12/01/23

Ayten Öztürk: non lasciamola sola!

 


Ayten Öztürk, 47 anni, giornalista e attivista socialista, è nata ad Antiochia in una famiglia arabo siriana di quindici figli. Una famiglia democratica che ha già perso tre membri per motivi politici. Dopo essere stata più volte arrestata e torturata, Ayten ha deciso di trasferirsi in Siria dove è rimasta per dieci anni.

Nel 2018, a causa della guerra in quel paese, ha cercato di raggiungere l’Europa attraverso il Libano, ma l’8 marzo è stata arrestata senza alcun preavviso all’aeroporto di Beirut e il 13 marzo consegnata ad agenti segreti turchi che con un aereo privato l’hanno riportata incappucciata in Turchia e rinchiusa in un centro di detenzione segreto, unica donna tra tanti uomini.

Per sei mesi è stata sottoposta a gravi e sistematiche torture, violenze fisiche, verbali e gravissime molestie sessuali nell’inutile tentativo di farla parlare. Lei stessa racconta: «Ho subito detto che non avrei mai parlato con loro in un centro di tortura. Ho detto che non avevo nulla da condividere con dei torturatori».

Consegnata alla polizia turca il 28 agosto di quell’anno, è stata ufficialmente arrestata perché accusata, senza alcuna prova, di essere dirigente di una organizzazione rivoluzionaria e condotta nella prigione di Ankara in condizioni molto precarie, dato il trattamento disumano a lungo subito, le scosse elettriche, lo sciopero della fame, l’alimentazione forzata.

«Ero ridotta così male che non mi hanno voluta rilasciare subito, anche se non c’erano capi d’accusa contro di me», racconta. Ricorda che, quando è arrivata, le compagne di cella hanno contato 898 cicatrici sul suo corpo.

Sebbene abbia presentato una denuncia per tortura, il pubblico ministero non ha trovato motivi sufficienti per un’azione legale. Ayten Öztürk ha perso 25 chili durante la detenzione.

Il 28 maggio del 2021 dichiarava: «Sono in prigione da 3 anni senza un solo motivo concreto. Il motivo della mia detenzione è nascondere le torture. È la realtà delle torture e della dignità umana (calpestata) che si vuole seppellire tra le mura. Giustizia! Non rimarrò in silenzio su questa ingiustizia! Anche se la conclusione sarà la morte, cercherò in tutti i modi di far sentire la mia voce… Vi chiedo di non rimanere in silenzio di fronte a questa ingiustizia e di partecipare alla mia udienza che si terrà il 10 giugno 2021 presso la Corte di Assise a Istanbul alle 13».

Quel 10 giugno, durante l’udienza purtroppo un testimone l’accusò ingiustamente di essere stata presente ad un linciaggio. Comunque Ayten fu infine rilasciata in attesa di un verdetto definitivo che dovrà o meno confermare la condanna durissima a due ergastoli.

Da allora è agli arresti domiciliari e le è stata messa una cavigliera elettronica che le crea non pochi problemi. Il 3 giugno scorso sono state vergognosamente respinte le sue richieste per le cure in ospedale di cui ha assoluto bisogno a seguito delle torture. In questi giorni per la seconda volta la polizia ha fatto irruzione nella sua casa alle 6:30 del mattino rovistando, senza alcun esito, dappertutto.

C’è il pericolo imminente che presto venga confermata la condanna all’ergastolo per cui occorre trovare i modi per impedire che questo accada. La sua richiesta rivolta a noi di non rimanere in silenzio, di far conoscere la sua voce interroga tutte e tutti.

Di fronte ai tanti, troppi casi in Turchia di negazione dei diritti umani, di tortura e detenzioni illegali in cui le donne sono bersaglio particolarmente oltraggiato e silenziato, la storia di Ayten va conosciuta come esempio emblematico di coraggio e di coerenza. La sua è una lotta a cui obbliga il rispetto di sé in quanto essere umano, la convivenza civile, la pratica democratica.

La sua denuncia non può, non deve cadere nel vuoto, ma essere sostenuta da tante e tanti, a livello internazionale e non solo in nome della solidarietà. È una questione che tocca direttamente anche noi poiché il germe della sopraffazione, dell’autoritarismo e del fascismo non conosce frontiere e, ovunque esso sia, rischia di espandersi, di contaminare e minare alle basi la forma e la sostanza della fragile democrazia così duramente conquistata in tanti paesi, compreso il nostro. 

Comitato Giustizia per Ayten Öztürk*

 *Sabato 14 gennaio 2023 ore 11:00 a Roma. SALA SIMONETTA TOSI / CASAINTERNAZIONALE DELLE DONNEIl Comitato Giustizia per Ayten Öztürk organizza un incontro pubblico per denunciare l’uso della tortura e le carceri adibite a tortura in Turchia, con la testimonianza di Ayten Öztürk (in collegamento zoom), rivoluzionaria marxista vittima della violenza del fascismo dì Erdogan e tutti gli stati complici. Seguirà un monologo teatrale dì Rosa Colella, poeta e autrice del monologo tratto dalla testimonianza dì Ayten.


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