«Ho combattuto e lavorato per l’emancipazione delle donne e della società albanese»
Il 26 febbraio 2020 è venuta a mancare, a Tirana, Nexhmije Hoxha (99 anni), icona della lotta delle donne albanesi per l'emancipazione dall'oppressione feudale, partigiana antifascista combattente, protagonista della costruzione del socialismo in Albania. Rimasta sempre fedele, nella sua lunga e operosa vita, agli ideali di progresso, uguaglianza sociale e pace per i quali ha vissuto e lavorato, ha superato con grande dignità anche le angustie e le persecuzioni che si sono abbattuti su di lei e la sua famiglia, negli anni della transizione post-comunista dell'Albania.
Nexhmije (Xhuglini) Hoxha era nata l’8 febbraio 1921 a Manastir, in Macedonia, da una famiglia albanese di idee patriottiche e progressiste che, quando lei aveva pochi anni, si era trasferita a Tirana per consentirle di frequentare la scuola in lingua albanese. Iscrittasi alla scuola secondaria d’indirizzo pedagogico, Nexhmije si distinse, oltre che per i brillanti
risultati ottenuti, anche per l’attività in favore dell’emancipazione femminile
e contro l’occupazione militare dei fascisti italiani.
A vent’anni aderì all’organizzazione della gioventù comunista albanese e in questa circostanza incontrò Enver Hoxha, destinato a diventare il leader della rivoluzione socialista albanese e il compagno della sua vita. Ricercati entrambi dalla polizia fascista e costretti a proseguire l’attività politica in clandestinità (su di lui pendeva una condanna a morte, su di lei una condanna in contumacia a 13 anni di reclusione per attività sovversiva), condivisero gli anni della lotta antifascista di liberazione nazionale e poi, a liberazione avvenuta, un quarantennio di vita coniugale, dalla quale nacquero tre figli.
A vent’anni aderì all’organizzazione della gioventù comunista albanese e in questa circostanza incontrò Enver Hoxha, destinato a diventare il leader della rivoluzione socialista albanese e il compagno della sua vita. Ricercati entrambi dalla polizia fascista e costretti a proseguire l’attività politica in clandestinità (su di lui pendeva una condanna a morte, su di lei una condanna in contumacia a 13 anni di reclusione per attività sovversiva), condivisero gli anni della lotta antifascista di liberazione nazionale e poi, a liberazione avvenuta, un quarantennio di vita coniugale, dalla quale nacquero tre figli.
Nexhmije Hoxha (in basso a destra) con le delegate al primo congresso dell?Unione delle donne antifascista d'Albania (1945) (Foto: Shqiperia në Vitet e Socialismit) |
Nexhmije prese parte alla
fondazione delle organizzazioni della gioventù e delle donne antifasciste
albanesi, nelle quali ebbe un ruolo preminente: nel primo congresso dell’Unione
della Gioventù Antifascista Albanese (1944) fu eletta segretaria; nel 1946, nel secondo congresso della Unione delle Donne
Antifasciste Albanesi, (organizzazione affiliata alla Federazione Democratica
Internazionale delle Donne), fu eletta presidente, incarico che mantenne fino al 1955.
Negli anni della costruzione socialista, s'impegnò per lo sviluppo dell’istruzione pubblica, della cultura e
della scienza socialiste, svolgendo in questi settori un ruolo politico di
primo piano da deputata all’Assemblea Popolare albanese, pur senza assumere mai
incarichi di governo. Solo alla morte di Enver Hoxha, avvenuta nel 1985,
accettò di succedergli alla presidenza del Fronte Democratico, carica che ricoprì per cinque anni.
Nel 1991, dopo la caduta del regime socialista, fu arrestata e fu avviata contro di lei una persecuzione giudiziaria con l'accusa, che non fu mai realmente comprovata, di «appropriazione indebita di fondi statali». Fu imbastito un processo di dubbia legalità, attraverso il quale fu esposta a una gogna mediatica che era, con ogni evidenza, una ritorsione - come lei stessa disse - dei suoi vecchi persecutori del Balli Kombëtar tornati al potere, direttamente o attraverso i loro eredi. In Albania lo chiamarono il «processo dei caffè» dato che l’accusa si riferiva alle spese sostenute per offrire caffè e pasticcini, per un valore equivalente a poche migliaia di dollari, alle numerose personalità albanesi e straniere che si erano recate a farle visita negli anni fra il 1985 e il 1990. Accuse confutate con fermezza dalla stessa Nexhmije, che si difese con coraggio, denunciando a sua volta l’ingiustizia di «un processo politico mascherato».
«Il mio arresto, il giudizio, la mia condanna non mi possono far piegare la testa, perché non ho nessuna colpa: per cinquant’anni ho lottato e lavorato per l’emancipazione delle donne e della società albanese. Qualunque condanna sarà emessa a mio carico, l’aspetto con calma e pazienza»: con queste parole Nexhmije concluse, il 26 gennaio 1993, la sua autodifesa dinanzi al tribunale di Tirana, che la condannò a nove anni di carcere.
Nexhmije Hoxha a Roma nel 1997 dopo la sua liberazione |
Si costituirono in vari paesi del mondo comitati di
solidarietà. Intervennero in sua difesa noti giuristi da più parti, del suo
caso s’interessò Amnesty International;
mentre era in carcere d’isolamento ricevette la visita di Gerald Nagler,
segretario della International Helsinki
Federation for Human Rights. Una delegazione della Women’s International League for Peace and Freedom e dell'associazione AWMR- Donne della Regione Mediterranea ottenne di farle
visita nel carcere di Tirana per conferirle la membership onoraria.
Superando con grande dignità e coraggio le angustie e
le persecuzioni inflitte a lei e alla sua famiglia nel periodo della transizione
post-comunista dell'Albania, Nexhmije Hoxha ha trascorso gli anni seguiti all’uscita dal
carcere nella sua modesta casa di via Durazzo, nella periferia di Tirana, dividendo
il suo tempo fra la cura degli affetti familiari e le relazioni d’amicizia, che ha
mantenuto in Albania e all’estero, e un’instancabile attività di scrittura. Fino all'ultimo, tenacemente fedele al compito, che lei stessa «con calma e pazienza» si era
assegnata, di trasmettere la memoria dell'Albania socialista, assumendo su di
sé l'onere del ripensamento e, insieme, il dovere della sua difesa dalle accuse
calunniose di nemici e detrattori di quell'esperienza storica, che lei aveva vissuto da
protagonista.
Nella foto, Nexhmije Hoxha (seconda da sin.) è a Roma nel 1997, con alcuni componenti del Comitato italiano di solidarietà che si batté per la sua
scarcerazione, di cui facevano parte la Wilpf Italia e l’Association of Women
of the Mediterranean Region.
trad. es.
"Luché y trabajé
por la emancipación de las mujeres y la sociedad albanesas"
El 26 de febrero de 2020, Nexhmije Hoxha (99 años), un ícono de la
lucha de las mujeres albanesas por la emancipación de la opresión feudal, una
combatiente revolucionaria antifascista, protagonista de la construcción del
socialismo en Albania, falleció en Tirana. Siempre permaneció fiel, en su larga
y laboriosa vida, a los ideales de progreso, igualdad social y paz por los que
vivió y trabajó, incluso superó con gran dignidad la angustia y las
persecuciones que la golpearon a ella y a su familia, en los años de la
transición poscomunista de Albania.
Nexhmije (Xhuglini)
Hoxha nació el 8 de febrero de 1921 en Manastir, Macedonia, en una familia
albanesa de ideas patrióticas y progresistas que, cuando tenía unos años, se
había mudado a Tirana para permitirle asistir a la escuela en albanés.
Inscrita en la escuela
secundaria pedagógica, Nexhmije se distinguió no solo por los brillantes
resultados obtenidos, sino también por su actividad a favor de la emancipación
de las mujeres y contra la ocupación militar de los fascistas italianos.
A los veinte años se
unió a la organización juvenil comunista albanesa y en esta circunstancia
conoció a Enver Hoxha, destinado a convertirse en el líder de la revolución
socialista albanesa y el compañero de su vida. Ambos buscados por la policía
fascista y forzados a continuar su actividad política en la clandestinidad (una
sentencia de muerte se cernía sobre él, mientras que una sentencia de 13 años
de prisión por actividad subversiva se cernía sobre ella), compartieron los
años de la lucha antifascista de liberación nacional y luego, después de la
liberación, cuarenta años de vida matrimonial, de los cuales nacieron tres
hijos.
Nexhmije participó en la fundación de las organizaciones de jóvenes y mujeres
antifascistas albanesas, en las que desempeñó un papel destacado: en el primer
congreso de la Unión de Jóvenes Antifascistas albaneses (1944) fue elegida
secretaria de la organización; en 1946 fue elegida presidenta de la Unión de
Mujeres Antifascistas de Albania, una organización afiliada a la Federación
Internacional Democrática de Mujeres (FDIM), y ocupó el cargo hasta 1955.
En los años de la
construcción socialista, hizo una contribución específica al desarrollo de la
educación pública, la cultura socialista y la ciencia, desempeñando un papel
político prominente en estos sectores como miembra de la Asamblea Popular de
Albania, sin asumir nunca cargos gubernamentales. Solo después de la muerte de
Enver Hoxha en 1985 aceptó sucederlo en la presidencia del Frente Democrático,
un cargo que ocupó durante cinco años.
En 1991, después de la
caída del régimen socialista, fue arrestada y se inició una persecución
judicial contra ella por el cargo, que nunca se comprobó realmente, de
"apropiación indebida de fondos estatales". Se estableció un proceso
de dudosa legalidad, a través del cual fue expuesta a una picota mediática que
fue, en toda evidencia, una represalia, como ella dijo, de sus antiguos perseguidores
de Balli Kombëtar que volvieron al poder, directamente o por medio de sus
herederos. En Albania lo llamaron el "juicio por el café", ya que la
fiscalía se refirió a los costos incurridos para ofrecer café y pasteles, por
un valor equivalente a unos pocos miles de dólares, a las numerosas
personalidades albanesas y extranjeras que la habían visitado en el años entre
1985 y 1990. Cargos
firmemente refutados por la propia Nexhmije, quien se defendió con valentía,
denunciando a su vez la injusticia de «un proceso político enmascarado».
«Mi arresto, mi juicio, mi sentencia no pueden
hacerme inclinar la cabeza, porque no tengo la culpa: durante cincuenta años he
luchado y trabajado por la emancipación de las mujeres y la sociedad albanesas.
Cualquier sentencia se dictará en mi contra, la espero con calma y paciencia »:
con estas palabras Nexhmije concluyó, el 26 de enero de 1993, su defensa propia
ante el tribunal de Tirana, que la condenó a nueve años de prisión.
Se crearon comités de solidaridad en varios
países del mundo a su favor. Juristas famosos de diversos orígenes
intervinieron en su defensa; Amnistía Internacional estaba interesada en su
caso; mientras estuvo en régimen de aislamiento recibió una visita de Gerald
Nagler, secretario de la Federación Internacional de Helsinki para los Derechos
Humanos. Una delegación de la Asociación de Mujeres de la Región del
Mediterráneo y la Liga Internacional de Mujeres para la Paz y la Libertad
obtuvo una visita a la prisión de Tirana para otorgarle su membresía honoraria.
Superando con gran dignidad y coraje la
angustia y la persecución infligida a ella y a su familia durante el período de
transición poscomunista de Albania, Nexhmije Hoxha pasó los años posteriores a
la salida de prisión en su modesto hogar en via Durazzo, en un suburbio de
Tirana, donde dividió su tiempo entre el afecto familiar y las relaciones de
amistad, que mantuvo en Albania y en el extranjero, y una incansable actividad
de escritura. Hasta el último, tenazmente fiel a la tarea, que ella
"tranquila y pacientemente" se había asignado a sí misma, transmitir
la memoria de la Albania socialista, asumiendose la carga de repensar y, al
mismo tiempo, de defender esa experiencia histórica, que vivió como
protagonista, contra las calumniosas acusaciones de enemigos y detractores.
En la foto en blanco y negro, Nexhmije Hoxha
(abajo a la derecha) con las delegadas en el primero Congreso de la Unión de
mujeres antifascistas de Albania (1945) (Foto: Shqiperia në Vitet y
Socialismit)
En la otra foto,
Nexhmije Hoxha (segunda desde la izquierda) está en Roma en 1997, después de su salida de prisión, con miembros
del Comité de Solidaridad italiano, que incluía
a WILPF Italia y AWMR - Mujeres de la Región del Mediterráneo.