23/08/21

Donne afghane: dal progresso al medievalismo misogino “made in USA”

 

Foto: nuevatribuna.es

Ri-postiamo questo articolo pubblicato dall’analista politica Nazanin Armanian ° l’8 marzo 2019 perché, con  puntualità e lucidità, ci aiuta a capire meglio le cause della guerra afghana e a decifrarne l'epilogo drammatico che stiamo vivendo in questi giorni. E ci aiuta anche a contrastare le narrazioni ipocrite, quando non menzognere, propalate dai media mainstream.  

di  Nazanin Armanian  

I mezzi di comunicazione di massa son soliti dividere la storia delle donne afghane in “prima e dopo dei Talebani”, con un duplice obiettivo: a) presentare la NATO come salvatrice delle donne e b) nascondere il fatto che i gruppi terroristi “islamico-sunniti” sono stati creati dagli Stati Uniti e i loro alleati. E che il danno inflitto alle donne da poche migliaia di individui di estrema destra religiosa con fucili da caccia è maggiore di quello di un'alleanza di 29 paesi con le armi più letali del pianeta.

Che l'Afghanistan fosse "un rifugio per i terroristi" e che la NATO avesse la "missione di salvare le donne" erano fole al servizio dell'aggressione contro questo Paese: se da un lato, infatti, i terroristi non hanno bisogno di un Paese-rifugio e si organizzano anche in un appartamento in qualsiasi paese del mondo, dall’altro, la seconda fola sembrava più una cattiva imitazione dell'argomento dell'Iliade secondo cui i greci invadono Troia con il pretesto di salvare Elena, rapita dal principe troiano, in realtà con l’intenzione di depredarla, seminando terrore e morte. La verità è che l'Afghanistan è il Paese più strategico al mondo per gli Stati Uniti.

Come avrebbero potuto porre fine alla violenza sessista se la guerra stessa è l'espressione più alta di tale violenza?

Cronologia di una lotta per il progresso

1920: la monarchia "progressista" di Amanullah e Soraya fonda Anchuman-E-Himayat-E-Neswan (Organizzazione per la protezione delle donne) nell'ambito di progetti di modernizzazione del paese per combattere l'analfabetismo e gli abusi, e pubblica il quaderno Ershad-E-Neswan (Orientamento per le donne), la prima rivista femminista del paese.

1929: la Gran Bretagna, infastidita dalle relazioni amichevoli di Kabul con l'Unione Sovietica, incita i signori feudali e religiosi e insieme rovesciano i monarchi.

1933: il nuovo re, Zahir Shah, influenzato dalle riforme in atto in Iran e Turchia, apre le prime scuole femminili, introduce l'uguaglianza tra i sessi nella Costituzione del 1964 e riconosce il diritto di voto alle donne.

1964: vengono fondati il ​​Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA) e l'Organizzazione Democratica delle Donne. Quest'anno si festeggia per la prima volta l'8 marzo.

1973: Zahir Shah viene rovesciato dai nazionalisti e viene proclamata la Repubblica dell'Afghanistan.

1978: l'assassinio di Mir Akbar Khyber, scrittore e leader marxista nel 1978, di ignota paternità, scatena la protesta di migliaia di afghani che si conclude con un colpo di stato del PDPA contro il presidente Mohammed Daud. il PDPA instaura la Repubblica Democratica dell'Afghanistan (RDT). È un duro colpo per gli Stati Uniti che, non ancora ripresisi dalla sconfitta in Vietnam, subiscono nello stesso anno la caduta dello Scià in Iran e il trionfo del sandinismo in Nicaragua. Perciò organizzano da una parte i "Jihadisti" e dall’altra i "Contras" per contrastare la sinistra. In Afghanistan lanciano "l'operazione Cyclon" inviando decine di migliaia di terroristi armati dal Pakistan, costringendo l'URSS a intervenire.

L'età d'oro del femminismo afghano

Le riforme attuate dalla RDA a favore delle donne includevano:

Costruire scuole, cliniche, ospedali, alloggi sociali e dichiarare la salute e l'istruzione gratuite e universali.

Creare il Consiglio delle Donne, che presto raggiungerà 150mila iscritte e per la prima volta nella storia del Paese offre servizi sociali e assistenza gratuita alle donne.

Separare la religione dallo Stato e sostituire i tribunali religiosi con quelli civili, liberando le donne dalle leggi arcaiche.

Combattere l'analfabetismo e promuovere corsi di formazione professionale, dall'acconciatura e dal cucito alla meccanica automobilistica.

Nomina della dott.ssa Anahita Ratebzad (1931-2014) Ambasciatrice dell'Afghanistan in Jugoslavia; in seguito la Ratebzad, che già nel 1965 era parlamentare, occuperà la vicepresidenza del governo e il Ministero degli Affari Sociali.

Creare migliaia di posti di lavoro per le donne, inclusi asili nido, e stabilire un congedo di maternità retribuito di tre mesi.

Elevare l'età nuziale per le ragazze da 8 anni a 16; dichiarare nulli i matrimoni forzati, e vietare la "baad", la consegna di una figlia per risolvere una controversia o un debito familiare.

Legalizzare la libertà di non indossare il velo.

Nel 1986, circa la metà del personale sanitario ed educativo e il 15% dei giornalisti erano donne. C'erano 7 donne deputate e migliaia nelle forze armate e nelle Brigate di Difesa della Rivoluzione, che tutelavano le loro conquiste dagli attacchi dei Mujaheddin finanziati con 3mila milioni di dollari dalla CIA.

1987: la RDA avvia una svolta moderata, sperando con ciò di ridurre l'aggressività dei mujaheddin; sospende le "confische", ripristina l'Islam come religione ufficiale di stato, sovvenziona la costruzione di moschee e arresta le misure a favore delle donne.

Inizia un incubo senza fine

L'unità anticomunista dei Mujaheddin, divisi in una dozzina di gruppi, si sfalda e il caos imperante mina i piani degli Usa che necessitano di sicurezza per portare avanti i propri progetti militari ed economici nel Paese.

1992: una volta scomparsa l'URSS, la CIA riaggiusta il tiro e crea un altro gruppo jihadista, i Talebani-Al Qaeda filo-sauditi. Indottrina migliaia di sottoproletari all'anticomunismo e all'antifemminismo in Pakistan e li invia in Afghanistan: vengono sguinzagliate pattuglie per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio per imporre il burqa a tutte le donne. Le scuole femminili sono chiuse, le lavoratrici sono espulse dal lavoro ed è vietato uscire di casa senza essere accompagnate da un uomo di famiglia. Si applicano la lapidazione e altre brutali forme di esecuzione come spettacoli pubblici di terrore. Aumentano gli stupri, i rapimenti, gli omicidi e anche i suicidi di ragazze e donne. 

1996: I talebani arrivano nella capitale e dopo brutali torture (come la castrazione) assassinano il presidente Nayibulláh. Scatenano un terrore senza precedenti nel paese, come gettare i gay dalle rupi o schiacciarli con i bulldozer. Ma niente di tutto questo viene fuori dai media occidentali, che chiamano i Talebani "combattenti della libertà".

I Talebani firmano la propria condanna a morte quando vietano la coltivazione del papavero (con i cui introiti la CIA pagava i suoi mercenari) e non raggiungendo un accordo economico sul gasdotto Transafghano (TAPI) con Washington, che decide di finirla con loro e di prendere direttamente il controllo del Paese, dopo aver organizzato un'ampia campagna televisiva sulla barbarie dei loro vecchi complici. 

2001: dopo l'11 settembre, gli USA cercheranno di realizzare i propri obiettivi completando l’occupazione del paese. Solo tra l'ottobre 2002 e l'aprile 2003 le truppe anglo-americane hanno sganciato circa 10mila tonnellate di bombe (come le cosiddette “daisy cutters”) su 35 milioni di afgani, lasciando migliaia di civili sepolti sotto le macerie. Hanno inquinato acqua e terra, distrutto raccolti e bestiame, provocando una catastrofe umanitaria.

Nel 2002 l'UNICEF ha avvertito che 100mila bambini erano a rischio di morire di fame e di freddo. Nel giugno 2005, nel servizio di maternità dell'ospedale di Kabul nascono 150 bambini con gravi malformazioni, secondo quanto testimonia il dottor Mohammed Daud Miraki, direttore dell'Afghan Association DU & Recovery Fund. Il numero di donne e neonati durante il parto sale alle stelle. 

Bush installa in Afghanistan una Repubblica islamica, spartendo il paese tra la NATO e i talebani. Il risultato:

La fuga di milioni di famiglie dalle proprie case a causa degli attentati, degli stupri, delle torture e dell'omicidio dei propri cari da parte del duo islamisti-NATO

L'87% delle donne afghane è analfabeta e la maggior parte non ha accesso alle cure mediche.

Il 60% dei minori di 15 anni è costretto a sposarsi.

Circa il 90% delle donne e delle ragazze soffre di depressione o disturbi d'ansia, circa 2mila ogni anno cercano di uccidersi, la maggior parte di loro facendosi saltare in aria. 

"Lo stupro è la forma più comune di aggressione contro le donne", afferma la Corte Suprema dell'Afghanistan (marzo 2019). Gli imputati sono i soldati della NATO (che in Afghanistan hanno diverse basi militari e anche prigioni come quella di Guantanamo), la polizia, persino il presidente della Federazione nazionale del calcio femminile.

L'80% dei suicidi sono compiuti da donne stanche della violenza generalizzata e strutturale, secondo il governo afghano (2014): la sedicenne Nadia si è immolata come un bonzo per liberarsi dalla violenza del marito e dei suoceri: è sopravvissuta con gran parte del corpo bruciato; la diciottenne Masumeh ha avuto entrambe le orecchie tagliate dal marito dopo una discussione; Royá è stata uccisa dal padre quando ha scoperto che era stata violentata dallo zio; Nasrin, 20 anni, è stata uccisa da un bombardamento NATO nella sua casa; Gulnar, 15 anni, è stata violentata da un branco di ragazzi mentre andava a scuola, il suo corpo è stato ritrovato in un fiume a Kabul; Samira voleva studiare e diventare medico, ma è stata sposata all'età di 11 anni. Ha cercato di uccidersi uccidendo col veleno per topi a causa dei continui stupri del marito e dei brutali pestaggi, e non essendoci riuscita, a 17 anni si è versata addosso dell'olio da cucina e si è data fuoco.

Il codice penale del 2009 stabilisce che i mariti possono privare le mogli del cibo se rifiutano di fare sesso: cioè, possono farle morire di fame.

Decine di migliaia di donne vedove con figli sono costrette a prostituirsi o a mendicare. Il 65% di loro considera il suicidio come una soluzione per porre fine alla propria miseria, afferma un rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per le donne. 

Le strade del paese sono piene di ragazze e ragazzi orfani di guerra, che invece di essere a scuola mendicano, sono esposti a rapimenti e abusi di ogni genere. L'Osservatorio sui diritti umani delle Nazioni Unite ha affermato che nel 2017 "circa i due terzi delle ragazze afghane non vanno a scuola".

Il 75% delle ragazze e degli adolescenti affronta il matrimonio forzato.

Una donna maltrattata non può fuggire: sarà accusata di adulterio dalla famiglia e dovrà affrontare il “delitto d'onore”, cioè essere punita con la mutilazione facciale o con la morte.

Il 90% dei parti avviene a casa, senza assistenza professionale, e il 17% delle madri muore durante il parto. 

Nell'agosto 2010, e per neutralizzare la decisione di Barak Obama di ritirare parte delle truppe dall'Afghanistan, la rivista Time ha messo in copertina l'immagine della giovane ragazza afgana Aisha, 18 anni, con il naso e le orecchie mozzate, come punizione tribale per aver disobbedito ai suoceri, con il commento "E se lasciassimo l'Afghanistan?"

Ma questa barbarie si è verificata alla presenza di 300mila soldati della NATO!

Nel febbraio 2018, l'Afghanistan ha rimosso dalla bozza di codice penale il capitolo che criminalizzava la violenza contro le donne. Le donne e gli uomini afgani costituiscono la seconda nazionalità più numerosa di rifugiati dalla seconda guerra mondiale: 6 milioni vivono solo in Iran e Pakistan. In Europa sono invisibili.

 Nell'ottobre 2018, le Nazioni Unite hanno riferito che tra gennaio e settembre almeno 2.798 civili sono stati uccisi dagli attacchi della NATO e dei talebani e più di 5mila sono rimasti feriti.

Oggi, con il pretesto di "negoziati di pace" con i talebani, gli Usa intendono consegnare il potere alle stesse mani che hanno lapidato le donne e bruciato le scuole. Una pace per gli uomini in cui i diritti delle donne sono senza dubbio oggetto di contrattazione. «I problemi delle donne sono importanti, ma non sono la nostra priorità assoluta nei negoziati», afferma la portavoce dell'ambasciata Usa a Kabul, Monica Cummings.

Dopo diciotto anni e 2 miliardi di dollari presumibilmente investiti dall'USAID per “liberare le donne afghane”, questo paese è uno dei peggiori posti al mondo in cui nascere donna.

Non c'è dubbio che le coraggiose donne afghane insieme a uomini progressisti scriveranno il nuovo capitolo di questa storia.


*Nazanín Armanian è pubblicista e studiosa iraniana. Residente a Barcellona dal 1983, è editorialista del quotidiano digitale @Público.es di Madrid.  Fonte:  http://www.nazanin.es/

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