato esponenzialmente la propria capacità di liquefazione del gas, e attualmente, con oltre 50.000 milioni di metri cubi all'anno, sono i primi produttori mondiali di gas liquefatto (GNL). Ma, ovviamente, il gas liquefatto è molto più costoso e solo in Europa potrebbero acquistarlo. Questo è il vero motivo per cui gli Stati Uniti da anni si oppongono alla finalizzazione di Nord Stream 2 e hanno opposto ogni tipo di ostacolo all’accordo tra russi e tedeschi: con i rifornimenti di gas russo più economico, non ci sarebbe più mercato per il GNL americano.

Ma come poteva giustificare il gigante americano l’audacia di interferire negli affari commerciali tra altri due paesi? Finora la scusa era stata quella di evitare che la Germania (e attraverso di essa l'Europa) diventasse eccessivamente dipendente dalla Russia per l'energia, anche se era difficile da argomentare poiché l'Europa importa da lì anche grandi quantità di carbone, petrolio e persino uranio arricchito. Ora la guerra gli ha reso le cose molto più facili. Ed è per questo che la Germania, a malincuore, ha dovuto rinunciare a Nord Stream 2 e annuncia grandi investimenti in impianti di ri-gassificazione per ricevere il gas dall'amico americano... per i pochi anni che mancano prima che inizi a declinare inesorabilmente.

C'è forse un'altra motivazione più perversa per cui gli Stati Uniti sono interessati a una guerra in Ucraina. Nell'Era del Declino Energetico non ce ne sarà per tutti. Non come prima. E, data la forte interdipendenza economica tra Europa e Russia, se si impongono sanzioni alla Russia, anche l'Europa ne subisce le conseguenze, molto più dei nordamericani.

Senza il gas russo, ora come ora l'Europa collasserebbe nel giro di una settimana, e la promessa di ridurre di due terzi le importazioni di gas dal gigante eurasiatico si potrebbe realizzare – in assenza di fornitori in grado di sostituire l'enorme quantità che ci inviano i russi – solo se il continente subisse un vero crollo economico, una contrazione mai vista prima. Un collasso del suo metabolismo sociale che sarebbe per forza disordinato e caotico. Ecco perché le sanzioni europee sono timide. Allo stesso modo, l'Europa non può interrompere improvvisamente i suoi legami con il carbone russo, né con il suo uranio arricchito, e difficilmente potrebbe trovare un sostituto per il suo petrolio. La Russia affonderebbe economicamente con tutte quelle sanzioni, è vero, ma l'Europa verrebbe ugualmente affondata. Situazione che qualcuno negli Stati Uniti forse ha calcolato che potrebbe essere migliore dell’altra nella quale Russia e UE si mettessero d’accordo, stringendo un’alleanza molto pericolosa per gli Stati Uniti, che resterebbero molto isolati.

Quello che forse quei calcoli non avevano previsto erano le derivate: consapevole del decomplessamento dell'Impero e che il pendolo sembra già oscillare verso Est, l'Arabia Saudita sta valutando la possibilità di vendere il proprio petrolio ai cinesi in yuan. Anche l'India. L'uso del dollaro come valuta di riserva internazionale è in pericolo, e con esso l'accelerazione più che evidente – soprattutto dopo il ritiro dall’Afghanistan – del declino dell'impero americano. Gli Stati Uniti dipendono poco dai prodotti energetici russi – ecco perché le importazioni dalla Russia possono essere vietate – ma si scopre che dipendono dal ferro russo, dal nichel o dall'uranio arricchito. E in Russia, che non sono idioti, hanno reagito anche con i divieti. Sicuramente neanche questo era previsto.

Sta nascendo un mondo veramente multipolare, mentre tutto questo suona come l'inizio della deglobalizzazione, inevitabile nel medio termine. Ma anche all'inizio di una fase del si salvi chi può – o chi ha – che potrebbe essere un disastro se si radicano odi e vendette che ostacolino la necessaria collaborazione per pilotare sfide urgenti come il clima, che sono condivise.

L'Era del Declino Energetico non poteva essere rose e fiori, lo sapevamo. Che improvvisamente le fonti di energia non rinnovabili (petrolio, carbone, gas naturale e uranio), che ci forniscono quasi il 90% dell'energia primaria consumata nel mondo, avrebbero comincito a diminuire non faceva ben sperare. Abbiamo parlato di recessione, disoccupazione, persino rivolte. Ma sta diventando sempre più chiaro che si tratterà anche di altre guerre. Guerre per cercare di impossessarsi di risorse vitali e guerre di sostegno, ma a scapito di qualcun altro.

Tra le micce più letali ed efficaci di queste guerre c'è la carenza di cibo. Già avvertivamo – prima del conflitto – di come la fossilizzazione (“dipendenza dai combustibili fossili”) e l'industrializzazione dell'agricoltura ci avessero portato sull'orlo di una grave crisi alimentare mondiale, ora aggravata dal conflitto, dalle sanzioni e dal controllo russo sul granaio d'Europa: l’Ucraina.

La scarsità di cereali ha anticipato gravi problemi in Egitto, Marocco, Tunisia, Algeria... Paesi cruciali per l'Europa, che già nel 2011 hanno vissuto delle Primavere Arabe spinte dalla penuria alimentare. A ciò si aggiunga la difficoltà di accesso all'acqua potabile, e si vedrà il conflitto tra Egitto ed Etiopia per la Diga della Rinascita che gli egiziani hanno ripetutamente minacciato di bombardare. 

Si veda la siccità che sta colpendo vaste aree del Sud America, del Nord America, dell'Europa o dell'Africa a causa del caos climatico. E a ciò si aggiunga un'Unione europea completamente dipendente dalle risorse minerarie che la Russia le dava a buon mercato e che ora dovrà cercare altrove. 

Si versi qualche goccia di populismo e di crescente manipolazione mediatica sponsorizzata dalle potenze economiche. Si esasperino i timori di scarsità già sorti durante il lockdown, li si agiti con forza per settimane in cui nella classe media occidentale vada crescendo la paura di scomparire insieme alla precarietà. Si osservi come tutto questo solleva la schiuma del militarismo, e poi si serva la miscela bollente. 

Et voilà: grazie a questa formula otterremo che i paesi europei si imbarchino in guerre, cercando di assicurarsi risorse vitali per mantenere uno stile di vita già impossibile. E per di più, che un tale dispiegamento militare venga venduto per autodifesa (o almeno così crederà il telespettatore medio europeo e spagnolo).

La guerra in Ucraina non è l'ultima: è la prima dell'Era del Declino Energetico, quella che segna il punto di rottura. Un declino che, a meno che non facciamo qualcosa di rapido e coordinato, sarà di sgomitate, di paesi che si calpesteranno l’un l’altro per la mancanza di onestà di alcuni governi che non accettano di riconoscere che siamo entrati in collisione con i limiti biofisici del pianeta. In questa disordinata e caotica discesa energetica, ci sarà sempre una guerra in qualche Ucraina, che sia in Europa, Sud America, Asia o Africa. In questo momento ci sono altre 17 guerre attive, oltre a quella che occupa le copertine del primo mondo, che a volte sembra l’anticamera dell'ultimo.

Ma un altro declino energetico è possibile.  È stato sempre possibile e lo è tuttora. Quello in cui si assumono i limiti del pianeta e l'insostenibile illimitatezza dell'essere umano “civilizzato”. Quello in cui riconosciamo che chi abbiamo di fronte non è un nemico da depredare, ma un fratello che faremmo meglio ad abbracciare forte. Rompiamo questo circolo vizioso e cooperiamo prima che sia troppo tardi per tutti. No alle guerre. Siano maledette le guerre e le canaglie che le fanno.

18/03/2022

https://ctxt.es/es/20220301/Firmas/39119/Juan-Bordera-Antonio-Turiel-escasez-descenso-energetico-Ucrania-Rusia-EEUU-combustibles-Europa.htm


Nessun commento:

Posta un commento