DONNE, PACE E SICUREZZA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Con oltre il 70% della forza lavoro globale
composta da donne e molti altri ruoli di assistenza alle spalle, le donne sono
in prima linea nella lotta contro l’emergenza COVID-19, ma le conseguenze e le novità che si prospettano hanno implicazioni di genere che devono essere ben comprese.
Sanam Naraghi Anderlini* richiama
la nostra attenzione su questi impatti, sulle realtà delle donne che vivono
questa pandemia e l’importanza delle donne nell'agenda per la pace e la
sicurezza, ora più che mai.
Il 2020 sarà per sempre un grande anno
per l'agenda delle Donne per la Pace e la Sicurezza (WPS); vent'anni
dall'adozione della risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la prima delle dieci risoluzioni delle Nazioni Unite che hanno posto le
donne davanti e al centro dell'agenda globale per la pace e la sicurezza; 20
anni di attivismo e promozione, di studi accademici e progressi – in crescendo
- nelle pratiche diplomatiche e di sviluppo; 20 anni di lotta contro un mix di
pratiche ad hoc, apatia e amnesia per ottenere analisi di genere delle crisi e
della reattività di genere nella programmazione, per ottenere l'inclusione
sistematica delle donne costruttrici di pace nei processi di pace e per
amplificare le differenti prospettive, ridefinizioni e priorità che le donne
possono portare all'essenza stessa dei termini "pace" e
"sicurezza".
L'anno è qui, ma lo è anche la
pandemia di coronavirus. Mentre ci avvolge nei continenti, costringendo non
solo alla cancellazione di eventi e alla stagnazione delle attività, ma anche alla
definizione delle priorità negli sforzi umanitari, molti possono mettere in
dubbio l’importanza del lavoro delle Donne Pace e Sicurezza (WPS) al tempo
del coronavirus.
È interessante notare che questa
pandemia con le sue molteplici dimensioni di sicurezza, sta dimostrando la
centralità e la preveggenza dell'agenda WPS rispetto alle attuali sfide globali
di pace e sicurezza. Nel 2000, quando un movimento globale di diritti delle
donne e attivisti per la pace si mobilitarono per spingere il Consiglio di Sicurezza verso la risoluzione 1325, le loro ragioni erano chiare. La guerra in
Bosnia e il genocidio in Ruanda dimostravano l'inadeguatezza dei correnti
sistemi globali di pace e sicurezza per affrontare le guerre civili e
transnazionali emergenti. Lo scettro del crescente crimine organizzato globale,
le lotte indotte dal clima sulle risorse naturali e altre "minacce non
tradizionali" si profilavano all'orizzonte. Prima dell'avvento dei farmaci
antiretrovirali, malattie come l'HIV / AIDS e la devastazione che potevano
comportare per il tessuto sociale ed economico delle società erano le
principali minacce.
Il testo della Risoluzione del Consigliodi Sicurezza 1325 potrebbe non riflettere molti di questi problemi in
dettaglio, ma nel chiedere una sicurezza umana incentrata sulle persone e uno
sguardo di genere, la risoluzione e l'agenda che ha sviluppato riflettono il
cambio di paradigma necessario per comprendere e affrontare i problemi di pace
e sicurezza globali contemporanei. Le questioni così spesso poste dalla
comunità WPS sono profondamente rilevanti anche per questa pandemia.
Analisi di genere
In termini pragmatici, l'agenda WPS
richiede un'analisi di genere delle cause e delle conseguenze delle crisi e la
mappatura delle parti interessate e degli attori. Questa analisi è fondamentale
per garantire un'adeguata preparazione, attenuazione, risposta e recupero dalle
crisi. È profondamente rilevante anche per la pandemia.
I dati disaggregati per sesso sono
cruciali per comprendere l'impatto del virus. Finora, i dati provenienti da
Cina, Italia, Corea del Sud e Iran rivelano una netta differenza dei decessi
tra uomini e donne. In Corea del Sud, più donne che uomini contraggono la
malattia, ma stanno morendo più uomini. In Italia, l'80% dei decessi sono stati
di sesso maschile, nel frattempo studi condotti dal Centro cinese per il
controllo delle malattie mostrano che il 64% dei decessi in Cina sono stati di
sesso maschile (fino a febbraio 2020).
Le ragioni, secondo gli esperti
medici, non sono del tutto chiare. Finora le ipotesi indicano due fattori, lo
stile di vita e la biologia, sebbene qui ci dovrebbe essere un po’ di cautela
fino al completamento degli attuali dati disaggregati per sesso.
In termini di stili di vita, gli
uomini costituiscono la maggior parte dei fumatori e sono più inclini a
malattie correlate rispetto alle donne. Nello stesso tempo, come riporta il
Washington Post, le dimensioni biologiche sono notevoli:
«Anni di ricerca hanno scoperto che le
donne hanno generalmente un sistema immunitario più forte degli uomini e sono
più in grado di respingere le infezioni. Il cromosoma X contiene un gran numero
di geni immuno-correlati e, poiché le donne ne hanno due, godono di un vantaggio
nella lotta alle malattie, secondo un recente studio sulla rivista Human Genomics».
L'analisi di genere è utile anche per
la prevenzione e la mitigazione delle malattie a lungo termine. Forse ci vuole
ancora tempo e occorre sviluppare indagini su misura per gli uomini. Queste
statistiche dovrebbero anche informare sulle strategie di risposta e recupero
necessarie. La prospettiva dell’emergere dalla crisi con nuove unità familiari
con donne capofamiglia, o un numero più elevato di donne anziane che vivono
sole, ha profonde implicazioni socio-economiche. Devono essere considerati gli
scenari per ridurre l'insicurezza a lungo termine e ulteriormente.
Sensibilità di genere, cioè comprendere
le differenti implicazioni su uomini e donne delle politiche stabilite, è anche
rilevante. Nell'immediato, con l'entrata in vigore delle norme sul lockdown e il
lavoro a casa, l'assenza di assistenza all'infanzia per donne o coppie
coinvolte in servizi essenziali è una sfida chiave. Chi resta a casa? Cosa
succede se un genitore contrae il virus? Quali sistemi di supporto possono e
devono essere in atto per facilitare e assistere le persone, piuttosto che aumentare
lo stress e ostacolarle?
Dobbiamo anticipare e presumere che,
come in altri contesti di crisi, i rischi che gli uomini commettano violenze
contro le donne aumentino con lo stress della disoccupazione e delle condizioni
di vita al chiuso. In Cina, al culmine della quarantena, le chiamate ai rifugi
delle donne vittime di violenza domestica si sono triplicate. Per coloro che già
subiscono relazioni abusive, la situazione è particolarmente terribile, se le
quarantene e i blocchi durano a lungo o nel frattempo subentra la disoccupazione.
Anche questo richiede risposte,
compresa la possibilità di garantire che i rifugi siano aperti e in grado di
accogliere persone. Altre strategie, tra cui l'impegno diretto e la
messaggistica indirizzata a uomini e donne maltrattanti, sono anche essenziali al
fine di prevenire la violenza e avvertirli delle conseguenze.
I conflitti nel mondo continuano
In secondo luogo, c'è una dimensione
politica e geopolitica in questa storia che viviamo. Può darsi che l’ISIS abbia
ordinato ai suoi sostenitori di rimanere a casa e che i sauditi abbiano
limitato i viaggi aerei, ma intanto continuano con i bombardamenti aerei nello
Yemen, mentre i ribelli Houthi guadagnano terreno prezioso. In Siria, russi e
turchi continuano a scontrarsi. In Libia, lo stato spaccato continua a spaccarsi
ulteriormente. Sembrerebbe ovvio che se tante altre industrie sono in pausa, potrebbe
esserlo anche la guerra. Il coronavirus dovrebbe e potrebbe essere un efficace
catalizzatore di contenimento della violenza con la richiesta di un immediato
cessate il fuoco a livello globale, come ha fatto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il 23 marzo.
In passato carestie e altre epidemie
sanitarie hanno indotto i cessate il fuoco per consentire il passaggio degli
aiuti umanitari. Allo stesso modo, gli aiuti legati al coronavirus potrebbero
essere un incentivo per fermare i combattimenti. La fornitura di assistenza e
la necessità di cooperazione attraverso i territori potrebbero contribuire a
umanizzare le relazioni e creare fiducia per perseguire una pace più
sostenibile.
Le donne costruttrici di pace siriane
e yemenite stanno già sostenendo tali misure. Ma con le maggiori potenze alle
prese con le loro sfide interne e sui loro confini, pochi stanno prestando
attenzione ai conflitti in corso nel mondo. Le donne che costruiscono la pace
sono tra quei pochi. Ci ricordano che se la violenza continua e gli sfollati
non hanno un riparo sicuro e sono costretti a fuggire, il virus continuerà a
migrare e diffondersi.
La comunità umanitaria si trova già di
fronte a questo compito defatigante di contenere il coronavirus in contesti di
guerra, sia tra i milioni di rifugiati Rohingya in Bangladesh sia tra gli
sfollati siriani che si rifugiano in edifici bombardati e tra gli oliveti.
L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHRC), l'OMS e altre agenzie
stanno facendo del loro meglio per preparare e mitigare l'impatto, ma data la
mancanza di cure igienico-sanitarie di base e la densità delle strutture di
rifugiati o sfollati interni (IDP), la crisi colpirà quelle popolazioni con
conseguenze più devastanti.
Anche se c'è accesso, i messaggi sulla
prevenzione del coronavirus devono essere contestualizzati. Non ha senso dire
alle persone di lavarsi le mani con acqua e sapone se non c'è né sapone né acqua.
Se le persone credono che le streghe o le minoranze siano la fonte del virus, bisogna
che i messaggi sul distanziamento sociale e l’igiene siano contestualizzati
nella cultura locale perché siano efficaci, non facciano danno e aiutino ad
attenuare il danno contro gli accusati di contagio.
La partecipazione delle donne
Ciò introduce una terza dimensione
dell'agenda WPS; l'invito a sostenere la partecipazione e l'agenzia delle donne
nella prevenzione dei conflitti, la risoluzione e il consolidamento della pace.
Come per i conflitti, durante questa pandemia in luoghi in cui i governi sono
sopraffatti o semplicemente incapaci di fornire l'assistenza necessaria, i
cittadini locali, spesso le donne, sono in prima linea in questa crisi. Ciò
rispecchia le esperienze delle donne che sono spesso le prime invisibili generatrici
di risposte e costruttrici di pace nelle zone di guerra, oltre ad essere
ispiratrici della Risoluzione del CS 1325 negli anni '90.
Le donne non solo rappresentano il 70%
della forza lavoro globale della sanità, ma dominano anche i settori
dell'assistenza sociale della comunità e della società civile e stanno anche
progredendo contro le minacce. In Iraq, ad esempio, Fatima Al Bahadly,
insegnante, costruttrice di pace e fondatrice della Fondazione Ferdows è alla
testa nella sensibilizzazione e cura del coronavirus nella sua comunità.
Al Bahadly ha passato 20 anni ad affrontare l'impatto di guerre, sanzioni,
occupazione e conflitti. Nonostante le minacce e le accuse rivolte dallo stato
allo stato ombra, ha persistito. Ora che il coronavirus si sta infiltrando,
Fatima e il suo team sono già organizzate, mobilitate e al servizio della loro
comunità.
E non è lei sola. In Liberia, Cerue
Garlo, una veterana del movimento delle donne per la pace del 2003, si sta
anche preparando ad affrontare l'imminente minaccia del coronavirus, con avvisi
pubblici e messaggi sull’igiene alla radio della comunità. Mentre in Pakistan,
Mossarat Qadeem di Paiman Trust sta
attingendo alla sua rete di donne volontarie che di solito lavorano per
prevenire l'estremismo violento, per diffondere consapevolezza sull'attenuazione
dell'impatto del coronavirus nelle comunità già colpite ma raramente servite
dallo stato. «Stiamo producendo disinfettanti per le mani fatti in casa», ha
detto Qadeem in una conversazione Skype, «e fornendo alle donne il materiale
per produrre mascherine».
Anche in Yemen, Muna Luqman, fondatrice della Food for Humanity Foundation e
sostenitrice di colloqui di pace inclusivi, sta facendo perno sul suo lavoro di
costruttrice di pace per alleviare gli affetti del coronavirus.
In ogni caso, esse apportano un
insieme unico di competenze e risorse. Sono esperte nel dissipare le paure e
nel trovare soluzioni pratiche, nel fare comunità e raggiungere i più
vulnerabili, nel ricordare alle persone gli aspetti di genere di questa
pandemia mentre aumentano la consapevolezza e lavorano per prevenire un aumento
della violenza contro le donne. Sono anche sensibili al razzismo e all'odio che
potrebbero sorgere. Hanno creato reti e strutture locali e riscuotono fiducia
tra le persone e le autorità. Data la loro familiarità con i contesti e le
culture locali, sono in grado di personalizzare la messaggistica per il loro
pubblico locale sia attraverso piattaforme online che con i media locali.
Queste attiviste locali sono
essenziali per il processo di risposta e recupero. Le loro conoscenze possono
informare e migliorare gli interventi. Pertanto, è cruciale la loro
partecipazione e inclusione nella valutazione di ogni contesto, processo
decisionale, progettazione e realizzazione degli interventi.
“i messaggi sulla prevenzione del coronavirus
devono essere contestualizzati. Non ha senso dire alle persone di lavarsi le
mani con acqua e sapone se non c'è né sapone né acqua”
Donne in politica
L'agenda WPS domanda anche una
maggiore partecipazione delle donne alla politica e alle questioni della pace e
sicurezza. La crisi del coronavirus sta rivelando la rilevanza di questa
domanda.
«In tutto il mondo - scrive Jessie Tu
per Women’s Agenda, un sito australiano
di notizie online - «più che mai le persone sono alla ricerca di una leadership
forte e stimolante. Tre straordinarie Prime ministre stanno dimostrando un’eccellente
risolutezza particolarmente incoraggiante durante questa pandemia. Oh, guarda
caso, sono donne».
Dalla Norvegia e dalla Germania
all'Islanda, alla Nuova Zelanda e alla Colombia, è notevole come le donne
leader a livello nazionale e regionale siano state le prime ad adottare misure
preventive e proattive, con passione ed empatia. Queste donne sono state le
prime leader a introdurre politiche di contenimento per ridurre la diffusione
del virus, significative allocazioni di budget per la salute e il benessere
sociale e pacchetti finanziari completi per ridurre le difficoltà economiche.
La premier finlandese, Sanna Marin,
ha emanato un Emergency Powers Act sul
controllo della produzione nazionale di dispositivi farmaceutici e medici e
lìha applicato contro il coronavirus. La norvegese Erna Solberg ha tenuto una conferenza stampa per i bambini per
rispondere alle loro domande e placare le loro paure. Mentre, in Colombia, la
sindaca di Bogotà Claudia Lopez è
stata una figura di spicco in Sud America. Ha avviato politiche di isolamento
sociale, limitato i viaggi in città e ha ampliato le piste ciclabili di Bogotà
per ridurre la congestione sui trasporti pubblici e migliorare la qualità
dell'aria per mitigare le malattie respiratorie.
Ridefinire sicurezza e risorse per la
pace
Le donne costruttrici di pace (WPB) e
le difensore dei diritti umani (WHRD), attiviste femministe e studiose sono
state a lungo in prima linea nella sfida ai concetti tradizionali di sicurezza
statale e nazionale che si basano eccessivamente sulla militarizzazione,
sostenendo invece approcci alla sicurezza umana. La recente ascesa della "politica estera femminista" come
estensione dell'agenda Donne Pace Sicurezza WPS ha colto alcune di queste idee.
Ma l'agenda WPS non riguarda semplicemente la parità di diritti nello status
quo. Richiede uguaglianza trasformativa
e cambiamenti paradigmatici nei concetti di sicurezza, semplicemente
ponendo domande come «cosa ci fa sentire sicuri? In che modo i concetti
tradizionali di sicurezza nazionale sono collegati alle nostre vite?»: è un
mezzo per democratizzare il discorso della sicurezza nazionale per allinearlo
con le nuove realtà.
Queste discussioni implicano
cambiamenti significativi nelle priorità, nei valori, nell'allocazione delle
risorse e nelle competenze che mettono il benessere pubblico al centro della
sicurezza nazionale. Qui la pandemia e la tradizionale agenda WPS si fondono.
Coronavirus sta rivelando il marcio
dei nostri stati. Economicamente per quarant'anni abbiamo assistito allo
smantellamento dei nostri sistemi di sanità, istruzione e previdenza sociale in
nome del "piccolo governo" e della magia della privatizzazione. Abbiamo
depotenziato il servizio pubblico e potenziato la ricchezza privata.
Intanto, dall'11 settembre, siamo
sprofondati in società ipercontrollate e militarizzate. Gli dei della sicurezza
nazionale non possono mai essere messi in discussione. I loro bilanci sono
senza fondo, mentre quelli per il benessere sociale sono prosciugati. Eppure, in
questa tempesta perfetta e orribile della pandemia di coronavirus, i militari e
le loro attrezzature ad alta tecnologia sono irrilevanti per la lotta in prima
linea contro questa minaccia. Sono i nostri medici, infermieri e operatori
sanitari che stanno combattendo questa lotta.
Tuttavia, il divario nelle risorse è agghiacciante. A metà marzo, ad esempio, mentre la pandemia dominava le notizie dal mondo, il Pentagono ha svelato il suo missile ipersonico senza pilota da 844 milioni di sterline. Allo stesso tempo, il governo federale degli Stati Uniti non è stato in grado di produrre o fornire mascherine sufficienti per gli operatori sanitari che trattano i pazienti. È un chiaro esempio del divario tra le effettive esigenze di sicurezza nazionale non finanziate e quelle immaginarie dotate di risorse eccessive. Ed è anche un’ironia amara, poiché mentre si usa la retorica della guerra, nessuna delle urgenze o delle risorse destinate alla guerra, offensiva o difensiva, viene impiegata per combattere questa minaccia reale.
Tuttavia, il divario nelle risorse è agghiacciante. A metà marzo, ad esempio, mentre la pandemia dominava le notizie dal mondo, il Pentagono ha svelato il suo missile ipersonico senza pilota da 844 milioni di sterline. Allo stesso tempo, il governo federale degli Stati Uniti non è stato in grado di produrre o fornire mascherine sufficienti per gli operatori sanitari che trattano i pazienti. È un chiaro esempio del divario tra le effettive esigenze di sicurezza nazionale non finanziate e quelle immaginarie dotate di risorse eccessive. Ed è anche un’ironia amara, poiché mentre si usa la retorica della guerra, nessuna delle urgenze o delle risorse destinate alla guerra, offensiva o difensiva, viene impiegata per combattere questa minaccia reale.
«Queste
donne costruttrici di pace sono essenziali per il processo di risposta e
recupero. Le loro conoscenze possono informare e migliorare gli interventi.
Pertanto, è cruciale la loro partecipazione e inclusione nella valutazione di
ogni contesto, processo decisionale, progettazione e realizzazione degli
interventi»
La pandemia sta anche rivitalizzando
le critiche ai budget e le spese militari alle stelle e alla carneficina delle
guerre eterne, mentre si chiedono investimenti in sanità, istruzione e
infrastrutture pubbliche. Man mano che si devastano i nostri sistemi sanitari e
i governi corrono ad arginare la conseguente devastazione economica e sociale,
queste domande sono sempre più pertinenti. I bilanci della difesa saranno rivisti
e riallocati per supportare il sistema sanitario di prima linea e la
disoccupazione o rimarranno intatti mentre altri servizi vengono tagliati?
Perché siamo inondati di armi e attrezzature militari, ma a corto di medicine e
mascherine?
Se mai il coronavirus è un avvertimento
per l'umanità, ci sta segnalando che mentre globalizziamo e urbanizziamo sempre
più, il rischio di nuovi ceppi di virus virulenti e mortali crescerà. Nel
frattempo, anche l'impatto dei cambiamenti climatici e delle condizioni
meteorologiche estreme ci colpiranno. Questi problemi di sicurezza non hanno
bisogno di armi di distruzione di massa. Richiedono investimenti nelle priorità
della sicurezza umana che vanno dai nostri sistemi sanitari e di servizi
sociale, alla società civile rivitalizzata e alle organizzazioni della comunità
in grado di far fronte e attenuare questi rischi.
Questo è anche il momento di
reinventare il servizio pubblico. Invece del servizio militare potremmo
istituire un servizio sociale nazionale, in modo che le generazioni future
abbiano competenze che vanno dalla risposta alle emergenze alla fornitura di
assistenza sanitaria. Dobbiamo essere flessibili e agili, ma resistenti. O,
come afferma il costruttore di pace Visaka
Dharmadasa dello Sri Lanka: «È tempo che i governi smettano di darsi tanto
da fare a prenderci la vita e si impegnino a salvare vite». È questo
l'obiettivo della lotta alla pandemia di coronavirus. Ed è, detto fatto, anche
l'essenza dell'agenda di Donne Pace e Sicurezza.
*Sanam
Naraghi Anderlini è direttrice del Centro Donne, Pace e Sicurezza della London School of Economics. Ha 24 anni di esperienza come stratega
della pace lavorando su conflitti, crisi ed estremismo violento nella società
civile, consulente di governi e delle Nazioni Unite. È fondatrice / amministratrice
delegata dell'ong International CivilSociety Action Network (ICAN), coordinatrice dell'Alleanza delle donne per la leadership di sicurezza (WASL) che
comprende organizzazioni indipendenti guidate da donne attive in 40 paesi, che
prevengono la violenza e promuovono la pace, i diritti e il pluralismo. Nel
2000 ha collaborato alla redazione della risoluzione1325 del Consiglio di sicurezza dell'ONU su donne, pace e sicurezza.