Image: Midhun Puthupattu |
Nella Giornata
Internazionale per l'Aborto Sicuro, donne di tutto il mondo riflettono sui diversi
ostacoli all'esercizio di questo diritto fondamentale e all’autonomia del
proprio corpo*
La necessità del capitalismo di riprodurre e allevare la forza
lavoro è stata istituzionalizzata con la creazione dello stato moderno, che ha
normato per legge il determinismo biologico delle donne verso la casa, la
maternità e la sfera privata della riproduzione sociale. Da allora, le donne
del mondo si sono organizzate e hanno lottato per un concetto di cittadinanza
che non escluda donne, migranti, LGTBQ o persone razzializzate. Con questa
lotta, esse hanno allargato il percorso della democrazia e portato avanti delle rivoluzioni,
oltre ad ampliare la teoria e la pratica di trasformazione del mondo.
Tale percorso è stato fatto di colpi di scena, barricate e
resistenza. In onore del 28 settembre,
Giornata mondiale di azione per l'aborto gratuito, sicuro e legale, le donne di diverse regioni del mondo hanno
condiviso riflessioni su questo tema cruciale.
Questa giornata internazionale di lotta, come tante altre,
arriva dal Sud del mondo. Nel 1990, fu organizzato in Argentina il V Incontro
Femminista dell'America Latina e dei Caraibi e fu esteso alla popolazione
mondiale l’invito a lavorare su un'agenda internazionale collettiva per
l'emancipazione delle donne e dei corpi di genere diverso, per combattere le
morti clandestine, la criminalizzazione e la povertà che costringono molti ad
avere figli contro la propria volontà. Oggi, 28 settembre, è una giornata
globale di azione in tutto il mondo che pone al centro del dibattito
internazionale la necessità di autonomia sul proprio corpo e di accesso alle
cure necessarie per scegliere liberamente.
A livello globale
esiste una significativa disparità per quanto riguarda l'accesso ai diritti
sessuali e riproduttivi. Ci sono paesi con legislazioni che consentono l'aborto
con una legge sul limite di tempo (fino a 14, 22 settimane ecc.), altri con
leggi che consentono la procedura medica in casi specifici (la vitalità del
feto, lo stupro o il rischio per la vita della madre); e ci sono altri luoghi
in cui le persone che praticano o assistono gli aborti vengono addirittura
criminalizzate e possono essere incarcerate. Un terzo dei paesi dell'America
Latina e dei Caraibi impone il divieto totale di aborto. In El Salvador,
Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana e Haiti, le donne rischiano il
carcere anche quando gli aborti sono spontanei. Il caso di María Teresa Rivera,
una donna salvadoregna che vive in Svezia, il primo caso noto di asilo legato
al diritto all'aborto, esprime una situazione estrema di persecuzione e di come
i corpi delle donne siano criminalizzati.
Ma al di là di tutte le differenze, la realtà che sta al
fondo di tutto è che l'aborto e la giustizia riproduttiva sono questioni di
classe, che portano con sé un'enorme quantità di stigma sociale e rimangono al
centro della lotta contro le tradizioni reazionarie, il conservatorismo
religioso e l'estrema destra.
In molti paesi, la lotta per la giustizia riproduttiva si è incentrata
sull'approvazione di una legge che legalizza la procedura medica. Tuttavia, le
attiviste di tutto il mondo insistono sul fatto che la lotta è più ampia, «non
si tratta solo di una legge sull'aborto, c'è un quadro più ampio: l'impatto del
neoliberismo sui diritti delle donne», ha sottolineato Nalu Farias della Marcia Mondiale delle Donne.
Questa lotta avviene nello stesso momento in cui l'accesso all'assistenza sanitaria e ai servizi pubblici viene eroso, i programmi per asili nido, occupazione e alloggi dignitosi vengono attaccati quotidianamente e colpiscono direttamente le donne che hanno il compito di garantire la riproduzione quotidiana della vita familiare. Barbara Tassoni di Potere al Popolo, un'organizzazione di sinistra in Italia, spiega che «la legge garantirebbe l'assistenza sanitaria pubblica per tutte, ma la privatizzazione in corso del sistema sanitario rende insostenibile la prestazione di cure di base. Questa situazione condiziona la nostra realtà di giovani donne e ci impedisce di avere una maternità libera e desiderata senza precarietà».
La lotta per
l'autonomia
Ogni generazione di donne combatte le istituzioni, fa
pressione per ottenere leggi, lotta per introdurre norme che garantiscano
l'autonomia delle donne, mira a far avanzare i nostri diritti. Ma nel corso
della storia, tutti questi risultati vengono rimessi in discussione da ogni
crisi capitalista, come quella accelerata dalla pandemia di COVID che stiamo
vivendo, che mostra la fragilità delle nostre vittorie.
L'attacco coordinato a livello internazionale delle destre,
dell'estrema destra e dei gruppi religiosi espressamente contrari alla libera scelta,
ha colpito e reso vulnerabili diritti precedentemente conquistati. In molti
paesi ostacolano l'applicazione delle leggi esistenti, tagliano o limitano
l'accesso esistente alla contraccezione e all'aborto e impediscono l'educazione
sessuale nelle scuole. In molti paesi, la propaganda della destra usa le donne
come strumento dei cambiamenti demografici, alimentando i timori di
sovrappopolazione della minoranza indesiderata. Questo argomento è stato usato
dalla destra, dalle organizzazioni religiose e dai partiti conservatori in
paesi come la Polonia.
La separazione tra Stato e religione è una delle questioni
chiave con cui possiamo analizzare i diritti riproduttivi delle donne. Nel
1965, la Tunisia è diventata il primo paese musulmano a legalizzare l'aborto.
Attualmente, in Texas la questione dell’aborto è al centro
del dibattito politico per via della legge SB8, che vorrebbe vietare tutti gli
aborti dopo le prime 6 settimane. In pratica ciò significa un divieto quasi
totale di abortire poiché la maggior parte delle donne non sa di essere incinta
prima delle sei settimane. Layan
Fuleihan del People's Forum di New
York spiega che «la legalizzazione dell'aborto si basa sul concetto di
privacy, trattando i diritti delle donne come una questione individuale, quindi
in teoria abbiamo il diritto privato di scegliere l'esito della nostra
gravidanza». Negli Stati Uniti, l'unica base legale che esiste per convalidare
l'accesso all'aborto è la sentenza Roe v Wade del 1973. «Questo è molto
problematico, perché consente un'interpretazione aperta da parte dei diversi
governi statali, portando a un accesso ampiamente variabile in tutto il paese a
seconda del partito al governo», sottolinea Fuleihan. Ad esempio, dove la legge
è interpretata in modo conservativo e l'aborto è consentito solo in casi molto
specifici o non lo è affatto, le organizzazioni e le cliniche che forniscono
servizi sanitari alle comunità emarginate e alle donne vengono de-finanziate o
chiuse.
Anche nei paesi in cui esistono leggi che consentono il
diritto di scelta, molte donne che chiedono di abortire si scontrano con
ostacoli come amministratori locali o medici. Secondo Ada Donno della Women's International Democratic Federation,
in Italia «la possibilità di rifiutarsi di praticare l'aborto nelle strutture
pubbliche si chiama 'obiezione di coscienza' ed è utilizzata dal 70 al 90% dei
ginecologi». La situazione è simile nello Stato spagnolo dove, secondo Nora García, «non abbiamo il numero
effettivo di questi medici obiettori nella regione di Madrid, ad esempio, che è
stata governata dalla destra per più di 25 anni. Quello che sappiamo è che su
16.330 aborti avvenuti nel 2019, zero sono stati effettuati nel sistema
sanitario pubblico».
Questo dimostra che rendere effettivi i nostri diritti è una
questione di volontà politica, perché presumibilmente la Spagna ha una delle
politiche più avanzate d'Europa. In Germania, la decisione di abortire deve
essere autorizzata da un medico dopo un esame mentale.
Gli obiettori all’autonomia delle donne non sono solo
ginecologi, governi regionali e psicologi religiosi, ma possono anche essere
re. In Marocco, lo stesso re Mohamed VI è l'arbitro di tutti i diritti o le
decisioni riguardanti le donne del paese. In molti paesi, i “cittadini preoccupati”
e le associazioni locali “pro-vita” esercitano violenze e pressioni facendo
picchetti davanti a ospedali e cliniche contro il personale e le pazienti impunemente,
mentre allo stesso tempo ricevono finanziamenti pubblici per agire contro la
legge.
Quando si applica il termine "gravidanza
adolescenziale" alle ragazze di età inferiore ai 14 anni, allora la lotta
per l'accesso all'aborto è tardiva. La mancanza di educazione sessuale,
l'estremo squilibrio di potere tra i generi (che rende discutibile il concetto
di consenso), lo stigma sociale intorno ai corpi delle donne in generale e alla
sessualità in particolare; dimostra che la lotta per la nostra autonomia è
lotta per fare scelte consapevoli. Questo è molto chiaro nel contesto di molti
paesi del continente africano, come spiega Zikhona
di Pan
African Today: «L'educazione sessuale è una conoscenza basilare e indispensabile
per le donne dei ceti popolari. Ad ogni età. Dobbiamo parlare con le
adolescenti del ciclo mestruale, con le donne adulte delle malattie
sessualmente trasmissibili e anche della menopausa. Il nostro corpo non può
essere un mistero di cui non parliamo pubblicamente. Questa dovrebbe essere una
priorità del governo con politiche concrete in tutti i paesi africani».
In America Latina, c'è stata una evidente reazione di destra
e anti-diritti in tutto il continente in seguito alle conquiste che garantiscono
l'aborto sicuro in Uruguay (2012), Cile (2017), Argentina (2020) e Messico
(2021). Secondo Laura Capote e Agostina Betes di ALBA Movements essa «fa parte delle strategie messe in campo sul
territorio per fermare o cancellare proposte emancipatrici. Nelle Americhe
viviamo quotidianamente situazioni come quella della bambina brasiliana di 10
anni, incinta dopo essere stata violentata, alla quale il Ministero per le
Donne, la Famiglia e i Diritti Umani del governo Bolsonaro ha cercato di
impedire nel 2020 di accedere a un aborto legale».
Questa vasta gamma di obiettori è solo un sintomo dell'idea pervasiva che le menti e i corpi delle donne debbano essere controllati da un capitale e un ordine mondiale neoliberista. Ecco perché i diritti delle donne sono così pericolosi per l'attuale sistema globale. Ecco perché in tante si sono ritrovate in questa lotta e in ogni vittoria in ogni parte del mondo, come in Argentina l'anno scorso o in Messico questo settembre (dove la nuova legislazione sull'aborto include che "l'obiezione di coscienza" non può impedire l’esercizio dei nostri diritti), o il sostegno del 77% al referendum sull'aborto a San Marino, in Italia, che ha dato più forza a questa lotta globale.
Oltre il sistema
clandestino
Non legiferare sull'aborto non impedisce che si verifichino
aborti. Ad esempio, ogni giorno in Marocco vengono praticati illegalmente tra i
500 e gli 800 aborti clandestini, con tutti i rischi che ciò comporta. Lo
slogan argentino “educazione sessuale per decidere, contraccettivi per non
abortire e aborto legale per non morire” articola tre delle principali
rivendicazioni delle donne di tutto il mondo. Tuttavia, è necessaria un'analisi
più approfondita per comprendere e quindi affrontare le radici degli attacchi
ai diritti delle donne e delle persone di genere diverso. I movimenti
femministi del mondo devono essere parte dell'alleanza globale che lotta per sottrarre
al mercato la riproduzione della vita, per l’emancipazione e la libertà.
28 settembre 2021
Donne dell’Assemblea Internazionale dei Popoli (AIP)
Trad. AWMR Italia