Sfidando la burrasca, alle porte della riunione degli amici della Casa Bianca si è insediato il controvertice, il People’s Summit per la Democrazia
di Rosa Miriam
Elizalde *
Il 7 giugno scorso è stata una giornata nera per Luis Almagro, segretario generale
dell'Organizzazione degli Stati americani (OAS). Durante il nono Summit of the
Americas a Los Angeles, un giovane gli ha gridato quello che è: un assassino e
fantoccio della Casa Bianca, istigatore del colpo di stato in Bolivia. Ha detto
che Almagro non può venire a dare lezioni di democrazia quando le sue mani sono
macchiate di sangue. In un'altra sala del vertice di Los Angeles, al segretario
di Stato Antony Blinken non sembrava andare meglio: diversi giornalisti lo
hanno rimproverato di aver usato la libertà di stampa per coprire gli assassini
di giornalisti e per sanzionare ed escludere alcuni paesi da questo incontro.
"Democrazia o ipocrisia?" si poteva sentire dall'altoparlante quel
martedì.
In realtà,
questo tempestoso vertice è iniziato con un grande inciampo diplomatico per gli
Stati Uniti, quando diversi presidenti latinoamericani hanno annunciato che non
avrebbero partecipato al vertice a causa dell'esclusione di Cuba, Venezuela e
Nicaragua, come dettato dalla Casa Bianca, mentre il Dipartimento di Stato
americano rivendica ancora la natura aperta e illimitata della convocazione
dell'incontro. Il suo sito web afferma che «gli Stati Uniti hanno dimostrato e
continueranno a dimostrare il nostro impegno per un processo inclusivo che
incorpora il contributo di persone e istituzioni che rappresentano l'immensa
diversità del nostro emisfero e include voci indigene e altre voci storicamente
emarginate.»
L'ipocrisia
sembra essere stato il collante di questo vertice, e i principali media e
analisti statunitensi hanno dichiarato che l'incontro del 6-10 giugno è stato
un fallimento ancora prima di iniziare.
Già il 7
giugno, il Washington Post scriveva che
«il Summit delle Americhe di questa settimana a Los Angeles sarà ricordato per
le sue assenze piuttosto che per i suoi potenziali accordi», concentrando la
sua attenzione sul presidente messicano López Obrador, che è stato il
personaggio politico più citato nelle reti e nei media statunitensi il 7 e 8
giugno, anche più dello stesso Joe Biden, secondo le statistiche di Google
Trends.
Richard N.
Haass, che fu consigliere dell'ex Segretario di Stato Colin Powell e direttore
della pianificazione delle politiche del Dipartimento di Stato, ha riassunto il
disastro in modo insuperabile: «Il Summit delle Americhe sembra essere una débâcle,
un autogol diplomatico. Gli Stati Uniti non hanno proposte commerciali,
politiche di immigrazione e pacchetti infrastrutturali. Invece, il focus è su
chi ci sarà e chi non ci sarà. Non è chiaro come abbiamo fatto a far succedere
ciò».
Come ci si
può aspettare da un incontro del quale a 72 ore dall’inizio ancora non si
conosceva la lista degli invitati, l'apatia è sembrata dominare le aule di
dibattito, con scarsissima partecipazione, secondo testimoni. Ma ciononostante il
governo degli Stati Uniti non ha perso l'occasione di mettere in scena la
finzione della partecipazione della società civile su cui scommette,
incontrando gli inviati di Miami, pagati da USAID, e premiandoli con ulteriore denaro.
Blinken ha infatti promesso a Los Angeles un nuovo fondo di 9 milioni di
dollari per sostenere il "giornalismo indipendente" a coloro che già
ricevono 20 milioni di dollari all'anno per promuovere il "cambio di
regime" a Cuba.
È stata una fiction
politica in un bunker, dato che la polizia di Los Angeles ha ricevuto 15
milioni di dollari per militarizzare una città famosa per i suoi senzatetto e
le cinture di povertà. L'élite democratica degli Stati Uniti, fuori dal
contatto con la realtà del proprio paese, scossa dai massacri quotidiani,
sempre più impotente a soddisfare le aspettative dei cittadini e con la maggior
parte delle decisioni e dei progetti legislativi in stallo, replica i clichés
della Dottrina Monroe - l'America agli americani – e dimostra quella che sembra
essere la sua vocazione all’isolazionismo rispetto all'America Latina.
Di fronte ai
vicini latinoamericani, gli Stati Uniti raramente tengono conto delle caratteristiche
che li distinguono: quelle culturali, linguistiche, religiose e tradizionali,
in breve, quelle che garantiscono e favoriscono un modo genuino di intendere la
vita e i suoi miracoli. Può sembrare incomprensibile di questi tempi, ma la
politica estera degli Stati Uniti nei confronti dell'America Latina è
articolata e condotta con approcci esclusivamente ideologici, con decisioni
semplicistiche che finiscono per danneggiare tutti, compresi e soprattutto gli
stessi Stati Uniti.
Sfidando la
tempesta, alle porte della riunione degli amici della Casa Bianca si è
insediato il controvertice, il People’s Summit per la Democrazia. Promosso da
circa 250 organizzazioni, la maggior parte delle quali sono sindacati locali, il
10 giugno ha marciato per le strade di Los Angeles, senza curarsi di avere o
meno l’autorizzazione dalle autorità, che hanno fatto tutto il possibile per passare
sotto silenzio l'incontro alternativo. Ma il blocco dei media non ha avuto il
successo sperato. Almagro e Blinken sono diventati virali sui social contro la
propria volontà e non saranno gli ultimi a provare sulla propria pelle com’è la
rabbia degli esclusi. Amen.
https://cubaenresumen.org/2022/06/10/cumbre-borrascosa/
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*Rosa Miriam
Elizalde, è vicepresidente della Federazione Latinoamericana dei Giornalisti
(FELAP) ed editorialista de La Jornada
di Città del Messico.
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