31/05/24

1 giugno 2024 / Giornata internazionale dei bambini e delle bambine

 Movimento delle Donne democratiche in Israele: per il bene dei bambini diciamo basta!

In vista della Giornata internazionale dei bambini, il 1 giugno, il Movimento delle donne democratiche in Israele (MDWI) torna a chiedere, ancora una volta, la protezione dei cittadini palestinesi, in particolare bambini e donne, e l’immediata cessazione dell’aggressione israeliana in corso contro Rafah e l’intera Striscia di Gaza. La richiesta di porre fine alla sanguinosa guerra nella Striscia di Gaza riecheggia nelle manifestazioni di massa in Israele e nel mondo.

Il 9 ottobre 2023, il MDWI ha condannato l’uccisione e il ferimento di migliaia di israeliani e ha chiesto il rilascio delle persone rapite dicendo: “Basta con l’aggressione! Basta con l'assedio!" La guerra in corso a Gaza da allora ha causato la morte di oltre 36.000 palestinesi e il ferimento di più di 80.000 altri, mentre molte vittime sono ancora sepolte sotto le rovine. Molte di queste vittime sono bambini e donne. 

Il governo israeliano deve consentire incondizionatamente la consegna di aiuti umanitari alla Striscia di Gaza. Il blocco delle forniture di acqua, cibo e medicinali e la distruzione della maggior parte delle abitazioni, degli ospedali e delle scuole nella Striscia sono crimini di guerra. Ripetiamo e affermiamo che fermare la guerra e liberare i prigionieri israeliani e palestinesi rapiti è nell'interesse del popolo palestinese e israeliano.

Ci uniamo alla richiesta rivolta al governo Netanyahu di attuare immediatamente l’ingiunzione della Corte Internazionale di Giustizia di smetterla di colpire i civili. Sosteniamo l'intenzione della Corte Penale Internazionale di perseguire il rimo ministro Netanyahu e il ministro della difesa Gallant per crimini di guerra.

Il MDWI ha partecipato alla fondazione di Peace Partnership, movimento contro la guerra arabo-ebraico. Salutiamo e sosteniamo tutti gli oppositori della guerra a Gaza, in particolare i giovani uomini e donne israeliani che rifiutano di prestare servizio nell'esercito di guerra e di occupazione.

A nome di tutti i bambini palestinesi e israeliani, diciamo:

No alla guerra! No al razzismo!

Sì a una lotta congiunta arabo-ebraica per una pace giusta e stabile tra Israele e lo Stato palestinese che verrà istituita insieme ad esso.

Armi nucleari per l'Unione Europea? No, grazie!

La rete Global Women for Paece United AgainstNATO (GWUAN) aderisce all’appello lanciato dalla sezione tedesca di IALANA (International Association of Lawyers Against Nuclear Arms) ai candidati e alle candidate per le imminenti elezioni Europee affinché s'impegnino a promuovere l’adesione degli Stati dell’UE al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW). 


«In vista delle elezioni del Parlamento europeo, alcuni politici ed esperti hanno avviato una discussione sulle "armi nucleari per l'UE".

Qualunque sia il contesto, IALANA sottolinea che tali piani non solo sono moralmente discutibili, ma violano anche la legge applicabile.

Le armi nucleari rappresentano – come più volte sottolineato nelle risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite – una minaccia per l’intera umanità e per la coesistenza pacifica degli Stati. Il loro utilizzo è associato a sofferenze incommensurabili, è contrario alla Carta delle Nazioni Unite e costituisce un crimine contro l’umanità.

Nella sua sentenza del 1996, la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che la minaccia e l’uso delle armi nucleari violano generalmente il diritto umanitario internazionale. Secondo il parere consultivo della CIG, anche in circostanze estreme di autodifesa, gli stati possono difendersi solo con armi che soddisfano le condizioni del diritto internazionale umanitario. Le armi nucleari non le soddisfano. Nel suo Commento Generale n.36, il Comitato Internazionale per i Diritti Umani sottolinea il divieto delle armi nucleari, che deriva anche dal diritto alla vita.

Un ulteriore divieto dell’acquisizione e del possesso di armi nucleari ai sensi del diritto internazionale deriva dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), a cui hanno aderito tutti gli Stati membri dell’UE. Il TNP vieta inoltre alla Francia, uno Stato dotato di armi nucleari, di trasferire direttamente o indirettamente armi nucleari o il controllo su tali armi a qualsiasi destinatario. Obbliga inoltre gli Stati parti a portare avanti negoziati in buona fede sul completo disarmo nucleare.

Nel 2003 anche l’UE, in quanto confederazione di Stati, si è impegnata pienamente a rispettare il regime di non proliferazione sancito dal TNP come parte della sua politica estera e di sicurezza comune (PESC) (posizione comune 2003/805/PESC del Consiglio delle Comunità europee Unione).

Questa politica di non proliferazione delle armi di distruzione di massa corrisponde all’imperativo di pace contenuto nel Trattato dell’UE e nella Carta delle Nazioni Unite. Per la Germania l’imperativo della pace è sancito anche dalla Legge fondamentale e, in questo contesto, la Germania ha riaffermato la sua rinuncia alla “produzione, possesso e controllo delle armi nucleari, biologiche e chimiche” nel Trattato sulla risoluzione finale con Rispetto alla Germania (Trattato Due Più Quattro).

Altri due Stati membri dell’UE – Austria e Irlanda – hanno fatto un ulteriore passo avanti e hanno ratificato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW).

Facciamo appello a tutti i candidati e i partiti che partecipano alle elezioni per il Parlamento Europeo affinché prendano le distanze dall’idea che l’UE abbia proprie armi nucleari e facciano invece una campagna per porre fine alla “condivisione nucleare” praticata da Germania, Belgio e Paesi Bassi, perché tutti gli Stati membri dell’UE aderiscano al TPNW e per un mondo libero dalle armi nucleari.

Solo attraverso gli sforzi congiunti della comunità internazionale possiamo realizzare un futuro senza la costante minaccia delle armi nucleari».

 Berlino, 30 maggio 2024

https://ialana.de/images/240530_Statement_by_IALANA_Germany_Nuclear_weapons_for_the_European_Union_-_a_violation_of_applicable_law.pdf

21/05/24

Un vertice NATO per istruire i giovani a tenersi pronti alla guerra



di David Swanson* 

Il recente “Summit della gioventù” della NATO, anche se a doppia velocità, dura più di un’ora e mezza su Youtube. Non ho potuto guardarlo tutto, perché mi ha fatto sentire vecchio, così vecchio che riesco a ricordare quando le persone erano capaci di vergognarsi di trarre profitto dalle uccisioni di massa o di promuovere guerre mondiali che avrebbero potuto finire con un'apocalisse nucleare.

Sembra che la “gioventù” partecipante al vertice abbia soddisfatto certi requisiti come l’essere all’incirca più giovani di Biden o di Trump e  l’essere presenti in così tante decine. Soprattutto ci fanno sapere quanto la NATO sia alla moda e accattivante.

Dopo un po’, sul palco del “vertice” son saliti, per un paio di byte sonori ciascuno, tre vincitori di un concorso che dovevano avere tra i 18 e i 35 anni e che hanno proposto una brillante risposta alla domanda “Qual è il tuo ruolo nel dare forma a un futuro sicuro?”. La prima concorrente, una giovane donna, ha proposto un’app in cui un confidenziale soldato della NATO di un paese X aiuta a giocare ai videogiochi, per lo più divertenti simulazioni di omicidi, ma anche lezioni di propaganda (“come individuare la disinformazione!”). Con un bonus aggiuntivo: l'app servirebbe a raccogliere dati sui suoi utenti in modo che la NATO possa inviare loro messaggi importanti. 

Il secondo tipo fabbricava droni e voleva che i militari li acquistassero. Così cool! Infine la terza concorrente diceva che stava promuovendo studi sull’Ucraina nell’Europa occidentale con una divertente prospettiva pro-guerra per aiutare a comprendere che è tutta colpa della Russia.

Dopo tutto quel rinvigorimento, sono tornati su i vecchi a raccomandare a tutti di prepararsi alla guerra e di non averne paura. Questo si chiama, beninteso, non essere un idiota, ma essere “resiliente”. Notando che il tipo del tieniti-pronto-per-la-guerra avrebbe continuato a parlare per un bel po', ho iniziato a pensare che anche il mio pranzo poteva essere abbastanza resiliente da tornarmi in gola, così ho abbandonato la navigazione.

Mi dispiace molto che più di mille persone abbiano guardato questo straordinario “vertice globale dei giovani”, ma mi sento un po’ meglio sapendo che la media di un Youtube sui cuccioli di ippopotamo ottiene decine di milioni di visualizzazioni.

*World BEYOND War, 20 maggio 2024

https://worldbeyondwar.org/wp-content/uploads/2024/05/NATO-YOUTH-SUMMIT.jpg

03/05/24

“Giù le armi” / La Lega Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà ha 109 anni

 Il 28 aprile si è celebrato l’anniversario della nascita della Women's International League for Peace and Freedom, che 109 anni fa fondava il sodalizio tra femminismo e pacifismo.


 di Fiorella Carollo*

“Giù le armi” è il titolo del libro più noto scritto dalla pacifista austriaca baronessa Bertha von Suttner, la prima donna a ricevere il Premio Nobel per la pace nel 1905. Scritto nel 1887 e tradotto in 20 lingue, è diventato il libro più letto degli ultimi decenni dell’Ottocento. Bertha von Suttner denunciava l’insorgere pericoloso dei nazionalismi e la corsa agli armamenti.

Amica di Alfred Nobel, dobbiamo probabilmente a lei l’istituzione tra i tanti premi Nobel di quello per la pace. È importante ricordarla perché sarà lei, per prima, con la sua attività internazionalista, a lanciare il sodalizio tra femminismo e pacifismo che ha poi prosperato significativamente negli anni a venire.

Sodalizio efficacemente portato avanti da Jane Addams, anche lei insignita del premio Nobel per la pace nel 1931, la seconda donna a riceverlo. Nota nel suo paese, gli Stati Uniti, come riformatrice sociale, fondò a Chicago nei quartieri più poveri della città delle comunità – di cui scrisse nel libro Hull House – dove si portavano avanti delle pratiche di cittadinanza pacifica tra persone di provenienza diversa, di religione diversa. Dobbiamo a lei quella frase che sentiamo spesso ripetere: “Per pace non si intende semplicemente assenza di guerra, ma il dispiegamento di tutta una serie di processi costruttivi e vitali che si rivolgono alla realizzazione di uno sviluppo comune”.

Jane Addams è stata l’anima della Lega Internazionale delle donne per la pace e la libertà (Wilpf) di cui il 28 aprile si è celebrato l’anniversario della nascita, 109 anni fa.

Nel 1915 nel secondo anno in cui imperversava la Prima guerra mondiale, un gruppo di 1136 donne provenienti da 22 paesi in guerra e neutrali, accolsero l’invito di Jane Adams e di Aletta Jacob, una suffragista olandese, di ritrovarsi all’Aja per lanciare un appello ai ministri della Difesa di porre fine alla guerra. Queste donne superarono enormi difficoltà; la traversata dall’ America, da New York al continente europeo significava tre settimane di viaggio in mare, l’Europa era in guerra, le comunicazioni erano difficili, interrotte, pericolose. Non tutte riuscirono ad arrivare a destinazione, la delegazione delle donne inglesi non riuscì ad arrivare sul suolo europeo perché al momento dell’imbarco le autorità rifiutarono il permesso di lasciare il paese. L’impresa di queste donne di lasciare le loro case e intraprendere il viaggio periglioso fino all’Aja è di per sé stesso eroico, ed è triste constatare che i testi scolastici non lo ricordino.

Tra quelle 1136 donne c’era anche un’italiana, una sarta di Milano, Rosa Genoni, una donna che riuscì a emergere nel mondo della moda, pur essendo cresciuta nella povertà, diventò socialista e si batté per i diritti delle donne e dei più bisognosi. Quando i suoi sette fratelli disertarono il fronte della guerra, Rosa donò loro trecento lire a testa per farli emigrare in Australia, dove oggi è presente una piccola comunità di discendenti della famiglia.

Il fatto che tra le fondatrici della Wilpf ci siano state donne femministe di grande spicco oltre a Jane Addams, come la seconda presidente Emily Green Balch, studiosa anche lei insignita del Nobel per la pace nel 1946, ha dato un tono molto preciso a questa organizzazione che ha tra i suoi aspetti fondanti la pratica di una diplomazia femminista. Queste donne avevano maturato un’esperienza decennale come riformatrici sociali, sapevano come risolvere i conflitti di classe di genere e di etnia, portarono nel movimento pacifista questa loro precisa esperienza e la volontà di applicare una strategia di continua negoziazione alla risoluzione dei conflitti.

La Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà ha continuato negli anni ad attrarre le donne migliori. In Italia ad esempio sono state socie onorarie personalità del mondo della cultura, della politica, della scienza, come l’avvocata Tina Lagostena Bassi, l’attrice e attivista Franca Rame, la scienziata Rita Levi Montalcini, la politica Adele Faccio, Franca Ongaro Basaglia e tante altre.

Fin dal suo secondo congresso a Ginevra nel 1919, Wilpf ha chiarito che l’ostacolo al raggiungimento della pace erano gli interessi economici e imperialistici degli Stati e il colonialismo. L’Onu non era ancora stata fondata, ma la Wilpf invocò la creazione di un’istituzione al di sopra delle parti per l’arbitrio dei conflitti tra gli Stati. 

Già da allora uno dei loro slogan era “Spostare i soldi dalla guerra alla pace”.

* L’articolo di Fiorella Carollo è stato pubblicato su Pressenza il 2 maggio 2024