21/01/25

L'azione della Federazione Democratica Internazionale delle Donne per la pace e il disarmo

La FDIM/WIDF nel corso dei suoi 80 anni di vita ha considerato e praticato la costruzione della pace come “compito essenziale delle donne”: la lotta contro il militarismo e per il disarmo è stato un suo impegno centrale in termini di formazione, ricerca e azione.



di Ada Donno* 

C’è un nesso profondo, originario e reiterato nell’esperienza delle lotte delle donne fin dai primi anni del ‘900, fra la finalità della propria liberazione e quella della costruzione della pace: un’inscindibilità percepita e proclamata fin da subito dalle donne comuniste che sono state protagoniste dei processi di liberazione ad ogni latitudine e in ogni condizione e grado di sviluppo sociale e civile soprattutto nella seconda metà del ‘900.

Una vera e propria scelta di campo contro la guerra, compiuta nel momento stesso in cui “hanno spinto lo sguardo verso la nuova frontiera della liberazione”. Una scelta che è stata elaborata come impegno costante, qualificante e imprescindibile del discorso della liberazione di genere “assunto nella sua interezza e svolto in tutte le sue conseguenze possibili...", come scriveva nel maggio 1984 Carla Ravaioli, attivista comunista e femminista, in occasione del primo incontro nazionale delle donne partigiane per la pace, organizzato a Milano dall’ANPI. [1] Sono stati gli anni ’80 in cui, da una parte “la riflessione pacifista si è orientata ad allargare il proprio orizzonte d’intervento, al di là della limitazione degli armamenti, della prevenzione della guerra e dell’olocausto nucleare, per tentare di individuare e sconfiggere le radici del fenomeno-guerra nella più complessa e varia fenomenologia sociale della violenza”. Dall’altra, le donne raccogliendo la consegna della generazione precedente delle madri “partigiane della pace”, l’hanno estesa ed approfondita fino a giocare un ruolo decisivo nel movimento per la pace, ispirandolo con le loro iniziative coraggiose e creative: Greenham Common, Seneca Falls, Comiso, Pine Gap, i campeggi delle donne per la pace alle varie latitudini, da quegli anni sono entrati stabilmente nel lessico mondiale della pace.

Ma è solo una delle mille citazioni possibili che argomentano la percezione di uno “specifico femminile” che induca le donne comuniste a questa precisa scelta e a un preciso impegno a favore della pace e argomenti le ragioni di quel nesso. Si potrebbe risalire cent’anni addietro e trovare conferma nelle analisi di Rosa Luxemburg su militarismo e guerra come esiti inevitabili del capitalismo nella fase dell’imperialismo. O riandare all’ultimo anno della seconda guerra mondiale, quando la scienziata comunista francese Eugenie Cotton, a Parigi, aprendo il congresso costitutivo della Federazione Democratica Internazionale delle Donne, di cui sarebbe stata eletta prima presidente, disse: «Saranno le donne a trovare argomenti decisivi per far pendere la bilancia in favore della pace».

20/01/25

PALESTINA/KHALIDA JARRAR È STATA RILASCIATA!

Domenica 20 gennaio, Khalida Jarrar è stata liberata dopo 5 mesi e 1 settimana di isolamento trascorsi nelle carceri israeliane! Complessivamente 69 palestinesi e 21 minori detenuti sono stati rilasciati, nel quadro dello scambio di prigionieri e dell'accordo di cessate il fuoco tra l'occupazione israeliana e la resistenza palestinese.

@comunita.palestinese.campania

Khalida Jarrar, leader palestinese e consigliera legislativa del FPLP dal 2006, ricercatrice dell'Università di Birzeit e instancabile sostenitrice della causa dei prigionieri palestinesi, era stata arrestata il 26 dicembre, un giorno prima della sua prevista partecipazione a una tavola rotonda sulla condizione dei prigionieri palestinesi durante la guerra genocida di Gaza.

Khalida Jarrar, nel corso degli ultimi dieci anni, è stata imprigionata più volte dalle autorità israeliane. Nel 2015 ha trascorso 14 mesi in carcere e diversi mesi in detenzione amministrativa senza accusa né processo. Nuovamente arrestata nel 2017, ha passato altri 20 mesi in detenzione amministrativa. E ancora altri due annicirca, dal 2019.

In occasione della tragica scomparsa di sua figlia Suha, avvenuta per infarto nel luglio 2021, le autorità israeliane negarono a Khalida perfino il rilascio provvisorio per motivi umanitari, per poter partecipare al funerale: poté visitare la tomba della figlia solo in settembre, dopo che fu rilasciata.

Al momento della liberazione, Khalida è apparsa molto provata fisicamente, le sofferenze della detenzione nel carcere sionista si leggono dolorosamente nel suo aspetto. Insieme ad altri palestinesi rilasciati, le cui condizioni di salute sono pessime, è stata accompagnata immediatamente in ospedale dai parenti.

Durante la detenzione KHALIDA JARRAR ha scritto una preziosa testimonianza su una precedente esperienza carceraria, che testimonia la sua straordinaria forza d'animo e capacità di resistenza. La riportiamo integralmente. 

"Per noi palestinesi, la speranza in prigione è come un fiore che cresce su una pietra"

«La prigione non è solo un luogo fatto di alte mura, filo spinato e piccole celle soffocanti con pesanti porte di ferro. Non è solo un luogo definito da un suono metallico. In effetti, lo stridio o lo sbattere del metallo è il suono più comune che si sente nelle carceri, quando si chiudono porte pesanti, quando si spostano letti o armadi pesanti, quando si bloccano o si allentano le manette. Persino le merde – i famigerati veicoli che trasportano i prigionieri da una prigione all'altra – sono bestie di metallo, il loro interno, il loro esterno, persino le loro porte e catene incorporate.

No, il carcere è più di tutto questo. Sono anche storie di persone vere, di sofferenze quotidiane e di lotte contro le guardie e l'amministrazione penitenziaria. Il carcere è una posizione morale che deve essere assunta quotidianamente e che non può mai essere abbandonata.

13/01/25

Palestina / Siamo qui, Zeina, ad aspettarti...

Lunedì 13 gennaio 2025 davanti alla prigione di Damoun, attendendo il rilascio della detenuta palestinese Zeina Barbar 


Avrebbe dovuto essere rilasciata mercoledì 1 gennaio 2025. I suoi carnefici hanno deciso diversamente.

Il tribunale di occupazione sionista ha prorogato fino a lunedì 13 gennaio 2025 la detenzione della detenuta palestinese Zeina Barbar (23 anni) della città di Silwan, a sud di Al-Quds (Gerusalemme).

È stata arrestata il 9 luglio 2024 nella moschea di Al-Aqsa. È la figlia del detenuto rilasciato Majd Barbar, che ha trascorso 20 anni in carcere.

Zeina è una delle 89 donne detenute, di cui 4 originarie di Gaza, nella prigione di Damoun. Di esse, 22 si trovano nello status di detenute amministrative.

Le loro condizioni di detenzione sono chiaramente peggiorate dall’inizio della guerra genocida a Gaza. Tortura, umiliazione, privazione delle cure mediche, cattiva alimentazione, isolamento... resistono grazie soprattutto alla solidarietà collettiva da cui traggono la forza necessaria nel cammino verso la libertà.

Questo lunedì, 13 gennaio, siamo lì... per stringere forte Zeina tra le nostre braccia!

https://assawra.blogspot.com/2025/01/nous-sommes-au-rendez-vous.html