21/12/19

Giustizia per la Palestina


La Corte penale internazionale indagherà sui crimini di Israele


La giurista gambiana Fatou Bensouda, procuratrice della CPI

La procuratrice generale della Corte penale internazionale (CPI) de L’Aia, Fatou Bensouda, ha accolto la richiesta palestinese di aprire un'indagine sui crimini di guerra commessi da Israele nei territori palestinesi. 
L’Autorità Palestinese ripetutamente aveva presentato richiesta alla Corte di indagare sulle responsabilità di Israele riguardo alla repressione sanguinosa delle proteste palestinesi, in particolare in occasione delle Marce del Ritorno, iniziate nel 2018 in Cisgiordania, Gerusalemme est e Striscia di Gaza, durante le quali sono morti almeno 273 palestinesi e oltre 16mila sono rimasti feriti.

Ora, finalmente, la CPI ha accolto le richieste palestinesi affermando che "c’è una base ragionevole per procedere a un'indagine". 
Un primo passo positivo e incoraggiante, secondo le parole del segretario dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Saeb Erekat, in direzione di “mettere fine all'impunità delle forze di occupazione israeliane in Palestina”.

Un passo lungamente atteso, nella drammatica situazione dei Territori militarmente occupati da Israele, dove i diritti umani della popolazione palestinese sono sistematicamente conculcati e violati.  

La decisione della CPI ha suscitato l’immediata reazione israeliana, come c’era da aspettarsi.  Netanyahu ha dichiarato che Israele si opporrà a qualsiasi indagine, in sostanza usando l'argomento che “la Palestina non è uno stato sovrano”. Ma l’Ufficio della Procuratrice Bensouda ritiene di avere giurisdizione per indagare sui crimini commessi nei Territori Palestinesi Occupati, in quanto la Palestina è uno stato membro della CPI dal 2015 e aderente allo Statuto di Roma (che, al contrario, Israele non ha mai sottoscritto).

I Palestinesi hanno tutto il diritto di esigere giustizia e la condanna degli autori dei crimini che hanno lungamente subito. Possono cominciare a sperare che esista una giustizia internazionale anche per loro?

15/12/19

COP25 MADRID / UN'ALTRA OCCASIONE PERDUTA


Ancora una volta una grande delusione



Giovanna Pagani, WILPF Italia

Nella sessione plenaria pomeridiana del 13 dicembre si sono susseguiti gli interventi degli Stati sulla bozza di testo finale. La presidente di questa COP25, la ministra cilena dell'ambiente Carolina Schmidt, ha ricevuto un corale apprezzamento per la sua leadership, ma per quali risultati? 
Solo 73 paesi hanno aderito all'Alleanza di Ambizione Climatica 2050, anno in cui si dovrebbe realizzare la Neutralità climatica: Zero emissioni e dunque il contenimento del riscaldamento a +1,5 gradi.
Peccato che le emissioni totali dei 73 paesi (la maggioranza di essi i più poveri e più fragili e penalizzati dal Cambiamento Climatico) corrisponde al 10% delle emissioni globali!!!.
Per fortuna i giovani di FFF ed Extinction Rebellion sono sempre più determinati a denunciare i Paesi ricchi che in modo molto irresponsabile hanno determinato il disastro ambientale e climatico, seminando distruzione e disperazione.
Insieme a loro, le donne del Women Gender Constituency, all'esterno, davanti ai cancelli della sede della COP25 gridavano Giustizia Climatica e Diritti Umani Ora! 
Reinterpretando l'Internazionale hanno rilanciato l'obiettivo di assicurare un FUTURO in un ambiente sano con diritti umani.
I giovani di FFF (e noi donne con loro) giudicano questa COP25 un' ulteriore occasione perduta. Ma insieme a loro  non ci arrenderemo  e agiremo come detonatori di coscienza climatica.

Madrid, 13 dicembre

12/12/19

IRAQ / LA FDIM DENUNCIA

Fermare la repressione violenta delle manifestazioni popolari in Iraq 

«A due mesi dall'inizio delle manifestazioni nel paese fratello Iraq - si legge in una nota del Centro regionale arabo della Federazione Democratica Internazionale delle Donne (FDIM/WIDF) - dove il 1° ottobre scorso la popolazione è scesa in strada con lo slogan "Sulla strada per riprendermi i miei diritti", per protestare contro la corruzione e le privatizzazioni, povertà e miseria, le sanguinose azioni repressive, con gas lacrimogeni e proiettili, hanno provocato centinaia di morti tra i manifestanti e migliaia di feriti, molti dei quasi rimasti disabili. Ciò ci induce a denunciare l'uso di forza eccessiva e la violenza contro i manifestanti che chiedono l'eliminazione della corruzione e della povertà, nonché il rispetto dei loro diritti umani.
Il Centro Regionale Arabo della Fdim/Widf invita tutte le organizzazioni femminili e internazionali a denunciare la violenza repressiva su manifestanti pacifici che chiedono i loro diritti. Chiede inoltre che si estenda la campagna di solidarietà, la più ampia possibile, con la popolazione irachena che ancora deve far fronte alle ingerenze esterne e al terrorismo dell’ISIS con le sue cellule attive e dormienti, oltre ad altri fenomeni lasciati dall'occupazione americana in Iraq e che aggravano l'attuale crisi.»

08/12/19

LIBANO / LE DONNE AL CENTRO


Le donne nel cuore della sollevazione popolare



Quello che ci si aspettava è successo!
Oggi ci troviamo in una situazione nuova senza precedenti, le donne libanesi sono profondamente coinvolte in tutto ciò che accade, di positivo o negativo, e partecipano alla ribellione della popolazione con decisione e determinazione.
Fin dagli anni '40, le donne libanesi difendono i loro diritti nelle città e nelle campagne e sono al centro della battaglia per la democrazia: sono state e rimangono in prima linea con l’obiettivo di stabilire uno stato civile non confessionale, democratico, come base e via di salvezza.
Le donne e gli uomini libanesi subiscono le conseguenze oggi le conseguenze delle ripetute crisi e le continue guerre settarie nel loro paese.
Questo è il motivo per cui le donne libanesi sono scese in piazza nella lotta sin dal primo momento della rivolta del 17 ottobre e rimangono ancora al centro, senza dubbio, fino al raggiungimento degli obiettivi della sollevazione popolare;

In primo luogo, la ribellione del nostro popolo deve continuare a intensificarsi e la condizione per lasciare la strada è concordare una soluzione politica ed economica che salvi il paese dal catastrofico sistema di quote settarie e confessionali e che getti le basi per uno stato prospero, laico e democratico.

In secondo luogo, sia adottata una legge elettorale al di fuori della restrizione confessionale settaria, sulla base della proporzionalità, e il Libano intero sia considerato un collegio elettorale.

Terzo: sia fermata la corruzione e siano recuperati i soldi saccheggiati.
Quarto: siano recuperate le proprietà marine e fluviali.
Quinto: sostegno ai settori economici produttivi.
Sesto: rifiuto della tassazione che colpisce le persone povere e a basso reddito e adozione di imposte progressive.
Settimo: indipendenza della magistratura e istituzione di un sistema contabile vero ed equo.
Ottavo: preservare la natura pacifica delle proteste, condannare ogni forma di repressione, punire qualsiasi infrazione contro manifestanti pacifici e rilasciare immediatamente le persone arrestate.
Nono: denunciare l'intervento straniero negli affari interni del Libano e le imposizioni della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale e le loro ricette per accelerare il collasso della già complicata e debole economia libanese, nonché i tentativi di deviare il movimento di protesta in una direzione estranea agli interessi del popolo libanese o di attentare alla pace civile del Libano.

L'Ufficio Regionale Arabo della Federazione Democratica Internazionale delle Donne

07/12/19

COLOMBIA/TERZA MISSIONE DELLA FDIM/WIDF


Accordi di pace in Colombia: le donne della Fdim ne verificano l'approccio di genere 

 https://www.fdim.org.sv/comunicado-de-prensa/



 La Federazione democratica internazionale delle donne (FDIM/WIDF), nell'ambito della Componente Internazionale per la verifica dell'approccio di genere nell'attuazione dell'Accordo Finale per la pace in Colombia, si rivolge agli organismi e le organizzazioni internazionali, alle organizzazioni sociali e agli enti governativi, alla Commissione per il monitoraggio, la promozione e la verifica dell'attuazione dell'accordo finale (CSIVI) e alla cittadinanza in generale per esporre in forma preliminare e sintetica gli elementi contenuti nella Relazione Finale della Terza Missione di Verifica.

1. In quanto organizzazione internazionale che monitora l'attuazione dell'approccio di genere nell'Accordo di Pace, chiediamo al presidente della Repubblica di Colombia Iván Duque di dare priorità al dialogo con le organizzazioni e i settori coinvolti nello Sciopero Nazionale e garantire la partecipazione cittadina e il rispetto della protesta sociale, come riportato nell'accordo di pace. Questi elementi sono nodali per rendere la Colombia un paese riconciliato.

2. La Terza Missione si rammarica della morte dello studente Dylan Cruz a causa dell'uso eccessivo della forza da parte dello Squadrone Mobile Antisommossa (ESMAD). Rivendicare pacificamente il diritto a istruirsi e vivere in una società più giusta non può essere causa di morte. Chiediamo alla Procura della Repubblica e all'Ufficio del Procuratore Generale della Nazione di procedere rapidamente nelle indagini su questo fatto e al contempo, in questo momento di dolore, inviamo un abbraccio ai parenti e compagni.

3. Ci preoccupa che, tre anni dopo la firma dell'Accordo Finale di pace, i progressi nella sua attuazione non siano significativi e che lo siano ancora meno le misure volte a sviluppare l'approccio di genere. Ciò ha portato alla persistenza di un divario tra l'attuazione generale dell'Accordo di Pace e l'Approccio di Genere, cosa che riproduce le iniquità e le disuguaglianze a danno delle donne, in particolare nei territori colpiti dalla guerra. È necessaria una maggiore volontà politica per mettere in pratica l'Approccio di Genere, nonché per fornire risorse sufficienti a garantire l'esecuzione delle misure.
4. Accogliamo con favore il rafforzamento della leadership femminile colombiana in un contesto di costruzione della pace, fatto che purtroppo ha come risvolto l’esposizione ulteriore delle donne ad atti criminali, in particolare quelle che guidano le lotte per l'accesso alla terra e la sostituzione di colture illecite. Dal maggio 2018 ad oggi, 24 donne sono state uccise, 447 sono state minacciate e 13 hanno subito attentati alle loro vite; secondo l'Ufficio del Difensore Civico, il 65% degli omicidi è avvenuto nelle aree rurali. Consideriamo che quest'anno sono aumentate le minacce alle leader indigene ed esigiamo dalle autorità competenti di attuare programmi a tutela della vita delle donne.

5. L'esistenza e la persistenza di gruppi armati nei territori stanno frenando il rafforzamento e la visibilità delle dirigenti donne, poiché creano ansia e incertezza, a causa di questa situazione in alcuni comuni le donne si sono tirate indietro e la loro partecipazione è diminuita.
6. Suggeriamo una maggiore articolazione tra i diversi strumenti di politica pubblica per la pace - come i Piani di Sviluppo con Approccio Territoriale (PDET), il Programma Nazionale Integrale per la sostituzione delle colture illecite (PNIS), i Piani d'Azione per la Trasformazione Regionale (PATR) - con il Piano di Sviluppo Nazionale e i Piani di Sviluppo Territoriale, e meno con il documento del Consiglio per la Politica Economica e Sociale (CONPES 3932 e CONPES 393), al fine di integrare l'Approccio di Genere e le azioni positive per le persone LGBTI.

7. Insistiamo sulla necessità d'imprimere maggiore velocità alla dotazione di terra per le donne rurali e indigene senza terra o con terra insufficiente, la dotazione di strade, nonché l'investimento in programmi di assistenza tecnica e finanziaria per progetti produttivi.

8. Suggeriamo al governo della Colombia di riprendere in modo completo il Programma Nazionale per la Sostituzione delle colture per uso illecito (PNIS), poiché ciò contribuirà alla ricostruzione del tessuto sociale e produttivo e dell'identità culturale delle comunità indigene e rurali. Rivolgiamo un appello rispettoso al governo perché, nella sua politica di guerra alla droga, eviti la militarizzazione dei territori, poiché essa genera angoscia e terrore.

9. Esiste un'importante articolazione tra gli Spazi Territoriali di formazione e re-incorporazione (ETCR) e di questi con le comunità, distinguendosi come una pratica di riconciliazione e coesistenza territoriale. In questo, le donne ex combattenti svolgono un ruolo importante grazie al loro dialogo con le organizzazioni della società civile, che ha permesso il riconoscimento delle loro conoscenze, esperienze e proiezioni della loro leadership.
10. Raccomandiamo al governo nazionale di migliorare le condizioni materiali degli ex combattenti, accelerando l'attuazione dell'accordo sui temi della dotazione di fattori produttivi come terra, credito, strade di accesso, in modo che i progetti produttivi siano sostenibili.
11. È necessario che il governo nazionale svolga le azioni necessarie per migliorare i servizi sanitari negli ETCR, con medici e infermieri permanenti, nonché programmi di salute sessuale e riproduttiva per le ex combattenti. In ambito educativo suggeriamo di eseguire programmi speciali, con nuove metodologie e pedagogie che tengano conto dei lavori di cura che diventano un vero ostacolo alla continuità degli studi.
12. Accogliamo con favore l'integrazione dell'approccio di genere nell'intero Sistema di Verità, Giustizia e Non Ripetizione, nelle sue commissioni e metodologie. Tuttavia, è necessario che il governo nazionale fornisca le risorse necessarie perché adempia alle sue funzioni, nei territori rurali. Suggeriamo inoltre di prorogare il periodo della Commissione di Chiarimento della Verità (CEV), poiché vi è un ritardo nell'attuazione degli impegni.
13. Nell'idea di andare avanti nella ricerca di una pace completa, suggeriamo al governo nazionale di riprendere il tavolo di dialogo esplorativo con l'ELN.




14. Riconosciamo l'importante ruolo svolto dall'Alta Istanza delle Donne nell'interlocuzione con i diversi attori dell'attuazione dell'Approccio di Genere, guadagnando in riconoscimento e legittimità: affinché questo ruolo continui a essere svolto è necessario aumentarne il finanziamento.
Le organizzazioni femminili, con le quali la FDIM ha cooperato e lavorato in Colombia per questa nuova tappa, si sono dichiarate RESISTENTI E INCISIVE verso il nuovo governo, che invitano a riconoscere il valore etico della pace, CREATIVE nell'esercizio della loro cittadinanza - perché sanno che bisogna trasformare le menti e i cuori bellicosi e ciò si può fare a partire da sfide ALTERNATIVE E AMOREVOLI PER LA COSTRUZIONE DELLA PACE – e nonostante i rischi conservano la loro speranza, poiché la rivendicazione dei loro diritti di donne ha insegnato loro quanto lungo possa essere il cammino verso un mondo migliore per tutte e tutti.
La grande sfida dell'attuazione dell'Approccio di genere è contribuire al superamento della oppressione e aumentare la partecipazione alla vita sociale e politica evitando la stigmatizzazione e l'invisibilità della sua leadership.
Infine, esortiamo le istituzioni statali ad approfondire gli sforzi necessari per raggiungere la corretta attuazione dell'accordo di pace, nei suoi contenuti, tempi e impegni definiti, nonché a pensare a una strategia per accelerare la presenza dello Stato in modo efficace nei territori e le zone prioritarie.
A tal proposito e conseguentemente con gli obiettivi di questa missione, oggi, 3 anni dopo la firma dell'accordo, la FDIM ribadisce il suo sostegno al processo di pace, alle donne e al popolo colombiano.
Non desisteremo finché la Colombia non sarà un paese che avrà raggiunto la pace con giustizia sociale e piena democrazia!

Bogotá D.C, Colombia, 29 novembre 2019.

03/12/19

COLOMBIA/La FDIM denuncia la sanguinosa repressione poliziesca


Per la difesa della vita e del diritto alla protesta sociale, le donne levano la voce

Lo studente colombiano Dylan Cruz ucciso dagli Squadroni Antisommossa durante lo sciopero nazionale

La Terza Missione internazionale della FDIM di verifica dell'attuazione dell'Accordo di Pace firmato tra lo stato colombiano e le FARC-EP, insieme alle organizzazioni nazionali di donne che difendono la pace e i diritti umani, lamentano la morte del giovane manifestante Dylan Cruz per presumibile uso eccessivo della forza da parte dello Squadrone Mobile Antisommossa (ESMAD). 

Protestiamo perché si è voluto mettere a tacere la voce di uno studente che stava ultimando il suo percorso scolastico ed era sceso in strada pacificamente per esigere il suo diritto ad istruirsi e a vivere in una società più giusta. In questo momento di dolore inviamo un abbraccio alla sua famiglia e ai suoi colleghi.

Chiediamo che le istituzioni, il Ministero e la Procura avanzino nelle indagini davanti a questo fatto che oggi indigna il popolo colombiano, così come davanti ad altre denunce di cittadini che sono state fatte per uso eccessivo della forza da parte delle istituzioni di polizia.
Come organizzazione internazionale che accompagna e verifica l'attuazione dell'approccio di genere nell'Accordo di pace, chiediamo al governo nazionale del presidente della Repubblica di Colombia, Iván Duque, di dare priorità al dialogo con le organizzazioni e i settori aderenti alla convocazione dello sciopero nazionale, nonché di garantire l'attuazione globale dell'Accordo di Pace che sancisce misure per rafforzare la partecipazione dei cittadini e il rispetto delle proteste sociali, come elementi nodali per fare della Colombia un paese riconciliato.

Troviamo, nella domanda sociale della popolazione colombiana, voci che insistono sulla democratizzazione della società e l'abilitazione di politiche sociali che consentano efficacemente di superare lacune, disuguaglianze e ingiustizie storiche, ecco perché come FDIM ci uniamo a queste richieste e in particolare a quelle delle donne colombiane per una vita degna e pacifica.

Valledupar, 26 novembre 2019.

Federazione internazionale delle donne democratiche (FDIM)