Lettera dell’OrganizzazioneDemocratica delle Donne Iraniane (DOIW)* alle organizzazioni sorelle: bisogna agire per fermare altre esecuzioni di manifestanti in Iran!
Care amiche e compagne di
lotta
sono passati
quattro mesi da quando è nato in Iran il movimento “donna, vita, libertà”,
contro il regime dittatoriale al potere. Questo movimento è iniziato con
manifestazioni pacifiche di donne e altre forze sociali, tra cui studenti, allieve
e insegnanti, lavoratrici, per protesta contro la morte di Mahsa Amini mentre
era in arresto, lo scorso settembre. Per tutto questo periodo, il regime ha
risposto con proiettili e la sanguinosa repressione dei manifestanti indifesi,
soprattutto nelle regioni svantaggiate e oppresse del paese come le province
del Baluchistan e del Kurdistan.
Negli ultimi quattro mesi,
la Repubblica islamica ha ucciso, con la massima brutalità, più di 500 donne e
uomini di ogni estrazione sociale. Tra gli uccisi vi sono più di 60 sotto i 18
anni, eppure il regime non è riuscito a spegnere le fiamme del movimento delle
masse disperate che non ne possono più della povertà, del dispotismo e dell'inflazione
galoppante. Questa rivolta rivoluzionaria è più profonda ed estesa delle
precedenti la popolazione è determinata ad ottenere cambiamenti fondamentali.
Per questo motivo, i governanti islamici dell'Iran stanno intensificando la
repressione, terrorizzando la popolazione, torturando brutalmente i detenuti
per estorcere confessioni, conducendo processi farsa e condannando a morte.
Le esecuzioni di cittadini iraniani avvengono in un momento in cui a molti di coloro che sono sotto processo è stato negato un processo regolare e giusto, vale a dire il diritto di nominare un proprio avvocato, e sono state inflitte condanne a morte in processi sommari della durata di pochi minuti. Nei suoi tribunali islamici, la Repubblica islamica dell'Iran identifica le proteste pacifiche delle donne, dei giovani e dei lavoratori iraniani come "atti di guerra contro l'Islam e contro Dio". Attualmente, più di 18.000 manifestanti arrestati sono detenuti nelle terribili prigioni della Repubblica islamica e subiscono le torture più brutali. Tra gli arrestati – migliaia di donne e uomini – ci sono studenti, lavoratori, contadini, ma anche giornalisti, artisti, insegnanti, sportivi e perfino scolari. Questi detenuti sono sottoposti a brutali torture per costringerli a confessare colpe inventate, come avere legami con potenze straniere. Anche giovani di età inferiore ai 18 anni sono stati torturati per estorcere confessioni.
Nelle ultime due
settimane, la Repubblica Islamica dell'Iran, ha impiccato due giovani
manifestanti – Mohsen Shekari (23enne di Teheran) e Majid Reza Rahnavard
(23enne della città nord-orientale di Mashad) – a seguito di prolungate torture
con l’accusa di essere "in guerra con Dio" e di "mettere in
pericolo la sicurezza del paese". E ancora oggi stanno allestendo la loro
forca per l'esecuzione di altri prigionieri politici solo per prolungare la
vergognosa esistenza del regime. Secondo media ufficiali legati alla
magistratura della Repubblica islamica, negli ultimi giorni, in processi farsa
sono state pronunciate condanne a morte per diversi altri prigionieri politici,
tra cui: Mohammad Mehdi Karami, Seyd Mohammad Hosseini e Mohammad Beroghani.
Madri, padri e familiari
stretti che cercano di piangere i loro cari, nelle cerimonie funebri o nel
tradizionale lutto del 40° giorno dopo la morte, devono affrontare minacce e
violenze. Ci sono state diverse segnalazioni di casi in cui gli agenti della
Repubblica islamica hanno seppellito loro stessi i morti nel cuore della notte,
in tombe nascoste. Nonostante le minacce e le vessazioni, le madri e le
famiglie in lutto resistono alla violenza delle forze di sicurezza della
Repubblica islamica e tengono cerimonie commemorative per i loro cari (che attirano
molte persone che vi assistono in solidarietà e per rendere omaggio). Ma le
forze dell’ordine della Repubblica islamica dell'Iran interrompono anche queste
cerimonie funebri, attaccando i presenti e uccidendo altri giovani. È un ciclo
sanguinoso che continua in Iran.
L'Organizzazione
Democratica delle Donne Iraniane esprime il suo cordoglio alle famiglie in
lutto e invita tutte le forze progressive dell'Iran e del mondo, in particolare
le organizzazioni femminili a condannare questi atti di violenza in Iran, in
particolare le condanne a morte, a protestare contro la brutale violazione dei
diritti umani e a chiedere la fine di questo ciclo sanguinoso.
Non possiamo accettare che
alle proteste pacifiche e legittime delle persone che non hanno altro modo di
protestare contro l'oppressione, la corruzione e la dittatura, se non scendendo
in piazza a mani nude, si risponda mandando i giovani al patibolo e uccidendoli.
Sulla testa dei detenuti politici iraniani pende la minaccia di esecuzione.
Dobbiamo impedire con tutte le nostre forze e in ogni modo possibile al regime
dispotico di Velayat Faqih, il leader religioso supremo, di uccidere i nostri giovani.
Con la massima urgenza il nostro movimento per la libertà chiede il rilascio incondizionato dei prigionieri politici iraniani.
Gennaio 2023
*L'Organizzazionedemocratica delle donne iraniane, fondata col nome di OIW nel 1943 come ala
femminile del partito Tudeh dell'Iran, aderì alla Federazione democratica internazionale delle donne nel 1947. Messa fuorilegge nel 1949 insieme allo
stesso Tudeh, fu ricostituita nel 1951 col nome di DOIW.
Nessun commento:
Posta un commento