Una vita spesa per l’emancipazione delle donne
Il quotidiano socialista “Avanti!” del 18 giugno 1920 la ricordava così: «[…] Si è spenta oscuramente, ma le tracce della sua opera di un tempo restano incancellabili nella storia della causa femminile e la sua memoria rimane simpatica ed indelebile nell'animo dei vecchi amici che le sopravvivono.»
Articolo di Emma de Pasquale
Di Anna Maria Mozzoni
– all’anagrafe Marianna – sui libri di scuola non si dice quasi nulla. Davvero
un peccato, considerando che stiamo parlando della donna che più ha inciso
sulla politica italiana ed emancipazionista all’avvento del Novecento.
Nasce nel 1837 a Milano, da una famiglia molto colta e
agiata, ma ciò nonostante l’istruzione di Anna Maria non parte nel migliore dei
modi: viene mandata dal padre Giuseppe, un ingegnere architetto dalle idee
liberali, in un collegio di suore, ma il bigottismo e la rigidità conservatrice
delle insegnanti ha poco a che fare con la piccola Anna, che chiede di tornare
a casa. Viene accontentata intorno ai 15 anni, ma Anna Maria, appena
adolescente, continua a istruirsi da autodidatta, leggendo con molta passione i
testi della ricca biblioteca paterna: illuministi, romanzieri, scritti
risorgimentali. Verso i 20 anni entra a far parte dei gruppi mazziniani, con
cui simpatizzava già da tempo, dove ha la possibilità di cominciare a dedicarsi
a quella che sarà la battaglia della sua intera vita: l’emancipazione
femminile. È scontro aperto con la dirigenza, ovviamente maschile, ma Anna
Maria va avanti convinta per la sua strada e porta in alto l’idea di un
risorgimento italiano che debba passare anche per un risorgimento femminile.
«Negare alla donna una completa riforma nella sua educazione, negarle più ampi
confini alla istruzione, negarle un lavoro, negarle una esistenza nella città,
una vita nella nazione, una importanza nella opinione non è ormai più cosa
possibile; e gli interessi ostili al suo risorgimento potranno bensì ritardarlo
con una lotta ingenerosa, ma non mai impedirlo».
È del 1864 La donna e i suoi
rapporti sociali, dedicato a sua madre e alle giovani donne future, con
l’obiettivo di scardinare la figura femminile dai ruoli di madre e moglie: «Non
dite più che la donna è fatta per la famiglia, che nella famiglia è il suo
regno e il suo impero!». Tuttavia, Mozzoni sa molto bene che millenni di
oppressione e marginalità non possono essere cancellati con una semplice
riforma: è conscia del fatto che la maggior parte delle donne non ha avuto
accesso all’istruzione e non ha ancora gli strumenti per esercitare un diritto
di voto pienamente consapevole, per questo presenta un progetto di riforma in
18 punti in cui richiede il diritto al voto amministrativo, come primo passo
verso l’acquisizione del pieno di diritto di voto politico, e promuove in
concomitanza, come un nesso inscindibile, il diritto all’istruzione, il diritto
al lavoro e una riforma del diritto di famiglia.
L’anno successivo, nel ’65,
Mozzoni si scaglia contro il nuovo Codice Civile italiano, che non riconosce
alle donne alcun prestigio sociale e che perpetua un modello di famiglia
patriarcale in cui alle donne non vengono riconosciuti i diritti che i tempi
richiederebbero.
Gli anni ’70 sono anni ferventi: conosce e rimane stregata
dal pensiero di John Stuart Mill, ne traduce il volume (considerato la Bibbia
del femminismo) The Subjection of Women,
partecipa al Congresso di Ginevra nel 1877 per l’abolizione delle norme sulla
prostituzione e nello stesso anno presenta una mozione al Parlamento per
concedere il voto politico alle donne. «… Perché siamo cittadine, perché
paghiamo tasse e imposte, perché siamo produttrici di ricchezza, perché
paghiamo l’imposta del sangue nei dolori della maternità, perché infine
portiamo il contributo dell’opera e del denaro al funzionamento dello Stato. Mi
duole davvero di gettar delle nubi su quei rosei cuori, ma non siamo contente
affatto e per non importunarvi con troppe cose in una volta, ne cerchiamo una
sola, il voto politico. Ottenuto questo verrete voi stessi ad informarvi dei
nostri bisogni e non crederete di perdere il vostro tempo».
Con il passare
degli anni l’impegno di Anna Maria si fa sempre più intenso e determinato, il
che la porta a rappresentare l’Italia al Congresso internazionale per i dirittidelle donne, tenutosi a Parigi nel ’78. Si batte senza tregua per il diritto all’istruzione,
sfruttando la collaborazione con il giornale “La Donna” per creare una cassa di risonanza su
tematiche di emancipazione femminile e diritti sociali. Scrive molto
sull’accesso all’educazione, forte anche della sua esperienza personale,
evidenziando la connessione tra sapere e potere, nonché il ruolo
dell’istruzione come mezzo per ottenere autonomia e indipendenza economica.
«Esclusa dal sapere, la donna, rimaneva esclusa eziandio dal potere; ed eccola
ridotta a passività assoluta, cosa e non essere, di maggiore o minor valore
relativo, di nessun valore intrinseco, orba d’ogni coscienza di sé, ch’è la
prima ragione d’ogni forza».
Scende in campo nell’educazione femminile ricoprendo
incarichi del Ministero della Pubblica Istruzione, sotto De Sanctis, e
insegnando per molti anni filosofia morale nella scuola “Maria Gaetana Agnesi”,
dove conobbe la celebre Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani) del
“Corriere della Sera”. A partire dagli anni ’80, Mozzoni si avvicina al
Movimento Socialista, focalizzandosi sulla condizione delle donne operaie.
Fonda, con l’appoggio del partito, la Lega promotrice degli interessi femminili,
volta ad aiutare le donne a prendere coscienza dei propri diritti e doveri di
cittadine e, successivamente, la Lega Socialista Milanese. Tuttavia, l’attrito
è inevitabile: l’inquadramento ideologico socialista rivendica come prioritario
il problema di classe rispetto all’emancipazione femminile in nome del
“principio della gradualità”, vogliono risolvere una questione alla volta e la
lotta di classe viene prima. Anna Maria non è d’accordo, perché coglie dietro
questo impianto ideologico una più profonda resistenza culturale ad accogliere
la parità dei sessi.
Amica-nemica sarà Anna Kuliscioff, compagna socialista con cui Anna Maria condivide tante
battaglie, compresa la lotta al gradualismo, ma con cui non riuscirà a trovare
un punto d’incontro sulle leggi di tutela. Infatti, Kuliscioff sosteneva la
necessità di varare delle leggi speciali che non riguardassero solo il lavoro
minorile, ma anche il lavoro femminile: l’intenzione era di tutelare le donne
dallo sfruttamento e di aiutarle a conciliare vita lavorativa e vita privata,
ma Mozzoni aveva previsto, e non aveva tutti i torti, che il concetto di
“tutela” implicasse una “debolezza” da difendere e che le agevolazioni e i
maggiori costi del lavoro femminile avrebbero legittimato una maggiore
esclusione delle donne dal mondo del lavoro e la disparità salariale. «Fra le
tante tutele, garanzie, esclusioni, difese e protezioni che infestano la vita
della donna, non mancava più che questa, che limiti loro anche la libertà del
lavoro materiale, al quale in misura ancora assai limitata hanno potuto
accedere».
Anche se ormai anziana, l’entusiasmo non si smorza e nel 1906 scrive
insieme a Montessori una petizione per il voto politico alle donne, indirizzata
al governo e sostenuta dalle rappresentanti di molti gruppi politici. Purtroppo, per via delle continue frizioni con i socialisti a
causa delle sue posizioni interventiste, nell’ultimo periodo viene allontanata
dalla politica italiana e si spegne a Roma il 14 giugno 1920.
L’”Avanti!”, nel numero del 18 giugno 1920, la ricorda così:
«[…] Si è spenta oscuramente, ma le tracce della sua opera di un tempo restano
incancellabili nella storia della causa femminile e la sua memoria rimane
simpatica ed indelebile nell’animo dei vecchi amici che le sopravvivono.»
Bibliografia:
Anna Maria Mozzoni, La
donna e i suoi rapporti sociali, Tipografia Sociale, Milano, 1864
Anna
Maria Mozzoni, Un passo avanti nella
cultura femminile, Tipografia internazionale, Milano, 1866
Anna
Maria Mozzoni, a cura di Franca Pieroni Borlotti, La liberazione della donna, Gabriele Mazzotta Editore, Milano,
1975
Anna Maria Mozzoni, Legislazione
a difesa delle donne lavoratrici, in “Avanti!”, 7 marzo 1898.
Maria Serena Sapegno, Identità e differenze: introduzione agli studi delle donne e di genere,
Mondadori Università, 2011
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