Hasta siempre presidente Chavez!
“Un grande amico, che è sempre stato al fianco delle lotte delle donne col suo affetto, il suo incoraggiamento e il sostegno concreto”, recita il commosso comunicato emesso dalla Fdim, la Federazione democratica internazionale delle donne, per dare la notizia della morte di Hugo Chavez. Nello stesso comunicato, si ricorda con gratitudine che Chavez nel 2007creò “le condizioni perché la Fdim potesse tenere in Venezuela il suo XIV congresso. Il primo in America Latina, forse il più grande nella storia della Fdim. Di sicuro, il più grande dopo vent’anni.
Difficile dimenticare il colpo d’occhio offerto dalla grande sala Rios Reina del teatro Teresa Carreño di Caracas, dove si aprì quel congresso, traboccante di entusiasmo espresso in ogni lingua e di donne di ogni colore convenute da oltre novanta paesi del mondo. Le delegazioni più numerose erano quelle dei paesi latinoamericani, naturalmente. Sugli spalti più alti e in galleria, in uno scatenato frastuono di cori cadenzati e canti e sventolii di bandiere, stavano le delegate più giovani, le chicas de la Fdim , con le t-shirt rosse con su scritto in giallo lo slogan che era un programma per i prossimi cent’anni: “Construyendo el socialismo feminista popular del siglo XXI”.
“Non è per un caso che il XIV congresso della Fdim si tenga nel Venezuela di Bolivar e di Manuelita Saenz”, dicevano orgogliose le delegate venezuelane, pur nella fatica del grande sforzo organizzativo che dovettero sostenere. A Manuela Saenz, la leggendaria Libertadora del Libertador Simon Bolìvar, che guidò il processo indipendentista in Ecuador, Perù, Colombia e Bolivia, si richiamava nel nome il loro movimento, fra i più attivi e produttivi movimenti femministi dell’America Latina.
Del resto, tutto il congresso recava impresso il segno della crescita impetuosa della mujer latinoamericana, che stava vivendo la stagione del suo riscatto dai retaggi di cinque secoli di oppressione coloniale e patriarcale, nel contesto dei grandi cambiamenti che investivano l’intero continente meridionale. Proprio là dove prosperava la cultura machista, una nuova coscienza di genere si affermava irresistibile fra le donne: creole, meticce, indigene e afrodiscendenti unite per l’uguaglianza di genere e contro il patriarcato, la violenza e l’impatto devastante della globalizzazione neoliberista sulle loro vite.
Lo stesso presidente Chavez, venuto ad incontrare le delegate nel teatro Carreño, con la sua immancabile camicia rosso-garibaldino, ne sembrò impressionato. Nel suo saluto, che era annunciato di pochi minuti ma diventò di due ore, un po’ battendo i pugni sul tavolo, un po’ tuonando e un po’ accarezzando con la voce noi ascoltatrici, toccò con abilità da grande comunicatore tutti i tasti che più sollecitano i sentimenti e la voglia di riscatto delle donne latino-americane. E in un delirio di applausi, confessò: “Anch’io prima ero machista, ma ora non lo sono più, semplicemente perché la rivoluzione bolivariana non può esserlo”.
Difficile, anche per le delegate più smaliziate, non lasciarsi trascinare dall’entusiamo.
Chavez concluse il suo saluto invitandoci alla grande manifestazione convocata davanti al palazzo presidenziale di Miraflores per il 13 aprile, el Dia de la Dignidad , quinto anniversario dell’insurrezione di popolo e di militari leali che cinque anni prima aveva sventato il golpe dell’oligarchia filoimperialista.
“Todo 11 tiene su 13” , ogni undici ha il suo tredici, campeggiava sulla gigantesca tribuna rossa che era stata allestita per l’occasione. L’allusione era all’11 aprile del 2002, quando Chavez era stato sequestrato dai golpisti e condotto nell’isola La Orchila , mentre elicotteri della marina statunitense sorvolavano l’isola e un sottomarino stazionava davanti al porto di La Guaira in attesa degli eventi. Il piano golpista, orchestrato con l’appoggio del magnate della televisione Cisneros (amico personale dell’ex presidente Bush padre) prevedeva di eliminare Chavez, mentre i militari massacravano il popolo insorto a Ponte Llaguno. Ma in meno di quarantott’ore – il giorno 13 aprile, appunto - il “bravo pueblo” lo aveva liberato, salvando la costituzione e la rivoluzione bolivariana.
Ho ancora negli occhi il fiume impressionante di berretti e camicie rosse, bandiere, striscioni colorati che si riversò fin dalle prime ore del pomeriggio lungo la grande avenida Urdaneta, riempì tutte le quadras intorno a Miraflores, occupò gran parte dell’avenida Sucre affluendo da tutte le vie laterali. Un milione, forse più, venuti dai barrios e da ogni parte del paese a testimoniare il loro sostegno al Presidente, un unico boato che faceva tremare l’aria: :“Chavez, amigo, el pueblo està contigo”.
E dalla tribuna Chavez rispose: quattro ore di dialogo-monologo pirotecnico, ogni passaggio sottolineato da boati di approvazione. Citando Bolivar e Che Guevara, batté il ferro dei molti milioni di bolìvares rientrati nelle tasche dei venezuelani grazie alla nazionalizzazione del petrolio, sottratti alle multinazionali nordamericane. Esaltò l’amicizia con Cuba e con Fidel Castro, il grande aiuto ricevuto per la realizzazione del piano sanitario, che aveva dato al paese in pochi anni più di mille nuovi medici laureati. Fece il calcolo, penna alla mano, dei vantaggi che avrebbe portato il progetto di Uniòn Energetica fra dodici paesi dell’America latina, i cui capi di governo si sarebbero riuniti di lì a qualche giorno nell’isola Margarita in una cumbre senza precedenti. Un progetto di nuova e definitiva indipendenza dei popoli del Sud America: “la vena attraverso cui fluirà il sangue per lo sviluppo di tutti gli altri settori dell’economia”.
Nel caldo afoso del pomeriggio caraqueño, il servizio d’ordine distribuiva a migliaia bottiglie d’acqua e succhi di frutta, agli angoli delle quadras le autoambulanze tenevano il motore acceso pronte per ogni evenienza.
Lo spazio ai piedi della tribuna era riservato ai cadetti della Scuola militare: a loro Chavez si rivolse, a conclusione del suo discorso, chiedendo di “cavalcare gli orizzonti e approfondire la rivoluzione bolivariana, costi quel che costi”. E di respingere, insieme al bravo pueblo del Venezuela, la cospirazione dell’oligarchia fascista e dell’imperialismo sempre in agguato.
Perché Venezuela ahora es de todos.
Hasta siempre, presidente Chavez!
(Ada Donno)
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