La Casa delle donne di Milano con tutte le donne
Saremo in piazza a Roma il 25 settembre per difendere le libertà e i diritti delle donne, tragicamente violati in Afghanistan, e per comunicare al mondo intero che non possiamo permettere che tutto torni come prima.
Ormai è chiaro che per costruire la rivoluzione della cura dobbiamo ribaltare le premesse del sistema patriarcale che regge le nostre società fin dalle origini.
Dobbiamo uscire dal modello di sviluppo illimitato e predatorio cui si devono le malsane condizioni che hanno permesso il diffondersi dell’attuale pandemia e di probabili altre nel futuro. Purtroppo però sulle cause di questo disastro e sulla necessità di agire all’origine per modificarle è sceso il silenzio, spostando l’attenzione su avvilenti diatribe politiche e mediatiche che non risolvono nulla.
Si devono cambiare alla radice tutte le scelte che riguardano l’economia, l’ambiente, il lavoro, la sanità, la giustizia. Dobbiamo smettere di finanziare armi e guerre, la vera industria della morte, e dobbiamo cambiare paradigma simbolicamente e concretamente, spostando la maggior parte delle risorse economiche sulle attività di cura che persone invisibili e sfruttate, in maggioranza donne, svolgono ogni giorno per sostenere il necessario riprodursi della vita.
Ad esempio si può iniziare
- destinando l'1% della spesa programmata per le armi a investimenti per una medicina territoriale;
- aumentando gli stipendi per il
personale infermieristico;
- diminuendo il numero degli alunni per
classe;
- attribuendo nuove risorse ad assunzioni
e formazione del personale docente.
Quello che si sta
decidendo però sembra andare purtroppo nel senso opposto. Non soltanto nel Pnrr si destinano risorse
minime a tutte le politiche di genere, ma continua il ricorso alle fonti
fossili, si progettano altre trivellazioni, permane l’uso dei pesticidi e degli
allevamenti intensivi, aumenta il consumo di suolo, sono allo studio nuove
grandi opere, crescono diseguaglianze che privilegiano il Nord a scapito del
Sud. Come se non bastasse, si riparla di nucleare, si potenzia l’industria
delle armi con nuove spese e nuovi terribili strumenti di morte.
Si continua poi nella
feroce ingiustizia di negare l’asilo a chi fugge da violenze e guerre, persino
se proviene da paesi come l’Afghanistan, tacendo sulle tremende violenze che le
persone migranti subiscono ai vari confini, in particolare sulla rotta
balcanica che giunge fino a noi. Si
rifiuta la cittadinanza a chi ne ha pieno diritto vivendo qui dalla nascita o
dalla prima infanzia.
E mentre la tecnologia e la finanza preparano inimmaginabili
scenari post-umani su cui dovremmo tutte e tutti interrogarci, perché sembrano
portare verso società ancor più autoritarie e oligarchiche, noi siamo costrette
di nuovo a sfibranti lotte per riconquistare quei diritti che pensavamo di aver
ottenuto.
C’è quindi un conflitto fra questo potere universale e misogino che ci ha portato al disastro e la necessità irrimandabile del cambiamento. Occorre rivendicare l’immensa capacità delle donne a tutti i livelli, e occorre esigere che al massimo grado di ogni struttura decisionale si dia voce e spazio al sapere e alle competenze delle donne.
Si può e si deve fare. Esistono esempi virtuosi che lo
dimostrano, come a Barcellona dove la sindaca Ada Colau ha promosso un modello
di città sostenibile, equo e inclusivo, nonostante l’opposizione di
potentissime lobby. Per noi è una strada da seguire.
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