06/04/21

VERSO IL 25 APRILE CON L’ALTRA METÀ DELLA RESISTENZA / Lydia Franceschi


Lydia Franceschi - Fondazione Roberto Franceschi
Lydia Buticchi Franceschi è nata nel 1925 a Odessa, la città russa dove i genitori si erano rifugiati per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Rimasto vedovo con la piccola Lydia, il padre torna a Milano, ma alcuni anni dopo viene ucciso dai fascisti. Nel ’43 Lydia entra nella Resistenza come staffetta partigiana, dopo la Liberazione diventa insegnante e poi madre di due figli, Roberto e Cristina.  Segue da vicino le lotte studentesche e del movimento femminista a cavallo fra gli anni ’60 e ’70, fino al momento in cui la sua vita è segnata da un’altra tragedia: il l 23 gennaio del ’73 il figlio Roberto, studente alla Bocconi, è ucciso dalla polizia chiamata dal rettore a respingere l’occupazione studentesca. Lydia si dedica con grande tenacia alla lunga battaglia giudiziaria volta a perseguire la verità sull’assassinio del figlio. Con il risarcimento ottenuto in sede processuale, nel ’96 crea la Fondazione Roberto Franceschi. Nel 1978, insieme a Isotta Gaeta, ha curato la pubblicazione degli Atti del convegno nazionale L’altra metà della Resistenza, promosso dall’ANPI e altre associazioni partigiane nel novembre 1977 a Milano, avvio di una lettura al frmminile corale della lotta di Liberazione per voce delle stesse protagoniste..

La Resistenza non è terminata nel lontano aprile del 1945…*

Il 25 aprile 1945 avrebbe dovuto sancire il diritto di partecipazione attiva alla vita politica ed economica nel paese del movimento democratico e popolare, sia per le lotte sostenute dai militanti antifascisti durante il ventennio della dittatura, sia per l’alto contributo di sangue da uomini e donne nella guerra partigiana.

Eppure è stato ancora necessario il sacrificio di altre vite umane per affermare questo diritto, contro il sopruso della classe dominante che continua a perpetuare i suoi privilegi e a mostrare la stessa ottusità morale e sociale del periodo fascista. Tra i militanti antifascisti uccisi in questi ultimi anni compaiono anche i nomi di decine di donne: ricordiamo alcune di esse che la storia ufficiale ha ignorato nei suoi libri e cercato di cancellare dalla nostra memoria.

Ricordiamo le donne braccianti uccise durante le manifestazioni per l’assegnazione di terre incolte o per il lavoro, come: Giuditta Levato a Catanzaro (28 novembre 1946); Isabella Cervelli a Pettiglia Policastro (13 aprile 1947); Anna Rimondi Corato (18 novembre 1947); Angelina Mauro a Melissa (30 ottobre 1949); Filippa Mollica Nardo a Bagheria (20 novembre 1949). E ancora i nomi delle donne cadute davanti alle fabbriche o perché chiedevano l’acqua potabile, come: Jolanda Bertaccini a Forlì (3 giugno 1949); Onofria Pellizzeri, con Giuseppina Valenza e Vincenza Messina a Mussumeli (17 febbraio 1954). Ed ancora, le donne assassinate nel corso di manifestazioni antifasciste, come quelle cadute il 1° maggio 1947 a Portella della Ginestra o come Maria Alice a Genova il 15 luglio 1948; Rosa La Barbera a Palermo nella manifestazione popolare in risposta alla strage di Reggio Emilia (8 luglio 1960); le compagne cadute in Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974: Giulietta Bazoli Banzi, Livia Bottardi Milani, Clementina Trebeschi e, ultima in ordine di Tempo, Giorgiana Masi, il 12 maggio 1977 a Roma durante una manifestazione per i referendum abrogativi.

Come non capire che la Resistenza non è terminata nel lontano aprile del 1945, ma che essa continua perché non sono state, volutamente, rimosse le cause dell’oppressione, del terrore, dello sfruttamento e della emarginazione? Come non capire che la Resistenza in questi anni è stata mercificata come un oggetto di consumo, svuotata dei suoi significati veri, reinterpretata in maniera dogmatica e occultata nella sua verità storica?

Bisogna avere il coraggio di non ricorrere alle esaltazioni epico-retoriche e cercare di raccontare la storia con esattezza documentata, rifacendoci anche alla memoria popolare, perché solo in questa maniera potremo trasformare la narrazione della Resistenza armata in uno strumento di analisi utile per il futuro.

Ma per questo c’è necessità dell’incontro tra generazioni di donne: da una parte quelle in possesso di un patrimonio di memorie della lotta antifascista, che però non ha potuto determinare le trasformazioni radicali attese; dall’altra giovani donne sinceramente impegnate nella ricerca della trasformazione, ma che per la loro stessa età mancano di quella memoria storica che facilita la comprensione e l’analisi.   


*Sta in: L’altra metà della resistenza, ed. Mazzotta, Milano 1978, pag. 177 (atti del convegno L’Altra Metà della Resistenza, un incontro fra generazioni sulla via della liberazione femminile, Milano novembre 1977)


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