Le donne libanesi di fronte alle sfide del confinamento
Foto Libano 2017
La sera del 28 gennaio, una giovane
donna libanese di 30 anni, Zeina Kanjo, è stata strangolata dal marito. Dal
febbraio 2020 in Libano venti donne, per lo più giovani, sono state dichiarate
morte per mano dei loro coniugi. Ma non sono le sole.
Il 17 ottobre 2019, più di mezzo milione di libanesi scesero
in piazza per esprimere la loro rabbia contro una crisi economica e finanziaria
galoppante da oltre dieci anni e che aveva ridotto sulla soglia di povertà metà
della popolazione libanese, valutata in quattro e mezzo milione di persone a
cui andava aggiunto mezzo milione di profughi palestinesi e un milione e duecentomila
siriani sfollati, rifugiatisi nel nostro Paese all'indomani della crisi del
2011 che aveva insanguinato il loro Paese.
Le donne in particolare erano presenti in quella sollevazione.
Donne di tutte le età, ma più precisamente donne in età lavorativa, e tra loro
molte giovani tra i 20 ei 30 anni. C'era chi non aveva ancora trovato lavoro,
ma anche chi era stata costretta alla disoccupazione, totale o parziale, a
causa della chiusura di diverse decine di migliaia di piccole e medie imprese obbligate
a chiudere i battenti a causa della crisi e del rifiuto delle banche di
prestare loro denaro ... abbiamo scoperto, purtroppo troppo tardi, che quel
rifiuto era dovuto a delle transazioni rischiose ma anche alla dilapidazione
delle riserve della Banca Centrale a causa della corruzione e delle misure
prese dal governatore di quella banca per consentire ad alcuni politici di
accumulare fortune che hanno nascosto in banche svizzere e in altri paradisi
fiscali.
Non erano ancora i tempi del Covid 19 che venne, pochi mesi
dopo, ad aggravare una situazione che aveva già portato il Libano sull'orlo
della bancarotta. In effetti, i successivi confinamenti, ma anche l'esplosione
criminale del porto di Beirut e l'impennata del prezzo del dollaro contro la
lira libanese hanno completato ciò che era già stato avviato, travolgendo più
del 78 per cento della popolazione libanese, la maggioranza della quale sono
donne, in povertà e indigenza: alcuni addirittura arrivano a prevedere la fame in
meno di un anno.
Di fronte a quali problemi si sono trovate da oltre un anno
le donne libanesi, le donne siriane sfollate e le rifugiate palestinesi?
L'associazione Uguaglianza - Wardah Boutros per l'azione
femminile, che opera con l’obiettivo di porre fine alla violenza in
tutte le sue forme, e che aveva già condotto una campagna contro la
prostituzione, il matrimonio di adolescenti e tutte le forme di commercio delle
donne. Ha constatato che i tassi di disoccupazione, già alti all'inizio del
secondo decennio del 21 ° secolo, sono in rapido aumento. Per questo ci basta
fare riferimento allo studio pubblicato nel luglio 2020 dalle Nazioni Unite col
titolo «Piano di ripresa per l'uguaglianza di genere».
Disoccupazione ed esclusione
Lo studio specifica che prima del 2019 quasi il 71% delle
donne libanesi era già vulnerabile nel mercato del lavoro, sia a causa della
concorrenza che dovevano subire da parte delle siriane sfollate, sia a causa
della crisi in alcuni settori, soprattutto quello agricolo che è in declino dal
momento della chiusura delle frontiere terrestri tra Siria e Giordania, ma
anche quello dei servizi e dell'istruzione ... soprattutto perché gran parte
delle donne occupate lavoravano a tempo parziale ed erano, quindi, più esposte
al licenziamento. Da qui la stima fornita dall'ONU di una disoccupazione del
19% durante l'anno 2019 a cui va ad aggiungersi nel 2020, secondo la nostra
stima, oltre il 25% a causa delle misure di austerità nei due settori femminilizzati,
ovvero istruzione e sanità ...
Pertanto, il tasso di disoccupazione tra le donne tra i 18
ei 54 anni è sempre più alto, tocca più della metà di esse. E se aggiungiamo
quelle che continuano a lavorare part-time o la cui paga si è ridotta tra il 30
e il 50% a causa delle due crisi, economica e sanitaria, soprattutto nei
settori della ristorazione, bancario e dell'istruzione, possiamo misurare l'ampiezza
del disastro che ci colpisce ... senza dimenticare l'aumento del costo della
vita dovuto alla caduta libera della lira libanese che ha perso più del 500 per
cento del suo valore, a tal punto che alcuni economisti hanno iniziato a
predirci un destino simile a quello del Venezuela.
Violenza domestica e stress
In tali condizioni di esclusione e violenza nel mondo del
lavoro, è comprensibile che anche la violenza domestica sia in aumento,
soprattutto nelle famiglie più povere dove donne e uomini sono disoccupati o,
ancora, in quelle in cui uno dei due ha una occupazione parziale.
Pertanto, i rapporti del servizio delle forze di sicurezza
interna (FSI), incaricata di sbarrare la strada alla violenza domestica, notano
un aumento crescente di chiamate telefoniche da donne violentate e maltrattate,
che arrivano a oltre duemila al mese. Va sottolineato che queste richieste di
aiuto sono la punta dell'iceberg, perché il numero di ragazze e donne che
vengono picchiate o subiscono altre forme di violenza è molto più numeroso.
Per quanto riguarda la mortalità delle ragazze e delle donne
a causa della violenza, essa deve essere moltiplicata per due o tre nel corso
dell'ultimo anno.
A tutto ciò non dimentichiamo di aggiungere i vari tipi di
stress e malattie psicologiche che affliggono le donne libanesi e che sono il
risultato del lavoro precario e dell'impoverimento generale. Malattia dovuta
alla paura del giorno dopo, ma anche alla paura della fame il cui spettro
incombe sul nostro Paese, soprattutto perché nulla suggerisce che ci sia una
soluzione prossima, dato il diffuso clientelismo, le divisioni confessionali che
si sono esacerbate e i problemi di quote che impediscono, da più di cinque
mesi, la formazione di un governo capace di dare il via a una soluzione della
crisi.
Ecco perché stiamo assistendo nuovamente all’occupazione
delle piazze de parte della popolazione che rifiuta di morire di fame o a causa
del Covid 19, che si sta propagando visibilmente a causa dell'incompetenza dei
leader politici che avevano aperto il Paese a tutti i venti durante le
festivitàdi fine anno, in particolare l'aeroporto attraverso il quale sono
passati i mutanti del virus.
Quali soluzioni si possono prevedere di fronte a questa
situazione catastrofica?
I sindacati dei lavoratori, così come le organizzazioni
femminili, devono attivarsi per imporre alcuni punti:
1- Esigere dal governo misure di emergenza per almeno sei
mesi, durante i quali erogare sussidi alla maggioranza della popolazione e anche
alle famiglie dei profughi.
2- La sottoscrizione della Legge 190 dell'Organizzazione
Mondiale del Lavoro (OIL) e la rapida promulgazione di misure contro il
licenziamento delle lavoratrici, e soprattutto contro tutte le forme di
violenza praticate nel mondo del lavoro.
3- Penalizzare la violenza domestica e vietare il matrimonio
di ragazze adolescenti promulgando una legge che stabilisca l'età matrimoniale
a 18 anni.
4- La creazione di una catena di solidarietà femminile nella
nostra regione, con l'obiettivo di consentire alle donne maltrattate ed
emarginate di avere la necessaria assistenza psicologica e politica.
Agiamo subito.
Beirut, 29 gennaio 2021
*Marie Nassif-Debs è presidente dell’Associazione Wardah Boutros per l’azione
femminile
Testo originale:
La violence aux temps du Covid19: la femme libanaise active face au défi du confinement
Le 17 octobre 2019, plus d’un demi million de Libanais ont pris la rue afin de manifester leur colère contre une crise économique et financière galopante depuis plus de dix ans et qui avait attiré au seuil de la pauvreté la moitié de la population libanaise, évaluée à quatre millions et demi de personnes auxquelles viennent s’ajouter un demi million de réfugiés palestiniens et un million deux cents mille déplacés syriens, arrivés dans notre pays au lendemain de la crise de 2011 qui ensanglanta leur pays.
Les femmes surtout étaient omniprésentes dans ce soulèvement. Des femmes de tous les âges, mais plus précisément les femmes en âge d’activité, et parmi elles beaucoup de jeunes entre vingt et trente ans. Il y avait celles qui n’avaient pas encore trouvé de travail, mais aussi celles qui ont été obligées de se mettre au chômage, complet ou partiel, à cause de la fermeture de plusieurs dizaines de milliers de PME obligées de fermer leurs portes à cause de la crise et du refus des banques de leur prêter de l’argent… nous avons découvert, trop tard hélas, que ce refus était dû à des transactions hasardeuses mais aussi à la dilapidation des réserves de la Banque centrale suite à la corruption et aux mesures prises par le gouverneur de cette banque afin de permettre à certains hommes politiques d’amasser des fortunes qu’ils ont cachées dans les banques suisses et autres paradis fiscaux.
On n’était pas encore aux temps du Covid 19 qui vint, quelques mois plus tard, envenimer une situation qui avait déjà mis le Liban au bord de la faillite. En effet, les confinements successifs, mais aussi l’explosion criminelle du port de Beyrouth et l’envol du prix du dollar face à la livre libanaise ont achevé ce qui était déjà entamé et ont basculé plus de 78 pour cent de la population libanaise, dont une majorité de femmes, dans la pauvreté et l’indigence, et certains vont jusqu’à prédire la famine dans moins d’un an.
Quels sont les problèmes vécus depuis plus d’un an par les femmes libanaises ainsi que par les femmes syriennes déplacées et les réfugiées palestiniennes ?
Si nous voulons résumer la situation en quelques mots, nous dirons que le confinement visant soi-disant à les protéger de la pandémie, n’a pas beaucoup fait dans ce sens. Bien plus, il a envenimé les problèmes déjà vécus. Problèmes de travail, d’argent, mais aussi de violence conjugale et familiale et de stress, avec la mort au bout du chemin.
L’association « Egalité – Wardah Boutros pour l’action féminine »,
qui œuvre dans le but de mettre fin à la violence sous toutes ses formes, et
qui avait déjà fait campagne contre la prostitution, le mariage des
adolescentes et toutes les formes du commerce des femmes, a constaté que les
taux de chômage, déjà élevés depuis le début de la deuxième décennie du XXIème
siècle, augmentent à vue d’œil. Il nous suffit pour cela de nous référer à
l’étude publiée en juillet 2020 par l’ONU sous le titre « Plan de relance
pour l’égalité des sexes ».
Le chômage et l’exclusion :
Cette étude précise qu’avant 2019, près de 71 % des femmes libanaises étaient
déjà vulnérables sur marché du travail, soit à cause de la concurrence qu’elles
doivent subir de la part des déplacées syriennes ou à cause de la crise dans
certains secteurs, surtout celui de l’agriculture qui bat de l’aile depuis la
fermeture des frontières terrestres entre la Syrie et la Jordanie, ou, encore,
des services et de l’éducation… surtout qu’une grande partie des femmes actives
travaillaient à temps partiel et étaient, donc, plus exposées à être
licenciées. D’où l’estimation donnée par l’ONU d’une mise au chômage de 19%
durant l’année 2019 à laquelle vient s’ajouter en 2020, selon notre estimation,
plus de 25% à cause des mesures d’austérité dans les deux secteurs
« féminins », à savoir l’éducation et la santé…
Ainsi, le taux de chômage parmi les femmes entre 18 et 54 ans devient de plus
en plus élevé, puisqu’il atteint plus de la moitié de celles–ci. Et, si nous y
ajoutons celles qui continuent à travailler à temps partiel ou celles dont le
salaire a diminué entre 30 et 50% à causes des deux crises économiques et
sanitaires, notamment dans les secteurs de la restauration, des banques et de
l’enseignement, nous verrons l’ampleur de la catastrophe qui s’abat sur nous…
sans oublier pour autant le renchérissement de la vie à cause de la chute libre
de la livre libanaise qui a perdu plus de 500 pour cent de sa valeur, à tel
point que certains économistes ont commencé à nous prédire un sort semblable au
Venezuela.
La violence domestique et le stress:
Dans de telles conditions d’exclusion et de violence dans le monde du travail, il est compréhensible que la violence domestique soit, elle aussi, en augmentation, surtout dans les ménages les plus pauvres où la femme et l’homme sont au chômage ou, encore, dans ceux où l’un des deux a un travail partiel.
Ainsi, les rapports du service des Forces de sécurité intérieure (FSI) chargé
de barrer la route aux violences domestiques notent une augmentation croissante
des appels téléphoniques de femmes violentées et battues, allant parfois à plus
de 2000 par mois. Il nous faut signaler que ces appels constituent la partie
visible de l’iceberg, parce que le nombre de jeunes filles et de femmes battues
ou subissant d’autres formes de violence est de loin plus nombreux.
Quant à la mortalité des petites filles et de femmes des suites de la violence,
il faut la multiplier par deux ou trois durant l’année révolue.
A tout cela, nous n’oublions pas d’ajouter toutes sortes de stress et de
maladies psychologiques qui atteignent les femmes libanaises et qui sont le
résultat de la précarité de l’emploi et de l’appauvrissement général. Maladie
dues à la peur du lendemain, mais aussi à la peur de la faim dont le spectre
plane sur notre pays, surtout que rien ne laisse prévoir une solution proche,
vu le clientélisme à outrance, les divisions confessionnelles que l’on exacerbe
et les problèmes de quotas qui empêchent, depuis plus de cinq mois, la
formation d’un gouvernement capable de mettre un début de solution à la crise.
Voilà pourquoi nous assistons de nouveau à une prise de la rue par une partie
de la population qui refuse de mourir de faim ou à cause de la Covid 19 qui se
propage à vue d’œil à cause de l’incompétence des responsables politiques qui
avaient ouvert le pays à tous vents pendant les fêtes de fin d’année, surtout
l’aéroport par lequel sont passés les mutants du virus.
Quelles solutions préconiser face à cette situation catastrophique ?
Les syndicats, ouvriers surtout, ainsi que les organisations des femmes doivent aller de l’avant afin d’imposer les points suivants:
1- Revendiquer de la part du gouvernement une solution exceptionnelle pour six mois au moins, durant lesquels des subventions seraient rétribuées à la majorité de la population et aussi aux familles des réfugiés.
2- La signature de la loi 190 de l'Organisation mondiale du travail (OMT) et la promulgation rapide de mesures contre le licenciement des femmes actives, et surtout contre toutes les formes de violence pratiquées dans le monde du travail.
3- Criminaliser la violence domestique et interdire le mariage des adolescentes par la promulgation d'une loi stipulant que l'âge du mariage est 18 ans.
4- La création d'une chaine de solidarité féminine dans notre région, dans le but de permettre aux femmes violentées et marginalisées d’avoir le secours psychologique et politique nécessaire.
Agissons.
Beyrouth, le 29 janvier 2021
PS: Le soir du 28 janvier, une
jeune femme de 30 ans Zeina Kanjo, fut étranglée par son mari. Depuis
février 2020 vingt femmes, jeunes pour la plupart, furent déclarées mortes
tuées par leurs conjoints; elles ne sont pas les seules.
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