La Cina, la "tigre di carta" imperialista e il Medio Oriente
“Il modello cinese è un'alternativa al
capitalismo brutalmente ineguale e guerrafondaio degli Stati Uniti e al suo
impresentabile capo di stato!”
«Forte all’apparenza, ma in realtà è
una tigre di carta incapace di resistere al vento e alla pioggia», disse Mao
Zedong dell'imperialismo USA. Da allora è piovuto molto e, parallelamente
all'aumento della sua aggressività militare, gli Stati Uniti si sono
trasformati in qualcosa di simile a uno stato fallito, venuto allo scoperto
davanti al mondo dapprima con l'uragano Katrina (2005) e ora con il
coronavirus: il paese che ospita solo il 4% della popolazione mondiale ha un
terzo dei casi di Covid-19 del pianeta, con circa 88.000 morti e 36,5 milioni
di disoccupati fino ad oggi.
A confronto, la Repubblica popolare
cinese (RPC) si presenta come un efficace gestore della pandemia a livello
nazionale - i vantaggi di un'economia pubblica e pianificata - e leader
mondiale e alternativo agli Stati Uniti, che invia forniture mediche e aiuti
finanziari ad almeno 100 paesi. La RPC, senza avere le enormi risorse naturali
degli Stati Uniti e con una popolazione quattro volte più grande, nutre un
quinto dell'umanità ed è stata ancora in grado di quadruplicare i salari reali
dei suoi lavoratori negli ultimi 20-25 anni, secondo l'economista britannico
Richard Wolff, nonché di sollevare 850 milioni di persone dallo stato di
povertà negli ultimi decenni, secondo il plauso delle Nazioni Unite. Il modello cinese è un'alternativa al
capitalismo brutalmente ineguale e guerrafondaio degli Stati Uniti e al suo
impresentabile capo di stato!
Questa situazione sta dando luogo a
dibattiti su un nuovo ordine mondiale e sulla possibilità che la RPC scalzi gli
Stati Uniti dal ruolo egemonico che hanno ricoperto dal 1946.
Tuttavia, in Medio Oriente (MO),
regione strategica per il fatto di possedere circa il 65% del petrolio e del
gas del mondo ed essere vicina alle due grandi potenze, Cina e Russia, questa
realtà è percepita diversamente. E cioè: non è affatto vero, come sostengono
gli avversari di Donald Trump più bellicosi, che egli abbia abbandonato il
Medio Oriente consegnandolo a Russia e Cina. Al contrario, il presidente ha
ottenuto di:
-
Mantenere l’affare della guerra contro lo
Yemen.
-
Stabilire nuove sanzioni contro l'Iran,
strangolandolo.
-
Aumentare il numero delle sue truppe in Arabia
Saudita, Iraq e Afghanistan.
-
Collocare una ventina di basi militari in
Siria e mandare il partner della NATO, la Turchia, ad occupare parte del suo
territorio e, nel processo, impantanare questo stesso alleato ribelle.
-
Smantellare l'OPEC e assumere il controllo del
prezzo del petrolio.
-
Militarizzare ulteriormente il Golfo Persico.
La posizione della Cina
La politica nazionalista guidata da
Mao Zedong, che pose fine al "secolo dell'umiliazione", fu incarnata
nella Teoria dei Tre Mondi, secondo cui gli Stati Uniti e l'URSS
erano imperialisti e formavano il primo mondo; Europa, Giappone, Canada e
Australia appartenevano al secondo, e la Cina con i paesi sottosviluppati costituivano
il terzo mondo (da qui l'espressione); di conseguenza gli ultimi due avrebbero
dovuto unirsi per sconfiggere il primo, con un gravissimo errore di analisi:
gli Stati Uniti erano un impero in declino, quindi la Cina avrebbe dovuto
reclutare il mondo contro "l'imperialismo sociale ascendente"
sovietico. Henry Kissinger
approfittò della divisione tra i due giganti socialisti e preparò la visita di
Nixon nel 1968 in un viaggio segreto in Cina con due scopi: 1) contenere
l'URSS, e 2) chiedere l’aiuto cinese per uscire dalla palude vietnamita.
Questo approccio, che esclude il
concetto di "lotta di classe", riappare durante le rivolte popolari
arabe nel 2011: sia la Cina che la Russia etichettano come
"cospirazione" le primavere arabe, come se la lotta contro la povertà
e per la libertà si fosse paralizzata in queste società per magia. Le
ribellioni popolari in Egitto, Tunisia, Yemen, Iraq, Arabia Saudita e Bahrein -
il quartier generale della VI flotta americana (dove i carri armati sauditi
invasero il paese per reprimere le proteste di Pearl Square) - non avevano
nulla a che fare con le trame degli Stati Uniti e dei loro alleati contro la
Libia e la Siria.
Partendo da questo punto di vista, la RPC ha stretto alleanze strategiche
con Arabia Saudita, Algeria, Egitto, Iran, Emirati Arabi Uniti, Iraq,
Giordania, Kuwait, Marocco, Oman, Qatar e Turchia ed è, dal 2013, il maggiore
investitore straniero nella regione con circa 123 miliardi di dollari.
I
successi di Pechino sono dovuti a diversi fattori:
-
Non ha un'agenda imperiale né una storia
coloniale, né proclama "scontri di civiltà" del buddismo o del
confucianesimo contro l'Islam o l'ebraismo. La "guerra religiosa" si
verifica piuttosto all'interno delle stesse religioni semitiche. La Cina preferisce
mantenere un profilo basso e non
essere coinvolta nella politica della regione.
-
Applica la regola "occhio per occhio in
positivo": un atteggiamento di reciprocità e riconoscenza e, avvolto in un
alone di debito morale, profondamente radicato nelle culture di questa regione
e difficile da captare, intendere e decifrare dagli estranei.
-
Pone la
"cooperazione tra stati" al centro della propria diplomazia,
respingendo l'approccio sia di Hobbes che di Marx allo stato.
-
Proietta il suo potere, non attraverso la
militarizzazione di regioni strategiche o un realismo offensivo, ma basato
sull'interdipendenza economica che si riflette nell'Iniziativa "Belt and Road", la Nuova Via della Seta che cerca
"sviluppo reciproco” degli stati e una crescita condivisa. Per tale più
grande progetto infrastrutturale della storia, ha già stanziato circa 400
miliardi di dollari in circa 80 paesi. Negli Stati Uniti, l'industria delle armi
è uno dei pilastri dell’economia: le sue esportazioni occupano il 36% della
quota di un mercato in cui la Cina ha il 5,2% della quota.
-
Il fattore umano: se si confronta il presidente Xi, dalla leadership calma,
seria e rispettosa, con quello di Donald Trump, si resta senza commenti.
“La Cina, il maggiore attore sulla scena della storia, non richiede un nuovo ordine mondiale, lo sta producendo alla velocità della luce”