Due assemblee dei Luoghi delle donne sono state convocate on
line dalla Casa Internazionale delle
Donne di Roma (14 gennaio 2022) e dalla CasaDelle Donne di Milano (18 gennaio 2022) per discutere sull’elezione del
prossimo presidente della repubblica italiana e rispondere alla domanda: Vogliamoche sia donna? A conclusione del dibattito vivace e partecipato, è stato
concordato il documento che segue.
«Noi femministe vogliamo prendere la parola in questo
momento cruciale per la vita democratica del nostro paese.
La discussione sull’elezione del Presidente della Repubblica
riguarda la natura e le forme della democrazia e il significato della
Costituzione. È la Costituzione che stabilisce il ruolo del Presidente quale
coordinatore dell’equilibrio dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario e
deve rappresentare e garantire l’unità nazionale.
Servirebbe un dibattito alto, rigoroso, un ancoraggio solido
alla cultura costituzionale, ai suoi principi e ai suoi valori, al nesso
inscindibile tra promozione della democrazia (che non è malata di conflitto ma
di rappresentanza), promozione dell’uguaglianza dei diritti (nel riconoscimento
delle differenze) e difesa della laicità (che non è relativismo etico ma un
pensiero forte che riconosce che principi ordinatori delle leggi non debbono
seguire i valori etico confessionali).
Servirebbe una discussione che non rimovesse le fatiche, le
sofferenze, le disperazioni, le solitudini che la follia e l’ingiustizia di
questo sistema economico continuamente produce.
Servirebbe una discussione che promuovesse fiducia,
speranza, soprattutto oggi, in piena nuova ondata Covid, in questo tempo di
incertezza e disorientamento in cui la “cura”, che dovrebbe essere base di ogni
scelta politica, è diventata una “cosa da donne” o da “anime pie”.
L’elezione del Presidente riguarda certamente il voto dei
“grandi elettori”, ma la figura del Presidente deve essere riconosciuta dalla
società, rappresentante simbolico dei bisogni delle vite di tutte e di tutti,
dal nord al sud, in tutto il territorio nazionale.
La miseria del dibattito politico rischia di aumentare lo
scarto, lo scollamento tra cittadine, cittadini e politica, partiti,
istituzioni, spingendo ancora di più verso un populismo che sceglie soluzioni
autoritarie, come il presidenzialismo. Il presidenzialismo è infatti il
convitato di pietra: non aumenterà la sovranità popolare, ma cancellerà la
democrazia parlamentare rappresentativa, sovvertendo il dettato costituzionale.
La percezione di un pericolo per la democrazia è suffragata
dalla candidatura di Berlusconi che è inaccettabile, irricevibile, indecente,
ma senza sufficiente scandalo istituzionale.
Berlusconi è quello del conflitto di interessi, dei rapporti
con la mafia e la P2; dei reati contro lo Stato passati in giudicato, dei 36
processi, della condanna per frode fiscale, delle leggi ad personam. È colui
che ha sdoganato i fascisti, che ha sovvertito il dettato costituzionale con le
scelte eversive sulla sanità, con l’ubriacatura individualistica dell’uomo solo
al comando, della supremazia dell’impresa rispetto ai diritti costituzionalmente
esigibili. È il simbolo del più becero maschilismo, del sistema di scambio tra
sesso, denaro e potere. Questa candidatura è una vergogna per chi la propone ma
denuncia l’intero sistema politico italiano (quando accetta e non espelle
corruzione, legami criminali, opportunismi), la cultura politica (quando è
contigua al neoliberismo, alimenta il revisionismo culturale e storico), il
sessismo (che pervade politiche, linguaggi, comportamenti).
Berlusconi è stato e continua ad essere il primo cavaliere
del presidenzialismo.
L’altro candidato in campo è Draghi, l’uomo dei poteri
forti, delle banche, dell’élite, che sta governando come il salvatore del
paese, quale garante in Italia ed in Europa delle risorse del PNRR. Ma è
soprattutto il garante degli obblighi europei in materia di riforme da attuare,
come quella sulla concorrenza, che stravolge la titolarità pubblica dei servizi
affidandoli al mercato. Draghi attenta al sistema universalistico dei diritti
previsto dalla Costituzione, con il provvedimento sull’autonomia differenziata.
Sebbene mai votato, gode di immunità mediatica e la sua candidatura è
un’anomalia che azzera il ruolo della politica e dei partiti, rendendo di fatto
operativa la Repubblica presidenziale.
“Una donna al
Quirinale?” Molte e molti si chiedono se sia il momento di proporre una
donna al Quirinale.
L’esclusione delle donne dalle istituzioni è un problema
grave della nostra democrazia, che le battaglie per la parità, le azioni
positive e le norme antidiscriminatorie non hanno certo colmato. E siamo
consapevoli che la riduzione del numero dei parlamentari, oltre a rimuovere il
ruolo delle opposizioni, delle minoranze e del conflitto, peggiorerà la
presenza delle donne nel Parlamento, perché decideranno le segreterie dei
partiti. Saranno premiati i fedeli e le ancillae domini. Vinceranno le caste,
le lobbies - in primis quella degli uomini contro le donne - in un paese
profondamente maschilista.
Senza affrontare queste criticità, appare strumentale e
anche ipocrita il dibattito su “una donna al Quirinale”. E poi, perché “una”
donna? Senza un nome e un cognome? Quasi che la donna giusta sia quella senza
un volto? Quale donna? Una donna qualunque? Anche una donna di destra? Anche
una donna pur autorevole ma non laica?
Non possiamo annacquare la singolarità delle storie e delle
personalità politiche femminili nell’indistinto della categoria di genere. Non
può essere che una donna valga l’altra. C’è indubbiamente una questione di
rappresentazione della realtà della vita, fatta da donne e uomini e sarebbe
simbolicamente significativo che anche nelle istituzioni venga rappresentato un
paese reale, fatto di donne e uomini. Ma c’è anche la questione della
rappresentanza politica di genere, che certo non può identificarsi con il
protagonismo delle donne di destra, che rivendicano il ruolo patriarcale della
donna all’interno della famiglia e della società, sposano l’emancipazione
individualistica, accettando persino di piegare la biologia agli interessi dell’impresa,
in nome di una conciliazione tra carriera e maternità.
Per la carica di Presidente della Repubblica proponiamo oggi
un preciso profilo di donna autorevole, di robusta formazione costituzionale,
antifascista e garantista, di esperienza istituzionale, profondamente
democratica e laica. Soprattutto che sia capace di porre la propria
individualità con la consapevolezza di ciò che ha significato e continua a
significare appartenere a un genere».
Le Assemblee promosse dalla Casa internazionale delle donnedi Roma e dalla Casa delle donne di Milano
18 gennaio 2022