Ora è tempo di riprenderci le strade, la visibilità, la parola che hanno provato a toglierci. È tempo di urlare tutta la nostra rabbia per annunciare che non accettiamo che la ricostruzione e la convivenza con il Covid-19 avvengano al prezzo del nostro sfruttamento, dell’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e del razzismo. Con attenzione e cura per la salute di tutte e tutti, il 26 giugno torniamo in piazza in tantissime città.
Comunicato Non Una Di Meno Torino
ORA È TEMPO DI RIPRENDERCI LE STRADE
Fin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19 abbiamo
sottolineato come questa crisi non fosse uguale per tutt* e così purtroppo è
stato. La pandemia ha esasperato le disuguaglianze, lo sfruttamento e le
violenze determinate dal sistema capitalista, patriarcale e razzista nel quale
viviamo e che, quotidianamente, colpiscono le nostre vite.
La violenza domestica è aumentata moltissimo durante
il lockdown, mentre i centri antiviolenza hanno cercato di continuare a
garantire supporto alle donne che vi si rivolgono, nonostante le difficoltà
imposte dal distanziamento sociale e dalla mancanza strutturale di
finanziamenti. Tantissime persone si sono ritrovate senza lavoro e senza
reddito, tra cassa integrazione in ritardo di mesi, bonus di 600 euro
assolutamente insufficienti, nessun tipo di sussidio per tutti i lavori in nero
e non riconosciuti. Nei settori considerati come “essenziali”, dalla sanità ai
servizi sociali, dalla sanificazione alla grande distribuzione, dalla logistica
alle troppe fabbriche rimaste aperte, tantissime donne si sono trovate spesso
senza dispositivi di protezione individuale, mettendo a rischio la propria
salute e quella delle persone a loro vicine in cambio dei soliti salari
bassissimi, accompagnate dalla retorica che le voleva “eroine” o “angeli” e
pronte a sacrificarsi per il paese con il sorriso.
Razzismo e sessismo istituzionali si rendono evidenti
nell'ultimo provvedimento del governo: una sanatoria che esaspera le condizioni
di ricattabilità in cui versano le donne e le soggettività migranti, la cui
unica possibilità di regolarizzarsi è vincolata all'arbitrio di chi da anni le
sfrutta nei campi o in casa con contratti precari o in nero.
L’epidemia, il sovraccarico del sistema sanitario, la
chiusura delle scuole a tempo indeterminato, l’estensione indefinita dei tempi
di lavoro causata dal ricorso allo smart working hanno moltiplicato
esponenzialmente il carico di lavoro produttivo e riproduttivo che pesa sulle
nostre spalle. Come si può lavorare da casa mentre ci si prende cura di una
persona malata o anziana e bisogna seguire figlie e figli nella didattica a
distanza? Come si può tornare a lavoro con turni spalmati su orari impossibili,
mentre ancora non si sa se e come riapriranno le scuole a settembre? Queste
domande non hanno trovato risposte, ad eccezione del tanto richiamato bonus
baby sitter, che argina solo temporaneamente il problema e produce ulteriore
lavoro precario e sottopagato per altre donne.
Non possiamo più parlare di emergenza: le conseguenze
di questa pandemia saranno pesanti e stabili e stiamo già sperimentando nelle
nostre vite le conseguenze di questa crisi.
Nonostante il distanziamento sociale, sappiamo che non
siamo sole, ma parte di una lotta che in tutto il mondo si oppone alla violenza
maschile e di genere, al razzismo e allo sfruttamento in casa e sul lavoro.
L’epidemia del coronavirus non ci ha costrette al silenzio. Le donne e le
soggettività dissidenti, le persone migranti e razzializzate hanno continuato e
continuano a scioperare e a ribellarsi alla violenza con cui ci vorrebbero
zittire, rimettere al nostro posto, ancorare ai ruoli che ci sono imposti e che
noi invece rifiutiamo.
Ora è tempo di riprenderci le strade, la visibilità,
la parola che hanno provato a toglierci. È tempo di urlare tutta la nostra
rabbia per annunciare che non accettiamo che la ricostruzione e la convivenza
con il Covid-19 avvengano al prezzo del nostro sfruttamento,
dell’intensificazione della divisione sessuale del lavoro e del razzismo. Con
attenzione e cura per la salute di tutte e tutti, il 26 giugno torniamo in
piazza in tantissime città.
Di fronte alle conseguenze di questa crisi e alla
nuova insopportabile normalità che annuncia, non rimarremo in silenzio!
¡Juntas somos más fuertes!
A
Torino l’appuntamento sarà alle 18 in piazza Castello.
In
occasione della mobilitazione del 26 giugno abbiamo deciso di riproporre “Unviolador en tu camino”, la performance ideata dal collettivo femminista LasTesis che dal Cile si è diffusa in tutto il mondo in un grido globale
contro la violenza. La faremo nella versione originale in spagnolo, in
solidarietà con le compagne di Las Tesis, che nei giorni scorsi sono state
denunciate con l’accusa di incitamento violento contro le istituzioni e che
hanno chiamato a raccolta tutte le donne e dissidenti per riproporre la
performance nelle proprie città
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