Foto https://transform-italia.it/genova-2021-ritorno-al-futuro/ |
di Nicoletta Pirotta, IFE Italia
Non è semplice scrivere sulle prossime iniziative di Genovaa 20 anni da quelle giornate, epiche e drammatiche al contempo, che segnarono
un confine fra un prima e un dopo.
Non è semplice soprattutto adesso perché in questi ultimi
mesi, abbiamo dovuto assistere a tragiche morti sul posto di lavoro causate
dalla bramosia di profitto e da una condizione operaia (già, le e gli operai
ancora esistono) segnata da ricatti padronali, mancanza di diritti e sicurezza,
solitudine e rabbia.
Sempre in nome del guadagno, abbiamo appreso che c’è chi non
si fa problemi a manomettere il sistema frenante di una funivia fino a farla
cadere provocando decine di morti.
Abbiamo avuto notizia dell’ennesimo, probabile, femminicidio
per impedire ad una ragazza di scegliersi da sé quale vita vivere. E
trattandosi di una ragazza pakistana abbiamo dovuto ascoltare i soliti noti che
si ergevano a strenui difensori della libera scelta delle donne indicandone il
baluardo nella cultura occidentale ma scordandosi che in Italia ogni tre giorni
una donna viene uccisa da fidanzati, mariti, padri, fratelli. Un genere di
uomini che in occidente come in oriente, al sud come al nord, non sopportano
l’idea che le “loro” donne possano scegliere e decidere in autonomia.
Abbiamo dovuto indignarci per l’ennesima strage nel mar
Mediterraneo che fra le sue acque trattiene il dolore, la sofferenza, le
speranze di donne, uomini e bambini che hanno tentato di migliorare la propria
condizione di vita senza riuscirci a causa di scelte politiche scellerate ed
escludenti. Ed apprendere con disgusto che si continua a morire per il caldo e
lo sfruttamento raccogliendo frutta nelle infuocate campagne del sud Italia.
Abbiamo sperato che il contagio da Covid-19 rendesse
evidente quanto c’è di perverso e di profondamente disumano nel modello
economico e sociale del sistema capitalista ma poi abbiamo letto il PNRR del
governo Draghi e abbiamo capito che la lezione della pandemia non è stata colta
e che la “cura” verrà intesa come una pezza per rattoppare l’esistente, come
farmaco per far scomparire il sintomo e lasciare intatta la causa del male.
Cioè per continuare come prima. Forse più di prima. Lo sprezzante atteggiamento
di Confindustria nel voler imporre, sopra ogni cosa, le ragioni dell’impresa la
dice lunga. E gli incontri del G20, che si tengono proprio in questo periodo in
diverse città italiane e vedono la presenza dei potenti della terra (come fu
per il G8 di vent’anni fa) confermano quanto sia inutile confidare nella loro
capacità di cambiare.
Vent’anni fa gridavamo l’esigenza di “un altro mondo
possibile” come alternativa necessaria all’incuria del sistema capitalista.
Oggi non possiamo che prendere atto che l’alternativa non si è realizzata, che
quell’incuria è sovrana e che il mondo in cui viviamo è peggiore di quello di
vent’anni fa.
Non è una bella consolazione aver avuto ragione. Proprio per
questo la Genova del 2021 non può essere una commemorazione di noi stesse/i e
delle nostre capacità di visione.
Serve ricordare, quello sì. In particolare serve ricordare
la violenza del potere che portò all’uccisione di Carlo Giuliani ed alla
mattanza nella Diaz perché questa violenza ancora esiste e l’abbiamo vista
all’opera nel manganellare chi manifesta magari per difendere un territorio,
nel reprimere le proteste sindacali, nel recentissimo pestaggio, in carcere a
Santa Maria Capua Vetere, ad opera della polizia carceraria.
Le giornate genovesi del prossimo luglio dovranno rispondere
all’incuria e alla violenza con un messaggio chiaro e preciso: di fronte ad una
pandemia che ha messo in evidenza la fragilità dei nostri corpi e la nostra
interdipendenza con l’ambiente che ci circonda, è solo l'«economia della cura»
e non quella del profitto che può salvarci. Una cura, però, intesa come nuovo
paradigma capace di una rottura radicale per un diverso mondo di stare al
mondo.
Una cura che costringe ciascuna e ciascuno di noi a rivedere
il nostro modo di vivere, la qualità delle nostre relazioni, la nostra capacità
di ricostruire quel tessuto sociale che il sistema capitalista ha frammentato.
Perché, come scrive Angela Davis, non basta “immaginare un nuovo mondo, ma
diventare degni di partecipare a quel mondo nel corso della lotta per esso”.
Questo modo di intendere la “cura” è il portato di una lunga
riflessione del movimento femminista, in particolare di quei femminismi che hanno
saputo cogliere le intersezioni fra il genere, la classe, la provenienza.
Non è un caso che il movimento femminista sia uno dei più
vitali sulla scena internazionale. Un movimento in grado di mobilitarsi, di
agire conflitto, di lanciare nuovi strumenti di lotta come lo sciopero globale
femminista. Un movimento capace, soprattutto, di ottenere risultati concreti.
In Argentina, Spagna, Polonia le femministe hanno saputo
portare in piazza centinaia di migliaia di persone per contrastare i tentativi
di cancellare o peggiorare le legislazioni sul diritto all’aborto. Riuscendoci.
In Italia durante il congresso dei fondamentalisti
reazionari ed omofobi, che si tenne a Verona nel 2019, il movimento di Non Una Di Meno, grazie anche
all’intelligente convergenza di altre realtà sociali e politiche, seppe dare
vita ad una manifestazione superba e partecipatissima che ribadì l’importanza
del diritto all’autodeterminazione e la volontà di contrastare ogni forma di
integralismo.
Un femminismo non elitario com’è scritto nel bel libro
Femminismo per il 99%. Un manifesto scritto da Cinzia Arruzza, Tithi
Bhattacharya, Nancy Fraser, che dà la priorità alle vite delle persone, non
crede che la questione principale per le donne sia il raggiungimento di posti
di potere perché a fronte di qualcuna che rompe “il tetto di cristallo” ve ne
sono migliaia, povere e quasi sempre immigrate, che devono pulirne i cocci
(come denuncia in modo sublime uno slogan delle femministe argentine), che
reclama il diritto alla salute e un ambiente non inquinato, ripudia guerra e
razzismo e lotta per tutto il vivente, umano e no.
Spero che la vitalità di pensiero e di azione di questo
movimento femminista internazionale possa contagiare le giornate genovesi del19 e 20 luglio prossimi.
Anzi di più, mi auguro che sia riconosciuto come uno dei pilastri sui quali ricostruire le fondamenta di un altro mondo possibile.
Articolo pubblicato da https://transform-italia.it/genova-2021-ritorno-al-futuro/
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