12/09/21

Donne in Afghanistan, una storia da raccontare in altro modo

 

Donne del PDPA negli anni '80. Foto SISTERS


di Liz Payne, National Assembly of Women (NAW)

Quattro decenni fa, il Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan (PDPA) era al potere. Il governo era secolare, non confessionale e il paese era una repubblica. I passi avanti che il popolo dell’Afghanistan fece con il governo del Pdpa, negli ultimi anni ’70 e negli ’80, e per le donne in particolare, furono enormi: prima che gli Stati Uniti e i loro alleati – Gran Bretagna e NATO, dittature teocratiche dell’Iran e dell’Arabia Saudita, servizi segreti del Pakistan - insieme alle forze più reazionarie dell’Afghanistan, vergognosamente lo rovesciassero nel 1992.

Passi per liberare le donne da secoli di giogo feudale e trattamenti disumani erano stati fatti sul serio negli anni ’20, profondamente influenzati dalla rivoluzione del 1917 che aveva sostituito l’impero russo degli zar con una repubblica socialista, con la quale l’Afghanistan sottoscrisse un trattato di amicizia nel 1921. Nel corso del tempo, l’offerta per garantire la parità di diritti alle donne fu guidata da un influente movimento femminile. Le donne furono ammesse per la prima volta all’Università di Kabul nei primi anni ’50. La costituzione del 1964 introdusse – almeno sulla carta – il suffragio universale, il diritto delle donne a concorrere agli incarichi pubblici, svolgere professioni e presentarsi in pubblico senza il velo. Tuttavia, la pratica restava molto indietro rispetto alla lettera della legge, specialmente (ma non soltanto) nelle aree rurali.

Ma il governo del Pdpa era determinato a cambiarla su basi permanenti. Grandi passi furono fatti nell’applicazione dei diritti delle donne e anche nell’edificazione dell’infrastruttura del paese in maniera democratica e pacifica, con lo sviluppo dei servizi pubblici, l’accesso libero all’istruzione e alla salute e sradicando la povertà. Questo slancio, di cui fu testimone nel 1988 la Federazione Democratica Internazionale delle Donne (WIDF) che inviò una delegazione in Afghanistan, alla quale partecipò l’allora presidente della National Assembly of Women, Barbara Switzer, fu annientato nel 1992, per nessun altro motivo se non quello di assicurare all’imperialismo Usa il controllo geopolitico dell’Afghanistan e accedere alle sue immense risorse, non importa a quale prezzo ciò avvenisse per il popolo afghano e il cammino fatto per uscire dal feudalesimo.

Fu un disastro per le donne afghane e aprì la strada al potere degli spietati Talebani, fondamentalisti islamici addestrati in Pakistan, che nel 1996 imposero la legge della Sharia. Ciò riportò indietro di decenni la lotta delle donne contro la violenza e per la parità di diritti. Ma il nascente regime Talebano era visto dall’Occidente come quello che avrebbe bloccato, anche brutalmente, lo sviluppo di qualsiasi tendenza progressiva in Afghanistan – senza che gli Stati Uniti e i loro alleati alzassero un dito nel paese - mentre lasciavano sempre all’imperialismo il pretesto per intervenire direttamente laddove i loro piani di dominio lo richiedessero. I diritti delle donne, la democrazia e il progresso per le masse popolari non erano nei pensieri dell’imperialismo.

Cinque anni più tardi, dopo l’attacco di Al Qaeda al World Trade Centre nel settembre 2001, ancora una volta gli Usa e i loro alleati optarono per l’intervento armato diretto in Afghanistan, la cosiddetta “Guerra al Terrore”, sebbene tutti sapessero ch’era l’Arabia Saudita a foraggiare ed addestrare la maggior parte dei capi e dei miliziani di Al Qaeda.

L’attacco alle basi di Al Qaeda nel complesso di grotte di Tora Bora nell'Afghanistan orientale, vicino al confine tra Afghanistan e Pakistan, ha rivelato il vero scopo del catastrofico intervento: cacciare i talebani – che erano serviti allo scopo - e installare un regime direttamente pro-Usa a Kabul sostenuto da un esercito di occupazione imperialista internazionale. Ciò ha portato a 20 anni di guerra durante i quali l’Afghanistan è stato devastato. L’opinione pubblica mondiale si è nutrita della favola che tutto questo servisse in qualche modo a battere Al Qaeda e di frequenti riferimenti ad aiuti umanitari alla popolazione e alla difesa dei diritti delle donne.

Nel mondo, tuttavia, coloro che si opponevano alla guerra in Afghanistan, sostenendo il diritto del popolo afghano a decidere il proprio futuro, rigettavano totalmente una simile “giustificazione”. Che avessero pienamente ragione, è ora lampante.

John Bolton, ex ambasciatore Usa alle Nazioni Unite nel 2005/06 e funzionario della sicurezza nazionale di Donald Trump negli anni 2018-19, ha categoricamente dichiarato nelle scorse settimane che tutta l’operazione degli Stati Uniti in Afghanistan non aveva nulla a che fare con il sostegno al popolo, né con la democrazia, né con l’assistenza umanitaria. Serviva solo a fare gli interessi degli Usa.

Alla luce di tutto ciò, faremmo bene ad andar caute a valutare l’uscita degli americani e dei loro alleati come una “disfatta”. La restaurazione pianificata dei Talebani presenta significativi vantaggi economici, politici e strategici per gli Stati Uniti. Tre presidenti – Obama, Trump e Biden – hanno lavorato parecchi anni per districarsi e concentrare le forze altrove, come ad esempio nell’area del Pacifico asiatico, nel contesto della loro crescente conflittualità con la Cina. Il perdurare della guerra in Afghanistan non ha inoltre permesso di sfruttare i ricchi giacimenti di minerali con cui alimentare la transizione globale dal trasporto petrolifero a quello elettrico, una transizione multimiliardaria che i conglomerati e i governi dei paesi imperialisti sono determinati controllare. 

La presenza delle maggiori riserve di litio per batterie, significa che gli occhi del mondo sono puntati lì. Per quanto riguarda l'Occidente, i Talebani offrono anche il vantaggio di poter esportare la destabilizzazione islamica radicale verso i paesi i vicini e rivali – a nord verso le ex repubbliche sovietiche alleate con la Federazione Russa, e ad est nelle province occidentali della Cina. Essi assicurano inoltre che i cambiamenti progressivi siano minacciati e ostacolati in tutta la regione e che possa essere mantenuto un Medio Oriente continuamente instabile in cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e le potenze alleate possano attuare le loro strategie a piacimento. Per questo gli Stati Uniti hanno protratto i negoziati con i Talebani e pianificato il ritorno di questi al potere senza alcuna preoccupazione dell’impatto sul popolo afghano né dell’orrore per le donne, come hanno dimostrato gli avvenimenti di agosto.

Le donne afgane hanno ragione a temere la reimposizione della legge della sharia da parte dei talebani e a respingere i loro annunci secondo cui saranno al sicuro, a condizione che vivano in obbedienza ad essa. Molte hanno una lunga memoria delle atrocità dei precedenti talebani e già movimenti contro le donne, aggressioni fisiche, stupri e aggressioni sessuali, matrimoni forzati, anche di bambine, esclusione dallo studio, dal lavoro e dalla sfera sociale hanno, in pochi giorni, mostrato cosa c'è in gioco con un fondamentalismo sfrenato.

In una recente dichiarazione di solidarietà con le donne afghane, l’Organizzazione democratica delle donne iraniane (DOIW), affiliata alla WIDF ha detto: “Noi, popolazioni dell’Iran e dell’Afghanistan, portiamo le ferite inflitte dall’Islam politico, con l’arretratezza e la misoginia che lo caratterizza”.

La presidenza della WIDF ci ha chiamate a stare accanto alledonne afghane e a difendere i loro diritti. Come ha detto Shara Karimi, famosa regista afghana, dobbiamo essere la loro voce fuori dai confini dell’Afghanistan. Questo significa denunciare pubblicamente e senza sosta che Usa e Gran Bretagna non si sono mai curati e non si cureranno mai delle donne e delle ragazze afghane. Significa opporsi a qualsiasi ulteriore intervento di qualsiasi tipo da parte del nostro governo in Afghanistan e fare ogni pressione possibile su Westminster per recidere la tossica partnership britannica con gli Usa e ogni coinvolgimento nella NATO. Significa anche lavorare in solidarietà con le donne afghane e le loro organizzazioni e con tutte le componenti progressive per supportare la lotta popolare contro la povertà, la guerra e la discriminazione e per un futuro pacifico e democratico.


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